Gig Economy in Italia, ecco chi sono i crowd workers
Il crowd working (letteralmente “lavoro nella folla”) è uno delle nuove forme di lavoro figlie della rivoluzione tecnologica. È una definizione che comprende tutti quei lavori che prevedono una disintermediazione dei rapporti di lavoro, lo spazio e i tempi superando il dualismo tra lavoro precario e lavoro a tempo indeterminato.
Originariamente il crowdsourcing aveva a oggetto attività prevalentemente manuali, lavoretti come la consegna dei pasti a domicilio, le pulizie di casa, ecc. Negli ultimi anni il fenomeno si è progressivamente diffuso anche in numerosi altri campi e settori di attività e, oggi, interessa anche servizi altamente specialistici e le professioni intellettuali.
Con il crowd working si lavora quando si vuole, per quanto tempo si vuole. Una realtà nuova, dunque, identificata da un termine nuovo.
I crowd workers in Italia
Ecco i primi numeri sulla Gig Economy, o economia dei cosiddetti “lavoretti online”, in Italia. Grazie alla ricerca condotto dal think tank della FEPS (Federazione Europea degli Studi Progressisti), da UNI Europa e dall’Università di Hertfordshire. Qui il report completo in inglese.
Tra i sette Paesi Europei analizzati dalla ricerca (Italia, Germania, Regno Unito, Svezia, Paesi Bassi, Austria e Svizzera), siamo quello con la percentuale più alta di lavoratori con reddito da piattaforma digitale e oltre 2 milioni 190 mila di italiani devono più della metà dei loro introiti alla Gig Economy.
Dopo l’Italia con il 5,1% del totale dei lavoratori c’è la Svizzera con il 3,5%. In Regno Unito, terza in classifica, e Germania, quarta, sono rispettivamente 1 milione e 330 mila (2,7%) e 1 milione e 450 mila (2,5%).
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Piattaforme online di crowdsourcing
Le piattaforme digitali di crowdsourcing attive su scala globale sono 2.300. Tra queste, le più famose sono le americane Amazon Mechanical Turk (AMT), Top Coder e Upwork, l’australiana Freelancer.com, la tedesca Twago. Tra i crowd sourcer compaiono nomi altisonanti come Google, Intel, Facebook, AOL, NSA, Telekom, Honda, Panasonic, Microsoft, NBC, Walt Disney e Unilever.
Legiferare sul crowd working
Sono 10 milioni nel mondo i lavoratori del digitale. Secondo la Banca Mondiale entro il 2020 il crowd work raggiungerà un fatturato pari a 25 miliardi di dollari.
Vista l’enorme diffusione di questa categoria professionale la domanda che ci si fa più frequentemente è: come regolamentare la figura del co-worker?
In Italia si parla di uno statuto dei diritti dei lavoratori, siano essi subordinati, autonomi o parasubordinati ipotizzando di estendere ai corwd workers alcuni diritti generalmente riservati ai lavoratori subordinati. In Germania, invece sono assimiliati nell’ottica di “persone simili a lavoratori subordinati” e inquadrati momentaneamente come consumatori nell’attesa di applicare relativi istituti di professione.
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