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giovedì 27 giugno 2019


Rivoluzione industriale 4.0 Microchip per tutti!


Il 21 settembre 2016 il Presidente del Consiglio Matteo Renzi, attraverso l’azione e le iniziative promozionali diffuse dal Ministero dello Sviluppo Economico gestito dal piddino Carlo Calenda, ha dato il là a “Industria 4.0”, meglio noto come “Piano Nazionale Industria 4.0” stanziando 13 miliardi di euro per supportare la quarta rivoluzione industriale che porterà le aziende italiane a digitalizzare e robotizzare i processi produttivi.
L’anno seguente il “Piano nazionale Industria 4.0” diventa “Impresa 4.0”.
Quarta Rivoluzione
Le rivoluzione industriali del mondo occidentale sono state tre: nel 1784 con la nascita della macchina a vapore e di conseguenza con lo sfruttamento della potenza di acqua e vapore per meccanizzare la produzione; nel 1870 con il via alla produzione di massa attraverso l’uso sempre più diffuso dell’elettricità, l’avvento del motore a scoppio e l’aumento dell’utilizzo del petrolio come nuova fonte energetica; nel 1970 con la nascita dell’informatica, dalla quale è scaturita l’era digitale destinata ad incrementare i livelli di automazione avvalendosi di sistemi elettronici e dell’IT (Information Technology).
Ora tocca alla quarta, e un rapporto pubblicato dalla multinazionale di consulenza McKinsey, spiega dettagliatamente quali saranno gli impatti enormi delle nuove tecnologie digitali.
Quattro saranno anche le direttrici di sviluppo:
  • Utilizzo dei dati, potenza di calcolo e connettività, big data, open data, Internet of Thingsmachine-to-machine e cloud computing per la centralizzazione delle informazioni e la loro conservazione.
  • Analytics: una volta raccolti i dati, bisogna ricavarne valore.
  • Interazione tra uomo e macchina, che coinvolge le interfacce “touch”, sempre più diffuse, e la realtà aumentata.
  • Passaggio dal digitale al “reale” e che comprende la manifattura additiva, la stampa 3D, la robotica, le comunicazioni, le interazioni machine-to-machine.
Le rivoluzioni a cui assisteremo nei prossimi decenni supereranno la fantascienza hollywoodiana.
Nella “Fabbrica 4.0” la flessibilità dagli impianti sarà tale da consentire di personalizzare i prodotti in funzione del singolo cliente. I robot lavoreranno a contatto con l’uomo e dall’uomo apprenderanno in modo naturale.
Arrivare alla pericolosissima A.I., Intelligenza Artificiale è solo questione di tempo.
La fabbrica, il lavoro, il microchip umano, i robot, ecc. tutto sarà infatti, in una parola, smart(intelligente).
Dall’Industria 4.0 al microchip 2.0
Il Piano industriale 4.0 darà un impulso enorme all’impianto dei microchip nell’uomo.
Non a caso si parla di interazione uomo-macchina, robotica, realtà aumentata, sicurezza, ecc.
La propaganda del Regime, sta cercando da molti anni di indottrinare le masse su tale argomento. Cercano infatti in tutti i modi di farci vedere il microchip sottocutaneo, come una tecnologia intelligente, evolutiva, utilissima e, ovviamente, sicura.
La Finestra di Overton si è aperta e gli articoli sui microchip per uso umano pubblicati nell’ultimo periodo ne sono la prova.
Oltre ai numerosissimi film sfornati da Hollywood negli ultimi decenni, assisteremo sempre più a servizi pseudo-giornalistici e trasmissioni televisive in cui il chip per uso umano, sarà presentato come il futuro e la tecnologia a cui non potremo dire di no.
Ci mostreranno sempre e solo il lato bello e utile: l’interazione del corpo con il mondo esterno, come ad esempio l’accensione del pc semplicemente avvicinando la mano inchippata, o la gestione completa di una casa domotica. Per non parlare della sicurezza: il microchip ci permetterà di uscire da casa senza carta di credito, senza soldi in contanti, perché tutti i dati utili (compresi quelli sanitari) saranno registrati nei byte del microcircuito.
Non parliamo della strepitosa utilità in caso di sequestro di persona o incidente, perché nel primo caso, fungendo anche da GPS sarà possibile trovare il malcapitato in pochi minuti, mentre nel secondo, anche se la persona è incosciente, i medici potranno estrapolare tutti i dati sensibili sanitari posizionando lo scanner sopra il microchip.
Tutto stupendo, ma dopo vedremo i lati oscuri…
Tornando agli articoli di propaganda, l’ultimo articolo è di ieri del quotidiano il “Giornale di Brescia”, il cui titolo è inequivocabile: “Da Vinci 4.0, quando un chip sottocutaneo non deve far paura”.
Il nome dell’iniziativa, che rende omaggio a Leonardo, sintesi di genio creativo e capacità tecnica, nel cinquecentesimo anniversario della sua morte, deriva anche dal fatto che «lui era ed è l’esempio perfetto della multidisciplinarietà».
Lo stesso saranno gli operatori delle Fabbriche 4.0, i quali dovranno saper interagire con robot, sensori e dati da essi prodotti, piuttosto che con un’intelligenza artificiale o con il microchip impiantato sotto pelle!
Per ben tre mesi, 250 ragazzi di cinque scuole della provincia di Brescia hanno avuto mattinate formative sui temi della “digital transformation”.
Ecco le piroette e acrobazie letterarie del Giornale di Brescia per imbonire gli impianti di microchip. «Sebbene il microprocessore sottocutaneo possa intimorire e far sovvenire scene da film in pieno stile Matrix, il suo utilizzo è già diffuso, ad esempio in Germania.
