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domenica 31 dicembre 2017

Dite ai globalisti che gli italiani non vogliono lo Ius Soli

di Alessandro Catto

Davvero risibile il tentativo, visto negli ultimi giorni, di far approvare culturalmente ancor prima che politicamente, l’approvazione dello Ius Soli. Fa ridere quest’opera di pressing, messa in atto dalla solita porzione di sinistra dirittocivilista, antifascista, antirazzista, antipopulista… ma guardacaso mai anticapitalista.

Fa ridere il furbesco tentativo di delegittimare l’opinione popolare e le scelte di un parlamento che, in teoria, sarebbe deputato a rappresentarne le decisioni e non a operare secondo una idea astratta di “giustizia”, produzione propria di una classe di agiati della globalizzazione, di moralisti da ateneo universitario, di cantori della società globale al frequente riparo nella burocrazia statale, che quasi mai vivono le numerose controindicazioni, per italiani e migranti, causate dall’immigrazione.
Persone che non vogliono ancora capire quanto lo Ius Soli al popolo italiano (giustamente) non interessi e non piaccia, stretto nelle pastoie e nelle difficoltà delle loro società multiculturali, delle loro aperture sociali ed economiche, dei loro muri da abbattere, delle loro periferie e delle loro accoglienze.
Sarebbe bello se queste nuove “Marie Antoniette” del mondo globalizzato potessero essere messe dinanzi ad un bel referendum di consultazione sul tema dello Ius Soli, sarebbe bello far notare loro quanto l’emergenza democratica su cui da giorni stanno macinando gli immancabili panegirici sull’Italia “arretrata” sia un tema lontano, non gradito, non voluto, non prioritario.
Sarebbe bello far loro capire che in una democrazia i cittadini hanno diritto d’espressione e hanno il sacrosanto diritto di scegliere loro, a casa loro, le priorità dell’agenda politica e dei temi pubblici, preferibilmente senza le imposizioni culturali di un cosmopolitismo che chiama democrazia l’assurda pretesa di imporre a terzi i propri “sogni”.
Articolo di Alessandro Catto

LA POLITICA DEL FISCHIO AL CANE

di Roberto PECCHIOLI

Dog whistle politics, la politica del fischio al cane, è un concetto divenuto abituale  nei paesi anglosassoni. Definisce un codice di messaggi ed argomenti, politici ma anche commerciali, funzionanti come quei fischietti speciali che emettono suoni tanto acuti da essere identificati solo dai cani. Tutti ascoltano le stesse parole, ma solo una parte dell’opinione pubblica, quella a cui viene indirizzato uno specifico messaggio – politico, etico, commerciale- ne coglie il significato implicito sottostante. Il targetdesiderato è così raggiunto. In questo modo, viene attivata una risposta concreta, allontanando l’attenzione dal resto. Il meccanismo viene posto in essere utilizzando significanti (ovvero termini o frasi) il cui significato viene diversamente accolto e percepito dai vari settori del pubblico. Un paragone efficace è quello delle parole utilizzate in molte professioni o mestieri, a cui il resto della popolazione attribuisce un senso diverso o non ne attribuisce alcuno, ma che destano l’attenzione di alcuni, coloro cui è rivolto il messaggio crittografato.
Il fischio al cane è particolarmente utile quando l’oggetto da comunicare è polemico o polarizzatore. Secondo gli studiosi americani, il primo uomo politico ad utilizzare questo tipo di messaggio politico fu Richard Nixon alla fine degli anni 60 del secolo trascorso, allorché fu chiaro che il futuro del partito repubblicano era legato alla capacità di mobilitare l’elettorato bianco degli stati del sud. Nixon iniziò a pronunciare discorsi in cui si riferiva costantemente ai “problemi delle zone centrali delle città”, alle droghe e “alla necessità di legge e ordine”. Tutti ascoltavano il medesimo messaggio, ma solo alcuni ne coglievano il di più, il senso di qualcosa rivolto a loro, personalmente e come membri di gruppi e sottogruppi della società.
Nell’ambito dei sondaggi di opinione, vige una variante della stessa tecnica. Bastano sottili cambiamenti nella formulazione delle domande per ottenere risultati notevolmente diversi. Gli intervistati, o una parte di essi, quella di cui si vuole modificare l’orientamento o precostituire la risposta voluta, vengono portati a cogliere nella domanda qualcosa che fa scattare i meccanismi di reazione e risposta voluti dall’intervistatore a favore del committente, commerciale o politico. Più di un teorico politico ha messo in guardia contro il fenomeno, riconoscendo che mina la democrazia e condiziona la libera formazione dell’opinione e delle scelte.
L’Italia non fa eccezione, e negli ultimi anni abbiamo verificato l’ampiezza dei cambiamenti indotti nel pubblico dall’utilizzo di tale tecnica. Pensiamo all’uso sapiente di parole o sintagmi edulcorati, formule contorte per definire qualcosa il cui impatto su settori importanti di popolazione si ritiene negativo. Così abbiamo avuto le unioni civili al posto delle nozze omosessuali, le DAT, disposizioni anticipate di trattamento, per non utilizzare un vocabolo, eutanasia, dalla connotazione negativa, addirittura nazistoide. Lo stesso aborto, parola ampiamente neutralizzata dall’uso e dal mutamento culturale, nella legge italiana che lo legalizza è chiamato eufemisticamente interruzione volontaria di gravidanza, con largo utilizzo della sigla IVG, asettica e burocratica.
Ma i più interessanti “fischi al cane” sono quelli relativi all’immaginario progressista. Pensiamo a parole come civiltà, accoglienza, profughi, rifugiati, a quel capolavoro di nuova semantica che è “migrante”, oltreché a tutti i significati positivi e moderni (altra parola-fischio!) connessi al prefisso multi. Siamo dalla parte giusta della storia (altra ipostasi, dove la storia cammina con direzione in avanti) se condividiamo una società multietnica, multiculturale, multitutto. E poi pluralismo, tolleranza, la categoria di progresso utilizzata come metafora del bene e del meglio. Nella battaglia politico culturale sulla cittadinanza per nascita, il concetto di ius soli, ossia l’atto giuridico di acquisizione della qualità di cittadino per il mero fatto di essere nati in un certo territorio è stato sostituito, specie in ambito cattolico, dal più anonimo e meno divisivo “ius culturae”, un diritto di cittadinanza conseguito per inculturazione, o meglio per aver seguito le scuole dell’obbligo in Italia.
La sinistra è stata assai abile nella guerra delle parole, cioè dei significati condivisi, ottenendo dai suoi avversari risposte deboli, difensive, goffe giustificazioni, veri e propri autogol. La proscrizione della parola razza, ormai ammessa solo se si parla di animali, ha condotto all’interdetto massimo, quello che tronca il fiato, chiude ogni discussione: l’epiteto di razzista per chiunque non condivida le politiche favorevoli all’immigrazione. E’ ormai del tutto inutile replicare ricordando che il razzismo – teoria popolare in età moderna soprattutto in ambito anglosassone – prefigura un giudizio di superiorità, biologica, spirituale o civile e non si riferisce affatto alle opinioni negative sulla presenza degli stranieri. E’ diventato stucchevole registrare la cautela di chi, entrando in argomento, inizia inevitabilmente il discorso con l’excusatio non petita “non sono razzista, ma…”. Come sapevano i latini, la scusa non richiesta è un’accusa manifesta. In questo caso il fischio del cane ha funzionato in negativo, circondando di proibizione del pensiero e autocensura ogni valutazione critica sugli stranieri.
Al contrario, civiltà è parola omnibus, positiva e rassicurante, l’ideale fischio al cane progressista. Non vi è cambio di paradigma antropologico o costume della società che non venga circondato da un’aura di bene collettivo, di conquista attesa e desiderata, di sollievo per il conseguimento di un traguardo di cui si avvertiva l’urgenza. Il matrimonio omosessuale, da ossimoro ed assurdo logica si trasforma allora in legge di civiltà, addirittura diritto fondamentale. L’eutanasia ribattezzata disposizione per il fine vita (anche la morte cambia, con il fischio ad ultrasuoni) è un’altra misura di civiltà, come lo ius soli ed ogni altro cambio antropologico voluto dai padroni del mondo.
L’altra parola chiave è diritti. E’ sufficiente ascoltare il termine in qualunque discorso politico per situare politicamente chi parla. L’uomo è titolare di diritti, ogni cosa può diventare un diritto, anche gli spropositi o le pulsioni più basse. Quando poi un esponente progressista, dunque nemico di valori come patria, nazione e simili è costretto a parlare dell’Italia, inevitabilmente pronuncerà il fatidico sintagma “questo paese”. Il pubblico di sinistra assocerà subito – più o meno consapevolmente- i codici di messaggio a lui diretti ed il gioco è fatto. Una parte importante della gente è stata conquistata così, apparentemente senza colpo ferire, semplicemente per consuetudine e ripetizione, attribuendo a determinati comportamenti, parole, attitudini un senso apriori positivo. Un esempio è l’aggettivo “aperto”, in sé avalutativo: designa soltanto una condizione, ma diventa un fischietto rivolto al cane in opposizione al suo bieco opposto, chiuso, cui è stato conferito un retrogusto negativo.
Talvolta, il fischio è più complesso, necessita di una vera e propria frase: costruire ponti, abbattere muri.  Il primo gesto evocato va nella direzione del progresso, avanti, verso la civiltà, i diritti, l’apertura, porta a tutto ciò che è “multi”, dunque buono e giusto. Il secondo è ancora più esplicito, per chi riceve il messaggio in forma di fischio; il comportamento migliore, proattivo, è quello di abbattere i muri per farla finita con le divisioni, le differenze, le lontananze, tutte pessime cose che il mondo nuovo non sopporta.  Pensiamo all’effetto indignazione nei confronti di chi pronunciasse la frase al contrario: abbattere ponti, costruire muri. Eppure, spesso si rende necessario, anzi la realtà vera è quella di divisioni sempre più profonde, fratture sociali e personali insanabili.
Un ultimo fischio al cane su cui riflettere è l’aggettivo laico. In origine, designa chiunque non abbia ricevuto l’ordinazione religiosa; successivamente, a partire dalla Francia postrivoluzionaria, è passato a indicare la separazione totale tra la sfera statale e quella religiosa. Oggi, laico, di fatto, significa ateo o antireligioso. Chi ha almeno cinquant’anni rammenta un altro celeberrimo fischietto per cani degli anni 70: laico, democratico e antifascista. La triade, che definiva l’opinione “giusta” del tempo, si rivolgeva ai militanti della sinistra diffusa, ma era in realtà una “conventio ad excludendum”, giacché la stigmatizzazione non colpiva unicamente i soliti fascisti, ma anche i cattolici e i democristiani – i non laici – nonché moderati e conservatori, espulsi dal fronte democratico.
Per essere ammessi nelle file del bene e delle magnifiche sorti e progressive, occorre, oggi come allora, saper ascoltare in modo giusto gli ultrasuoni predisposti dai padroni del vapore e sorvegliati dalla polizia del pensiero. Il cane di Pavlov emetteva saliva all’ascolto del campanello a cui associava l’idea del cibo; lo zoo umano scatta al fischio delle parole magiche del Progresso. Di colpo e a buon mercato, si viene accolti nel grande recinto del Bene del Giusto e della Civiltà.  C’è posto per quasi tutti, dalla parte della ragione. Al segnale convenuto, il fischio del padrone, venghino, signori, venghino: più gente entra, più bestie si vedono…
ROBERTO PECCHIOLI            

