netparade

martedì 27 novembre 2018

Esistenza Bio-Illogika

Bio-Illogika – Attivazioni Biologiche

Stiamo vivendo una vita che crediamo essere giusta, o per lo meno siano stati indotti a crederlo. Siamo stati raggirati, sfruttati, plagiati, ma da chi? Da noi stessi. La storia è lì a raccontarcelo, ma non abbiamo nemmeno voglia di leggerla o ascoltarla.
Una semplice domanda: A cosa servono le guerre?
Comunque, c’è chi crede – ed è la maggior parte della gente – che meglio di così non possa andare. Eppure tanta gente percepisce, nel profondo di se’, che non è quello che vorrebbe. Non solo ha la sensazione di aver perso la rotta per il paradiso, ma ha la netta convinzione di essere in uno stato sociale schizofrenico.

Da un lato siamo spinti a vivere una vita tossica e nello stesso momento veniamo stimolati a purificarci con ammennicoli costosi, alimenti improbabili e pratiche ascetiche che mal si combinano con le 12-16 ore di impegni quotidiani.
Siamo divisi in due e non sappiamo come far andare d’accordo queste due metà. Una vuole una cosa e l’altra vuole altro. Vedremo in seguito chi sono queste due metà divise.
Quale altro essere su questo pianeta, spontaneamente, vive una vita del genere?
Nessuno.

I pesci stanno nell’acqua e nuotano, i serpenti stanno nel deserto e strisciano, i lupi stanno nel bosco e cacciano, i leoni e le gazzelle stanno nella savana e via di questo passo. Chi può volare vola, chi può correre corre, chi può vedere nel buio vive di notte, chi può arrampicarsi si arrampica e alla via così.
Allo stesso modo chi non può volare non vola, chi è in pericolo nel buio esce di giorno, chi striscia non salta, etc. etc.
Nessuno di questi esseri si rammarica per ciò che non può fare, o invidia chi fa ciò che lui non può fare. Ogni essere di questo pianeta accetta e vive le proprie caratteristiche, ne ottiene il meglio, ne sfrutta ogni singola capacità. Un falco non invidia il leone, all’antilope non interessa volare, al serpente non servono le corna e non le indossa per sembrare o voler fare il cervo.
Ogni singolo essere vivente di questo pianeta è in armonia non solo con il suo ambiente, ma con se stesso e le proprie capacità. 
Tutti tranne uno: l’umano.
Sembra che per costui le “regole” biologiche non valgano.
Non ha ali per volare, ma vuole volare lo stesso
, arrivando a rischiare la vita (per se e per altri) per farlo.
Non ha occhi per vedere nel buio, allora illumina la notte bruciando milioni di tonnellate di petrolio, inquinando l’aria che respira.
Il suo sistema è stato costruito per dormire di notte, ma lui prende eccitanti e si inventa attività per stare sveglio anche di notte.
L’umano ha armi corporee che gli consentono di cacciare una preda alla volta, massimo due, ma si inventa arzigogoli micidiali per fare stragi di intere specie animali e vegetali; ne ha perfino fatto un divertimento.
Come tutti gli altri esseri viventi, anche l’umano dipende dal pianeta Terra per poter vivere, ma è l’unico che sta facendo di tutto per distruggerlo, come se le conseguenze di ciò non lo riguardassero.
L’essere umano – fatte le dovute eccezioni – non si percepisce in armonia non solo con il suo ambiente, ma nemmeno con se stesso e le proprie capacità.
Se è in un posto, sogna e vuole essere in un altro. Se può fare bene una cosa, studia convulsamente per farne male un’altra. Se vuole avere figli, non li fa perché “non è il momento” o “non ho uno stipendio” (voglio ricordare che i nati nel 1945 sono stati concepiti sotto le bombe). Se fa freddo vuole il caldo, se fa caldo vuole il freddo…

Dicevo delle due metà dell’essere umano, che sono in costante contrasto l’una con l’altra. Sono la mente e il corpo di cui ho già scritto in diversi articoli.
Quando la mente vuole una cosa che il corpo non vuole, o non concede al corpo ciò di cui ha necessità, o camuffa una emozione, o dice una bugia, avviene il distacco.
Si materializza una condizione bio-illogica, o bio-disarmonica. In altri termini si verifica la “malattia”.

E quindi cosa c’è di non biologico nella vita di questa umanità?
Se facciamo eccezione per le poche popolazioni tribali oggi ancora lontane dalla follia della “civiltà”, tutto.
Non solo avvelenare cibo e acqua, negare l’infanzia ai bambini, la gravidanza alle donne, devastare interi continenti, inquinare i mari, alterare il clima, estinguere specie animali e vegetali, no, non solo.
Soprattutto è negare a se stessi la propria natura, la propria verità
, mentire sui propri reali bisogni e convincersi a forza che va bene così. Giustificare la rovina con un millantato futuro migliore, dimenticando la verità del presente.
Credere che il proprio corpo, preso a calci da tanta stupida superbia e tanta cieca disonestà, stia facendo degli sbagli se cerca di difendersi e mantenersi in vita.
Questa è la condizione non biologica più grave.