Al suo interno possono essere inserite informazioni come i dati anagrafici, il gruppo sanguigno e persino un abbonamento ad un mezzo di trasporto».
Al «primo impatto non può non spaventarema lo stesso si può dire di tutte le invenzioni che hanno trainato le diverse rivoluzioni industriali». In pratica l’esperto paragona la macchina a vapore, l’elettricità con un congegno elettronico, grande come un chicco di riso, che viene posizionato mediante una siringa, dentro il corpo umano!
Anche perché la casa che produce l’oggetto il microchip dettagliatamente propagandato in queste scuole si chiama “Dangerous Things”, il cui sito ufficiale si apre con la frase: «We believe biohacking is the next phase of human evolution», cioè credono che il “biohacking” sarà la prossima fase dell’evoluzione umana!
Biohacking, unisce la parola “biologia” e “hack”che significa “un approccio o un metodo non convenzionale”. In pratica il biohacking è l’insieme di sostanze e/o gadget sviluppate allo scopo di migliorare l’essere umano naturale, per superarne i limiti fisici.
Vendita dei microchip on-line
Il fondatore di Dangerous Things è un certo Amal Graafstra, che dal garage di casa gestisce la microazienda specializzata nella vendita per corrispondenza di chip e altri aggeggi per tutti quei poveri decerebrati che vogliono modificare e potenziare il proprio corpo!
Il microchip, mediante una siringa con un ago da ben 4 mm, si inserisce 2 millimetri sotto pelle, poi si mette un cerottino steri-strip sul buco, e il gioco è fatto. Il tutto sganciando 90 euro circa per avere a casa il comodo kit.
Nel corso degli anni il prezzo è calato drasticamente e ora è alla portata di tutti, bambini e ragazzini compresi!
Se però il semplice chippetto non ti aggrada, e vorresti andare oltre, puoi sempre ordinare, per una cifra che varia tra i 153.75 e i 222 dollari, il “Cyborg Transformation Kit”.
«Se sei pronto per aggiornare il tuo sacco di carne con la tecnologia implantare di prossima generazione e iniziare immediatamente a costruire soluzioni informatiche, hai bisogno del kit di trasformazione cyborg per eccellenza»!
Chiaro? Vuoi implementare il tuo corpo diventando come Terminator?
Futuro distopico
Molti scienziati sostengono che il microchip sottocutaneo umano diventerà nel futuro prossimo indispensabile come il telefono cellulare. Nella loro visione distopica, la società del futuro ci metterà in condizione di non poterne fare a meno, addirittura potrebbero renderli obbligatori, esattamente come oggi per i vaccini.
Ricordo che il microchip per uso animale è obbligatorio in Italia dal 5 novembre 2004.
Il chip contiene un codice magnetico di 15 cifre che si possono leggere mediante un apposito lettore per risalire al proprietario del cane. La Regione Friuli a novembre 2018 ha provato a metterlo obbligatorio anche per i gatti, ma hanno dovuto fare dietrofront a causa del malcontento della gente.
Però ci hanno provato, e ci riproveranno più avanti…
Il passaggio dagli animali all’uomo? Solo questione di tempo!
Nell’uomo il discorso è molto più complesso perché gli impianti sono stati pensati – nonostante le belle parole – solo per il controllo sociale globale! 
Cosa faremo infatti quando le banconote cartacee saranno sostituite dalla moneta elettronica e virtuale?
E se per vari motivi il chip non funzionasse correttamente, subisse un danno (o venisse disattivato dall’esterno)? E quando non potremo più comprare nulla, neppure un pezzo di pane, senza sottoporci all’identificazione biometrica tramite microchip?
I delinquenti 2.0 non ruberanno più il portafoglio, come pure non rischieranno neppure di forzare una casa, semplicemente si specializzeranno nel furto dei dati sensibilissimi mediante due strade: la prima si avvale di lettore a radiofrequenze, la seconda nell’estrazione forzata (con bisturi) del chip dalla mano. Indipendente dal metodo usato, una volta in possesso dei dati contenuti nel chip, saranno in possesso di quella vita umana! Non mi riferisco al classico furto di identità, qui l’oggetto del furto è la vita stessa. Nel chip infatti confluiranno tutti i dati sanitari, finanziari, fiscali, (leggasi Big Data) e tutti quelli che non possiamo nemmeno immaginare: per esempio grazie alle tessere fedeltà e agli acquisti fatti online, sapranno (già avviene ora) tutto quello che mangiamo, le preferenze sessuali, la musica che ascoltiamo, la tendenza politica, ecc.
La vita umana sta diventando un concentrato di byte, e coloro che gestiranno questi dati e informazioni saranno i veri Padroni del mondo.
Un esempio per tutti: con gli screening genetici, eseguiti nel periodo prenatale, sapranno quali sono le nostre inclinazioni e/o predisposizioni alle malattie. Se queste informazioni finiscono nelle mani di una assicurazione, potremo vederci negata la polizza sulla vita perché loro sanno o ipotizzano che a 30 anni mi verrà un linfoma!
Le persone devono capire che l’intera esistenza di una persona dipenderà dai signori che davanti ad una tastiera controlleranno (o ruberanno) i dati del microchip.
Secondo alcuni visionari arriveremo al punto in cui sarà l’uomo stesso a chiedere l’impianto del microchip volontariamente; vuoi per sicurezza, per comodità (aprire le porte, alzare le tapparelle, accendere il pc o cellulare, uscire senza soldi, ecc.) o perché il numero a 15 cifre diventerà il nostro nuovo “numero di sicurezza sociale”, per cui se un domani si vorrà usufruire dei servizi sociali, basterà allungare la mano destra…

