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lunedì 29 aprile 2019

La leggenda dei Black Bloc, i teppisti "in divisa" che compaiono quando serve

Marco Cedolin


Fecero il loro esordio al G8 di Genova nel 2001 e da allora fino all’ultimo caso accaduto nei giorni scorsi a Parigi durante la protesta dei gilet gialli, sono sistematicamente riapparsi un po’ in tutta Europa ogni qualvolta una manifestazione di piazza o una protesta hanno goduto di un'ampia partecipazione popolare, arrivando in qualche misura a suggestionare l'opinione pubblica.
Si tratta dei “famigerati” Black Bloc, piccoli gruppi di giovani vestiti di nero e con il volto coperto che una volta infiltratisi nelle manifestazioni, con tattiche paramilitari di guerriglia urbana spaccano le vetrine, danneggiano le auto, devastano i negozi e appiccano il fuoco, praticando atti di puro teppismo, per poi sparire regolarmente nel nulla prima che le forze dell’ordine abbiano modo di venire a contatto con loro.....



Una presenza, quella dei Black Bloc, altamente nociva per le ragioni dei manifestanti (qualunque esse siano), dal momento che sposta l’attenzione mediatica distogliendola dalle motivazioni per cui è stata organizzata la protesta, per concentrarla invece sulle devastazioni e gli atti di teppismo gratuito che con esse non hanno nulla a che fare.
La prima conseguenza dell’ingerenza dei Black Bloc è quella di allontanare dai manifestanti la simpatia e la condivisione dell’opinione pubblica, isolandoli all’interno del tessuto sociale e rendendoli per una sorta di osmosi corresponsabili della violenza e del teppismo che ormai sono diventati l’unico argomento di cui il circo mediatico ha intenzione di occuparsi.
La seconda conseguenza è quella di giustificare da parte delle forze dell’ordine una repressione violenta, che altrimenti l’opinione pubblica avrebbe criticato duramente, rivolta non contro i Black Bloc (spariti nel nulla) bensì contro i manifestanti tutti, senza che si alzi nessuna voce di condanna del gesto.
A questo punto la protesta, anche qualora fosse “politicamente” pericolosa, perché molto partecipata ed in grado di attrarre la solidarietà di larghi strati della società, risulterà completamente disinnescata, le sue ragioni spariranno nel nulla ed i manifestanti torneranno a casa feriti e picchiati in un clima di approvazione generale.
Una ventina di giovani incappucciati, totalmente anonimi ed avulsi da ogni contesto, saranno insomma riusciti con il minimo sforzo a screditare le ragioni di decine o centinaia di migliaia di persone nell’arco di un quarto d’ora, disinnescando lotte che erano state costruite con impegno certosino per molti mesi o perfino per anni.

Ragionando intorno al cui prodest non ci vuole molta immaginazione per comprendere come l’operato dei Black Bloc, ogni volta che hanno fatto la propria comparsa, abbia cagionato effetti disastrosi per “la causa” dei manifestanti, risultando al contrario del tutto funzionale agli interessi di coloro che avevano interesse a sopprimere la protesta. Questa constatazione, unitamente al fatto che i giovanotti con il volto coperto si muovono usando tattiche militari, sono sempre riusciti ad evitare ogni contatto con le forze dell’ordine (anche quando esse si trovavano nelle vicinanze) ed a sparire “misteriosamente” in un brevissimo arco temporale, ha portato molti di noi a supporre che in realtà i famigerati Black Bloc altro non fossero se non agenti in borghese deputati a “risolvere la questione” nella maniera più rapida ed efficace possibile.
Sulla questione vennero anche scritti parecchi articoli, regolarmente denigrati come fantasie complottiste, nonostante spesso fossero suffragati da foto o filmati che ritraevano pericolosi Black Bloc che liberatisi della “divisa nera” rientravano come se nulla fosse accaduto nei ranghi delle forze dell’ordine.