Una umanità che nega la propria natura, non solo non ha speranza, ma sta chiedendo insistentemente la propria estinzione e, come dicono i saggi, chiedere è metà dell’avere.
Ah, dimenticavo, le guerre non servono solo a vendere più armi. Servono a rendere schiavi i sopravvissuti a tali guerre. Saranno schiavi non di qualcuno in particolare, ma schiavi dei propri desideri, dei desideri di essere o avere ciò che la Natura non ha dato loro. 
Schiavi del volere essere ciò che non sono.
Forse può interessarti anche…
·         La grande bugia
·         Tutto (ri)torna
·         La Piramide
·         L’importanza dei sintomi

Un Gilet Giallo per Macron, fragile yesman dei Rothschild



La Francia, intesa come popolo, non s’è lasciata spaventare dalle leggi speciali introdotte grazie all’opaca stagione del terrorismo domestico targato Isis. Complice la legge elettorale a doppio turno, una minoranza del paese è caduta nell’equivoco Macron, l’uomo-Rothschild sponsorizzato dal supermassone neo-conservatore Jacques Attali, ma il Palazzo – lo stesso che minaccia l’Italia, anche sbarcando migranti oltre frontiera – ora è costretto a fare i conti con la marea di una protesta di massa tipicamente transalpina, quella dei Gilet Gialli, con numeri da capogiro: 300.000 manifestanti sguinzagliati in duemila città fino a bloccare strade e autostrade, per protesta contro i ricari della benzina. La polizia, riassume il “Post” ammette che è molto difficile rispondere alle mobilitazioni: sono diffuse a macchia di leopardo, spesso sono improvvise e non autorizzate, e in più «sono composte da persone che non sono abituate a protestare». Popolo in piazza, inscenando qualcosa che ricorda le prove generali di una possibile insurrezione. Chi sono e cosa chiedono, i cittadini francesi che indossano come una bandiera i giubbottini retro-riflettenti della sicurezza stradale?
Il movimento dei Gilet Gialli non ha un’organizzazione formale o un leader riconosciuto, scrive sempre il “Post”: i comunicati parlano genericamente di una protesta «del popolo francese». Le principali informazioni sono state diffuse attraverso Facebook. È un movimento che non fa riferimento ad alcun partito o sindacato. Sulla pagina Facebook si dice che i Gilet Gialli sono «persone come me e te», ovvero «un pensionato, un artigiano, uno studente, un disoccupato, un uomo d’affari», Soprattutto, «una persona che è preoccupata di non arrivare alla fine del mese». Il movimento protesta contro la diminuzione del potere d’acquisto. Nel mirino, le auto: oltre all’aumento della benzina e del gasolio, il governo si è infatti mosso per abbassare i limiti di velocità, aumentare gli autovelox e introdurre incentivi per le auto elettriche o ibride. Dopo un anno in cui il prezzo del gasolio è salito del 23% e quello della benzina del 15, il governo ha deciso di imporre dal gennaio 2019 ulteriori tasse che faranno aumentare il prezzo dei carburanti.
Cambiare aiuto? I manifestanti protestano: i rincari andrebbero a pesare su chi già ha una situazione economica difficile. Comprare una vettura nuova, elettrica o ibrida, costa troppo. A fianco dei manifestanti il presidente del partito conservatore Les Répubblicains, Laurent Wauquiez, che ha invitato Macron a «correggere i suoi errori». Come annota “Scenari Economici”, il gilet giallo è comparso addirittura in Parlamento: a indossarlo, il 21 novembre, è stato un moderato, Jean Lassalle, che proviene dal movimento MoDem di François Bayrou, ma all’ultima elezione è passato nella Udf, Union Pour la Democratie Française (altro partito centrista). «Quindi non un populista estremista, anzi un moderato che ha già ricoperto anche cariche esecutive nel proprio dipartimento dei Pirenei». Per “Scenari Economici” si tratta di «un’espressione della Francia rurale che si sente tradita dal governo dei ricchi di Macron». Inutile aggiungere che, dopo aver indossato il gilet, Lassalle è stato espulso per aver violato il “dress code” dell’aula parlamentare.
Dai moderati alla sinistra: Jean-Luc Mélenchon, leader de La France Insoumise, ha partecipato alla manifestazione di Parigi e ha parlato di «un grande momento di autorganizzazione popolare», riferisce il “Post”. Dal canto suo, il segretario del Partito Socialista, Olivier Faure, ha avvertito il governo che «senza dialogo» c’è il rischio di non andare avanti. «Negli ultimi giorni il governo ha mantenuto una posizione ambivalente, dicendo di comprendere le ragioni della mobilitazione, ma restando fermo sulle misure da adottare», aggiunge sempre il “Post”. Emmanuel Macron, il cui indice di popolarità è oggi molto basso, non ha parlato delle proteste, mentre il primo ministro Edouard Philippe ha riconosciuto la nascita di un movimento «senza precedenti» perché organizzato in modo indipendente dai sindacati. Ha detto di «sentire» la rabbia dei francesi, «la sofferenza, la mancanza di prospettive, l’idea che le autorità per molto tempo non hanno risposto alle preoccupazioni», ma ha confermato gli impegni presi da Macron: «Siamo all’ascolto dei francesi, abbiamo sentito la loro esasperazione. Ma la rotta non cambia se si alza il vento».
I Gilet Gialli hanno ricevuto anche il sostegno del sovranista Rassemblement National (l’ex Front National): «La mobilitazione è stata un grande successo», ha detto Marine Le Pen, spiegando che il governo deve prendere delle decisioni politiche velocemente per far tornare la pace: «Per ora, però, non ho sentito niente». Il segretario della Cfdt, Lawrence Berger, uno dei più importanti sindacati del paese, ha invitato Emmanuel Macron a «riunire molto rapidamente» le varie organizzazioni «per costruire un patto sociale», ma il primo ministro ha per ora respinto questa ipotesi. Quello che gli analisti avevano annunciato negli ultimi anni sta semplicemente accadendo: sia pure con dosi eccezionali di flessibilità rispetto al rigore Ue (e mantenendo l’inaudito parassitismo coloniale su 14 paesi africani, a cui Parigi sottrae ogni anno 500 miliardi di euro, accentuando in tal modo l’esodo dei migranti) la politica oligarchica di cui Macron è il rappresentante sta mettendo la Francia di fronte all’impossibilità di mantenere inalterato il proprio welfare, restando prigioniera della camicia di forza dell’Ue e dell’Eurozona. Diktat emanati da poteri non democratici, a cui la Francia dei Gilet Gialli si sta ribellando.
fonte http://www.libreidee.org/2018/11/un-gilet-giallo-per-macron-fragile-yesman-dei-rothschild/