Le grinfie della finanza sul turismo italico

ariannaeditrice.it
Ieri c’è stato un report sulle big del turismo e le loro pratiche sleali, Booking ed Expedia principalmente, argomento che avevo affrontato nel 2016 in un convegno organizzato al Parlamento dall’on. Daniele Pesco, e successiva indagine. Perché il M5S, molto ligio e accondiscendente verso la digitalizzazione dell’economia in salsa Google and co, non ha mai sollevato la sia pur minima critica, loro così inclini a parole alla democrazia diretta, nei confronti di questo enorme oligopolio dalle pratiche illegali, intese su prezzi e condizioni, metodi ricattatori, evasione fiscale di Iva e tasse, abuso di posizione dominante, e altre pratiche illegali normalmente soggette alle multe e procedure delle norme concorrenza della Commissione europea che nella fattispecie, chiude tutti gli occhi e lascia fare.
Anzi, fui invitata per criticare la proposta M5S poi abortita solo a metà di trasformare le OTA – Online Travel Agencies così si chiamano le piattaforme digitali online – in sostituti di imposta.
Io andai a dire sostanzialmente che era assurdo cedere quel poco di sovranità fiscale che ci rimaneva – lo vediamo adesso con il pandemonio attorno ai minibot che teoricamente e giuridicamente si dovrebbero potere fare, ma che tutto il consesso bancario europeo non ci vuole lasciare fare – a dei conglomerati che sono evasori fiscali TOTALI, permettendo loro di trattenere oltre alle nostre commissioni anche le nostre tasse e o tasse di soggiorno.
Un modo per tracciarci meglio e perseguitare i cittadini italiani proprietari di strutture turistiche, e cedere i nostri soldi all’oligopolio, che poi è controllato dagli stessi fondi rapaci che controllano le banche specialiste in titoli di stato che ci strozzinano con debito e spread, tra le altre delizie, per venderci a carissimo prezzo i NOSTRI simboli monetari che loro creano dal nulla con la nostra garanzia.
L’oligopolio, costituito da Booking, Expedia, Tripadvisor ed Airbnb, ha sede fiscale in Delaware attraverso una serie di scatole cinesi. Ad esempio Booking paga solo il 5% in Olanda, sul suo fatturato, grazie a una ruling tax come quelle accordate da Juncker al Lussemburgo ma fondamentalmente Booking, Tripadvisor ed Expedia sono 3 costole di Microsoft, nate come sue start up, poi quotate, e ancora strettamente connesse tra loro al punto da scambiarsi i manager, e da avere praticamente gli stessi azionisti di maggioranza: Vanguard, State Street, Blackrock, FMR ecc. Mentre Airbnb è una startup del fondatore di Amazon, i cui azionisti principali sono Vanguard, Blackrock, FMR, State Street….
Sono a tal punto connesse tra loro da essersi messe d’accordo su condizioni e termini e da spartirsi il mercato, concordando insieme le politiche di “penetrazione”. Ad esempio, il colosso Expedia, controllato anche da Chelsea Clinton, ha rovinato quello che era nato come un settore peer to peer negli affitti delle case vacanze, che metteva direttamente in contatto turisti e proprietari, attraverso il contatto diretto e lasciando al proprietario un controllo sulla sua attività, degno e libero. Tu pagavi una quota annua e Homelidays, Abritel, Fewo Direkt o le altre che adesso sono filiali di Expedia, ti dava visibilità in una determinata lingua, per un determinato mercato – tedesco, francese, inglese, ispanico ecc – lasciando liberi proprietario e turisti di scegliere il metodo di pagamento DIRETTO, SENZA INTERMEDIAZIONE FINANZIARIA, e di mettersi d’accordo tra di loro come dovrebbe succedere in un libero mercato.
Il settore dell’affitto delle case private è stato rovinato da Expedia, dicevo, perché dopo avere comprato tutti i siti paese per pase che si occupavano del p2p delle case vacanze, ha modificato drasticamente i termini dei contratti in essere, come in banca, per renderli uguali a quelli di booking, sito nato per l’intermediazione tra alberghi e turisti, e costringendo i proprietari a sottoscrivere, oltre al servizio di promozione sul net, i servizi finanziari di una società collegata – altro reato GRAVE ai sensi delle norme della concorrenza, secondo le quali non puoi subordinare all’offerta di un servizio l’offerta di un altro servizio, a pagamento.
L’obbligo è stato esercitato con il continuo ricatto larvato e non: ad esempio, chi rifiutava di accettare i servizi finanziari della consociata di Expedia, nel caso di Abritel, era Yapstone, si ritrovava con l’annuncio, che pure aveva pagato, costantemente nascosto nei risultati di ricerca, così è successo a me che per gli ultimi 3 anni, ad esempio, non ho ricevuto una sola richiesta dalle filiali di Expedia, e quando telefonavo al call centre, una persona anonima senza cognome mi ripeteva che erano i criteri dell’ALGORITMO (si, ma calibrato in modo tale, da avvantaggiare sempre gli anonimi proprietari dell’oligopolio ai danni dei proprietari).
Inizialmente, avevano lasciato ancora la scelta apparente tra l’abbonamento annuo, per la sola visibilità, e l’iscrizione gratuita, con la commissione pay per booking e intermediazione finanziaria, ma poi anche nel caso dell’abbonamento diventava obbligatorio passare per l’intermediazione finanziaria, se volevi avere quella visibilità per cui, paradossalmente, avevi già pagato. Un vero e continuo ricatto! Una intermediazione che comunque andava pagata con un sovrapprezzo. Fino a quando smise completamente la possibilità dell’abbonamento senza intermediazione finanziaria.
In questa intermediazione, il turista per prenotare paga con la carta da credito alla consociata di Expedia, una somma che essa iscrive nella sua contabilità, appropriandosene per mesi, con il giochetto della partita doppia, per poi trasferirla per via bancaria o carta al proprietario, naturalmente senza alcuna retribuzione, contrariamente al deposito bancario, anzi con la ritenuta di una commissione a piacimento del monopolista. E già solo in questa trafila finanziaria vi è creazione monetaria, a vantaggio della visa, sul debito del turista, e a vantaggio di Expedia ai danni del proprietario. Quando finalmente compare la magica iscrizione sul conto della banca del proprietario in Italia, in realtà la nostra transazione si sarà moltiplicata due volte all’estero per irrigare i vari fondi avvoltoi dalla visa a vanguard group, coazionista di Expedia, ad esempio.