Nonostante il comprensibile velo di omertà che da sempre ha permeato questo argomento, nell’autunno del 2017 per la prima volta la stampa italiana (nell’occasione il Secolo XIX) ha confermato la presenza di un poliziotto inglese infiltrato fra i Black Bloc durante il G8 di Genova del 2001, riportando dal quotidiano The Guardian alcuni scampoli della torbida storia dell’agente Rod Richardson (il quale aveva usurpato tale nome fittizio ad un bimbo morto poco dopo la nascita) che per almeno 4 anni agì sotto copertura all’interno di cellule dei Black Bloc inglesi e venne fotografato anche durante il G8 genovese. Lasciando intuire come fosse molto probabile anche la presenza di altri agenti sotto copertura di svariate nazionalità che hanno agito ed agiscono nell’ombra senza che sia nota la natura della loro missione.

Fantasie complottiste o meno, ogni volta che un manipolo di ragazzotti con il volto coperto si abbandona al teppismo più becero pregiudicando le ragioni (magari sacrosante) di una protesta di piazza, come accaduto nei giorni scorsi a Parigi, sarebbe buona cosa fermarsi un attimo a riflettere, prima di lasciarsi trascinare da quell’onda emotiva che magari è stata creata ad arte proprio da chi aveva tutto l’interesse a farlo.

Fonte: DolceVita online

I potenti ci controllano convincendoci di essere liberi

Autore 
 


Tutto questo i veri potenti, coloro cioè che dirigono sul serio la nostra società, lo sanno molto bene e, naturalmente, lo utilizzano per manovrarci. Infatti la gamma di opzioni limitate che vi presentano è accuratamente studiata affinché ovunque andrà a cadere la vostra scelta sarà sempre a loro vantaggio.
Ora forse vi è chiaro il perché sentite sempre parlare i politici, i banchieri, gli industriali e così via di “libertà” ma poi, nei fatti, questa libertà non la vedete mai. Nella pratica, se ci pensate, non potete nemmeno accusarli dato che fanno esattamente ciò che gli chiedete, e cioè vi promettono una illimitata libertà prestando molta attenzione a non concedervela.
Tutto questo, come ho spiegato nel mio libro Manuale di resistenza al Potere (Uno Editori) non potrà cambiare fino a quando continueremo a vivere in un mondo fatto di realtà astratte e quindi di illusioni. Già perché l’essere convinti di avere “scelte illimitate” è la quintessenza delle illusioni, giacché solo in realtà che esisto soltanto nella nostra testa non esistono limiti. Nel mondo fatto di carne e di ossa esistono e come i limiti e sono anche chiari, inconfondibili e, soprattutto, sani e vitali.

USA: La polizia riceve droni per il controllo della folla e ricerca di sospetti

I dipartimenti di polizia degli Stati Uniti continuano a fare del loro meglio per acquisire droni per una serie di usi a tutto campo, grazie al fatto che il Department of Homeland Security sta finanziando il loro arrivo nelle comunità locali.

Portsmouth, New Hampshire, è l'ultima a ricevere fondi federali per un importo di 75.000 dollari, per "un grande drone, due droni medi e alcuni più piccoli", secondo un rapporto del Portsmouth Patch.

C'è stata una resistenza ai piani per l'uso di droni in molte delle città in cui sono apparsi, in particolare a Los AngelesSacramento e Chicago, dove alcuni dettagli sull'uso dei droni non sono stati completamente trasparenti.


Il Dipartimento di Polizia di Portsmouth, (onore al merito), sembra offrire una vasta gamma di applicazioni possibili per coprire i loro residenti con una sorveglianza a tempo pieno. Le dichiarazioni sono coerenti con la tanto propagandata "polizia nel 21° secolo".