http://altrarealta.blogspot.it/

I gilet gialli protestano per i salari bassi ma sul TG 3 va in onda lo spin: il problema è l’ecologia

 0

In un collegamento durante il TG 3 va in onda un esempio da manuale di manipolazione: i gilet gialli protestano per la deflazione salariale ma secondo il corrispondente da Parigi il problema è che non hanno capito le  buone intenzioni ambientaliste del governo.

Si tratta di un esempio da manuale della disinformazione, durante il TG3 delle ore 12 di domenica 25 novembre 2018, nel corso di un collegamento da Parigi viene proposto un servizio sulla protesta dei gilet gialli. Fin dall’inizio un manifestante cerca di mostrare un cartello con la scritta “Pouvoir d’achat”, cioè “potere d’acquisto”, il che vuol dire che l’aumento del costo della benzina è solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso di una cittadinanza che si è vista impoverire per via della riduzione del potere d’acquisto dei propri salari causata dalla politiche di austerità imposte dalla moneta unica e dalla linea neolibersita della UE.
Che questa sia la profonda motivazione è confermato da un’altra immagine di un gilet giallo che chiede la ridistribuzione delle ricchezze:
Ma per tutto il collegamento il corrispondente cerca di spostarsi per non far inquadrare il manifestante che mostra il cartello, ottenendo l’effetto contrario di farlo notare di più, il servizio è visibile su RAI Play al seguente link:
Spin nello spin, al minuto 12,30 circa viene data una spiegazione di comodo del problema: i manfestanti non hanno capito…

“la politica della transizione ecologica che è alla base, con i suoi rincari dei carburanti inquinanti, della protesta di questi giorni, potrà essere meglio spiegata e quindi meglio compresa. 
Da Parigi è tutto…”
Ed ecco mostrata in tutta la sua evidenza la strumentalizzazione delle campagne ecologiste a partire da quella sulle emissioni di CO2 che analogamente serve a coprire politiche di austerità e di neocolonialismo, riuscendo benissimo nello scopo come hanno recentemente dimostrato le proteste e le accuse di essere al servizio delle multinazionali  nel corso del convegno alla Sapienza sull’allarmismo legato al Global Warming (vedi articolo su CS).
Dunque il problema dei francesi non è che sono stati impoveriti, il problema è che non hanno capito che le politiche di austerità servono a combattere l’inquinamento…
Come si diceva in  “Johnny Stecchino”:  il problema di Palermo è il traffico…
.