Della Luna: tengono in vita l’Italia solo per finire di svuotarla

Il re è nudo ma niente succede. I numerosi scandali e, ultimamente, la commissione parlamentare di inchiesta sulle banche, hanno messo a nudo la realtà della politica e della burocrazia, le sistematiche e trasversali ruberie del regime, la sua strutturale illegalità di funzionamento – e niente succede, la società accetta tutto passivamente. Così come fa la “giustizia”, il popolo non reagisce, accetta ingiustizia e illegalità. Sempre più subisce e non agisce. L’esperienza gli ha insegnato che votare e manifestare è improduttivo. Una ribellione popolare contro il marcio regime è impossibile: il popolo italiano è vecchio e sfiduciato, anche in se stesso, e senza fiducia in se stesso un popolo non organizza una ribellione. E il voto non consente di cambiare, come si dirà. I banksters saccheggiano impuniti il risparmio, mentre autorità di controllo giudiziarie e amministrative chiudono un occhio o due e non agiscono nemmeno dopo il fatto. Il governo, con dentro parenti e amici dei banchieri, li copre e scarica sulla società civile i danni dei loro abusi. Grillo ruggiva dichiarando che il suo movimento avrebbe aperto i palazzi del potere come scatolette di sardine per mettere alla luce del giorno tutte le illegalità, come se ciò potesse suscitare reazioni tali da riformare il sistema. Ma non è così: il sistema continua come prima, e la gente subisce passivamente.
E perché stupirsi? La legalità è l’interesse più diffuso, dunque il più disperso, il più debole, quindi il più perdente. E’ un interesse impotente a difendere se stesso. Il popolo è bue perché è popolo, non per altra ragione. Per contro, gli interessiconcentrati, dei pochi contro i molti, soprattutto se illeciti e nascosti, sono anche poteri forti, e hanno buon gioco a comprare chi gli serve e a mettere nei posti giusti i loro fiduciari. Gli esponenti del regime italiano vantano oggi una ripresa economica, sia pur da fanalino di coda, ma non dicono che le previsioni per i prossimi 25 anni mostrano il sistema-paese Italia in costante perdita di produttività-competitività rispetto agli altri paesi comunitari e Ocse. Il che comporta che, per competere sui costi di produzione, si dovrà continuare a tagliare i salari reali, i diritti dei lavoratori, le pensioni, gli investimenti, e che in prospettiva l’Italia è spacciata, perché già da 25 anni sta perdendo in produttività comparata, e 50 anni così implicano che il paese non è più vitale. Spacciata, anche perché il governo deve perseguire una politica di saldi primari attivi (cioè togliere con le tasse dalla società più denaro di quanto riversa in essa, nonostante che la società sia in grave carenza di denaro).
Altro che virtuosità, risanamento, ripresa: tutto deve andare ai banchieri che prestano i soldi, compresa la proprietà delle aziende. Senza investimenti strategici non vi è recupero di produttività, non vi è fine del declino. Ciò accelererà la fuga di capitali, imprenditori, lavoratori qualificati e cervelli. Questo destino fallimentare è connaturato all’Italia unitaria, a questo Stato voluto e creato dall’estero per servire ed essere sfruttato da potenze straniere, come spiegato in precedenti articoli. Uno Stato sbagliato per composizione, che è stata fatta accozzando nazioni preunitarie troppo diverse tra loro e che perciò non hanno mai legato ma hanno generato una governance parassitaria e incompetente, che sa solo arricchirsi rubando sui trasferimenti dalle aree efficienti a quelle inefficienti, e in generale sulle risorse pubbliche e private. Uno Stato vassallo, in cui la politica è decisa dall’estero e alla classe politica interna, come unico spazio di azione, rimane la competizione-lottizzazione nel saccheggio del cittadino e della spesa pubblica. Non potendo procurarsi consensi con le buone politiche nell’interesse nazionale, i nostri politicanti se li procurano distribuendo privilegi clientelari. Questo è il modo di produzione della legittimazione elettorale in Italia.
I potentati stranieri dominanti sostengono e legittimano quelle forze politiche e burocratiche italiane che meglio servono i loro interessi a spese degli italiani (fino a mandare eserciti italiani a combattere servilmente guerre americane e francesi contro gli interessi italiani), consentendo loro in cambio di continuare i loro traffici con piccole banche, appalti truccati. E’ grazie a siffatti rapporti con la partitocrazia e la burocrazia italiane che potentati stranieri hanno acquisito il controllo di (quasi) tutte le imprese di punta e strategiche italiane, nonché della Banca d’Italia e del sistema creditizio. E’ così che il governo ha regolarmente sottoscritto, sotto ricatto di rating, contratti finanziari scientemente rovinosi a vantaggio delle controparti dominanti come Morgan Stanley, con perdite per decine di miliardi – vedasi il commento dell’onorevolele Brunetta all’audizione della dottoressa Cannata in commissione banche, audizione che si è cercato di mettere in ombra col polverone sulle dichiarazioni del presidente di Consob Giuseppe Vegas alla medesima commissione sul caso Etruria-Boschi, tacendo sul ministro e sugli alti dirigenti del Tesoro che sono poi passati a Morgan Stanley.
Un simile Stato, come apparato, non può vivere se non attraverso una corruzione sistemica, quindi intessuta nelle istituzioni anche di controllo (le campagne di lotta contro la corruzione, ovviamente, sono una presa per i fondelli). I suoi partiti politici sono galassie di comitati di affari dediti ad operazioni illecite o quantomeno scorrette. Le rispettive segreterie fanno da organo di coordinamento tra tali comitati, e di ricezione delle richieste di interessi stranieri (talvolta anche nazionali) dominanti. Che forza avrebbero i partiti di potere se non gestissero (clientelarmente) appalti, crediti, assunzioni, licenze? Nessuna. I partiti che si staccano da quelli di potere per perseguire ideali sociali e di giustizia, sistematicamente, si spengono; non sono vitali, sebbene abbiano talora ottime idee e grande onestà, proprio perché non si portano dietro alcuna fetta di spesa pubblica, alcuna risorsa clientelare. Laddove vi sono seri interessi in gioco, le leggi, anche dagli organi di controllo e giustizia, sono osservate solo marginalmente, soprattutto per mantenere una minima facciata di legittimità agli occhi della gente comune.
In realtà, vi è una netta divisione tra chi è soggetto alla legge e chi sta sopra di essa e la usa sugli altri per schiacciarli e spremerli. Il poterepubblico è inteso come proprietà privata, come diritto di passare sopra le regole e di togliere diritti agli altri, cioè di derogare alla legalità. Adesso, in campagna elettorale, è inevitabile che i partiti millantino, ciascuno, di avere la capacità e la volontà di salvare il paese e di combattere la corruzione. Lo afferma quella (pseudo) sinistra che è stata l’esecutore più attivo e fedele degli interessi stranieri, che più ha collaborato nel sottomettere ad essi tutto il paese, nello spremerlo per arricchire gli squali della finanzapredona, nel sabotare l’economia e l’ordine pubblico, nell’imporre un pensiero e un linguaggio unico che impedissero persino di descrivere ciò che essa stava e sta perpetrando. Poi abbiamo un Berlusconi, proprietario del principale partito del centrodestra, che ha sempre usato i voti di chi gli dava fiducia per sostenere la linea della (pseudo) sinistra e della Germania, persino il rovinoso governo Monti, al fine di difendere i propri interessi aziendali e processuali – un Berlusconi da sempre condizionabile mediante attacchi giudiziari che scattano quando serve.
Abbiamo una Lega con analisi e propositi condivisibili, la quale un tempo era indipendentista e ora non lo è più, almeno nelle dichiarazioni, e si propone come tutrice degli interessi nazionali pan-italiani entro un’Ue e un euro in cui vuole rimanere. Purtroppo, sino ad ora, su scala nazionale, la Lega ha realizzato niente o quasi dei suoi programmi, pur essendo stata a lungo al governo. Abbiamo infine una M5S che conta numerosi esponenti validi, coraggiosi e liberamente agenti, ma i cui titolari – quelli che enunciano che “uno vale uno” – non si sa che mete abbiano e che interessi incarnino, anche se appaiono significativi legami con gli Usa. Abbiamo infine una nuova, furbesca legge elettorale, che lascia nelle mani delle segreterie (negandole agli elettori) non solo la scelta dei parlamentari, ma anche la decisione sul nuovo governo: una legge tipicamente partitocratica. No, signori miei, non illudetevi: il processo di disfacimento e la parassitosi maligna interna ed esterna continueranno più saldamente che mai, con la Bce che sosterrà il debito pubblico, differendo il collasso, per consentire di portare a compimento il piano di trasferimento delle risorse del paese. Niente cambierà con le prossime elezioni. L’unico cambiamento possibile e concreto lo realizza chi emigra.
(Marco Della Luna, Il Re è nudo ma niente succede, dal blog di Della Luna del 17 dicembre 2017).
http://altrarealta.blogspot.it/

venerdì 29 dicembre 2017

“Papa Bergoglio in occasione del Natale si conferma come ” il supremo leader” del fronte mondialista”

