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mercoledì 21 marzo 2018

ALTRO CHE “ANALYTICA” – CHI MANIPOLA DAVVERO IL VOTO USA.

Mentre i media montano (con qualche fatica) la panna della Cambridge Analytica, allo scopo di  dimostrare che i milioni che hanno votato Trump, o Brexit o Salvini l’hanno fatto perché i loro cervelli sono stati   manipolati da “oscure tecniche psicometriche”, la cosa più ridicola è che si tratti di un caso unico  di alterazione della democrazia attraverso tecniche di persuasione occulta di tipo pubblicitario.
Niente di più ingenuo. Cambridge Analytica scompare davanti alla prima e immensa ditta  che  notoriamente  pratica la manipolazione psichica degli elettorati in Usa:  la “i360 Themis”. 
Se cercate questo nome, scoprire facilmente che la i360, sul suo sito, dichiara di essere  una ditta di “analisi dei dati che mantiene un database di  oltre 230 milioni di americani dall’età di 18 anni in su, fra cui i 190 milioni che sono registrati per il voto”; dati personali ricavati da “molteplici compilatori  di dati riguardanti i consumatori”.
(No, non sono J)
Devono essere davvero multipli, se la strana ditta ha 230 milioni di profili di cittadini-consumatori americani.  Essa è la fusione di due entità: la i360, azienda fondata da Michael Palmer, il tecnologo-capo della campagna presidenziale 2008 di John McCain, fusasi poi con la Themis, fondazione senza scopo di lucro appartenente ai fratelli Koch.  Padroni di un colossale conglomerato  “solido” (petrolchimica, fertilizzanti eccetera) i due fratelli Charles e David Koch sono ideologicamente “di destra” ma “libertari”, ossia hanno sostenuto  tutte le cause della “sinistra  dei costumi”, aborto libero, droga legale, diritti LGBT,  immigrazione senza  limiti –  posizione quest’ultima che  li ha resi nemici ferocissimi di Donald Trump. I Koch hanno   finanziato invece le campagne elettorali di gente come Ted Cruz, Mike Pence e Mike Pompeo (ora passato dalla Cia agli Esteri),   gli avversari di Trump  interni al Partito Repubblicano.
Come opera la i360? Tracciando “dinamicamente” i   230 milioni di adulti americani in base a “1800 comportamenti” che li identifica  nelle loro abitudini e idee con una precisione fulminante. Come  spiega Mark Swedlung, uno dei maggiori tecnici del marketing diretto, “essi sanno quando è l’ultima volta che hai scaricato un pornovideo e  se hai ordinato cibo cinese prima di votare. Il che è inquietante”.
E’ il meno che si possa dire. I dati  sulla vostra privata persona e le vostre preferenze e idiosincrasie che voi stessi esibite, o ingenui narcisi, sui vostri profili Facebook, sono ben poca cosa per questi mostri: essi conoscono per quali acquisti avete usato le vostre carte di credito, a quale tv cavo siete abbonati, quale specifica pornografia preferite, quali informazioni cercate, o quale fede  avete o quali dolcetti sgranocchiate davanti alla tv.
E non si creda che la i360 sia la sola a fare   questo. Il suo primo concorrente che fa lo stesso, si chiama Data Trust: e a gestire quest’altro mostro troviamo Karl Rove, il mago della  propaganda politica e persuasione occulta al servizio dei Bush, o meglio, il creatore di Bush jr. presidente  – quello sotto cui doveva accadere l’11 Settembre.  In pratica, si può dire che Bush jr. sia stato una sua creatura. Infatti Rove fu prima “senior advisor” e poi vice-capo dello staff alla Casa Bianca,  di fatto lo stregone-illusionista di quella presidenza che ha lanciato  la “lunga guerra al terrorismo”.
Karl Rove. A fianco, la sua creatura.
Rove è  noto per aver detto allo scrittore Ron Suskind, dopo l’11 Settembre: “Adesso siamo un impero, e quando agiamo, noi creiamo la nostra realtà. E  mentre voi studiare questa realtà,   con molto giudizio come fate sempre voi realisti, noi agiamo ancora, creando altre realtà, e anche quelle potrete studiare – noi siamo gli attori della storia….e a voi, voi tutti, non resta che studiare quello che noi facciamo”.
E adesso il mago Rove (che preferì lasciare  la Casa Bianca piuttosto che  farsi interrogare dal Senato su una certa questione)  è a capo di Data Trust, mostro della raccolta e profilazione dei consumatori ed elettori. E anche il  Data Trust ha il suo miliardario di riferimento. Nel caso, è Paul Singer,  ebreo, detto the Vulture , perché ha fondato e  dirige il  massimo  hedge fund speculativo Elliott Management Corporation (EMC), fondo-avvoltoio per eccellenza, specializzato nell’acquistare per un boccone di pane i debiti di paesi ed imprese fallite, e strizzarne  gli ultimi profitti per sé  da questi miserabili falliti. Insomma è l’Usuraio nella sua forma più pura. Ovviamente è filantropo- fa ampie donazioni alle cause di Israele, specie quelle estreme  – e finanzia anche lui la lotta  per i diritti LGBT.
Questi due mostri non hanno bisogno di rubare i milioni di profili Facebook, come si dice abbia fatto  Computer Analytica  con una  app che fingeva di essere (o era) un test psicologico.  Basta  aver risposto  ad un  qualunque questionario online, e ti hanno in pugno. Legalmente.  Una serie di algoritmi che operano infaticabili controlli incrociati  forniscono ai partiti politici Usa quel che serve loro. E cosa serve loro?
Per esempio, contestare i diritti di voto di elettori neri o ispanici  selezionandoli in base ai cognomi. Questo mister Iwobi, questo senor Garcia  non sono americani!  Dato il caos delle identità in molte circoscrizioni elettorali USA, dove talora non si richiede nemmeno di mostrare un documento d’identità, alle  macchine dei partiti è facile ricorrere con successo presso i comitati  elettorali  per far cancellare questi “stranieri”,   impedirne la registrazione.
Lo si sa perché s’è  scoperto che Kris  Kobach, segretario di Stato dello Stato del Kansas e trumpiano, usando un  algoritmo elaborato dal suo tecnico Jessie Richman, ha fatto cancellare  dalle liste un certo “Carlos Murguja” come probabile straniero  senza diritto di voto.  Il guaio è che Carlos Murguja è risultato essere un giudice distrettuale,   per giunta nato  in Kansas nel 1957. E’ seguita causa,   e scandalo.
Ma secondo il giornalista investigativo Greg Palast,  questo algoritmo “crosscheck” ha consentito al partito repubblicano di  bloccare la registrazione al voto ad un nuovo  votante (ossia giovane) su sette nello stato del Kansas. Se Kobach vince  la causa, il metodo sarà certo adottato anche dagli altri stati dove domina il partito conservatore.  Non abbiamo dubbi che il partito democratico non abbia i suoi algoritmi.

