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mercoledì 13 dicembre 2017

Debito pubblico: L’Italia è in bancarotta


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 by Claudio Rossi


debito pubblico italiano
Proprio in questi giorni, tra l’indifferenza dei nostri governanti, il debito pubblico italiano sta battendo ogni record di negatività. L’Italia? Un Paese in via di sottosviluppo!

Il debito pubblico italiano non è più ripagabile

Il debito pubblico italiano è arrivato alla cifra astronomica di 2.303 miliardi di euro, oltre il 135% del Pil (Prodotto Interno Lordo). Quindi, da quando Gentiloni guida Palazzo Chigi non c’è stata alcuna inversione di tendenza. Anzi. Un tetto che l’Italia non ha mai conosciuto tanto elevato nella sua storia, sfiorandolo una sola volta, con il 130%, all’indomani della disastrosa Prima Guerra mondiale.
debito pubblico italianoIl risultato è che ogni anno spendiamo oltre 90 miliardi di euro solo per pagare gli interessi. Peggio di noi continua a fare solo la Grecia che, come si sa, è finita in bancarotta.

Lo Stato Italiano è in bancarotta

Il Fondo Monetario giudica che per un Paese con le caratteristiche dell’Italia il debito non dovrebbe oltrepassare l’85% del Pil. La Germania, per fare un paragone, ha un debito del 70% del suo Prodotto Interno Lordo.
A questo punto l’estremo rimedio è uno solo: la bancarotta. Altrimenti prepariamoci ad altre manovre lacrime e sangue.
Lo Stato italiano, infatti, per far fronte alla crescita degli interessi sul debito metterà le mani per l’ennesima volta sui risparmi degli italiani. Manovra inutile, perché l’eccesso di tassazione porta solo alla riduzione dei consumi e di conseguenza della produzione e della crescita del Paese.
La pressione fiscale in Italia è a livelli record (43,3% del Pil), siamo già tartassati e con il sistema fiscale più complesso d’Europa, insistere su questo tasto non aiuta certo ad abbattere la montagna di indebitamento dello Stato. Risultato: il debito pubblico, sia in termini reali che percentuali, sarà destinato a crescere anziché ridursi.
Se questo paese vuole salvarsi ha una sola strada: la bancarotta. Poi uscire dalla Ue e dall’euro e tornare a battere moneta sovrana, con una Banca Centrale prestatore di ultima istanza.

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