Si sapeva ormai da anni che la posizione del Papa Bergoglio era perfettamentne allineata al fronte dell’universalismo globalista che propugna la dissoluzione degli Stati Nazionali e delle culture autoctone per “accogliere ed integrare” migranti da tutto il mondo al fine di costituire un “mondo nuovo” multiculturale senza barriere e senza confini. Una visione molto discutibile sul piano pratico ma che la nuova Chiesa di Bergoglio coltiva come un obiettivo non soltanto di carattere religioso ma anche politico.
La conferma ulteriore di questa “mission” del Papa Bergoglio si è avuta in occasione della festa del Santo Natale: la festa del Natale viene vista dal Papa argentino non come la nascita di Gesù redentore con il suo messaggio carico i significato per l’umanità intera ma come l’occasione di un comizio politico sull’immigrazione.
“Maria e Giuseppe si videro obbligati a partire”. È il monito di Papa Francesco durante l’omelia della messa della notte di Natale, celebrata nella basilica di San Pietro con centinaia tra cardinali, vescovi e sacerdoti. “Nei passi di Giuseppe e Maria si nascondono tanti passi. Vediamo le orme di intere famiglie che oggi si vedono obbligate a partire – afferma il Pontefice – In molti casi questa partenza è carica di speranza, carica di futuro; in molti altri, questa partenza ha un nome solo: sopravvivenza. Sopravvivere agli Erode di turno che per imporre il loro potere e accrescere le loro ricchezze non hanno alcun problema a versare sangue innocente”.
Antonio Socci, il noto esponente del Cattolicesimo tradizionale, sconcertato da questa omelia, ha commentato sul suo Blog “Non ci si può credere! È veramente ossessionato! Anche nell’omelia di questo Natale il comiziante persista obamiano invece di parlare di Gesù Cristo, parla dei migranti. Solo e sempre politica! Gli hanno ordinato di martellare su questo punto e lui da cinque anni bombarda quotidianamente”.
Pur di tirare in ballo il tema dell’immigrazione, Bergoglio incappa anche in alcuni errori nel citare il Vangelo: “Oltretutto colpisce l’ignoranza – ha aggiunto Socci – Qualcuno gli spieghi che Giuseppe stava portando la sua famiglia non in un Paese straniero per motivi economici, ma nel suo stesso Paese per il censimento, perché lui era originario di Betlemme. Quindi era a casa sua. E il versetto “non c’era posto per loro” si riferisce al fatto che nel caravanserraglio dove erano tutti non c’era un luogo appartato per partorire. Come si può distruggere così l’annuncio del Natale con un banale comizietto populista?”
Questo discorso rappresenta il culmine di molti altri interventi fatti dal Papa per esortare gli Stati ad accogliere i migranti sempre e comunque, rifiutando di considerare i pericoli derivanti da una invasione di popoli provenienti da cuture diverse e non integrabili, respingendo l’idea delle “guerre di religione” anche di fronte a fatti innegabili come gli attacchi alle chiese cristiane copte in Egitto con le realtive stragi.
I discorsi di Papa Bergoglio sono tutti indirizzati su questo tema, l’immigrazione, come diritto prioritario…….il Papa argentino si arroga il diritto di intimare all’Europa una sorta di ordine “morale” di apertura totale e senza condizioni delle sue frontiere e delle sue nazionalità a chiunque voglia venire a installarvisi, una apologia dello Ius Soli da attribuire a tutti comunque. Ben altro del vecchio detto di “dare a Cesare quello che è di Cesare ed a Dio ciò che è di Dio.
L’accoglienza deve essere fatta secondo Bergoglio a prescindere da quali che siano le conseguenze sociali, economiche e di sicurezza d’una immigrazione di massa fuori controllo. Questo discorso ha spinto esponenti della cultura politica cattolica, come Pierre Lellouche, a domandarsi se l’intenzione del Papa Bergoglio sia quella di salvare la Chiesa in Africa o in Sud America, ove attualmente è concentrata la maggioranza dei fedei, per farsi “il becchino” dell’Europa. Vedi: L’Islam rischia di travolgere l’Occidente
“…Egli abolisce ogni possibilità di regolazione dei flussi migratori. Francesco inaugura così una nuova teologia mondialista mortifera per l’Europa. Il primo elemento evidente del suo discorso, è il fatto che gli Stati sarebbero illegittimi di fronte ai migranti. Alludo a quella frase incomprensibile che dà il primato alla “sicurezza individuale” sulla “sicurezza nazionale”. Facile obiettare che è la sicurezza nazionale quella che garantisce la sicurezza personale. Il Papa opera dunque un rovesciamento completo che sembra una esaltazione del meticciato e dell’anarchismo senza regole.
“Questa posizione del Papa pone la Chiesa sulla stessa frontiera ideologica dei mondialisti del transumanismo e della mercatizzazione del mondo, che vogliono anch’essi la soppressione delle sovranità, dei confini e degli Stati (…). Questo Papa sembra confondere l’universalismo cattolico con il mondialismo più sfrenato. Papa Francesco propone di annullare ogni differenza tra i clandestini, gli immigrati legali e i cittadini. Risultato: la cittadinanza appare come un concetto obsoleto di fronte al “diritto assoluto d’installazione per i migranti”.
L’interpretazione del Vangelo secondo Bergoglio si riduce all’esaltazione del multiculturalismo, della abolizione delle differenze culturali e dell’accettazione di una unica religione universale dove tutte le predicazioni sono uguali, quella cattolica come quella islamica, come quella ebraica, luterana, evangelica, ecc…
Il discorso odierno del Papa ha spinto il filosofo diego Fusaro (e come lui anche altri) a domandarsi se i discorsi del Papa non siano scritti da George Soros, il multimiliardario che opera per finanziare l’invasione dell’Europa e l’abolizione degli Stati e dei confini. Che ne sia cosciente o no, il Papa Bergoglio si è messo al servizio degli interessi del grande capitale finanziario che opera per gli stessi obiettivi: un nuovo ordine mondiale multiculturale e globalizzato dove entità sovranazionali avranno la gestione del potere.
Luciano Lago


“Discorso natalizio di Bergoglio? Scritto da Soros”


Diego Fusaro

Papa Ratzinger aveva il coraggio di criticare la mondializzazione e lo sradicamento capitalistico. Papa Francesco – ci spiace ricordarlo – sta sempre più mettendosi al loro servizio. Così nel discorso di oggi, vera e propria omelia per lo ius soli: “Maria e Giuseppe, per i quali non c’era posto, sono i primi ad abbracciare colui che viene a dare a tutti noi il documento di cittadinanza”. Legge del cuore (Hegel) e batticuore per l’umanità (ancora Hegel) non servono a nulla, senza considerare gli obiettivi rapporti di forza: i quali ci dicono che dare la cittadinanza a tutti è il primo passo per annichilire il concetto di cittadinanza e renderci tutti schiavi apolidi e migranti. La mondializzazione non vuole rendere cittadino chi ancora non lo è. Vuole rendere non-cittadino chi ancora lo è. Questo il punto. Insomma, l’omelia di Francesco, stavolta, sembra ispirarsi a Soros più che a Cristo.
(Ormai se ne accorgono un po’ tutti – io  ricevo per mail immagini così:

…da cui ovviamente mi dissocio.

Disordini civili Pre-fabbricati: documenti trapelati dimostrano che l’obiettivo reale è la Federalizzazione della polizia americana

