Caso Facebook- Cambridge Analytics, mia intervista su  “Lo Speciale”:

Mark Zuckerberg, il Ceo di Facebook è intervenuto sullo scandalo che ha coinvolto Facebook e Cambridge Analytica per il presunto furto dei profili di circa 50 milioni di utenti, utilizzati poi per influenzare il voto in America ed in Europa. Lo Speciale ha intervistato lo scrittore Enzo Pennetta fondatore del sito Critica Scientifica e docente di scienze naturali, autore del libro “Infamia, l’informazione fra manipolazione e repressione” edito da Chorabooks. Con lui abbiamo tentato di capire quanto questa vicenda possa servire da pretesto per un nuovo giro di vite sulla libera circolazione delle notizie e delle idee sui social-media. Zuckerberg infatti ammette errori da parte sua e nel contempo annuncia l’esigenza di regolamentare in maniera più rigida l’utilizzo della piattaforma.
Pennetta, non è che siamo di fronte ad un nuovo pretesto utile a bloccare ancora di più la libera circolazione della controinformazione che proprio sui social trova i suoi canali ideali? Del resto lei nel suo ultimo libro ha ben evidenziato come la battaglia anti fake-news nascondesse il tentativo di censurare le notizie scomode al pensiero unico.
“Non è un sospetto, direi che è una certezza. Che ci fosse la volontà di colpire Facebook a mio giudizio lo si era ben capito quando al vertice di Davos il magnate George Soros si rese protagonista di un duro attacco contro Google e Facebook. La mia idea è questa: prima hanno tentato di controllare i social – media, poi quando si sono resi conto di non riuscire a farlo allora hanno pensato bene di creare il caso giudiziario per costringere Fb e gli altri ad adeguarsi. Il meccanismo credo sia questo”.
Anche perché questa vicenda dello spionaggio non è sospetta? Ci si preoccupa dei social e non del potere che esercitano giornali e televisioni nella formazione dell’opinione pubblica spesso veicolando messaggi omologati?
“E’ chiaro che i social sono nel mirino. Poco fa su Google ho letto un articolo allarmante. C’è scritto che quando andremo a cercare un video su Youtube che loro classificano come complottista, ci arriverà una segnalazione che  informerà che quel video è appunto considerato complottista con annesso un link che spiegherà perché non deve essere ritenuto attendibile. Ora per mettere in difficoltà Facebook hanno tirato in ballo Steve Bannon che è considerato il principale artefice della vittoria di Donald Trump portando alla luce presunte manovre truffaldine. Per carità, potranno pure essere coincidenze, ma ci credo poco”. 
Zuckerberg ha ammesso errori. Questo che significa, che non avremo più Facebook come lo abbiamo conosciuto fino ad oggi?
“In realtà Facebook ha svolto sempre un certo tipo di attività con varie aziende commerciali. Lo scandalo sta nel fatto che stavolta i dati sarebbero stati presi da un soggetto esterno con una app che a prima vista non sarebbe neanche illegale. Hanno creato uno scandalo su una cosa che si è sempre fatta. Serviva un’inchiesta giudiziaria che obbligasse i social a sottostare a nuove regole. Avremo sempre più pensiero unico e notizie omologate. Sta a noi mantenere alta la guardia ed impedire che ci blocchino definitivamente il diritto di fare controinformazione”.
Cosa si può fare a questo punto per difendere questa libertà a rischio?
“Non dobbiamo arrenderci, continuando a fare controinformazione, utilizzando ogni strada utile. Poi un ruolo importate lo giocherà sicuramente la politica. Dovremo dare sempre più forza a quei movimenti etichettati come populisti e mandare in Parlamento persone pronte a lottare per non assecondare certe manovre. Soltanto in questo modo potremo ribellarci a quella che rischia di essere a tutti gli effetti un’autentica dittatura della comunicazione in mano a pochi soggetti. Ogni Stato, indipendentemente dalla tendenza internazionale, è infatti libero di regolare l’attività dei social sul proprio territorio. Ecco perché il ruolo e la funzione della politica in quest’ottica diventano essenziali”.