La sorveglianza pervasiva dello spazio pubblico è spesso la preoccupazione al centro dell'attenzione, ma sono le applicazioni emergenti e l'integrazione dei dati dei droni che dovrebbero preoccupare ancora più. Il Dipartimento di Polizia di Portsmouth ammette che ci sarà una raccolta di dati - la maggior parte delle volte di persone completamente innocenti - accumulata proprio accanto a qualsiasi legittima indagine su scene del crimine o sospetti. Ma, cercano di rassicurare affermando che, questi dati saranno conservati solo per sei mesi!

Per qualsiasi informazione personale che i droni possono raccogliere accidentalmente durante la raccolta dei dati, Portsmouth ha sviluppato procedure in cui queste informazioni verranno distrutte dopo 180 giorni, a meno che non siano necessarie per una missione "ufficiale".

Una volta che l'uso dei droni sarà accettato dal pubblico, tuttto ciò diventerà più diffuso e più invasivo. Come ha giustamente affermato il tenente della polizia Cummings: "Abbiamo messo un occhio nel cielo". Questo è esattamente il nome di un nuovo programma dell'Università di Cambridge che mira a rilevare i segni di violenza in tempo reale con i droni.

La polizia di Portsmouth implementerà droni per qualsiasi cosa, dalla ricerca di sospetti, al controllo della folla nei grandi eventi.
[...] "È il futuro delle forze dell'ordine", ha detto il comandante della polizia di Portsmouth, Chris Cummings. "Abbiamo messo un occhio nel cielo dove normalmente non ne avremmo uno". [...]"Non sappiamo esattamente cosa vogliamo finché non lo otteniamo", ha affermato Cummings. [...]
Il sistema "Eye in the Sky", secondo CNET, userà i droni Parrot per identificare "pose violente" nelle folle. Il sistema sarà alimentato dal riconoscimento biometrico e dall'intelligenza artificiale (come mostrato nel video qui sotto). È chiaro che l'interesse pubblico per i droni deve passare da quello per cui sono stati usati finora, a ciò per cui saranno utilizzati nel prossimo futuro, perché le implicazioni per la privacy e i diritti sono inimmaginabili.

L'AZZERAMENTO E LA TRASFORMAZIONE

Succede che un giorno vi rendete conto di essere diventati troppo grandi per un impegno, per un lavoro del quale vi siete occupati per tanto tempo, per un progetto o un'impresa.

Queste sono le forme. Sviluppandosi, con la crescita della coscienza, l'uomo diventa, naturalmente, più grande di tante cose. La nostra esperienza, sotto varie forme, si stacca, se ne va, o viene portata via, specialmente se la persona stessa non riesce a fare il passaggio.
Lo sviluppo non si ferma mai, anche quando c'è la stagnazione, il regresso o le perdite : tutto ciò ci spinge solamente a cercare altre forme della creatività, che farà diventare dense e materiali le cose inizialmente sottili.


Il principale ostacolo nel processo del cambio della forma è quel stato sospeso quando voi capite di non poter più fare "quella cosa", ma non sapete dove andare e cosa fare.
E' uno stato di azzeramento, che accompagna ogni serio cambio della forma. Per esempio, una persona decide di cambiare la professione, la famiglia o il modo di vivere, ma il suo stato di azzeramento potrebbe durare anni, seguito dalla malinconia, dal cattivo umore, o dalla perdita della speranza e della fiducia in se stessa e nella vita.
La maggioranza vive anche la crisi finanziaria, l'approfondimento di una moltitudine dei complessi e delle paure, o le crisi nei rapporti. Non dovete disperarvi: è un periodo terribile, che fa molto male, ma è veramente grande!

In questo periodo di apparente stagnazione e del rischio di toccare il fondo, dentro di voi avvengono delle trasformazioni la cui forza sarà apprezzata solo nel futuro...quando vi volterete indietro per guardate ciò che avete lasciato. E questo succede più in fretta quando lasciate andare tutto, anche il ronzio della mente, smettere per un momento di lottare, fate uno sforzo e risalite in superficie, verso i nuovi orizzonti.
In questo periodo avviene una potente pulizia dai vecchi attaccamenti legati alla vecchia forma. La mente ogni tanto vi proporrà di ritornare al passato.