Avendo rovinato quindi il mercato delle case vacanze p2p tra privati, Expedia ci ha spinto nella morsa di Booking, che in realtà nacque come portale per gli alberghi, o di Airbnb nei casi di appartamenti cittadini.
Booking, mette in concorrenza Bed and Breakfast, alberghi e case vacanza, irritando gli albergatori, quei pochi che rimangono di conduzione locale, ed esasperando una concorrenza al ribasso tra case e alberghi. Booking funziona perché l’oligopolio ha deciso di imporre al turismo solo Booking ed Airbnb: booking per le case e gli alberghi, airbnb per gli appartamenti di privati. Ma funziona perché è rimasto praticamente l’unico – Expedia non è un suo competitor, è un suo partner – e sempre in modalità ricattatoria: se non paghi più commissioni, niente visibilità. E funziona per loro, non per noi, perché questo monopolio sta rovinando tutto il mercato del turismo.
Mi è successo così quest’anno che ho dovuto aumentare la commissione a Booking perché la mia casa nonostante avesse un punteggio altissimo, 9.8, non aveva nessuna visibilità: ho dovuto togliere le restrizioni di durata di soggiorno, applicare degli sconti, togliere le rigidità alle cancellazioni, e altre condizioni tutte penalizzanti per il proprietario. Ed è così che stanno strozzando, strozzinando e uccidendo gli ultimi alberghi di qualità, e di proprietà locale, nonché l’attività di case vacanza, vero e proprio patrimonio del belpaese, in tutta Italia. Sta succedendo in tutta Italia questo saccheggio dell’ultima spiaggia che ci è rimasta: il turismo, che fino a qualche tempo fa, senza questi avvoltoi finanziari, permetteva l’ingresso in Italia di somme ingenti di contanti, vera valvola di sfogo per l’economia italiana. Perché il contante, anche per le banche popolari che ricevono restrizioni sui crediti dalla BCE, sono boccate di ossigeno fuori dal fiato del sistema bancario internazionale.
La situazione è oltre modo vessatoria quando il proprietario o l’albergatore subisce un qualche feedback INIQUO di un qualche turista touch and go, solitamente italiano, perché ad esempio aspettandosi la colazione o i servizi come in un albergo, e anche “una bella fetta di culo servita su un vassoio di argento”, naturalmente a prezzi stracciati, ti mette un punteggio basso nonostante tu gli abbia spiegato che non servi la colazione perché non puoi proprio per le normative vigenti.
Oppure ti può capitare come mi è capitato che tre ucraine lascino la casa come un porcile, tralascio i dettagli, e avendoglielo fatto notare gentilmente per messaggio, ti mettono un punteggio punitivo perché il principio è questo: tu proprietario sei sempre valutato e spiato persino al telefono con il call centre – tutte le chiamate sono registrate e poi ascoltate da fantomatici responsabili a cui non abbiamo mai accesso – ma non puoi mai valutare i clienti, né tanto meno Booking.
Tu segnali l’accaduto a Booking, sono addestrati per essere incoraggianti al telefono e rassicurarti, per poi scoprire che era tutta una presa in giro, non toglieranno MAI il feedback iniquo e vendivativo, e la persona da te segnalata non potrà più venire a casa tua grazie alla segnalazione fatta a booking, ma chi stava con lei si, perché, così dicono, per questioni di PRIVACY non puoi comunicare a booking le loro identità per bloccarne l’accesso a casa tua nei mesi futuri. Capito avete? Per questioni di privacy io non posso comunicare l’identità di persone non grate a casa mia ! Cos’è una privacy che mi costringe ad aprire la porta a cafoni maleducati solo per rispetto delle identità delle persone da me non gradite?? Orwell di sicuro non sarebbe arrivato a tanto nel descrivere la neolingua!
Perché la ciliegina sulla torta è che, se volessi casomai cancellare una prenotazione, cosa che puoi fare solo in caso di overbooking, devi obbligatoriamente trovare al turista un’altra sistemazione equivalente, e pagare la differenza di prezzo di tasca tua nel caso in cui la sistemazione equivalente fosse più cara. Invece se volessi cancellare una prenotazione non in caso di overbooking la cosa risulta quanto mai difficile, e comunque se lo fai, verrai di nuovo penalizzato dall’ALGORITMO della visibilità.
Quindi per ricapitolare, quello che si chiama SHARE ECONOMY in realtà ha ROVINATO con un MONOPOLIO di EVASORI TOTALI – con il Report di ieri si scopre che non pagano neanche l’IVA – un settore che era nato perfettamente peer to peer e che grazie al net aveva egregiamente funzionato per almeno 20 anni.
Questo è un settore in cui il governo, negoziando e facendosi valere, potrebbe ricuperare miliardi per tutte le nostre manovre, eppure è sparito il ministero del Turismo inglobato in quello dell’Agricoltura, e non mi sembra che si parli neppure dell’abc dei problemi che stanno distruggendo le risorse del turismo del nostro paese, tranne sparuti documentari come quello di ieri di Report o le indagini e le denunce della sottoscritta che valgono in quanto a visibilità come il due di picche.
Ripeto: il settore è dominato da un gruppo di simil mafiosi della finanza internazionale che violano i termini dei contratti, abusano di posizione dominante, effettuano intese sui prezzi e le condizioni, mancano totalmente di trasparenza, e si nascondono dietro a comodi call centre. Oltre tutto non si capisce neanche in quale fattispecie ricadano i loro contratti: agenzie immobiliari, tour operator, o webpromoter, o intermediatori finanziari? E vige il flou artistique per la normativa. Un commercialista mi ha detto che l’imponibile da dichiarare è al lordo delle loro commissioni!!! Il colmo, loro non pagano le tasse, ma noi dobbiamo pagarle sulle commissioni che LORO intascano !!!
E’ giunto il momento di riprenderci le chiavi di casa, come dice il buon Rinaldi, e ciò va fatto soprattutto e anche riorganizzando il settore del turismo pro domo NOSTRA, è il caso di dirlo!!