8 Cause dell’Infelicità… e Altrettanti Rimedi

Per molti di noi, spesso, sembra quasi che essere infelici sia una scelta più agevole dell’essere felici.
Molti di noi, per esempio, anziché ricercare la felicità, preferiscono indugiare nel vittimismo, rifiutano di accettare il cambiamento, provano a controllare ciò che è al di fuori del proprio controllo, e così via…
…con l’unico risultato di impelagarsi nella melma dell’infelicità.
Rovesciare queste scelte e l’atteggiamento negativo che le accompagna è la chiave per la felicità. Ecco allora di seguito alcune cause comuni dell’infelicità e i consigli più efficaci per porvi rimedio.
1. Essere convinti che la propria vita non abbia significato.
Franklin D. Roosevelt una volta ha detto: “La felicità non risiede nel mero possesso di denaro; si trova piuttosto nella gioia della semplicità, dello sforzo creativo e della passione”. Nella realtà moderna è piuttosto semplice trovarsi intrappolati in un lavoro che non ci piace, non ci dona emozioni e finisce gradualmente per svuotarci, facendoci sentire sviliti.
Ma abbiamo sempre una possibilità. Abbiamo la responsabilità e l’opportunità individuale di inseguire sempre con tutte le nostre forze ciò che davvero ci stimola e ci incuriosisce, ciò che insomma ci fa sentire davvero vivi. Sforzati di trovare sempre il tempo e il modo di dedicarti a ciò che è davvero importante per te, ciò che ti smuove e dona significato alla tua vita.
2. Essere ossessionati dal passato o dal futuro.
La vita è proprio qui, in questo momento, nel luogo in cui ti trovi. Non si trova da nessuna altra parte. Il momento che sei chiamato a vivere è proprio questo, non ce ne sono altri. Se continui ad arrovellarti la  mente con le vicende del passato, o se sei ossessionato da ciò che potrebbe accadere nel futuro, certamente significa che stai mancando il momento presente, con tutte le insoddisfazioni che questo comporta.
Inizia allora a focalizzarti sul presente, lascia stare ieri o domani. L’opportunità di godere e vivere appieno la tua vita è soltanto in questo momento.
3. Trascurare le relazioni interpersonali.
La qualità delle tue relazioni interpersonali è direttamente correlata con il tuo livello di benessere e felicità. A volte nella caoticità delle nostre giornate semplicemente dimentichiamo di mettere in pratica quelle piccole azioni che ci aiutino ad avvicinarci al prossimo e ad instaurare rapporti genuini e profondi.
Per poter vivere una vita piena e ricca di significato è indispensabile costruire relazioni significative, intime e autentiche con coloro che ci circondano.
Dedica il tuo tempo alle persone, anche semplicemente per una conversazione di dieci minuti o un veloce pranzo insieme. E’ fondamentale uscire dalla nostra bolla e dedicare agli altri parte della nostra giornata.
4. Paragonarsi agli altri sminuendosi.
Quando ti accorgi che stai confrontando te stesso con un collega, un amico o un’altra persona, fermati all’istante! Sii sempre consapevole che tu sei diverso da tutti gli altri, tu hai i tuoi punti di forza e le tue debolezze. Le tue caratteristiche non ti rendono né migliore né peggiore degli altri, ma semplicemente meravigliosamente unico.
Impara ad apprezzare ciò che sei, quello che hai e dove sei arrivato. Non indugiare a credere che forse sarai felice quando realizzerai un certo obiettivo o raggiungerai un determinato stile o livello di vita. No, la felicità è proprio qui e ora, con quello che hai e con quello che sei, devi soltanto volerla afferrare.
5. Focalizzarsi sulle negatività.
Non puoi controllare tutto ciò che ti accade, ma puoi sempre avere sotto controllo il modo in cui decidi di reagire agli avvenimenti. La vita di ciascuno di noi presenta sia aspetti negativi che positivi, la tua felicità dipende in gran parte da quale dei due aspetti decidi di privilegiare.
Inizia a concentrarti e a focalizzarti sugli aspettivi positivi e la felicità sarà immediatamente più vicina e a portata di mano.
Quasi ogni situazione presenta aspetti positivi e porre l’attenzione su di essi ti aiuterà a costruire un’atmosfera di benessere interiore. Smetti allora di concentrarti sulle negatività, decidi di ignorarle e focalizzati al contrario sui benefici e le positività che puoi trovare in ogni circostanza.
6. Sfuggire le proprie responsabilità.
O ti assumi la piena responsabilità della tua vita o qualcun altro deciderà per te. E se qualcun altro deciderà per te, diventerai schiavo dei SUOI sogni e delle SUE idee, gettando nella spazzatura i TUOI sogni e le TUE idee.
Sei la sola persona che può decidere cosa fare del corso della tua vita. Certamente non sarà sempre facile. Ma se guardi dentro te stesso troverai sempre dei sogni e delle idee che ti fanno sentire vivo e che vorresti provare a realizzare.
Scegli di inseguire i tuoi sogni, vivi le tue passioni. Non scegliere di vivere i tuoi sogni significa scegliere di vivere un’esistenza di mera sopravvivenza.
7. Vivere una vita senza spazio per il divertimento.
Il lavoro non è tutto, ok? Allora inizia a giocare.
Il divertimento è sottovalutato, ma la verità è che si tratta di uno di quegli aspetti della nostra esistenza in grado di donarci energia, regalarci sensazioni di benessere e farci sentire vivi.
Non pensare che il divertimento sia una prerogativa esclusiva dei bambini. E’ un tuo diritto in ogni fase della tua vita. Dai spazio al divertimento!
8. Sentirsi fuori forma.
Ricorda sempre che la tua salute è la tua vita e che il tuo corpo è lo strumento più prezioso che hai a disposizione.
Sei un pochino sovrappeso? Elimina alcuni cibi grassi, vai fuori e cammina un paio di chilometri ogni giorno. Non serve molto di più per rimetterti in forma. Ne trarrà benefici la tua autostima, ti sentirai di buon umore e diminuirai notevolmente i rischi legati alla salute.
Per tornare in forma non sono necessarie diete drastiche o regimi di allenamento estenuanti. Il segreto sono i piccoli passi, la gradualità e la costanza.