Qualsiasi cosa succeda, anche in casi di grossi problemi finanziari, cercate di calmarvi e di andare verso il futuro, senza accelerare. Imparate ad aspettare e a sentire se stessi: è la cosa più importante, in questo periodo.
L'azzeramento avviene continuamente, è la base di ogni processo divino, nel mondo delle forme: iniziando dal nutrimento di un organismo e finendo con la morte dello stesso organismo.
Non abbiate paura dell'azzeramento. Quando sentite che è l'ora di cambiare forma, fatelo. La mia esperienza e l'esperienza delle altre persone conferma: il mondo vi sosterrà.
Vi auguro fortuna, sulla via dei periodici azzeramenti!

(Nikolay Bulgakov)

http://altrarealta.blogspot.it/

martedì 23 aprile 2019

Italia est divisa in partes tres (la giugulare)


Roma, 19 aprile 2019

Auguro buona Pasqua e buone feste a tutti. Vale a dire: auguro che possiate staccare dall'andirivieni assordante per un paio di giorni.
Per tale motivo vi lascio col cuor leggero.

* * * * * 

L’Italia si divide in tre parti: Patriziato, Plebe, Faticatori.
Il Patriziato è assolutamente improduttivo nel godimento dei massimi privilegi. Magistratura, politica, mondo prenditoriale, appaltatori sistemici, tifosi del disastro, papaveri militari, servizievoli segreti, giornalisti e ruffiani di varia natura, vescovi, migrantisti, gangli amministrativi e cancerosi dell’ex Stato Italiano.
La Plebe produce quel che può, relegata ai margini, senza alcun diritto. Campa di escamotage, piccola sussistenza, lavoretti manuali, terziario da sottomondo. La Plebe viene spesso aizzata (con successo) contro i Faticatori quando questi cercano di rialzare la testa. La Plebe si satolla di Champions League.
I Faticatori, in veloce estinzione, rappresentano, forse, secondo stime ottimistiche, il 25% degli Italiani; son quelli che producono reddito, capitale, lavoro; più genericamente, i figuri che pongono le basi perché il carrozzone vada avanti. I Faticatori pagano tasse e imposte e non ne ricevono alcun beneficio di ritorno. Sistematicamente negletti dallo Stato, vengono accusati dei peggiori crimini: fascismo, razzismo, evasione fiscale. 


Il Patriziato è apparentemente variegato all’interno, ma vanta alcune regole auree che, in caso di necessità, ne formano uno spirito di corpo indiscusso: 
1. Il Patriziato ha l’unico scopo di rinnovellare sé stesso
2. Tale scopo giustifica la distruzione di tutto se non di sé stesso
3. Al di fuori del patriziato vi sono esclusivamente individui da combattere o manipolare
4. Il Patriziato è endogamico
5. Chi viola la regola anzidetta muore
6. Il Patriziato vive esclusivamente di danaro e privilegi pubblici (debito, tasse, imposte)
7. Il Patriziato glorifica esclusivamente i propri membri
8. Nel Patriziato si entra per appartenenza di sangue o di danaro pubblico o per (rara) cooptazione diretta
9. Il patrizio inscena periodiche e fatue lotte interne per simulare dinamismo sociale (elezioni)
10. Il patrizio ama nascondersi dietro le stoffe del Plebeo o del Faticatore

La Plebe e i Faticatori, naturalmente esterni alla classe patrizia, non hanno coscienza di sé stessi. Irretiti, continuano a sostenere i membri patrizi nell’illusione ch’essi facciano qualcosa a loro favore.
Alla base di tale illusione permangono i concetti risibili, ma ancora efficacissimi, poiché elevati a grado metafisico, di “destra” e “sinistra”.