Nicoletta Forcheri
Fonte: https://www.ariannaeditrice.it/
Link: https://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=62160
24.06.2o19

nessuna forma di vita intelligente

Un alieno atterra con la sua astronave sulla Terra.

Una volta aperto il portello, si trova davanti edifici in rovina, strade dissestate, esseri umani intenti a chiedere l'elemosina.


L'alieno ferma uno di questi umani, magro come uno scheletro, e gli chiede: "cosa è successo qui?"
L'umano gli risponde: "c'è la crisi."
"Che crisi?"
"Non ci sono più soldi."
"Cosa sono i soldi?"
"Sono oggetti con cui scambiamo i beni."
"E il vostro pianeta non li produce più?"
"No, li facciamo noi."
"Quindi equivalgono ad un elemento naturale che non possono superare?"
"Una volta equivalevano all'oro, ma da molto tempo non più."
"Ma allora... perchè non ne create di più?"
"Sei pazzo? Ci sarebbe inflazione!"
"Cioè?"
"I soldi varrebbero di meno!"
"Ma ora non ne avete abbastanza per vivere!"
"Adesso! Ma la ripresa sta arrivando! Dobbiamo solo saldare il nostro debito!"
"Con chi?"
"Con noi stessi! Abbiamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità! I nostri nonni emettevano denaro, noi invece teniamo i conti in ord..."

L'uomo stramazza a terra privo di sensi.

L'alieno torna alla sua astronave.

E, prima di ripartire alla velocità della luce, annota sul diario:
"Pianeta Terra: nessuna forma di vita intelligente.".....
http://altrarealta.blogspot.it/

Il padronato cosmopolita usa i morti per giustificare le proprie politiche neocolonialistiche



“Nemmeno i morti saranno al sicuro, se il nemico vince” (Walter Benjamin). Il padronato cosmopolita usa immagini forti di tragedie come questa per giustificare le proprie politiche neocolonialistiche: porti aperti, “libera” circolazione delle merci e delle persone mercificate.


“Dobbiamo ora rivolgere l’attenzione alla presente condizione dell’anima che vediamo incrostata da mali innumerevoli, come Glauco, il dio del mare, la cui forma originaria può a mala pena essere distinta, perché parti del suo corpo sono state spezzate o corrose o completamente sfigurate dalle onde. Si sono poi aggiunte incrostazioni, erbe, pietre e conchiglie, per cui ora Glauco assomiglia a qualunque altro essere e non più a se stesso”. (Platone, Repubblica)

Breve guida sul lobbismo nelle arene dell'Unione Europea

Per lungo ignorata, la pratica del lobbismo è criticata per la sua opacità. Tuttavia, i metodi utilizzati a Bruxelles per influenzare le leggi sono noti e mal disciplinati

Non hanno fatto molto parlare di sé durante la campagna appena conclusa delle elezioni europee, ma i gruppi di pressione attirano sempre più critiche nella misura in cui è documentata la loro influenza nella fabbrica del diritto europeo.
Il registro comune presso la Commissione e il Parlamento conta attualmente circa 11.800 organizzazioni dichiarate come portatrici di interessi presso i decisori e i funzionari dell'Unione europea (UE). Il numero di equivalenti a tempo pieno dichiarati da loro stesse è 24.894. L'organizzazione non governativa Transparency International stima da parte sua in circa 26.500 il numero di lobbisti presenti regolarmente a Bruxelles, e circa 37.300 il numero di persone coinvolte in attività di lobbismo nella capitale belga. 
Quest'ultimo è il secondo più grande battaglione di lobbisti al mondo dopo la capitale federale degli Stati Uniti, Washington, DC.

Sempre più lobbisti registrati a Bruxelles

Grafico del Numero di organizzazioni registrate come gruppi di pressione in Parlamento e Commissione europea, per tipo.

Fonte: Commissione europea - http://ec.europa.eu/transparencyregister/public/datavisualisation/TransparencyRegister/lineChart/iframe_linechart.html

L'accordo del giugno 2011, rivisto nel 2014 e che istituisce il registro dei lobbisti, li definisce in base all'attività svolta, indipendentemente dal loro status giuridico, che include "tutte le attività condotte al fine di influenzare, direttamente o indirettamente, lo sviluppo o l'attuazione delle politiche e dei processi decisionali delle istituzioni europee, indipendentemente dal luogo in cui siano realizzate e qualunque sia il canale o la modalità di comunicazione utilizzata".

Quanto spendono?

Il settore di attività è stimato nell'ordine di 3 miliardi di euro all'anno nell'UE, secondo l'indagine del ricercatore Dieter Plehwe di scienze politiche pubblicato nel 2012 sulla base di circa 5.000 organizzazioni registrate sul registro all'epoca. Quindi la cifra è probabilmente molto al di sotto della realtà odierna.

I gruppi di pressione più influenti spendono da soli milioni di euro all'anno. Il Consiglio europeo nel settore chimico, per esempio, spende 12 milioni di euro all'anno e dà lavoro a 78 lobbisti che rappresentano 49 equivalenti a tempo pieno, di cui 23 sono accreditati al Parlamento europeo e possono accedervi come vogliono. Tra i più grandi gruppi di pressione, si trova anche la società Fleishman-Hillard, che ha redatto illegalmente nel 2016, per conto dell'agrochimica Monsanto, una lista di persone classificate in base alla loro presunta opinione sul glifosato (nel bel mezzo di un dibattito sul rinnovo dell'autorizzazione del diserbante https://www.lemonde.fr/planete/article/2019/05/09/fichier-monsanto-des-dizaines-de-personnalites-classees-illegalement-selon-leur-position-sur-le-glyphosate_5460190_3244.html). L'azienda impiega 60 lobbisti, quasi tutti hanno accesso al Parlamento, e spende poco meno di 7 milioni di euro l'anno per difendere gli interessi dei propri clienti nei confronti dei decisori europei.

Con una spesa lievemente inferiore, ma molto più attivo (sul registro), Google è uno dei più grandi gruppi di pressione di Bruxelles. Il grande gruppo digitale impiega solo 15 rappresentanti, ma hanno incontrato ufficialmente 220 membri della Commissione europea.

Chi sono i lobbisti?

"Lobby" significa tutto e niente. La professione del lobbista, d'altra parte, si presenta in forme diverse.

Lobbisti "in-house": sono quelli che si trovano in maggior numero a Bruxelles. Sono impiegati direttamente da imprese o associazioni di categoria raggruppate per settore, di cui sono membri. I loro nomi vanno dall'acronimo più astratto come ECPA (Associazione europea per la protezione delle colture) al più esplicito come Europatat, creato nel 1952 dai produttori di... patate. Un altro esempio è la Camera di commercio americana o "AmCham", che non è una camera di commercio ma un'organizzazione che rappresenta gli interessi di circa sessanta importanti aziende statunitensi, come Chevron, Mars, Pfizer o la Walt Disney Company.

