di Alessandro Catto
Davvero risibile il tentativo, visto negli ultimi giorni, di far approvare culturalmente ancor prima che politicamente, l’approvazione dello Ius Soli. Fa ridere quest’opera di pressing, messa in atto dalla solita porzione di sinistra dirittocivilista, antifascista, antirazzista, antipopulista… ma guardacaso mai anticapitalista.
Fa ridere il furbesco tentativo di delegittimare l’opinione popolare e le scelte di un parlamento che, in teoria, sarebbe deputato a rappresentarne le decisioni e non a operare secondo una idea astratta di “giustizia”, produzione propria di una classe di agiati della globalizzazione, di moralisti da ateneo universitario, di cantori della società globale al frequente riparo nella burocrazia statale, che quasi mai vivono le numerose controindicazioni, per italiani e migranti, causate dall’immigrazione.
Persone che non vogliono ancora capire quanto lo Ius Soli al popolo italiano (giustamente) non interessi e non piaccia, stretto nelle pastoie e nelle difficoltà delle loro società multiculturali, delle loro aperture sociali ed economiche, dei loro muri da abbattere, delle loro periferie e delle loro accoglienze.
Sarebbe bello se queste nuove “Marie Antoniette” del mondo globalizzato potessero essere messe dinanzi ad un bel referendum di consultazione sul tema dello Ius Soli, sarebbe bello far notare loro quanto l’emergenza democratica su cui da giorni stanno macinando gli immancabili panegirici sull’Italia “arretrata” sia un tema lontano, non gradito, non voluto, non prioritario.
Sarebbe bello far loro capire che in una democrazia i cittadini hanno diritto d’espressione e hanno il sacrosanto diritto di scegliere loro, a casa loro, le priorità dell’agenda politica e dei temi pubblici, preferibilmente senza le imposizioni culturali di un cosmopolitismo che chiama democrazia l’assurda pretesa di imporre a terzi i propri “sogni”.
Articolo di Alessandro Catto
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