Esempio. Un Faticatore, in buona fede peraltro, crede che la “destra” possa cambiare le cose. E perciò,
 contro la sinistratifa “destra” e personaggi contigui a tale area fantasmatica. In realtà non fa che sostenere il patrizio che, giustamente (è la sua natura), continuerà a farsi gli affari propri. Quando arriva il disinganno (che è sistematico) il Faticatore spesso accusa la “sinistra” o alcuni personaggi “di destra” che non hanno tenuto conto dei principi della “destra”: se l’avessero fatto, ragiona il Faticatore, se fossero stati abbastanza “destri”, non avremmo avuto il disinganno. Tale forma mentis (miccus sempervirens) fa sì che l’equivoco si perpetui nella ruota del criceto della credulità.

Altro esempio. Un Plebeo, in buona fede peraltro, crede che la “sinistra” possa cambiare le cose. E perciò
, contro la destratifa “sinistra” e personaggi contigui a tale area fantasmatica. In realtà non fa che sostenere il patrizio che, giustamente (è la sua natura), continuerà a farsi gli affari propri. Quando arriva il disinganno (che è sistematico) il Plebeo spesso accusa la “destra” o alcuni personaggi “di sinistra” che non hanno tenuto conto dei principi della “sinistra”: se l’avessero fatto, ragiona il Plebeo, se fossero stati abbastanza “sinistri”, non avremmo avuto il disinganno. Tale forma mentis (miccus sempervirens) fa sì che l’equivoco si perpetui nella ruota del criceto della credulità.

I due esempi, è ovvio, posso variarsi con innumeri sfumature psicologiche, sino, addirittura, all’inversione (Un Plebeo, in buona fede peraltro, crede che la “destra” possa cambiare le cose … Un Faticatore, in buona fede peraltro, crede che la “sinistra” possa cambiare le cose ...).

Nessuno sfugge, a lungo andare, a tale morsa psicologica. Forse per qualche mese, un paio d'anni magari: poi ci ricasca. 

Se un patrizio (esempio a caso: un giornalista sovvenzionato vita natural durante dalle mammelle pubbliche) non può affondare i canini nella giugulare di Pantalone, esso deperisce in rapidissimo tempo; sino al decorso più fatale: la morte (lo stesso si verifica, ovviamente, nei più svariati ambiti: associazionismo corretto, migrantismo, prenditoria chic, sindacati da riporto).
La rapidità con cui tale processo avviene rassomiglia il patrizio al vampiro colto dai primi raggi dell’alba sull’esanime e virginale Lucy.
La sferza della luce, ecco!, lo ferisce, egli alza le braccia, a difendersi da quelle inattese chiarità; quindi, sopraffatto, cade a terra, scosso dalle convulsioni d’un sentimento fortissimo, bestiale, in cui sono miscelati odio, costernazione, sorpresa, ansia di vendetta; quindi il corpo (in realtà un ammasso di carne putrefatta tenuta in vita dal sangue delle vittime) prende a fumigare lentamente in un olezzo pestilenziale: sino alla consunzione che null’altro lascia se non una labilissima traccia.

Il patrizio, in tale rarissimo, sventurato, caso, viene universalmente compianto dagli altri membri del Patriziato in un fragoroso e lamentevole concerto di spetezzi unissoni in cui convivono, debitamente miscelati, odio, costernazione, sorpresa, ansia di vendetta.

Non è infrequente la dissoluzione di alcuni vampiri al solo annuncio dell’alba (di cui avvertono il forte valore simbolico: a quell’ora, al contrario di loro, parecchi Plebei e Faticatori si alzano dal proprio sacello per sbarcare il lunario).

I patrizi resisteranno sin all’ultimo mattone dell’Italia, svenduto per fare cassa nell’asta delle civiltà. Poi, patteggiate le condizioni della loro resa, consegneranno al nemico le chiavi delle porte maggiori per l’aspersione del sale.