Una lettera di Jean-Claude Michéa sul movimento dei gilet gialli

DI CARMENTHESISTER - NOVEMBRE 26, 2018 
Il filosofo francese Jean Claude Michéa  scrive una lettera aperta sul movimento dei gilet gialli, da lui apprezzato e sostenuto come un autentico movimento popolare che spontaneamente parte dal basso contro le politiche liberiste degli ultimi quarant’anni. Nonostante l’ottusa ostilità degli intellettuali di sinistra ecologisti e libertari e dei cani da guarda mediatici, e nonostante la cinica determinazione del governo, questo movimento, avverte Michéa, non è che l’inizio. 



di Jean Claude Michéa, 21 novembre 2018

Cari amici,

Solo poche parole molto concise e lapidarie – perché qui siamo presi dai preparativi per l’inverno (tagliare la legna, piante e alberi da pacciamare ecc). Io sono ovviamente d’accordo con tutti i vostri commenti, come con la maggior parte delle tesi espresse su Luoghi comuni (solo l’ultima affermazione mi sembra un po’ debole a causa del suo “occidentalismo”: una vera cultura di emancipazione popolare esiste anche, naturalmente, in Asia, Africa o America Latina!).

Il movimento dei “gilet gialli” (un buon esempio, a proposito, di quella creatività popolare di cui parlavo nei Misteri della sinistra) è, in un certo senso, l’esatto opposto di “Nuit Debout“. Questo movimento, semplificando, è stato infatti il primo tentativo – incoraggiato da gran parte della stampa borghese e dal “10%” (vale a dire, quelli che sono deputati ad essere, o si preparano a diventare, la leadership tecnica, politica e “culturale” del capitalismo moderno) – di disinnescare la critica radicale al sistema, concentrando tutta l’attenzione politica su quell’unico potere (seppur decisivo) rappresentato da Wall Street e dal famoso “1%”. Una rivolta quindi di quei metropolitani ipermobili e ultraqualificati (anche se una piccola parte delle nuove classi medie comincia a conoscere, qua e là, una certa “precarizzazione”) che costituiscono, dall’era Mitterrand, il principale vivaio per la classe dirigente di sinistra ed estrema sinistra liberale (e in particolare dei suoi settori più apertamente contro-rivoluzionari e anti-popolari: Regards, Politis, NP“A”, Université Paris VIII, ecc). Qui, al contrario, sono quelli che vengono dal basso a ribellarsi (come analizzato da Christophe Guilluy – tra l’altro stranamente assente, fino ad ora, da tutti i talk show televisivi, a vantaggio, tra gli altri comici, del riformista sub keynesiano Besancenot), i quali hanno già una coscienza rivoluzionaria sufficiente a rifiutarsi di dover ancora scegliere tra sfruttatori di sinistra e sfruttatori di destra (d’altronde è così che Podemos ha avuto inizio nel 2011, prima che i Clémentine Autain e i Benoît Hamon riuscissero a seppellire questo promettente movimento allontanandolo gradualmente dalla sua base popolare).

Per quanto riguarda l’argomento degli “ambientalisti” di corte – coloro che preparano questa “transizione energetica” che consiste principalmente, come ha mostrato Guillaume Pitron in La guerre des métaux rares: La face cachée de la transition énergétique et numérique, nel delocalizzare l’inquinamento dei paesi occidentali nei paesi del Sud – argomento secondo cui questo movimento spontaneo sarebbe portato avanti da quelli che hanno l'”ideologia della automobile” e da “tizi che fumano sigarette e viaggiano a diesel”, è tanto assurdo quanto disgustoso e immondo: è chiaro, infatti, che la maggior parte dei gilet gialli non prova nessun piacere a dover prendere ogni giorno l’auto per andare a lavorare a 50 km da casa, per andare a fare la spesa nell’unico centro commerciale esistente nella sua regione e in genere situato in piena campagna a 20 km di distanza, o per fare una visita dall’unico medico che non è ancora in pensione e il cui studio si trova a 10 km dalla sua abitazione. (Prendo questi esempi dalla mia esperienza nelle Landes! Ho anche un vicino di casa che vive con 600 euro al mese e deve calcolare sino a quale giorno del mese può ancora andare a fare la spesa a Mont-de-Marsan, senza fermarsi in mezzo alla strada, a seconda della quantità di diesel – il carburante dei poveri – che può ancora comprare). Scommettiamo invece che sono i primi a capire che il vero problema sta precisamente nell’attuazione sistematica, per 40 anni,da parte dei successivi governi di destra e di sinistra, del programma liberale che ha a poco a poco trasformato il loro villaggio o il loro quartiere in un deserto sanitario, privo di qualsiasi centro di rifornimento di generi di prima necessità, e dove la prima azienda ancora in grado di offrire qualche posto di lavoro mal retribuito si trova a decine di chilometri di distanza (se ci sono dei “progetti per le periferie” – e questo è un bene – non c’è ovviamente mai stato nulla di simile per questi villaggi e cittadine – dove vive la maggior parte della popolazione francese – ufficialmente destinati all’estinzione dal “senso della storia” e dalla “costruzione europea”!).

