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giovedì 22 novembre 2018

TENERE L’ITALIA NELL’EURO? SARA’ MOLTO COSTOSO PER LA UE”

“Berlusconi condusse negoziati segreti per  ritirare  l’Italia dalla zona euro nel 2011; il primo ministro greco Papandreou fece  lo stesso. Le  banche e le forze che contano nella UE li hanno forzati a lasciare le loro poltrone prima che potessero attuare i loro propositi”:  Lo scrive Hans  Werner Sinn,  il presidente del potentissimo istituto IFO, consigliere economico molto ascoltato nel governo tedesco. Sappiamo anche come.
La Deutsche Bank svendette di colpo 8 miliardi di Btp italiani, senza avvertire il governo italiano. Ma avvertì, dopo, i mercati. Il Financial Times titolò in prima pagina sulla «fuga degli investitori internazionali dalla terza economia dell’eurozona». Merkel e Sarkozy, immediatamente:  “All’Italia servono misure per la crescita e per la riduzione del debito”. Era l’ultimatum al Cavalier  Pompetta per sostituirlo con il già preparato  Mario Monti, in perfetto coordinamento golpistico col presidente Napolitano. Anzi, l’allora segretario al Tesoro USA, Timothy Geithner, ha ricordato che allora “alcuni funzionari europei ci contattarono con una trama per cercare di costringere il premier italiano Berlusconi a cedere il potere; volevano che noi rifiutassimo di sostenere i prestiti dell’Fmi all’Italia, fino a quando non se ne fosse andato”. Geithner rifiutò di essere complice di quella pugnalata alla schiena  – ed è tutto dire  sul tipo di relazioni che Merkel ha instaurato in Europa.

Una analisi finalmente lucida da un tedesco

Ed oggi si sta ripetendo il trucco? “Trattenere l’Italia dall’uscire dall’euro sarà molto costoso”, nota Hans Werner Sinn (ha scritto domenica sul Frankfurter Allgemeine) –  il che rende alcuni   osservatori italiani speranzosi che la Germania si stia distanziando dai commissari europeisti e da Macron, meditando di lasciarci uscire  dall’euro. Una speranza che personalmente non condivido. Ma  bisogna riconoscere che il professor Sinn (d’ora in poi HWS)  si rende conto con lucidità che l’eurozona  (e la UE) sono in  una via senza uscita.
La Commissione Europea”, ironizza, “improvvisamente è sconvolta per  un deficit del 2,4% del Pil –  la semplice ragione è che sono emersi, al posto del vecchio Establishment in Italia,  partiti euroscettici: si vuole fare di loro un esempio, e farlo subito”.
Naturalmente  HWS  racconta come  il debito italiano sia tanto cresciuto, al modo di un ordoliberista tedesco: “Già nei primi anni ’90, lo stato italiano era quasi in bancarotta. Il debito pubblico si attestava al 120% del PIL  e l’Italia doveva pagare più del 12% di interessi sui titoli di stato decennali. L’onere degli interessi era insopportabile, il collasso dello stato era prevedibile. L’euro doveva essere introdotto in Italia per ridurre l’onere degli interessi”.  Infatti, dice, grazie all’euro i tassi italiani sono diminuiti “quasi al livello tedesco”, della frugale Germania .  “Se l’Italia avesse usato i tassi di interesse risparmiati per ripagare i propri debiti, il rapporto debito / PIL sarebbe oggi ben al di sotto del 60 percento”.
Naturalmente la storia è un’altra. Il debito italiano è cresciuto perché dal divorzio fra Tesoro e  Bankitalia (1981) ha dovuto farsi prestare il denaro dal “mercati” speculativi, a tassi alti.. Vero invece è che i tassi quando entrammo nell’euro si abbassarono: ma perché – e questo HWS lo dice – “gli investitori fidavano che i paesi della zona euro sarebbero stati protetti dalla bancarotta”, avendo una banca centrale   che li avrebbe garantiti con l’emissione.  Invece la BCE non è una banca centrale.  Gli investitori lo cedettero sbagliando,“nonostante la clausola di non-salvataggio nel Trattato di Maastricht”.  Invece continuarono  a prestare i soldi all’Italia come fosse la Germania, frugale ed efficiente. Invece l’Italia “ha  aumentato la spesa e quindi la domanda aggregata,  ciò che ha fatto aumentare i prezzi in Italia  più velocemente che il resto dell’area euro”.  Dal ’95 al crack Lehman, l’Italia è “diventata del 40% più cara della Germania. Nessun paese può sopravvivere ad un  tale apprezzamento reale senza danni”.
Da  allora “la perdita di competitività è emersa senza sosta. La disoccupazione è salita a circa il 12% e la disoccupazione giovanile ha raggiunto  livelli superiori al 40%. Scomparso un quarto  dell’industria manifatturiera. Comprensibile che gli italiani di oggi  non vogliano più saperne di UE: solo il 43% di loro vuole rimanerci”.
Almeno HWS  trova ciò “comprensibile”,  ed è già molto. Anzi, spinge la sua generosità a  riconoscere che non solo l’Italia, ma “nessun paese dell’Europa meridionale è riuscito a riportare la produzione industriale al livello raggiunto all’inizio della crisi finanziaria del 2008. Mentre i paesi di lingua tedesca hanno rapidamente superato la crisi e ora sono al 9 percento (Germania) al 18 percento (Austria) al di sopra del livello pre-crisi, l’Italia ha perso meno il 17 percento. La Francia, i cui mercati di vendita si trovano nel sud e le cui banche hanno investito  lì grandi capitali lì, hanno registrato un calo del 9% rispetto ai livelli pre-crisi”.
Né il golpe anti-Cav ha cambiato le cose.  “I successivi primi ministri Monti, Letta, Renzi e Gentiloni hanno tentato di riformare,  ma hanno ottenuto poco o niente”.  E’ anche un  po’ colpa della UE e nostra, ammette, perché invece che imporre i tagli e  le austerità  [“riforme strutturali”  – qui in parte ha ragione: bisognava tagliare stipendi  di giornalisti Rai, magistrati, direttori generali e governatori di Regioni meridionali], l’eurosistema si è  affidato ai salvataggi finanziari [“stampa”] perché questo aiutava la banche francesi e tedesche”.  Insomma, i quantitative easing ha “salvato dalle perdite gli investitori di Francia  Nord Europa  e ha reso la vita nel Meridione più sopportabile, ma allo stesso tempo ha danneggiato l’industria italiana, perché ha mantenuto i salari eccessivi [sic: ma ha ragione per  quanto riguarda i “ricchi di Stato”] rispetto alla produttività”.