Le società di lobbying: sono consulenti impiegati da società di lobbying e di pubbliche relazioni come APCO, Burson Marsteller o Fleishman Hillard. Secondo Sylvain Laurens, docente presso l'Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales (EHESS) e autore del libro Les Courtiers du capitalisme, milieux d'affaires et bureaucrates à Bruxelles (Agone, Marsiglia, 2015), un consulente "junior" arriva a 2.000 euro al mese, mentre un "senior" può salire fino a 6.000 euro. Una posizione di alto livello come funzionario presso la Commissione europea inizia da circa 4.000 euro.

Studi legali: intervengono tanto a monte, al momento della stesura della legge, quanto a valle, per eventualmente contestare la legge in tribunale.

think tanks (laboratori di idee): mai neutrali, contrariamente a quanto affermano, i think tanks sono importanti veicoli di influenza. Uno dei più importanti di questi, Friends of Europe (FoE), comprende tra i suoi membri industrie di una vasta gamma di settori: finanza, medicina e digitale. FoE ha dichiarato 3,8 milioni di euro in spese di lobby nel registro per la trasparenza dell'Unione europea nel 2018.

Società di difesa del prodotto: sconosciute al grande pubblico e alla maggior parte dei decisori, vendono i loro servizi a imprese e associazioni professionali. Exponent, Gradient o il Gruppo Weinberg impiegano scienziati (statistici, tossicologi, ingegneri, ecc.) per produrre studi che contribuiranno a mantenere il dubbio sulla pericolosità dei prodotti di fronte alle ambizioni normative.

Chi viene influenzato a Bruxelles?

Spesso la parola "lobbismo" evoca i parlamentari. Ma l'influenza sui deputati viene esercitata solo alla fine della corsa. Per essere efficace, è essenziale intervenire il prima possibile sul disegno e sulla scrittura della legge: per modificarla, annacquarla, ritardarla o... cancellarla.
Questa "cattura del regolatore", come viene definita da una teoria economica liberale delineata negli anni '70, ha quindi come obiettivo preferenziale i funzionari della Commissione europea, poiché è quest'ultima a detenere il potere dell'iniziativa legislativa.

I "funzionari politici" (responsabili delle politiche pubbliche): sono loro che agiscono al primo livello dell'elaborazione legislativa. Poi vengono i loro capi di unità e i loro direttori. In cima alla gerarchia amministrativa, i direttori generali, e ai vertici della gerarchia politica, i commissari, da non sollecitare che per questioni proporzionali al loro potere, da pari a pari. Ad esempio, non viene inviato un consulente "junior" per discutere con il Commissario per l'industria, ma l'amministratore delegato di un grande gruppo.

I "gruppi di esperti": un deficit di competenze interne nella costruzione europea ha portato molto presto la Commissione a fare affidamento su questi gruppi. Riuniti in direzioni generali (DG Concorrenza, DG Energia, DG Ricerca, ecc.), gli "esperti" possono essere rappresentanti degli Stati membri - così è nella maggioranza dei casi, degli accademici, membri di ONG o lobbisti. Ci sono quasi 800 di questi gruppi. La loro composizione poco chiara e squilibrata viene regolarmente criticata, in particolare dalla Mediatrice dell'Unione europea Emily O'Reilly. Il gruppo di esperti sulla politica fiscale dell'UE, ad esempio, include PricewaterhouseCoopers (PwC), una società che consiglia oltre 350 multinazionali sulla loro "ottimizzazione fiscale", nonché "LuxLeaks".

Le agenzie di regolazione (e le loro commissioni scientifiche): un po' a parte della fabbrica legislativa di Bruxelles, ci sono anche gli obiettivi di un lobbying altamente tecnico. L'Agenzia per i farmaci (EMA a Londra, poi Amsterdam) o per la chimica (ECHA, Helsinki, Finlandia), sono responsabili del monitoraggio di settori altamente regolamentati. E chi dice regolazione, dice necessariamente lobbismo. Negli ultimi dieci anni, l'Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA), con sede a Parma, è stata criticata per essere vicina agli industriali nei settori che deve controllare e per i conflitti di interesse nel settore dei suoi gruppi di esperti. Nel 2017 l'ONG Corporate Europe Observatory aveva calcolato che quasi la metà dei suoi esperti erano legati all'industria.

Come influenzano la procedura legislativa europea?

Passare il messaggio giusto al momento giusto e alla persona giusta è l'essenza del lobbismo. Sebbene l'influenza possa essere opaca, i metodi impiegati dai professionisti della persuasione sono ben noti e soprattutto legali. Le proposte di emendamenti che scioccano l'opinione pubblica sono il pane quotidiano in Parlamento. Sono scritti sia da rappresentanti di interessi commerciali come da ONG. Tuttavia, rappresentano solo una parte degli strumenti di lobbying.

La prassi del lobbismo ogni giorno diventa più pratica, ossia più burocratica di quanto immaginiamo. Convincere i decisori europei richiede innanzitutto una conoscenza approfondita delle procedure legislative e il funzionamento dell'amministrazione, così come una padronanza impeccabile delle sottigliezze degli organigrammi gerarchici. Questo è il motivo per cui i gruppi di pressione prediligono reclutare personale tra chi ha ricoperto una o più posizioni presso la Commissione. Chiamiamo questi passaggi (spesso senza ritorno) dal pubblico al privato come sistema delle porte girevoli.

Il "giusto messaggio" di solito assume la forma di una dichiarazione di posizione (position paper) sviluppato dal settore o da un'impresa su un progetto legislativo. È ripetuto in occasione di appuntamenti, messaggi e-mail, in allegato, in occasione di conferenze e di eventi organizzati all'interno del Parlamento stesso. Reiterare su molteplici canali di trasmissione: questa è la ricetta da seguire.

Il "momento giusto" si basa sul processo decisionale, che si tratti delle discussioni interne alla Commissione, del dibattito in Parlamento, dei negoziati in seno al Consiglio o dei "trialoghi", la fase finale della ricerca di un compromesso tra le tre istituzioni europee.

