Il settore delle sigarette elettroniche, in costante crescita negli ultimi anni, riceve due batoste e rischia una pesante battuta d’arresto. Nel giro di poche ore, infatti, arrivano la sentenza della Corte costituzionale che dà il via libero alla tassazione anche sui liquidi senza nicotina e l’emendamento al decreto fiscale che bloccherà la vendita dei liquidi online, imponendo ai negozianti una regolamentazione simile a quella dei tabaccai. “Sigarette elettroniche, lo straziante urlo di dolore di un intero settore” titola il portale degli amanti della e-cig, sigmagazine.it, che parla del “giorno più lungo e buio del vaping” e di “centinaia di aziende a rischio, migliaia di lavoratori in pericolo”.
La Consulta: “Pagare tasse come le sigarette”
Ma andiamo con ordine. La Consulta ha deciso che l’imposta di circa 5 euro per ogni singola ricarica da 10 ml di liquido stabilita dal decreto legislativo del 2014 senza differenza tra quelli che contengono nicotina e quelli che ne sono privi. è del tutto legittima. Dopo alcuni mesi il profilo di legittimità era stato sollevato dal Tar del Lazio, che aveva sospeso la tassa per i liquidi senza nicotina, e i produttori e i distributori italiani avevano iniziato una sorta di disobbedienza fiscale in attesa della sentenza della Corte: il pagamento di una tassa proporzionale per la quantità di nicotina nei liquidi per i prodotti che la contengono. La Corte, tra l’altro, esplicita che l’imposta ha come “finalità primaria” il “recupero di un’entrata erariale (accisa sui tabacchi lavorati) erosa dal mercato delle sigarette elettroniche”. Come a dire, la fetta di mercato sottratta a Big Tobacco, rientra dalla finestra con la tassazione ai principali competitors.
Lo stop alla vendita online
L’emendamento a firma della senatrice di Ap Simona Vicari, invece, approvato insieme al decreto fiscale al Senato (manca il passaggio alla Camera che dovrebbe essere una formalità), impone il settore del vaping sotto il controllo dei monopoli di Stato. Il quadro normativo che dovrà essere seguito da i necessari decreti attuativi, prevede l’obbligo di licenza per i venditori di e-cig, analogamente a quanto succede per i tabaccai (con i costi aggiuntivi e le restrizioni sull’apertura) e la chiusura del mercato online dei liquidi.
“Ma il mercato ha bisogno di regole”
La ragione della legge è quella di mettere sotto controllo un mercato con pochissime regole. “È un far west – spiega al Salvagente un esperto che lavora per un’azienda produttrice di liquidi per e-cig – oggi negli shop circolano prodotti di dubbia provenienza, magari importanti dall’estero con sostanze non legali in Italia. Una regolazione serve”. Ma Stefano Caliciuri, direttore di sigmagazine, replica: I negozi possono comprare solo da deposito fiscale autorizzato Aams (agenzie dei monopoli statali). Chi non lo fa è già nell’illecito. Anche i prodotti sono già vincolati da notifica europea – continua Caliciuri – per poterli vendere devi notificarlo al ministero della Salute che poi trasmette tutto all’Europa. Li devi comunicare, con tutte le loro componenti aromatiche, sei mesi prima di immetterli in commercio”. Eppure, senza controlli adeguati difficile verificare gli illeciti.
I produttori contro la concorrenza scorretta
C’è poi la questione fiscale. I venditori sono comprensibilmente allarmati dal fatto che la cavalcata commerciale delle sigarette elettroniche possa essere bloccata da una tassa che raddoppierebbe il costo medio di una ricarica, per di più considerata ingiusta. Diversi studi, tra cui quello commissionato dall’Agenzia sanitaria britannica, hanno accertato che le e-cig con la nicotina riducono del 95% i danni alla salute rispetto a una normale sigaretta: da qui la perplessità per un trattamento fiscale uguale al tabacco tradizionale, addirittura per i liquidi senza nicotina. Ma c’è anche un altro aspetto, che riguarda i produttori italiani che hanno condotto la disobbedienza fiscale e ora rischiano di dover pagare centinaia di milioni di euro retroattivamente: “Quando i venditori hanno visto che perdevano clientela – spiega l’esperto che lavora per un produttore – perché le ricariche costavano il doppio a causa delle tasse, hanno cominciato a importare dall’estero, dove non sono tassate. Il risultato è che, ad esempio, la mia azienda ha perso il 70% di fatturato in un anno, e non è giusto venire penalizzati rispetto alla concorrenza estera”. Risponde Caliciuri: “Non è così, tutti i liquidi che entrano in Italia sono sottoposti ad accisa a carico dell’importatore. Altra cosa è il controllo delle dogane”. E si ritorna ai controlli: se non funzionano tutto il settore ne risente e lascia spazio a una legislazione che rischia di soffocarlo.
fonte : https://ilsalvagente.it
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