DI MELISSA DYKES
activistpost.com
La gente ha paragonato il moderno stato di polizia americano come ad un ritorno delle SS della Germania nazista. Ora, documenti trapelati dalla Open Society Foundation di George Soros mostrano che l’obiettivo dell’organizzazione dietro il finanziamento del movimento Black Lives Matter è in definitiva quello di federalizzare le forze di polizia americane.
Il documento è giustamente chiamato “Riforma della polizia: come trarre vantaggio dalla crisi del momento e guidare il cambiamento istituzionale a lungo termine nella pratica della polizia-comunità”. Breitbart ha riferito:
Il documento afferma che gli U.S. Programs (USP) delle Fondazioni stavano cercando di utilizzare “questo momento” – ovvero la cosiddetta crisi di polizia in seguito a sparatorie di alto profilo e accuse di razzismo – al fine di “creare un movimento nazionale” per la riforma della polizia.
Dichiara il documento della riunione del consiglio:
Il governo federale sta cercando il supporto filantropico per una serie di sue iniziative. Oltre a cercare supporto per portare avanti l’attuazione delle raccomandazioni della task force presidenziale, la Casa Bianca ha recentemente lanciato la Policing Data Initiative per esplorare il modo migliore di utilizzare dati e tecnologia per creare fiducia, voce e soluzioni per migliorare la polizia di prossimità.
Il Dipartimento di Giustizia ha recentemente selezionato le prime sei città per ospitare i progetti pilota per la National Initiative for Building Community Trust and Justice, che è stata lanciata lo scorso autunno per aiutare a riparare e rafforzare la relazione tra le forze dell’ordine e le comunità che servono, esplorando le strategie volte a migliorare la giustizia procedurale, ridurre i pregiudizi impliciti e sostenere la riconciliazione razziale.
Stiamo acquisendo una migliore comprensione di questi sforzi al fine di determinare in che modo USP può utilizzare al meglio questo momento per creare un movimento nazionale.
Abbiamo già avuto una serie di conversazioni preliminari con circa una dozzina di attori chiave e intraprenderemo una scansione sul campo per mappare le aree di lavoro attualmente in corso per far progredire la riforma della polizia, compresa una valutazione dei licenziamenti e delle lacune nel lavoro ed opportunità di collaborazione.
Mentre procediamo, coinvolgeremo la rete di finanziatori che abbiamo contribuito a creare, la Executive Alliance on Men and Boys of Color, che ora include quaranta fondazioni.
Creare un “movimento nazionale” sembra costoso … potrebbero essere quei 33 milioni di dollari che l’Open Society ha dato a Black Lives Matter?
Il memo continua a discutere di come la Task Force di Obama sulla polizia del 21 ° secolo, che ha incontrato membri della Black Lives Matter, incluso il leader DeRay Mckesson alla Casa Bianca, non sia influenzata solo da organizzazioni supportate da Soros, di cui abbiamo parlato prima, ma da Bryan Stevenson, uno dei nove membri della task force stessa identificata come “Fondatore e direttore esecutivo di Equal Justice Initiative” che fa anche parte del consiglio direttivo dei programmi statunitensi delle Open Society Foundations.
Presenza “significativa” dei programmi di Soros in America
*Presenza in uno stato è considerata “significativa” se un’esplicita decisione è stata presa per investire in quello stato od area.
Altri criteri inclusi: forti partner e/o donazioni ad oggi (o donazioni pianificate) sono più grandi di 250.000 dollari all’anno o di un milione di dollari in generale.
Secondo un altro documento Soros trapelato, l’Open Society Institute ha creato appositamente OSI-Baltimora nel 1998 come “laboratorio di cambiamento sociale” per i programmi dell’istituto.
Può essere davvero una coincidenza che una grossa parte della campagna BLM, della violenza e dei disordini si sia concentrata lì? Oh, e non dimenticate che il leader della Black Lives Matter, DeRay Mckesson, vive attualmente a Baltimora … a casa di ricchi filantropi che non solo donano alla sezione di Baltimora dell’OSI, ma che erano soliti sedere nel consiglio dell’Open Society Institute.
L’OSI menziona specificamente Ferguson e Baltimora, due città che sono state sottoposte a supervisione federale a seguito di massicci disordini civili in risposta a violenze di polizia altamente pubblicizzate.
In realtà, questo va di pari passo con il DOJ(Dipartimento di Giustizia) che ha rilasciato un rapporto feroce sul dipartimento di polizia di Baltimora solo poche settimane fa …
Tutto ciò verrà utilizzato per rimuovere il controllo locale e statale sui dipartimenti di polizia e metterlo nelle mani del governo federale, già altamente centralizzato. Ad oggi, più di 30 dipartimenti di polizia in tutta la nazione sono caduti sotto sorveglianza federale a seguito di disordini civili di massa, cause legali del Dipartimento di Giustizia, o minacce di tagliare le sovvenzioni federali. Dopo le sparatorie della polizia di Dallas, che cosa stava prevedibilmente facendo il presidente Obama? Chiedere più controllo federale sulla polizia americana.
I membri di Black Lives Matter sembrano credere nella falsa idea di potersi in qualche modo sbarazzare tutti insieme della polizia in America. Forse è quello che hanno detto loro gli organizzatori della loro community; tuttavia, questo non è l’obiettivo finale delle persone che stanno pagando per manipolarli per “cambiamenti sociali” di massa.
Mentre l’epidemia dell’aumento della violenza e delle sparatorie da parte della polizia è un problema serio che deve cambiare, manipolare questi eventi attraverso disordini civili pre-fabbricati per giustificare il controllo federato della polizia centralizzerà il potere in ancora meno mani … come esattamente si risolveranno le relazioni razziali? o come si renderà l’America meno uno stato di polizia?
George Soros non l’ha detto.
Melissa Dykes è una scrittrice, ricercatrice e analista di The Daily Sheeple e co-ideatrice di Truthstream Media con Aaron Dykes, un sito che offre analisi prive di teleprompter del “Matrix” in cui ci troviamo a vivere. Melissa e Aaron di recente hanno lanciato Revolution of the Method and Informed Dissent (la rivoluzione del metodo e il dissenso informato). Sveglia il gregge!