La "persona giusta", infine, dipende dalla fase del processo. Si tratta per i lobbisti di stabilire relazioni fluide con i funzionari responsabili di un dossier o dei deputati. Per la Commissione, ciò si definisce "dialogo con le parti interessate".

Come si inquadrano?

Le attività di lobbying sono scarsamente regolamentate e le misure a loro destinate sono relativamente recenti. Il più vecchio è il registro per la trasparenza del Parlamento europeo, sul quale i lobbisti sono stati invitati a registrarsi dal 1995. Anche la Commissione ha avuto in breve tempo un proprio registro, creato nel 2008.

Questi registri si sono poi fusi per fare spazio, nel giugno 2011, a un registro comune a entrambe le istituzioni, ma i rappresentanti dei gruppi portatori di interessi non sono ancora obbligati a fornire informazioni. Uno studio pubblicato nel 2013 sulla rivista Interest Group & Advocacy ha stimato che circa il 75% dei rappresentanti del settore privato e il 60% delle ONG erano presenti nel registro. Secondo il Corporate Europe Observatory, fino al 2013 erano assenti un centinaio di grandi aziende come Apple, Heineken, Nissan o banche come HSBC e UBS.

Leggi: Lobbys : vers plus de transparence au Parlement européen

Sotto la pressione delle ONG e della società civile, la commissione Juncker ha reso obbligatoria la registrazione per i lobbisti dal 1° dicembre 2014 se desiderano incontrare commissari europei, membri del loro gabinetto o direttori generali della Commissione (l'elenco degli incontri è disponibile su IntegrityWatch, un'iniziativa dell'ONG Trasparency International). Un incentivo che ha permesso al registro di raddoppiare quasi il numero di organizzazioni segnalate tra la fine del 2014 e il 2019, ma che non ha risolto l'inaffidabilità delle informazioni. Un'indagine condotta da Corporate Europe Observatory ha dimostrato che le spese dichiarate dalla Monsanto non erano coerenti con le entrate dichiarate dai suoi lobbisti.

Rendere il registro obbligatorio: dopo due anni di trattative, i lavori sono stati sospesi

La promessa iniziale di Jean-Claude Juncker, a cui il candidato aveva dato la priorità, di rendere il registro obbligatorio e applicabile anche al Consiglio dell'UE, tuttavia, ha dovuto attendere fino a settembre 2016 affinché la Commissione presentasse la proposta formale. E per un niente di fatto dato che dopo due anni di difficili negoziati, il lavoro è stato sospeso nell'estate del 2018 dal Vice-Presidente del commissione, Frans Timmermans, che ha giudicato troppo timida la volontà delle istituzioni di stabilire un vero e proprio registro unico e obbligatorio.

Il fallimento della proposta, però, ha provocato la reazione degli eurodeputati che hanno votato il 31 gennaio 2019, una riforma del regolamento interno contenente un emendamento dei Verdi, adottato da una maggioranza molto sottile (per quattro voti), nonostante l'opposizione del Partito popolare europeo (PPE, di destra). Ora il regolamento obbliga i deputati più importanti dei rispettivi dossier legislativi (i relatori, i relatori ombra e i presidenti di commissione) a pubblicare l'elenco di tutti gli incontri programmati con i lobbisti.

I negoziati tra le tre istituzioni, che si sono svolti a febbraio, non sono durati nemmeno due mesi prima di affondare di nuovo. La discussione è tra: "i membri del Consiglio dell'UE, che rifiutano ogni impegno vincolante, il Parlamento, che punta i piedi, e la Commissione, che rifiuta qualsiasi emendamento alla sua proposta originale", spiega Margarida Silva, ricercatrice presso Corporate Europe Observatory. "Il fallimento dei negoziati è particolarmente cocente per il vicepresidente della Commissione Frans Timmermans, che nel 2014 aveva [anche lui] promesso con orgoglio e vigore questo registro obbligatorio", continua.

Per un funzionario di Transparency International, "tornare su questo punto manderebbe un segnale disastroso ai cittadini prima delle prossime elezioni".


Gary Dagorn e Stéphane Horel | lemonde.fr
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

giovedì 20 giugno 2019

Addio Ferragni & Co. Gli influencers del futuro saranno virtuali

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https://www.instagram.com/lilmiquela/?hl=it) postando con regolarità contenuti tipici di una ragazza della sua età e arrivando ad avere ben 1,6 milioni di seguaci. La sua vita era quella tipica di una it girl dell’era social, ma la somiglianza del volto di Miquela con un personaggio del videogioco “The Sims” facevano dubitare molti che potesse essere reale.
Per diversi mesi, però, aveva lasciato intendere che fosse una modella in carne e ossa. A interrogarsi sulla sua reale identità era stato persino il Washington Post che nel 2017 aveva provato a intervistare lei e i suoi amici. Inutilmente. La modella aveva spiegato di non voler rilasciare interviste.
A venire a capo dell’enigma è stata un’altra influencer, Bermuda, che ne ha hackerato account instagram e si è rifiutata di restituirle l’accesso fino a che non avesse rivelato chi fosse davvero.
A questo punto Lil Miquela ha dovuto ammettere di essere un ologramma creato da un’azienda americana specializzata in robotica e intelligenza artificiale. Per lanciarla, i suoi creatori avevano ideato quetsa geniale trovata pubblicitaria che in breve ha creato un alone di mistero attorno a lei e milioni di seguaci.
Persino Bermuda, l’influencer che ne aveva violtato l’account, è a sua volta una influencer virtuale.
Sono fatte di pixel e sono state progettate, come tanti altri influencers e modelli per attirare potenziali acquirenti. Insomma, né Lil Miquela, né Bermuda esistono, ma hanno milioni di followers.
Non solo. Ogni mese, più di 80.000 persone ascoltano le canzoni di Lil Miquela su Spotify.