Ovviamente non è l’auto in quanto tale – quale “segno” della loro presunta integrazione nel mondo del consumo (non sono né lionesi né parigini!) – che i gilet gialli oggi difendono. È semplicemente che la loro auto diesel usata di seconda mano (che la Commissione europea sta già cercando di togliergli inventando continuamente nuovi “standard tecnici di qualità”) rappresenta la loro ultima possibilità di sopravvivenza, vale a dire di avere una casa, un lavoro e di che sfamare se stessi e le loro famiglie nel sistema capitalista di oggi, che avvantaggia sempre di più i vincitori della globalizzazione. E dire che è innanzitutto questo cherosene “di sinistra” – quello che naviga di aeroporto in aeroporto a portare nelle università di tutto il mondo (e in tutti i “Festival di Cannes”) la buona parola “ecologista” e “associativa” che osa dar loro lezioni! Decisamente, quelli che non conoscono altro che i loro poveri palazzi metropolitani non avranno mai un centesimo della decenza che oggi si può ancora trovare nei casolari poveri (e di nuovo, è la mia esperienza nelle Landes che parla!).

L’unica domanda che mi pongo è fino a che punto può arrivare un simile movimento rivoluzionario (movimento che non è estraneo, nella sua nascita, nel suo programma unificante e nella modalità della sua evoluzione, alla grande rivolta del Sud del 1907) nelle tristi condizioni politiche quali sono oggi le nostre. Perché non dobbiamo dimenticare che ha davanti a sé un governo thatcheriano di sinistra (il consigliere principale di Macron è Mathieu Laine – un uomo d’affari della City di Londra che ha curato la prefazione alle opere della strega Maggie tradotte in francese), vale a dire un governo cinico e senza paura, che è chiaramente pronto – ed è questa la grande differenza con tutti i suoi predecessori – ad arrivare ai peggiori estremi pinochettiani (come Maggie con i minatori gallesi o gli scioperi della fame irlandesi) per imporre la sua “società dello sviluppo” e questo potere antidemocratico dei giudici, ora trionfante, che ne è il necessario corollario. E, naturalmente, senza avere nulla da temere, su questo piano, dai servili media francesi. Dobbiamo ricordare, infatti, che ci sono già tre morti e centinaia di feriti, alcuni dei quali in condizioni molto critiche. Se la memoria non mi tradisce, bisogna risalire al maggio del ’68 per trovare un costo umano paragonabile a quello di queste manifestazioni popolari, almeno sul terreno metropolitano. Eppure, la copertura mediatica data a questo fatto sconvolgente è, almeno per il momento, adeguata a un dramma di questa portata? E cosa avrebbero detto i cani da guardia diFrance Info se questo bilancio (provvisorio) fosse stato causato, ad esempio, da un Vladimir Putin o da un Donald Trump?

Infine, ultimo ma non meno importante, soprattutto non dobbiamo dimenticare che se il movimento dei gilet gialli guadagnasse ancora terreno (o se mantenesse, come adesso, il sostegno della stragrande maggioranza della popolazione), lo Stato Benalla-Macroniano non esiterà un momento a inviare i suoi Black Bloc e tutta la sua “Antifa” (come le famose “Brigate rosse” dei vecchi tempi) per screditarlo con qualsiasi mezzo, o orientarlo verso un’impasse politica suicida (abbiamo già visto, per esempio, come lo stato macroniano è riuscito in poco tempo a privare l’esperienza Zadista di Notre-Dame-des-Landes del suo sostegno popolare originale). Ma anche se questo movimento coraggioso dovesse temporaneamente venire interrotto dal PMA (Parti des médias et de l’argent), nel peggiore dei casi significherà che si è trattato solo di una prova generale e dell’inizio di una lunga battaglia. Perché l’ira che viene dal basso (sostenuta, devo ripeterlo ancora una volta, dal 75% della popolazione – e quindi logicamente stigmatizzata dal 95% dei cani da guardia mediatici) non ripiegherà, semplicemente perché la gente non ne può più e non ne vuole più sapere. Il popolo è decisamente in movimento! E a meno che non se ne elegga un altro (secondo il desiderio di Eric Fassin, questo agente d’influenza particolarmente attivo della famosissima French American Foundation), non è pronto a rientrare nei ranghi. Che le Versailles di sinistra e di destra (per usare le parole dei proscritti della Comune rifugiati a Londra) lo tengano per certo!