Melissa Dykes

giovedì 28 dicembre 2017




Batteri resistenti … dalla natura la soluzione
Il mondo sanitario è nel panico più totale: un gravissimo problema si sta facendo sempre più presente e pressante.
Non mi riferisco al virus del morbillo che può preoccupare solo un povero cervello eterodiretto di un ministro della salute, messo al ministero dai poteri forti, ma della resistenza agli antibiotici.
Tale resistenza «è salita a livelli pericolosamente elevati in tutte le parti del mondo e minaccia la nostra capacità di trattare comuni malattie infettive». Questa pesante denuncia è stata lanciata in occasione della Settimana mondiale di sensibilizzazione agli antibiotici dalla FAO, l’Organizzazione Mondiale per la Salute Animale (OIE) e l’OMS.
Secondo il dottor Lance B. Prince, Direttore del Center for microbiotics and Human Health – Scientific American si tratta di un circolo vizioso pericolosissimo che «ci riporta quasi allo scenario che avevamo 100 anni fa… siamo all’inizio di una vera e propria epidemia».
Qual è la conseguenza? Un numero crescente di infezioni, come la polmonite, la tubercolosi, la gonorrea e la salmonellosi, stanno divenendo più difficili da trattare, poiché gli antibiotici usati per trattarli diventano sempre meno efficaci.
Stiamo parlando di oltre 25.000 decessi all’anno soltanto in Europa.
Secondo i dati AIFA l’Italia è al terzo posto in Europa per consumo di antibiotici, dopo Grecia e Cipro. Ecco qua il vero problema: l’uso sconsiderato di antibiotici.
Attenzione che non si sta puntando il dito solo all’uso incosciente di questi farmaci nel campo umano, perché secondo l’OMS gli eccessi in veterinaria rasentano la follia e sarebbero il primo tassello da sistemare.
Oltre il 50% degli antibiotici in Europa vengono somministrati negli animali da allevamento, quindi nella carne da macello.
Attualmente il modello produttivo alimentare umano è composto da: 1 miliardo e mezzo di bovini, 1 miliardo di suini, 1 miliardo e 700 milioni di ovini e caprini, 52 miliardi di avicoli (polli, ecc.) e 900 milioni di conigli. Incalcolabile è il numero di animali acquatici.
Un simile modello produttivo non può e non potrà mai essere compatibile con la sicurezza alimentare.
Se non cambiamo stile di vita, alimentazione e per ovvi motivi le tecniche di produzione, non si potranno prevenire le contaminazioni del suolo e delle acque, del mondo vegetale e quindi del mondo intero.
«L’uso di antibiotici nell’alimentazione degli animali a scopo terapeutico, preventivo o per stimolare la crescita (vietato dal 2006) facilita la selezione di batteri resistenti e di geni di resistenza che entrano nella catena alimentare». Dare antibiotici come caramelle agli animali da allevamento, è un boomerang che torna indietro sotto forma di resistenza a questi farmaci.
Quale è il motivo per cui si utilizzano queste sostanze nel mondo animale? Ovviamente dipende dalle condizioni disumane con cui questi vengono imprigionati negli allevamenti intensivi. Sovrannumero, condizioni igieniche da film horror, alimentazione innaturale, ecc. sono tutte condizioni che necessitano di una copertura antibiotica altrimenti la moria delle bestie sarebbe quotidiana.
Un esempio per tutti il virus H1N1. Si tratta di un vero e proprio puzzle impazzito di ben 4 virus (uno umano, uno aviario e due suini) ritrovati ai confini fra Messico e Stati Uniti in maiali da allevamento le cui condizioni erano a dir poco oscene. Una simile e spaventosa concentrazione di suini si è trasformata in una infernale “culla di virus” che offre loro la possibilità di moltiplicarsi, diffondersi e mutarsi.
La colpa di chi è: dei poveri animali imprigionati in lager per tutta la loro magra esistenza o dell’uomo che li disumanizza e dei consumatori che se ne cibano?
La resistenza è sempre esistitaCome l’uomo impara studiando e leggendo libri, ma soprattutto impara dall’esperienza diretta, così i batteri apprendono e comunicano tra loro le scoperte e le informazioni tra cui la AMR l’antibiotico resistenza.
E questo da sempre. Esami del DNA di organismi conservati perfettamente nei ghiacciai del nord del Canada per quasi 30.000 anni hanno dimostrato che già all’epoca vi erano i geni in grado di codificare l’AMR.
Il motivo ce lo spiega il prof. Ernesto Burgio, Direttore scientifico di ISDE: «In pratica il trasferimento genico orizzontale (HGT), rappresenta lo strumento di trasmissione di informazione genica e quindi adattativa e pro-evolutiva più efficiente messo in atto dai batteri da miliardi di anni. Lo stress ambientale e la diffusione di sostanze battericide in particolare, lo potenzia drammaticamente».
Quindi i batteri si passano tra loro le informazioni tra cui la resistenza e la virulenza.
Il risultato è presto detto: più l’uomo scarica in natura pesticidi, tossine, metalli e antibiotici e più la flora, i batteri e i microrganismi muteranno adattandosi al nuovo terreno e rinforzandosi a vicenda. Chi ci rimette come sempre è l’uomo.
La Natura ci viene in aiutoIl dottor José Graziano da Silva, Direttore Generale della FAO dice che «l’uso eccessivo di antimicrobici ne compromette l’efficacia e dobbiamo ridurne l’uso improprio nei sistemi alimentari. I medicinali veterinari antimicrobici sono uno strumento cruciale per la salute e il benessere degli animali e la produzione di alimenti sicuri, ma non sono affatto l’unico strumento che abbiamo a disposizione».
Ha ragione il dottor da Silva perché per nostra fortuna in natura esistono gli oli essenziali: prodotti che non hanno nulla da invidiare ai farmaci più potenti.
Gli oli essenziali con spiccate caratteristiche antibiotiche sono praticamente tutti o quasi, ma ve ne sono di specifici e potentissimi. Perfino il delicatissimo olio di Ylang-Ylang, il quale sembra solo un profumo, ha in realtà un potere antisettico più del fenolo, ma non viene usato perché è un ipotensivo che abbassa la pressione arteriosa.
Antibiotici naturaliParlare delle caratteristiche miracolose degli oli necessiterebbe una enciclopedia, ma in questa sede ci occupiamo solo delle più potenti essenze nell’ambito batterico e virale.
Tra i più potenti ricordiamo: timo, santoreggia, cannella, origano, limone, camomilla blu.
Limone: secondo studi effettuati da Morel Rochaix l’olio essenziale e i vapori di limone sono in grado di neutralizzare il meningococco in soli 15 minuti, quelli del tifo in 30 e lo stafilococco in circa 2 ore. Per il pericolosissimo streptococco emolitico servono dalle 3 alle 14 ore, la difterite invece in soli 20 minuti viene completamente distrutta. Sterilizza il bacillo della tubercolosi nella dose dello 0,2%. Questo solo l’olio essenziale di limone, per cui se calcoliamo che i vari oli si potenziano sinergicamente e magicamente tra loro…