| Calvin Klein costretto a scusarsi |

Uno scatto dalla campagna di Calvin Klein con Bella Hadid e Lil Miquela, pubblicato sul profilo Instagram della modella virtuale.
Lil Miquela collabora anche con alcuni marchi di moda: ha lavorato come modella virtuale con Prada e il mese scorso con Calvin Klein (clicca qui per vedere il video).
Proprio la campagna pubblicitaria del celebre marchio per la campagna “My Calvins“ ha sollevato molte polemiche, mettendo in scena la modella in carne e ossa Gigi Hadid che bacia la collega virtuale Lil Miquela. Doveva essere un video originale volto a mostrare la sottile linea di separazione tra il mondo reale e l’immaginazione. La voce fuori campo della Hadid recita:
“La vita è aprire porte, creare nuovi sogni che non avresti mai pensato potessero esistere“.
Il bacio lesbo non è paciuto e il brand è stato accusato di fare “queer baitin”, ossia di usare scene omoerotiche per attirare clic e spettatori queer.
La trovata non è piaciuta ai movimenti LGBTQ: Bella Hadid è eterosessuale e si sarebbe potuto scegliere un testimonial che la affiancasse che non fosse irreale ma che supportasse la causa dei diritti delle minoranze.

| Addio influencer in carne e ossa |

Al di là della polemica che ha investito CK, il fenomeno degli influencers virtuali si fa sempre più consistente.
Pochi si sono interrogati sui possibili risvolti che questa rivoluzione virtuale avrà nel prossimo futuro
Iniziamo col dire che Chiara Ferragni e i colleghi influencers hanno i giorni contati.
Dopo le popstar virtuali come Hatsune Miku (l’ologramma giapponese messo a punto dall’azienda Crypton Future Media che è seguita da una folta schiera di fan e si esibisce da anni in concerti live), dopo i conduttori robot(in Giappone abbiamo Erica il primo androide pienamente autonomo, progettato dal professore Hiroshi Ishiguro, direttore del Laboratorio di intelligenza robotica all’Università di Osaka) e i conduttori ologramma (in Cina l’agenzia stampa statale cinese Xinhua, utilizza Zhang Zhao, un ologramma) ora spopolano le it girls virtuali.
Gli influencer virtuali hanno un vantaggio per le aziende che li usano: il loro mondo è meno regolamentato rispetto alla controparte umana e le persone che li controllano (o meglio che li programmano) non sono tenuti a rivelare la loro presenza.
La modella virtuale Shudu.
I modelli e gli influencers virtuali, inoltre, sono sempre più ricercati dall’alta moda per sponsorizzare i propri prodotti: ne è la prova la top model virtuale di colore, Shudu Gram, creata dal fotografo di moda Cameron-James Wilson usando il software per la creazione di effetti speciali Daz 3D.
La top è già una star di Instagram con ben 73.000 follower e una serie di collaborazioni nate con diversi brand, tra cui Fenty Puma by Rihanna.
A quanto pare la richiesta di supermodelle digitali viene proprio dai brand più popolari ma questo successo pone diversi interrogativi, tra cui quello riguardo la credibilità che questi personaggi irreali offrono. Gli influencer virtuali sono ideati per vendere e attirare acquirenti: com’è possibile fidarsi della parola di qualcuno che non esiste e dunque che non può nemmeno indossare l’abito o le scarpe che pubblicizza? Esso rientra, cioè, nel campo della mera pubblicità.
Bisogna inoltre iniziare a comprendere che dare seguito a queste creazioni ci spinge verso uno sconfinamento del reale nel virtuale.
Siamo sull’orlo di una nuova trasformazione culturale e antropologica, una vera e propria rivoluzione che intende snaturare l’Uomo della e dalla propria umanità per renderlo sempre più simile a una “macchina”.Per farlo si stanno abituando le masse a “seguire” come modelli di riferimento delle entità irreali.

| Domani a chi toccherà essere soppiantato da una IA? |

Se magari non sentiremo la mancanza degli influencers in carne e ossa, forse dovremmo capire che verranno soppiantati presto anche altri lavori, persino nel campo artistico: conduttori televisivi, popstar, registi, montatori, attori, ecc.
Le IA e i robot possono lavorare 24 ore al giorno, sette giorni su sette, non si ammalano, non soffrono la stanchezza o la depressione, non hanno nemmeno bisogno della pausa pranzo. La robotica e la ricerca nel campo dell’Intelligenza Artificiale presto renderanno possibile la creazione di una generazione di macchine di algoritmi tanto intelligenti da poter sostituire non solo la manodopera pesante ma anche i colletti bianchi e gli “artisti”, dando vita a quel fenomeno che era già stato previsto da John Maynard Keynes: la “disoccupazione tecnologica”, ossia la perdita di lavoro dovuta al cambiamento tecnologico.
E pensate che stia esagerando, sappiat molti economisti hanno lanciato l’allarme sull’automazione e che persino Jack Ma, fondatore e principale azionista del sito di commercio on line Alibaba, in una intervista di quasi trenta minuti rilasciata a Cnbc ha denunciato il fatto che l’Intelligenza Artificiale è una “minaccia” per gli esseri umani e che presto i robot cancelleranno milioni di posti di lavoro, «perché in futuro queste mansioni verranno svolte dalle macchine».
Il lavoro prima è stato prima delocalizzato per abbassare i costi, trasferendo la produzione in Paesi emergenti, dove gli operai costano meno che da noi, poi come effetto collaterale della delocalizzazione i lavoratori immigrati sono arrivati da noi sperando di guadagnare di più. La miseria con cui venivano pagati gli immigrati è diventata poi il parametro cui adeguare la nostra paga, livellando così verso il basso tutti i salari. Il lavoro è diventato sempre più disumano e precario.
Ovviamente non è finita. Il passo successivo è la sostituzione dei lavoratori con i robot o con ologrammi e algoritmi, come denunciato dallo stesso Ma, che invita a «non competere con le macchine» ma a sviluppare ciò che i robot non possono ancora rubarci: la creatività e lo spirito di collaborazione.
Per evitare che lo sviluppo tecnologico ci schiacci è fondamentale mettere la tecnologia al servizio dell’uomo, invece che contro di esso, migliorando la vita di tutti puntando al benessere collettivo e non alla mera produttività e alla ricchezza di pochi. Pochi perché secondo le stime degli economisti, molti verranno soppiantati, “disboscati” dalle macchine.
Per evitare questa deriva, forse potremmo iniziare a preferire il mondo reale a quello virtuale.