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sabato 2 dicembre 2017

Il modello norvegese: un nuovo approccio all’immigrazione e ai richiedenti asilo

Mescolare chi ha realmente bisogno di protezione con chi non ce l’ha, significa togliere il diritto di essere protetti ai veri rifugiati, a vantaggio di chi – pur non avendo bisogno di protezione – può pagarsi il viaggio clandestino verso l’Europa. La Norvegia considera il traffico di esseri umani come una tragedia moderna alimentata da un sistema che accoglie chiunque si presenti. Inoltre, se allo stesso costo di accogliere un richiedente asilo, ne puoi aiutare molti di più nei campi all’estero, perché non dovresti farlo? Nell’intervista a Sylvi Listhaug, ministro norvegese per l’Immigrazione e integrazione, la linea norvegese è spiegata e difesa con parole limpide e razionali: supportate dai fatti, perché parliamo di un paese che attinge dallo stesso budget per aiutare gli stranieri in patria e all’estero, e quindi destina comunque agli aiuti internazionali (oltre l’1% del Pil, circa il doppio della media UE)  ogni corona risparmiata per l’accoglienza. L’intervista è stata pubblicata sul sito di The Spectator



      
Di Fraser Nelson, 25 novembre 2017 – Traduzione di Zoe Keller (@KellerZoe)


La Germania in questo fine settimana aspetta di vedere se Angela Merkel, che sta affrontando le conseguenze politiche dalle sue scelte sull’immigrazione, sarà in grado di formare un governo. Un netto contrasto con la Norvegia, dove la coalizione guidata dai conservatori è al suo secondo mandato, dopo avere adottato un approccio molto diverso nei confronti dei richiedenti asilo. La scorsa settimana ho incontrato Sylvi Listhaug, che ricopre un incarico creato di recente: ministro norvegese per l’immigrazione e l’integrazione. È membro del Progress Party (Partito del progresso), il partner minore della coalizione. Spesso si legge su di lei che è “schietta” o “controversa” e mi interessava capire che tipo di idee radicali avesse. Alla fine dell’intervista mi sono trovato a domandarmi se la sua politica in materia di rifugiati non sia effettivamente molto più lungimirante e moralmente difendibile rispetto all’approccio di Angela Merkel.
L’approccio della Norvegia è stato diverso fin dall’inizio. Nel 2015 la Svezia ha accettato 160.000 richiedenti asilo, mentre la Norvegia solo 30.000, e quest’anno, finora, solo 2.000. Nessun altro paese ha visto una riduzione più netta del numero dei rifugiati. Nella sua intervista, Sylvi Listhaug ha indicato i seguenti tratti distintivi del modello norvegese.

1) La Norvegia riconosce che il mondo ricco ha un dovere morale di aiutare i richiedenti asilo, ma va oltre. La questione morale più difficile è: come li aiuti? Con 65 milioni di persone che si mettono in movimento, accettarne poche migliaia a casa rappresenta comunque sempre un aiuto simbolico. Ma se, allo stesso costo di accogliere un richiedente asilo, ne puoi aiutare molti di più nei campi all’estero, perché non dovresti farlo? Anche la Gran Bretagna ci sta pensando, ma è meno aperta a discuterne. Sylvi Listhaug aveva appena incontrato Brandon Lewis, il suo omologo britannico, quando le ho parlato. Lewis le aveva indicato una proporzione: allo stesso costo con cui si aiutano 3.000 rifugiati in Gran Bretagna, il governo del Regno Unito potrebbe aiutarne 100.000 nei campi all’estero.

2) La Norvegia spende somme ingenti (l’1% del suo PIL) per gli aiuti internazionali. L’anno scorso erano 36,6 miliardi di corone (circa 3 miliardi di sterline) ovvero l’1,1 per cento del suo PIL. Si tratta di circa il doppio della media UE, molto al di sopra dello 0,7% del Regno Unito (o dello 0,5% della Germania). Per la Siria la Norvegia ha promesso un totale di 10 miliardi di corone (920 milioni di sterline) in quattro anni. Certo, una simile generosità è più facile per la Norvegia, dato il fondo sovrano di trilioni di dollari che ha a sua disposizione.

3) La Norvegia usa il suo budget destinato agli aiuti internazionali per aiutare i richiedenti asilo a stabilirsi in Norvegia. Aiutarli è una missione umanitaria anche quando avviene in patria, quindi è classificata come aiuto verso stranieri. Ogni corona risparmiata per il minor numero di richiedenti asilo in Norvegia viene spesa per dare aiuti all’estero.