Origano compatto: non esiste un olio antibatterico come quello dell’origano compatto. Utilissimo per combattere le malattie infettive contratte nell’ambiente più pericoloso che esista al mondo: l’ospedale. Malattie proprio causate dalle resistenze batteriche. E’ infatti un antinfettivo molto efficace e viene utilizzato con successo nelle malattie respiratorie, intestinali, urinarie e genitali. Antivirale, elimina i virus soprattutto della famiglia degli herpes, della mononucleosi (EBV), dell’influenza ed è immunostimolante.
Timo: è un olio antinfettivo la cui azione ha dell’incredibile. Si può usare per tutte le malattie infettive respiratorie, urinarie, ginecologiche, cutanee, ecc.
Numerosi studi dimostrano che la soluzione acquosa al 5% uccide in 2 minuti il bacillo del tifo e il bacillo di Shiga (agente della dissenteria). Uccide in 2-8 minuti il colibacillo, in 4 minuti lo streptococco e il bacillo difterico, lo stafilococco in 4-8 minuti, il bacillo di Koch della tubercolosi in 30-60 minuti.
Cadeac e Meunier studiarono l’essenza di timo nel 1889 sui bacilli del tifo e del cimurro. Morel e Rochaix nel 1921-1922 sul meningococco, il bacillo d’Eberth, il bacillo difterico, lo stafilococco. Courmont, Morel e Bay sul bacillo della tubercolosi. L’essenza del timo è molto più antisettica del fenolo, dell’acqua ossigenata e del permanganato di potassio.
Santoreggia montana: al pari dell’origano e del timo la santoreggia è un importante anti-infettivo in grado di combattere efficacemente le affezioni respiratorie, ginecologiche e intestinali.
Nel 1964 J. Pellecuer ha pubblicato un interessante studio sull’azione antibatterica e antimicotica dell’essenza di santoreggia, paragonata alla stessa famiglia (timo, rosmarino, lavanda) e ha dimostrato la netta superiorità rispetto ai ceppi: stafilococco (10 varietà), altri 14 germi e 11 funghi (varie candide). La santoreggia agisce in concentrazioni da 2 a 20 volte minori delle altre. Solo il timo ha dato risultati superiori.
Cannella di Ceylon: antisettico molto potente, è in grado di uccidere il bacillo del tifo nella dose del 3 per mille. Secondo Chamberland nel 1887 tre erano le essenze che avevano «il più grande potere antisettico, sia che agiscano per i loro vapori che in soluzione, e sono quelle della cannella di Ceylon, della cannella della Cina e dell’origano». Non a caso una volta era abitudine portarsi appresso delle piccole scatole piene di aromi, tra cui la cannella, per preservarsi dalle malattie contagiose e infettive.
Recenti studi hanno confermato le scoperte di Chamberland: l’essenza di cannella per esempio è in grado di uccidere il bacillo del tifo alla sola diluizione del 3,3 per mille.
Nei secoli scorsi la cannella, come i chiodi di garofano, costituivano una preziosa rarità.
Eugenia: anche la pianta dell’eugenia (chiodi di garofano) dovrebbe essere presente in ogni abitazione perché il suo olio è antiputrefattivo, antiparassitario, antisettico e un antibatterico formidabile. Per uso odontoiatrico è a dir poco miracoloso: mal di denti, carie, ascessi, ecc.
Un’emulsione al solo 1% di chiodi di garofano ha un potere antisettico superiore di circa 3-4 volte a quello già potente del fenolo.
E’ così efficace che il dottor W.A. Briggs utilizzava una settantina di anni fa le proprietà antisettiche dell’essenza di eugenia per la disinfezione delle mani dei chirurghi, degli ostetrici, degli infermieri e anche quella dei campi operatori.
Non a caso per molto tempo la spezia di eugenia è stata la più costosa proprio perché considerata una vera e propria panacea universale.
Ravintsara: chiudiamo questa miserrima e assolutamente incompleta elencazione degli oli con il Cinnamomum camphora, il cui nome Ravintsara significa “foglia tuttofare” o “albero dalle buone foglie“.
Si tratta di un potentissimo antivirale, soprattutto per le vie respiratorie (bronchi, polmoni…), è notevole contro tutta la famiglia degli herpes quindi anche contro il tristemente noto EBV, Virus Epstein-Barr. E’ il più efficace antivirale e indubbiamente il più sicuro, inoltre è un notevole antinfettivo con un’efficace azione antibiotica. Da non confondere con l’olio di ravensara.
ConclusioneIl corpo umano è costituito da un numero di batteri superiore almeno dieci volte a quello delle cellule. La scienza ufficiale inizia fortunatamente a prendere in seria considerazione e a studiare attentamente il cosiddetto “microbiota”, cioè l’insieme di tutti quei microrganismi (batteri, microbi, funghi, miceti e virus) che vivono con noi, fuori di noi e dentro di noi da sempre e sono qui da molto prima che l’uomo facesse la sua apparizione sul pianeta terra.
Per intenderci il microbiota rappresenta la “flora” e “fauna” microbica, cioè la barriera e il nostro sistema immunitario primario.
Stiamo parlando dell’organo più grande del corpo umano con un peso di circa 1,5 kg.
Quello che sta accadendo nel mondo e cioè la resistenza batterica ai farmaci costringe l’uomo ad un grande cambiamento medico-culturale e di coscienza.
E la cosa incredibile è che questi esseri infinitesimali ci stanno indicando anche la strada…
Va rivisto completamente l’uso e il consumo di farmaci, soprattutto degli antibiotici che andrebbero prescritti solo in caso di rischio di morte e non come avviene oggi da personale incosciente e ignorante che li usa per problemi virali (che non servono a nulla perché distruggono solo i batteri) o addirittura in via preventiva (raffreddori e influenze).
Rivedere completamente anche il nostro stile di vita è fondamentale, in particolare quello alimentare, perché gli allevamenti intensivi sono la culla dove crescono i batteri e la loro resistenza, oltre ad essere culla della sofferenza animale per eccellenza. Quindi se continuiamo ad alimentarci in maniera innaturale stiamo partecipando attivamente alla crescita batterica e al ritorno di quelle malattie incurabili con gli attuali farmaci. Per fortuna, come detto, la natura ci viene in aiuto.
A tal proposito va infine ricordato che il potere antisettico delle essenze è tanto più prezioso in quanto l’aggressione verso i germi microbici si associa a una perfetta innocuità verso i tessuti. Gli oli essenziali infatti non rovinano il microbiota anzi, nel ridurre i batteri patogeni, lasciano per così dire “più spazio” ai commensali utili alla vita e alla salute.
Ringrazio la d.ssa Concetta Digiacomo per le informazioni sull’antibiotico resistenza e la ricercatrice Cristina Fabbris che sapientemente usa gli oli con successo e amore da oltre trent’anni.