Le quattro opzioni di Sinn

Spero mi abbiate seguito fin qui, perché adesso arriva l’interessante. Che fare per uscire da questa situazione?  Si domanda HWS. E risponde: “Ci sono solo 4 opzioni”.
PRIMA:  Fare dell’euro,  surrettiziamente, una vera zona monetaria, che lui chiama “unione di trasferimenti” – perché effettivamente in una vera zona monetaria, la Germania dovrebbe trasferire soldi al Sud. “Ma ciò renderebbe l’Italia tutta ciò che è , oggi,  il Mezzogiorno italiano: un ricevitore di fondi, caro rispetto alla sua produttività, che non diventerà mai più  competitivo e dovrà essere in permanenza assistito dall’esterno”.
L’Europa non può permetterselo, perché deve diventare economicamente più forte, non più debole”. Ragion per cui HWS dice apertamente che le speranze di Macron, di una unione bancaria o almeno di un’assicurazione comune europea contro la  disoccupazione (che vedrebbe la Germania pagante); il che è  divertentissimo, perché Macron ha appena  strappato alla Merkel un “bilancio UE” comune, senza dare la  data  della sua realizzazione data e senza ammontare di tale bilancio. Un bilancio-fantasma, un contentino con cui  “La Germania ha affondato i grandi piani  francesi per il bilancio della zona euro”, come ha titolato Handelsblatt:
Inutile Macron.
Macron “Titanic”
Ma noi andiamo a seguire  HWS:
SECONDA: “Tagli dei salari italiani  o guadagni alla produttività. . Questa è  chemioterapia per l’economia, che potrebbe portare  il paziente alla disperazione.  Inquilini e debitori andrebbero in bancarotta perché i loro obblighi di pagamento rimangono,  mentre  i salari diminuiscono. Quest’ultimo richiede non solo un miracolo di produttività, ma anche una visione che i sindacati italiani non hanno ancora dimostrato. Mentre la Grecia i salari sono calati  del 12% e in Spagna dell’8% in meno rispetto ai suoi concorrenti nella zona euro, l’Italia non ha fatto assolutamente nulla”.  Colpa dei sindacati italiani  che non hanno accettato riduzioni sei salari  – è il pensiero tedesco, io riferisco solo.
TERZO: “Fare  più inflazione al Nord dell’eurozona, in particolare in Germania. Siccome i prezzi reali dal ’95 sono cresciuti  del 39% rispetto alla Germania, per compensare  la Germania dovrebbe inflazionare del 2% l’anno più dell’Italia per 16 anni. I risparmiatori tedeschi farebbero le barricate”.
QUARTO: (tenetevi forte) “può essere un’uscita dell’Italia dall’euro. Temporanea, secondo il piano Schauble per la Grecia nel 2015, che è stato anche informalmente approvato dai 15 ministri delle finanze dell’Ecofin.
L’economia si riprenderebbe molto rapidamente”, riconosce HWS. “I rapporti di credito interni resterebbero in equilibrio, perché i crediti sarebbero svalutati quanto i crediti [con l’introduzione della lira]. Anche un po’ di debito estero potrebbe essere trasformato in lire e svalutato. Certo, si produrrebbe una fuga di capitali [in realtà già in corso da mesi, ndr.] a cui l’Italia dovrebbe far fronte con il controllo sui capitali” [dunque si può!].