4) La Norvegia respinge i migranti economici (cioè, quelli che non hanno bisogno di protezione). Listhaug dice che la sua politica non vuole generare equivoci: “Se sei un migrante economico, la Norvegia non ti accoglie. Non diamo protezione a chi non ne ha bisogno, a chi non è in pericolo nel suo paese, e spendiamo anche un sacco di soldi per rimpatriare le persone che vengono respinte dalla Norvegia, anche con la forza”. La polizia viene inviata a cercare gli immigrati clandestini nei ristoranti e in altri luoghi “dove è frequente il lavoro nero… se li troviamo, li espelliamo. Questo ha diminuito il tasso di crimine in Norvegia, ed è un’ottima cosa”.

5) L’espulsione funziona. “Li rimandiamo in Afghanistan se non hanno bisogno di protezione, li rimandiamo in Somalia se non hanno bisogno di protezione”. Le ho chiesto se farlo è costoso. “Sì, ma ne vale la pena”. Rappresenta infatti un deterrente, dice, che dimostra l’inutilità di venire in Norvegia senza un’adeguata giustificazione. “Quindi, se vivo in Afghanistan e voglio una vita migliore, non vado a pagare un contrabbandiere per portarmi in Norvegia, perché se non ho bisogno di protezione so che sarò rimandato indietro”.

6) La drastica riduzione dei rifugiati accolti in Norvegia ha portato ad un forte aumento del denaro speso per aiutare i rifugiati nei campi all’estero. Così negli ultimi due anni la Norvegia ha aumentato il suo budget di aiuti di circa 4 miliardi di corone (370 milioni di sterline) come conseguenza diretta della diminuzione del numero di richiedenti asilo. E il prossimo anno si prevede un forte aumento degli aiuti internazionali, conseguito grazie all’essere stati in grado di ridurre il numero dei richiedenti asilo accettati.

7) Listhaug ritiene che la Convenzione sui rifugiati delle Nazioni Unite del 1951 sia un documento “che ha fatto il suo tempo” e non adeguato alle realtà moderne della tratta di esseri umani e della globalizzazione. La Convenzione del 1951 è stata scritta per evitare una ripetizione di quanto avvenuto negli anni ’30 e obbliga i firmatari ad aiutare chiunque abbia un “fondato timore di persecuzioni”. Poiché il numero globale dei richiedenti asilo aumenta, questo è problematico e crea un incentivo per i trafficanti di esseri umani.

8) La Norvegia considera il traffico di esseri umani come un tragedia moderna alimentata da un sistema che accoglie chiunque si presenti.Dicono che contrabbandare un minore non accompagnato dall’Afghanistan all’Europa costi tra 3.000 e 20.000 dollari. “Le ragazze, a volte, vengono vendute ai vecchi per finanziare questi viaggi.” Inoltre i bambini vengono uccisi, o violentati, durante il viaggio. Dobbiamo riportare sotto controllo questo fenomeno… Perché dovremmo sostenere un sistema che funziona per quelli che hanno i soldi per il viaggio, e non per i rifugiati e le persone in stato di necessità senza soldi?”

9) La Norvegia ha imparato a non preoccuparsi troppo del consenso internazionale. Ho chiesto a Sylvi Listhaug se è ormai abituata a essere chiamata crudele e senza cuore e, se sì, come la fa sentire. “Non me ne frega niente, perché questa è la cosa giusta da fare. Dovremmo pensare a tutti i rifugiati, fare il più possibile per il maggior numero possibile. Avere una politica che fa venire nei nostri paesi come richiedenti asilo masse di persone senza bisogno di protezione è una scelta sbagliata”.

10) L’approccio della Norvegia è sempre più condiviso da altri paesi.Chiunque pensi che Sylvi Listhaug sia radicale dovrebbe cercare Inger Stojberg, la sua omologa danese, che usa un cartone animato di Maometto come salvaschermo dell’iPad. Come dice Listhaug: “Molti paesi in Europa la pensano sempre più come noi: come la Danimarca e l’Austria. Anche la Germania… La Francia in questo momento ha grossi problemi di integrazione, lo stesso il Belgio. Molti paesi in Europa vedono che abbiamo bisogno di riportare il fenomeno sotto controllo”.

Tutto questo è importante per noi perché la politica della Norvegia è molto simile a ciò che fa la Gran Bretagna (molti aiuti all’estero, limitando il numero di rifugiati accolti). La differenza principale è che i norvegesi spiegano e difendono la loro politica, mentre i conservatori non si sentono ancora abbastanza a proprio agio nel farlo. Ma, come dice Listhaug, il dibattito sta cambiando e il modello norvegese potrebbe finire con il diventare la nuova linea di consenso.

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