La storia ha già dato un giudizio negativo di questo Re!


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Questa la dizione perfetta della XIII disposizione finale e transitoria della nostra Costituzione sino alla fine di ottobre del 2002I membri e i discendenti di Casa Savoia non sono elettori e non possono ricoprire uffici pubblici né cariche elettive.Agli ex re di Casa Savoia, alle loro consorti e ai loro discendenti maschi sono vietati l'ingresso e il soggiorno nel territorio nazionale.I beni, esistenti nel territorio nazionale, degli ex re di Casa Savoia, delle loro consorti e dei loro discendenti maschi, sono avocati allo Stato. I trasferimenti e le costituzioni di diritti reali sui beni stessi, che siano avvenuti dopo il 2 giugno 1946, sono nulli.Il primo ed il secondo comma sono stati aboliti dalla legge costituzionale del 23 ottobre 2002. Il tutto fatto senza aver sollevato allora particolari dimostrazioni di protesta, neppure dell'ANPI. Ora ci ritroviamo sia i discendenti sabaudi che appaiono in troppe trasmissioni televisive, e lasciamo perdere ogni commento alle performances di Emanuele Filiberto, sia alla presenza di un re in pectore che molti anni fa ha sparato con un fucile verso una barca attraccata vicino alla sua, nel mare tra Sardegna e Corsica, uccidendo un giovane tedesco. Omicidio che il re senza trono non ha praticamente pagato dato che è stato condannato ad una pena ridicola, sei mesi, per porto abusivo d'armi.Bene, eliminati gli ostacoli personali - ma tenutisi gli averi della corona, almeno quelli che sono stati nelle possibilità di prendersi -, lo stato italiano permette ai resti di Vittorio Emanuele III di ritornare in Italia, come se questo ritorno fosse una riconciliazione storica come un'altra. Come se il tutto fosse condito nella solita zuppa della pietà per i morti. Strano comportamento questo del governo, che manda un aereo militare in Egitto a prendersi ciò che rimane del re piccolino.
Proprio un deputato del partito che lo mantiene in vita, il governo intendo, il partito del PD, tale Emanuele Fiano, figlio di un deportato nei campi nazisti, è il primo firmatario di una legge che eleva a reato la divulgazione di analisi e posizioni fasciste. Sempre il PD ha convocato recentemente una manifestazione a Como proprio contro i rigurgiti fascisti in quelle zone, e, per estensione, nell'Italia tutta. Altra istituzione, altro luogo. Il 12 dicembre di quest'anno in Piazza Fontana, il sindaco Beppe Sala, uomo eletto con i voti del PD a Milano, in piazza richiama "all'antifascismo militante", testuale. Insomma, parrebbe che l'antifascismo abbia sfondato tutte le porte nel governo di centro sinistra.
Ed adesso ci becchiamo il ritorno della salma di un re che ha aperto le porte al fascismo, al nazismo, alle leggi antisemite del 1938, a ben due guerre mondiali. La prima, utilizzando D'Annunzio come capopopolo per convincere gli italiani pacifisti, per la seconda assecondando totalmente il duce del "vincere e vinceremo". Un sovrano fra i peggiori della già orribile monarchia sabauda - basterebbe vedere le giravolte di alleanze nelle guerre europee del 1700 - per giungere alle sconcezze del 1900. Ed è a questi bei tipi che il governo antifascista e tutto l'entourage del PD ha aperto l'inumazione in un sacrario del Piemonte. Aspettiamo la traslazione, tra poco, per carità, a Roma, al Pantheon, cosa che il prode Emanuele Filiberto già reclama.
Questa come ogni altra considerazione e comportamento del nostro spudorato governo che dice una cosa e ne fa un'altra, cercando con le parole pezze giustificative, delle toppe, alle sue lacerazioni, che il Paese deve poi pagare. E non stiamo ad ascoltare le insulse parole del sindaco del piccolo paese, Vicoforte nella provincia di Cuneo, in cui si trova il mausoleo. La storia ha già dato un giudizio negativo di questo re. Il resto riguarda l'ignoranza civile e culturale di persone che non hanno capacità di tenere una dirittura morale civile. La difficoltà del dovere essere moralmente retti.
Tiziano Tussiwww.resistenze.org - osservatorio - italia - politica e società - 17-12-17 - n. 655

Zero tituli (Perché non c'è una lista sovranista alle politiche?)
Anni di impegno, di lavoro, di contrasti; convegni, blog, decine di migliaia di video, forse centinaia di sigle. Risultato:


La domanda "perché è andata così?" è d'obbligo. A mio avviso dobbiamo convenire che la risposta "è andata così perché nun ce sta 'na lira" è insensata, anche perché, se ci fossero i soldi, bisognerebbe nutrire qualche sospetto. La domanda, dunque, va posta in termini più chiari:
Perché le classi lavoratrici italiane, che pure hanno una grande tradizione di impegno politico, non riescono, non dico a prendere la guida della nazione, ma neppure a esprimere un livello minimo di contrasto ai bisogni e ai voleri della classe del capitale, sebbene sia universalmente percepito un sentimento di consistente di ripulsa verso tutti i partiti, nessuno escluso, che tali bisogni e voleri rappresentano?(*)
C'è un gran numero di elettori che non sa per chi votare, e c'è un pensiero politico, incardinato sulla Costituzione, che, interpretandone correttamente la sostanza, è oggi condiviso da qualche migliaio almeno di attivisti, i quali hanno scelto come riferimento una pattuglia più ridotta di intellettuali di sicuro valore e prestigio; eppure da questa circostanza non è derivato alcun tentativo serio di presentare una lista sovranista costituzionale alle prossime politiche, e ciò a dispetto di una legge elettorale che, pure, non porrebbe ostacoli invalicabili ad una forza che volesse farsi largo dal basso.
Non si può dare la colpa di ciò agli intellettuali di cui sopra, perché essere tali non basta ad assicurare la volontà o la capacità di costruire una lista elettorale, meglio ancora un partito del sovranismo costituzionale. Dunque non mi allineo alla schiera di quanti ascrivono ad essi la colpa dell'insuccesso. Nella mia visione delle cose, prima nasce il partito poi arrivano gli intellettuali. Magari per pretendere... ma questo è un altro discorso.
Forse, allora, la colpa dell'insuccesso è da ricercarsi nelle divisioni interne al movimento sovranista costituzionale, che in effetti ha dato ampia dimostrazione di una irrefrenabile propensione allo scissionismo? In effetti ci sarebbe da discutere. Come dimenticare, ad esempio, la tenacia con cui i fans della mmt (o memmt) si sono rifiutati di cogliere le fondamenta squisitamente politiche di quella che, ai loro occhi, era e doveva restare una tecnica salva Italia, rifiutando con ciò, e per anni, ogni proposta di aggregazione politica che gli veniva prospettata?
E vogliamo parlare dei numerosi tentativi di incistare il pensiero politico sovranista costituzionale in partiti già esistenti, che avevano già dato ampia prova di essere nel campo dell'avversario di classe oppure, come nel caso della Lega, ne erano stati punta di diamante? Che dire, infine, dei tentativi tutt'ora in corso, ad opera di ingenui sprovveduti, di rendere maggioritario nel movimento 5stelle il sovranismo costituzionale?
La lista degli errori (ecco un nome appropriato per una lista sovranista!) è sicuramente ancora più lunga, ma mi fermo qua. Il fatto è che, quando si è cominciato a parlare di elezioni, ci si è accorti che mancavano quei 400-500 comitati elettorali, distribuiti in tutta Italia, senza i quali l'avventura è impossibile. E i blog allora? E i convegni? E i social? Ma chi è che scrive sui blog e sui social, e chi va ai convegni? Fatta salva qualche eccezione, si tratta, nella maggioranza dei casi, di persone volenterose, spesso abbastanza colte, ma isolate nel loro contesto sociale, quando addirittura non in famiglia. E come fa uno di questi soggetti a costituire un comitato elettorale se il sovranista più vicino che conosce abita a 50 km di distanza, e anche quello è altrettanto isolato? Semplicemente non può.
Eppure ognuno di questi isolati soggetti conosce sicuramente molte persone che potrebbero dare il voto a una lista sovranista, ma non li ha frequentati politicamente con la necessaria assiduità per poterli chiamare a raccolta per costituire un comitato elettorale locale. Ed ecco allora che la cura per le fortune del sovranismo costituzionale consiste nel porsi questo problema e tentare di risolverlo. In realtà c'è stato un gruppo sovranista che si è posto il problema in questi termini, fin dall'inizio, il Fronte Sovranista Italiano, ma esso rappresenta solo una frazione, una delle tante possibili declinazioni di questo pensiero politico, per cui il buon lavoro che pure gli va riconosciuto non è, neppure esso, sufficiente. Infatti il FSI ha scelto di saltare l'appuntamento delle politiche per concentrare le forze sulle elezioni regionali di Lazio e Lombardia, che si terranno in concomitanza con le politiche.
Resta il fatto che quel modello organizzativo è l'unico ad aver dato risultati, e dunque si può considerare la possibilità di riprenderlo, magari con qualche correzione. Aggiungo che un modello in qualche modo simile fu implementato dai fans della mmt - memmt, purtroppo senza la necessaria visione politica, fornendo buoni risultati anche in quel contesto, e sicuramente migliori di chi ha insistito esclusivamente nel lavoro di organizzazione di convegni o di presenza sui blog e sui social.
Insomma, cari compatrioti, servono le sezioni sul territorio! E' necessario sviluppare un modello organizzativo che ponga al centro la diffusione capillare del sovranismo costituzionale, da ottenersi attraverso il duro e anonimo lavoro di organizzare incontri periodici con le persone del luogo al fine di conoscersi politicamente attraverso il confronto e il dibattito. Ma questo modello deve essere attentamente studiato a tavolino, per essere codificato e proposto come insieme di regole democratiche orientate alla costruzione di una frazione sovranista costituzionale, tali da consentire a tutti una modalità di partecipazione attiva, e non solo ai più bravi, mentre i meno bravi possono solo ascoltare passivamente come troppo spesso accade ai convegni.
A proposito di convegni: ne ho visti - anche - di interventi di persone assai poco preparate, in compenso di carattere più volitivo, mentre i più capaci restavano in silenzio! Ed è per questo che, quando ci vado, spesso salto del tutto alcuni di tali interventi, preferendo il contatto diretto con altri della platea, magari meno volitivi (o prepotenti) ma con molte più cose da dire. 
Per altro la sola attività convegnistica si scontra con un limite ben noto, che l'Italia non è poi così piccola come sostengono i globalisti. Altro che Italietta! Di fatto i cosiddetti convegni nazionali sono problematici, e già organizzarne per il nord, il centro, il sud e le due isole maggiori, comporta seri problemi di lontananza per chi è interessato a partecipare. Dunque i convegni nazionali devono essere diradati, al massimo uno l'anno, mentre devono crescere in numero gli eventi regionali, la cui promozione deve essere delegata alle sezioni delle province, anche in considerazione del fatto che le elezioni regionali sono molto importanti, e dunque un'articolazione per regioni di fatto è ad esse propedeutica.
La linfa vitale della vita politica, vorrei ricordarlo a tutti, è fatta di partecipazione, dalla quale emergono successivamente le inevitabili e necessarie, quando non troppo rigide, gerarchie che strutturano la vita di un partito politico. Ai vertici delle quali, in un partito democraticamente organizzato, si ascende in base al possesso di  una combinazione di tre caratteristiche - il prestigio personale, le capacità organizzative, l'essere collettori di voti - nessuna delle quali può essere considerata prevalente sulle altre.
L'intenso e generoso lavoro di questi anni non ha sortito effetti elettoralmente rilevanti perché è stata eccessivamente privilegiata l'attività di elaborazione ideologica, non solo da parte degli intellettuali ma soprattutto da coloro che hanno puntato sull'opzione di organizzare convegni sempre più partecipati numericamente, nei quali però chi prendeva la parola non veniva scelto da una base capillarmente diffusa attraverso meccanismi di delega, ma all'interno della cerchia ristretta degli organizzatori. Per entrare nella quale, godendo così di una ribalta (mentre qualche infaticabile come lo scrivente faceva riprese video) occorreva entrare nelle buone grazie di qualche leader non eletto, al più riconosciuto come tale per prestigio intellettuale. In politica le cose non funzionano così, questo è, al più, movimentismo di alto bordo, la cui tendenza intrinseca è quella di amplificare le divisioni. Ciò perché ognuno è incentivato a ricercare una sua specifica interpretazione, e a tentare di imporla agli altri attraverso la sola battaglia dialettica, senza che vi sia un elemento equilibratore costituito dai delegati democraticamente eletti dalle sezioni locali, sparse sul territorio, con diritto di parola in quanto effettivi rappresentanti del popolo.
Il risultato di tutto ciò è che i convegni sono sempre meno numericamente partecipati, alle elezioni politiche non ci sarà nessuna lista del sovranismo costituzionale, e molti di noi cominciano ad essere un tantinello stanchi. Prosit.


(*)Nota: poiché questo è il blog di un sovranista (costituzionale, così l'amico Simone è contento) do per scontato che l'unico e solo pensiero politico di opposizione alle istanze globaliste, oggi esistente, sia il sovranismo costituzionale. Chi non fosse d'accordo e volesse, ad esempio, citare il tentativo di Potere al Popolo (i "papellidi") o di Lista del Popolo (gli "ingroiati") o gli ortotteri, può esimersi sia dalla lettura che dal commentare. Anche perché sarebbe irrimediabilmente bannato. Questo è il post di un sovranista costituzionale, su un blog del sovranismo costituzionale, rivolto ai sovranisti costituzionali.