Come si vede,  questi fanno  – e  da decenni –   ben altro che tempestare gli elettori con sottili messaggi  mirati ad personam per sedurli a votare come desiderano, ciò che viene addebitato a Cambridge Analytica; questi ripuliscono direttamente le liste elettorali di votanti  potenzialmente ostili, purgandole a titolo preventivo di neri,  sudamericani, giovani.
Ciò fa emergere un dubbio: che uno degli scopi della montatura a freddo dello scandalo di Cambridge Analytica sia anche di far abbassare la cresta a Marc Zuckerberg –  è noto che il ragazzino stava coltivando l’ambizione di correre per la Casa Bianca nel 2020 – e attraverso la sua rovina economica  a quei rampanti,  tipo  Elon Musk, Jeff Bezos – e le centinaia di   arrivisti in carriera che scalpitano alle loro spalle, trentenni  spesso gay come Chris Hughes (co-fondatore di Facebook) e suo “marito” Sean Eldredge, desiderosi di salire  anche loro sull’ascensore  dei miliardari alla Steve Jobs e Bill Gates, i loro modelli in rapacità.
Sognava la Casa Bianca.
Bezos, Zuckerberg, Musk hanno creato imperi di bolle di sapone, leggerissime  strutture basate su algoritmi e “idee”;  Wall Street li ha resi miliardari dando a quelle bolle valori astronomici; ora Wall Street  li ha avvertiti che sono in mano sua.   State in riga,  bambini che avete ancora la bocca sporca di latte. In un certo senso, può essere l’avvertimento  che la  generazione dei Fratelli Koch e i Paul Singer il Vulture (ultrasettantenni) rivolge a questi ragazzini da 100 miliardi di dollari.
Quanto siano ancora ingenui, lo dimostra Chris Wylie, il finocchietto dai capelli rosa che ha spifferato al Guardian le malefatte   che Cambridge Analytica ha commesso per far vincere Trump e il Brexit.
“Se vuoi cambiare il modo in cui una persona vota”, dice alla giornalista, “devi cambiare la cultura dentro cui questa persona vive – e per cambiare la cultura, devi sfasciare quella esistente, impadronirti dei pezzi  e riplasmarli nella forma che vuoi che la cultura  abbia”.
O che scoperta, possono deridere Singer the Vulture e i Koch Brothers: ma questo è quello che facciamo da sempre! Dai pellerossa al Giappone e Montecassino, dall’arte informale  creata dalla Cia contro il “realismo” socialista
fino al mondo dei sogni in scatola che Hollywood  fornisce al mondo con le sue epiche false, dalla TV allo  LSD rock-pop,  giù fino allo scrigno di storia chiamato  Siria bombardata, noi non facciamo altro che sfasciare   antiche culture  – non metaforicamente, anche a forza di bombe –  per riplasmarle e  omologarle alla nostra,   e  ai nostri”valori”  dell’eterno presente, dell’individualismo pseudo-eroico, del successo misurato in miliari di dollari, dei mercati. Ne avete di cose da imparare, voi ragazzini

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