Con grande amicizia,


JC

PERCHE’ OCCORRE LA RIVOLUZIONE

“la parola Rivoluzione non è, per noi francesi, una parola vaga. Noi sappiamo che la Rivoluzione è una rottura, la Rivoluzione è un assoluto. Non esiste rivoluzione moderata , non c’è dirigismo rivoluzionario come c’è il dirigismo dell’economia. Quella che annunciamo si farà contro  tutto intero il sistema attuale, o non si farà. Se pensassimo che questo sistema è capace di riformarsi, che può rompere da sé il corso della fatale evoluzione verso la Dittatura – la Dittatura del denaro – noi ci rifiuteremmo certamente di correre  il rischio d’una esplosione capace di  distruggere cose preziose, che non si ricostruiranno che  dopo molto tempo, di perseveranza, di disinteresse e di amore..  Ma il sistema non cambierà il corso della sua evoluzione, per la buona ragione che non evolve già più; si organizza  soltanto con lo scopo di  semplicemente durare ancora un momento, di sopravvivere. Lungi dal pretendere di risolvere le proprie contraddizioni, del resto insolubili, esso pare sempre più disposto ad imporsi con la forza, grazie ad una regolamentazione ogni giorno più minuziosa e più stretta delle attività particolari, fatte a nome di  una specie di forma democratica della dittatura. Ogni giorno di fatto che il periodo ideologico è da tempo superato, a New York come a Londra. Noi vediamo la Democrazia imperiale inglese, la Democrazia plutocratica americana  marciare mano nella mano  con l’impero marxista dei Dominions Sovietici,  di sicuro  perseguire lo stesso scopo finale, costi quel che costi, avendo l’aria di combatterlo, il   sistema all’interno del quale hanno tutti acquistato ricchezza e potenza.  Perché, alla fin  dei conti, la Russia recita nel sistema capitalista il ruolo classico dell’opposizione  parlamentare.
“In breve: i regimi un tempo opposti dall’ideologia sono oggi strettamente uniti dalla tecnica. Si tratta sempre di assicurare la mobilitazione totale per la guerra totale,  in vista della mobilitazione  totale per la pace totale. Un  mondo  guadagnato per la Tecnica è perduto  per la Libertà”.
Chi è  l’autore  del passo di cui sopra? Forse un filosofo difensore del Gilet Gialli; un contemporaneo che ha vissuto le manifestazioni di Parigi del 24  novembre?  No, e la menzione dell’Unione Sovietica vi avrà messo sull’avviso. Si tratta di Georges  Bernanos  (1888-1948),  ed ha scritto queste righe all’inizio del 1945. Gli Alleati hanno appena vinto, e lui, l’antifascista della guerra civile spagnola,  che pure ha aderito all’organizzazione di liberazione di De Gaulle, gira  per l’Europa ad avvertire, in infocate conferenze, sui pericoli del mondo dopo-Yalta e sul progresso tecnologico e  il capitalismo sfrenato  – in un rapido pamphlet di cui possiamo  a malapena oggi, immersi e schiavi della digitalizzazione, l’intelligenza artificiale e realtà virtuale (o aumentata), apprezzare il valore profetico: “La Francia contro i Robots” .
Nei giorni della insurrezione del tutto imprevista della Francia Periferica, mi è sembrato utile riprendere queste righe. Bernanos è  lo scrittore cattolico, autore del celebre Diario di un curato di  campagna; è interessante vedere come parla della Rivoluzione come di un assoluto, quasi sacro. Per noi  cattolici italiani, la Rivoluzione giacobina è stata aberrazione anti-cristiana e Terrore totalitario; Bernanos lo sa benissimo,   è  anche l’autore del Dialogo delle Carmelitane, in cui rievoca la storia vera delle carmelitane di Compiègne ghigliottinate il 17  luglio 1794,  facendone un dramma della paura, della grazia e del martirio accettato. Ma da francese, tuttavia, riconosce la Rivoluzione come estrema “sacra” necessità politica,  quando l’ordine esistente ha perduto ogni legittimità, è anti-umano e  rende schiavi.
Se vedesse quello che è diventato oggi il Sistema contro cui invocava la Rivoluzione, Bernanos non avrebbe da modificare che ben poco.  Sostituire “Unione Sovietica” con la Cina capital-comunista, che è nel sistema  globalista non un’ alternativa, ma “l’opposizione parlamentare”; ed ancor meglio, con Arabia Saudita, questo grumo di malvagità  oscurantista, barbarie  dispotica, di vizi ipocriti   e miliardi non guadagnati che è il più importante alleato dell’Occidente.  Denuncerebbe le vendite di armi francesi (174 nuove licenze di esportazione per il valore di miliardi di euro,  “bombe. Mine, razzi, missili, dispositivi esplosivi”)  nella perfetta consapevolezza che il mostruoso regno wahabita le usa per sterminare la popolazione dello Yemen.
Bambina yemenita. Denutrita ma   già sposabile da arabo  per 6 mila euro.