Manifesto contro la città museo

Autore 
Peter Laslett, “Il Mondo che abbiamo perduto”). Oggi vi parlano della Rivoluzione Industriale come l’avvio delle “magnifiche sorti e progressive” dell’era tecnologica e del Medioevo come un’epoca di puro oscurantismo, ma, come spesso accade, le cose sono alquanto più complesse…
Il nostro caso italiano, per molti versi, ha poco a che spartire con queste realtà nordeuropee di cui parlavamo: viviamo nel Paese delle città d’arte e in esse la vita si è svolta sempre attraverso un complessivo disegno di armonia, al pari di quello delle piccole comunità. Ancora oggi la meraviglia architettonica diffusa dei nostri centri storici rappresenta a livello simbolico un antidoto contro la società del brutto massificato che minaccia la nostra umanità giorno dopo giorno. Per noi città non significa ciò che tale parola ha significato altrove, ma ciò non significa che non vi siano in atto anche qui pratiche di dominio e di sradicamento ugualmente perniciose…
Ecco dunque irrompere nella Storia l’idea della “città museo” o “città vetrina”, un centro urbano concepito interamente per masse desideranti e dall’immaginario desertificato di turisti globali e negato ai propri residenti, espulsi da esso per ragioni economiche, logistiche, ecc…
Questo disegno criminoso porta con sé la morte della città, poiché se elimini una comunità vivente da un lato e musealizzi la realtà dall’altro, avrai come ovvia conseguenza quella di rapportarti con un simulacro di città, una pura rappresentazione idealizzata, priva di quei contrasti che rendono viva una città, per i residenti come per i visitatori.
Firenze, la città dove sono nato e dove abito, rappresenta questo paradigma erroneo in maniera esemplare, un magnifico salottino senza vita vera in cui ogni forma di “contrasto” è rappresentato sotto forma di pura commediola. Si crede di preservare una storia e invece la si separa dalla gente, creando una bolla imperforabile
Poiché la “città museo” non divenga definitivamente “museo”, occorre ripensare totalmente il ruolo che turismo e residenti hanno nei confronti di queste realtà, incentivando il ritorno delle vere attività produttive nei centri urbani e disincentivando tutto il turismo “mordi e fuggi” che rappresenta oramai il dato numerico più rilevante, non costituendo neanche una reale risorsa per le città da esso colpite.
Tra le tantissime proposte perché le nostre città tornino alla vita mi permetto di indicarne cinque:
  • Interrompere immediatamente la controversa e ideologia del “decoro”,di fatto una forma di repressione meramente “formale”, puntualmente contraddetta dalla svendita dei centri storici a sponsor e a privati, come dall’antiestetico utilizzo di installazioni di arte contemporanea totalmente avulse dal contesto o da scelte urbanistiche scellerate. Reinserimento, responsabilizzazione di locali e non in una idea di nuovo civismo partecipato.
  • Nuova centralità delle cosiddette periferie, che devono diventare il teatro privilegiato di eventi, creando veri e propri “distretti tematici”, valorizzando aree dismesse, strutture industriali etc… Utilizzare questi luoghi come laboratorio per architettura e arte contemporanea e non.
  • Cessazione della politica dei “grandi eventi”, enormi concerti una tantum che funzionano come fugace spot, ma che non hanno alcuna incidenza reale sul tessuto cittadino. Reinvestire tali risorse per una proposta capillare e continuativa di eventi più piccoli che facciano vivere le varie zone della città, anche come antidoto a degrado, piccola criminalità, etc…
  • Libera circuitazione delle conoscenze, onde evitare fenomeni di concentrazione delle competenze ed aprire a personalità super partes l’ideazione di nuove pratiche culturali.
  • Rilancio attivo dell’artigianato locale, non solo in termini della vendita di oggetti, – con una ferrea disciplina dei prodotti imitativi e delle contraffazioni – ma anche rilanciandone la pratica con grandi scuole e laboratori atti allo scopo.
Queste e altre proposte possono essere ovviamente declinate specificamente rispetto alle singole realtà, ma ritengo questi i paradigmi minimi per imporre una svolta.
Questo manifesto è un tentativo “in fieri” che può essere integrato da contributi, idee, suggerimenti.