Greta, parla il biologo Pennetta: «Con la manipolazione dell’umano la natura si può violare invece?»
1
Intervista sul fenomeno mediatico Greta Thunberg rilasciata a Pro Vita.
Di Luca Marcolivio
Quello sorto intorno a Greta Thunberg, è un fenomeno mediaticamente costruito, finalizzato a risvegliare l’attenzione su un tema, quello del riscaldamento globale, da alcuni anni passato in secondo piano. L’arrivo della sedicenne svedese, attesa in Italia per un “tour” di alcuni giorni, che la porterà in Vaticano e in Parlamento, è stato prevedibilmente osannato dall’informazione mainstream ma non da intellettuali fuori dal coro come Enzo Pennetta. Il biologo, scrittore e blogger, noto anche per le sue posizioni antidarwiniste, ha spiegato a Pro Vita & Famiglia cosa ci sia dietro la “Greta-mania”.
Professor Pennetta, quanto c’è di costruito e quanto di spontaneo in questa vicenda?
«A mio parere, è evidente che è un fenomeno costruito ai limiti della banalità. Nessun quindicenne sarebbe in grado da solo di farsi ricevere a Davos oppure nei parlamenti europei, all’Europarlamento, al Fmi o in Vaticano, se dietro non ci fosse un apparato che ne costruisce le premesse. Non si finisce sulle prime pagine dei giornali o sulle aperture dei notiziari, se non ci sono dei meccanismi dietro. Ecco perché quello di Greta Thunberg è un fenomeno mediatico e costruito a tavolino. I motivi sono abbastanza evidenti, c’era l’esigenza di rilanciare un argomento che era ormai poco sentito dall’opinione pubblica, perché fondamentalmente non risultava convincente. Lo si è allora riproposto con modalità diverse, legandolo ai sensi colpa verso le generazioni future, che verrebbero così private del loro futuro. È un tentativo di rilanciare un’agenda che si era ormai impantanata».
Si riferisce anche a quanto successo in occasione del vertice di Copenaghen del 2009?
«Sì, quello fu un momento cruciale. L’uscita di quei documenti riservati sugli studi pilotati affinché emergesse solamente l’allarmismo, fu un bel colpo. Penso anche, comunque, al documentario di Al Gore, caso unico di Premio Nobel e Premio Oscar per lo stesso lavoro, dopo il quale c’è stato un calo di attenzione continuo sul tema del riscaldamento globale. Adesso, con Greta Thunberg, abbiamo una nuova trovata pubblicitaria per ripresentare l’argomento con rinnovata energia».
Non è contradditorio che ci sia tanta enfasi sui temi ambientali e poi sia così tanto trascurata l’“ecologia umana”?
«È una cosa che ha un suo senso e una sua logica, anche se discutibili. È come una tecnica di distrazione da determinati problemi. È come se fossero stati introdotti dei “diritti cosmetici”: togliamo il diritto al lavoro, all’assistenza sanitaria ma concediamo, ad esempio, il diritto all’utero in affitto. Sono diritti che riguardano minoranze estreme e che rimarranno appannaggio dei ricchi. La natura si può violare tranquillamente quando si tratta di manipolare la vita umana nascente ma poi viene in qualche modo “sacralizzato” l’ambiente. Sarebbe in sé una battaglia buona quella per l’ambiente ma, in questo modo, viene distorta e deformata perché così si vede quello che balza all’occhio, nascondendo il fatto che la natura viene invece violentata e distorta in altri ambiti. Non è una contraddizione ma la ragione profonda di tutte queste iniziative».
Anche la sessualizzazione precoce dei minori e il loro indottrinamento in chiave gender fanno parte di questa aggressione all’ecologia umana?
«Sì, nel senso che c’è un’identità che si costruisce e diventa poi parte fondamentale di ogni individuo. Abbassando l’età della sessualizzazione psicologica, liquefacendo i legami familiari e la stessa identità sessuale maschile/femminile, che è una delle identità più profonde, si ottiene una società liquida estremamente manipolabile e funzionale all’imposizione di regole sociali che, altrimenti, troverebbero un’opposizione molto forte. La precarietà del lavoro, l’impossibilità di costruirsi una famiglia sono fenomeni che, in altre condizioni, verrebbero fortemente osteggiati ma siamo di fronte a una società liquefatta e destinata a liquefarsi ancora di più. Quindi, a questo punto, le regole dei mercati regnano completamente incontrastate. La cosa ha un suo “senso” se si prova a vederla nel suo insieme. Quello che impressiona è che le persone che avrebbero tutti gli strumenti per capirlo, non fanno opposizione a questo. Dei presidenti delle Camere dovrebbero avere degli strumenti per decifrare tutto questo e dire: “no, io a questo gioco non ci sto”. Invece, vedo che c’è una corsa ad accodarsi con grande compiacimento al meccanismo mediatico. Questa è la cosa che veramente preoccupa. Il fatto che chi abbia in mano i capitali faccia il proprio gioco, può non piacermi ma lo capisco. Che però chi, dall’altra parte, dovrebbe difendere le persone da questi meccanismi, alla fine li faccia propri e, addirittura, se ne faccia portavoce, mi lascia molto più perplesso».
C’è un legame tra il darwinismo e gli ultimi sviluppi del movimento ambientalista?
«Il legame c’è nella misura in cui l’essere umano viene equiparato in tutto e per tutto a qualsiasi altro animale, quindi il bene supremo diventa l’ecologia. In questo modo, la “salvaguardia” dell’ambiente giustifica qualunque provvedimento che limiti lo sviluppo e la promozione umana. Il collegamento nasce a questo livello, cioè con la negazione di tutto ciò che non è strettamente ecologico e fa da humus culturale per certe istanze che, altrimenti, non troverebbero un loro fondamento. Su tutto ciò andrebbe maturata una certa consapevolezza: alcuni meccanismi che appaiono spontanei sono, in realtà, una costruzione culturale».
Anche il movimento contro il global warming ha una radice darwinista?
«Direi che è una forma di malthusianesimo camuffato. Il cambiamento climatico è un fenomeno che va studiato, che ha avuto delle dinamiche nel passato, così come le ha nel presente. Che poi vi sia un collegamento tra attività umane e cambiamenti climatici, bisognerebbe essere cauti nell’affermarlo: del resto, anche personalità insospettabili come Franco Prodi hanno mostrato scetticismo. Poi, però, la teoria del global warming viene affermata con assoluta certezza assoluta, perché dà la possibilità di attuare una serie di provvedimenti che sono fondamentalmente neomaltusiani: la negazione dello sviluppo nelle regioni sottosviluppate, la limitazione delle nascite, la criminalizzazione dell’umanità in quanto tale e del suo sviluppo. Dispiace che questi concetti non vengano compresi dalla politica, nemmeno a livelli piuttosto sofisticati».
Luca Marcolivio
Nessun commento:
Posta un commento