Yemen dove i genitori impoveriti vendono figlie bambine a mariti  arabi;  “come Nojud,  sposata a forza da suo  padre all’età  di  10 anni.  A  dispetto della promessa di non toccarla fino alle prime regole, il marito ha abusato di lei ripetutamente. Per due mesi Nojud ha pianto ogni notte nell’indifferenza della famiglia acquisita  e la violenza dello “sposo” irritato dai suoi rifiuti”. Secondo  la fondazione Nada che combatte i matrimoni precocissimi, in Yemen più di 250 bambine sono state maritate di forza nel 2017, spesso dopo la perdita dei loro genitori. Nello stesso  anno, 120  bambini sono state ricoverate in ospedale nella prima settimana di matrimonio, 12 non sono sopravvissute alla loro prima notte di nozze,  sei si sono tolte la vita; altre sono morte per le complicazioni dovute alla gravidanza precoce”.
(Forbes a maggio esaltava Macron non come leader di Francia, ma “dei mercati liberi”,  che farà politiche ultraliberali.  “Voglio   rendere questo paese aperto alle perturbazioni”, diceva lui…)
Solo la Dittatura del denaro  po’ spiegare questo incesto orrendo fra l’Occidente  “avanzato”,   che afferma e promuove  tutti “i diritti”  sempre nuovi, con la più odiosa schiavitù,  con tale bestialità araba,  che tutto l ’Occidente accetta perché può pagare. Dove l’aspetto più aberrante è  “buona coscienza” occidentale – quella che per esempio ha fatto scrivere a Heiko Maas, il ministro degli Esteri tedesco, che  la UE, ora che gli Usa sono diventati barbari sotto Trump, “deve divenire  la pietra angolare dell’ordine internazionale” perché  “il compromesso e l’equilibrio sono nel suo DNA, […] L’Europa poggia sullo stato di diritto, sul rispetto del più debole e la nostra esperienza  che la cooperazione internazionale non  è gioco a somma nulla”
– così, con perfetta ipocrita coscienza,  dopo aver ridotto il popolo greco alla disperazione e distruzione, Maas è convinto di non essere altrettanto e peggio brutale dell’America di Trump, e  che la UE sia un modello di inarrivabile civiltà in quanto “associazione di stati convinti del vantaggi del multilateralismo, che credono alla cooperazione internazionale e allo stato di diritto”.   Bernanos  non poteva ancora conoscere questa UE. Eppure la descrive perfettamente in quella entità “che non evolve già più; si organizza  soltanto con lo scopo di  semplicemente durare ancora, di sopravvivere.  E lungi dal pretendere di risolvere le proprie contraddizioni, del resto insolubili, essa  è  sempre  più disposta ad imporsi con la forza, grazie ad una regolamentazione ogni giorno più minuziosa e più stretta delle attività particolari, fatte a nome di  una specie di forma democratica della dittatura”.
Democrazia, questa? Diamo la parola conclusiva a Bernanos:
Me ne infischio di scandalizzare gli spiriti deboli che oppongono alla realtà parole già pericolosamente svuotate di sostanza, come “Democrazia”. Che m’importa. Se voi siete troppo vigliacchi per guardare questo mondo per vederlo com’è,   distogliete lo sguardo, tendete le mani alle sue catene.  […] Non commettete  però l’infamia di prostituire la parola rivoluzione, questa parola religiosa, questa parola sacra, grondante attraverso i secoli del sangue degli uomini. Soprattutto non gli  prostituite il termine di “progresso”.  Mai un sistema è stato più chiuso  di questo, ha offerto meno prospettive di trasformazione, di cambiamento;  Questo mondo è fondato su una certa concezione dell’uomo, comune agli economisti inglesi del diciottesimo secolo come a Marx o Lenin. Talora s’è detto che l’uomo è un animale religioso. Il sistema globale lo ha definito una volta per tutte un animale economico: non soltanto lo schiavo, ma   l’oggetto,  la materie quasi inerte, irresponsabile, del determinismo economico – e senza speranza di affrancarsene, poiché non ha altro movente che l’interesse, il profitto. Imbullonato a se stesso dall’egoismo, l’individuo non appare più se non come una quantità trascurabile, sottomessa alla logica dei grandi numeri; non si pretende  di usarlo se non come massa, in base alla conoscenza delle leggi che reggono le masse. Cosicché il progresso non è più nell’uomo, è nella tecnica, nel perfezionamento dei metodi capaci di permettere l’utilizzo sempre più efficace del materiale umano”.
(Qui sotto: Gilets Gialli lanciano benne di letame….)

“Macron, demission!”

venerdì 23 novembre 2018

Italia bocciata. E ora arriva il colpo di Stato finanziario



Siate pronti. Entro pochi mesi avremo un nuovo colpo di Stato finanziario, orchestrato dagli euroinomani delle brume di Bruxelles e tale da portare al potere un nuovo Monti, ossia un nuovo esecutore fidato delle volontà dei mercati e della classe dominante no border.


Pecoroni cosmopoliti che consumano felici, amando le proprie catene.