Dunque  il professore tedesco vede come questa opzione come la sola vera ragionevole: ITAlexit.
E chi dunque si dovrebbe opporre?
“Sarebbero colpite le banche francesi, che sono tre volte e mezzo più esposte delle banche tedesche”. Ecco perché Macron si aggrappa  spasmodicamente al “sogno europeo”. Mentre HWS non sembra particolarmente addolorato dalle sue sciagure. Il punto vero, però, è l’altro:
Politicamente, accettare questo, per i principali politici d’Europa, equivarrebbe ad una auto-dichiarazione di fallimento”.  E’ quel che ha sussurrato a bassa voce anche  la Lagarde: s’è investito politicamente troppo in questo errore che è l’euro.  Per qualcuno, come Draghi, Monti o Amato, sarebbe da processo di Norimberga 2.0.
(Grazie a Musso) https://twitter.com/Musso___/status/1064942750116782081
Il professor SINN  s’è letto bene il piano Savona, i progetti di Borghi, e li ritiene perfettamente possibili:
“ Paolo Savona, il ministro europeo del nuovo governo, nel 2015, ha formulato la strategia per una liberazione sotto forma di uscita dall’euro in ogni dettaglio. Il piano di Savona, tuttavia, faceva capire che non si sapesse come risolvere il problema della stampa di banconote fisiche senza che i mercati dei capitali se ne accorgessero. Questo problema dovrebbe ora essere risolto dai mini-bot. Dal momento che sono già stati introdotti prima dell’uscita dall’euro, sono già lì, e  in un fine settimana improvvisamente la conversione valutaria viene perfezionata. Tutti i conti bancari, tutti i contratti di lavoro e di leasing e tutti i contratti interni di credito sono mantenuti, tranne che il simbolo dell’euro è sostituito da un segno di lira”.
Persino la questione del Target 2 non lo preoccupa: “ I debiti Target 2  della Banca d’Italia verso l’Eurosistema vanno  annullati: ciò  è possibile  perché non c’è una base legale per il loro pagamento  dopo l’uscita dall’euro e perché i principali politici tedeschi li hanno definiti  “irrilevanti equilibri di compensazione”. Naturalmente, tutto dovrebbe essere tenuto segreto fino all’ultimo secondo al fine di evitare una fuga di capitali.
L’Europa dovrà dare all’Italia molti soldi per scongiurare tutto ciò. In ogni caso, inizia il prossimo atto della tragedia italiana.

Anche gli euroinomani lo sanno: è un vicolo cieco

Dunque la Germania agevolerà la nostra uscita?  Ritengo che la frase chiave sia : “L’eurozona è finita in un vicolo cieco”. 
E’ comunque una importante ammissione. Perché anche gli europeisti  nostrani lo sanno. Lo sa Moscovici, lo sa Dombrovski, lo sanno Weidman e lo sa la Merkel. Lo  sanno, e nulla fanno, nulla pensano. Se non  la prova di forza contro l’Italia, che ci distruggerà e li distruggerà.  Lo sa Mattarella come Berlusconi. Lo sanno Renzi e i giornalisti che ogni sera ci vogliono terrorizzare con lo spread per tenerci nell’euro (ove i loro stipendi sono pagati in valuta tedesca). Lo sanno tutti, e non sono capaci di tirar fuori una sola idea per uscire dal vicolo cieco. Da qui il titolo del professor  Sinn:
Die Italienische Tragoedie

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