Torino – Nell’era del relativismo, in cui tutto è vero, regna il mondo delle false notizie o meglio definite “fame news”. Ma gli studiosi dell’informazione sono a lavoro per contrastare questa falsa propaganda. Tra di essi c’è una giovane donna, Enrica Perucchietti, che abbiamo intervistato su questa tematica quanto mai attuale.
Innanzitutto, chi è Enrica Perucchietti?
Sono una giornalista, scrittrice ed editor. Laureata con lode in Filosofia, lavoro come caporedattrice della Uno Editori.
Com’è nata questa sua passione per la scrittura?
L’ho sempre avuta, ma a livello professionale ho iniziato a collaborare con diverse testate di settore prima della laurea, nel 2000, poi sono diventata giornalista televisiva e dopo aver abbandonato la carriera in TV mi sono dedicata a tempo pieno al giornalismo freelance e alla scrittura (ho all’attivo una trentina di saggi). Ora sono caporedattrice in una casa editrice, ruolo che mi permette anche di seguire gli autori da dietro le quinte e di mettere la mia esperienza a disposizione dei nuovi talenti nel campo dell’editoria.
Ha scritto moltissimi libri, ma la sua ultima opera, FAKE NEWS Dalla manipolazione dell’opinione pubblica alla post-verità: come il potere controlla i media e fabbrica l’informazione per ottenere il consenso, uscita a marzo per Arianna Editrice, tratta una tematica assai attuale come quella della disinformazione. Oggi, secondo lei, qual è il rapporto tra media e potere?
Nel libro analizzo proprio il rapporto tra i mezzi di comunicazione e il potere, mostrando come nasce e si sviluppa l’arte del controllo sociale, quali sono le tecniche usate e documentando come i primi a mentire all’opinione pubblica siano proprio i media mainstream. Riprendendo e attualizzando le tematiche portanti del capolavoro di George Orwell, 1984, mostro inoltre come l’attuale battaglia contro le fake news intenda reprimere il dissenso e censurare l’informazione indipendente, introducendo una forma moderna di “psicoreato”.
Come già spiegavo con Gianluca Marletta in La fabbrica della manipolazione (Arianna Editrice) l’avvento della moderna società di massa il potere ha dovuto esercitarsi su un numero indefinito di persone. L’arte del controllo, pertanto, è diventata una scienza delle Pubbliche Relazioni o, meglio, una “scienza della manipolazione” di sconcertante raffinatezza che riesce a influenzare comportamenti e modi di essere, a volte senza nemmeno dover fare uso della coercizione fisica, utilizzando la propaganda e lo spettacolo per plasmare l’immaginario e le coscienze.
Edward Bernays, padre delle Relazioni Pubbliche, parlava di «tecniche usate per inquadrare l’opinione pubblica»  portate avanti da un “governo invisibile”: il potere oggi, per risultare maggiormente efficace, preferisce infatti rimanere “nell’ombra”, palesandosi il meno possibile. Un potere nascosto (o comunque non immediatamente identificabile dai più) ha la possibilità di manipolare quasi alla perfezione i sentimenti e la mentalità di massa senza dare l’impressione di farlo; controllare i popoli entrando nel loro immaginario, nella loro mente, nella loro coscienza.
Già AldousHuxley, autore di un’altra distopia, Il mondo nuovo, notava come i potenti avessero capito che per controllare le masse fosse necessario agire sull’«appetito pressoché insaziabile di distrazioni» plasmando così il loro immaginario. In questa strategia, ovviamente, il popolo è visto dai governanti come un soggetto minorenne che va accompagnato, persino manipolato, a cedere il proprio consenso, cioè come un gregge di pecore disorientate che devono essere eterodirette.
Dobbiamo infatti comprendere che il potere non è interessato a “emancipare” l’uomo o a renderlo “adulto” quanto semmai a controllarlo sempre meglio, indirizzando le sue scelte dopo essere penetrati nella sua anima, nel suo immaginario. Quando questo non dovesse bastare entra in campo la coercizione.
I media, la politica e lo spettacolo in generale stabiliscono le linee guida imposte dall’alto per in-formare (cioè dare forma) l’opinione pubblica secondo linee guida e tecniche specifiche.
Esiste una celebre lista delle dieci regole riguardanti il controllo sociale, ovvero, delle strategie utilizzate per la manipolazione del pubblico attraverso i media in modo da «fabbricare il consenso e assicurarsi che le scelte e gli orientamenti siano strutturati in modo tale che le persone facciano sempre quello che viene detto loro» che è stata universalmente attribuita a Noam Chomsky. In realtà non si conosce il reale autore di questa lista, sebbene sintetizzi a grandi linee il pensiero del filosofo. Oltre a queste ne esistono molte altre che spiego dettagliatamente nel libro con esempi alla mano.
Come proporre una corretta informazione nell’era del relativismo?
Bisogna tornare a esercitare il proprio spirito critico, usando il metro del dubbio senza però rischiare di cadere nel relativismo assoluto. Dall’altro il giornalismo dovrebbe tornare a essere più etico e coraggioso, dovrebbe abbandonare la fretta e la frenesia che porta a dare lo scoop o ribattere una notizia senza verificarla. Dovrebbe anche avere il coraggio di discostarsi dal pensiero unico e dal politicamente corretto quando questi vengono strumentalizzati per interesse. La realtà dei fatti non può, non deve essere ignorata o strumentalizzata.
Ovviamente non si può ignorare che siamo nell’epoca della post-verità: la sensazione è che la verità sia sempre più labile, persino virtuale e illusoria e che quindi i cittadini sempre più confusi e spaesati debbano affidarsi a un organo governativo auto-dichiaratosi affidabile per essere informati nella maniera corretta, diffidando di qualunque informazione “alternativa” venga ad esempio dal web.
L’intento è cioè quello di screditare la verità, spiega Alain de Benoist, presentandola come un “grande racconto” al quale non si può più credere. Tutto diventa “relativo”, virtuale se non fosse che a vigilare sulla “verità” ci sono i governi e i media mainstream. I ricercatori che si pongono al di fuori di questa sfera vengono bollati come inaffidabili, menzogneri e liquidati come complottisti, soprattutto se il loro scopo è mostrare un altro “lato” della storia o denunciare ciò che i governi vogliono invece insabbiare.
L’attuale diatriba sulla cosiddette fake news ha portato alla promozione di un clima di isteria che potremmo definire una “caccia alle streghe 2.0”. In questo caso l’opinione pubblica sembra legittimare l’uso della forza, la denigrazione, il clima di intolleranza, arrivando persino ad accettare di introdurre il reato di opinione: una forma di psicoreato orwelliano secondo cui verrebbe punita non più l’azione ma la libertà di espressione e ancora prima di pensiero.
Progetti futuri?
A maggio uscirà la riedizione aggiornata di False Falg. Sotto falsa bandiera (Arianna Editrice). Non ho altri progetti in cantiere, dopo anni intensi dedicati alla scrittura credo resterò un po’ dietro le quinte per dedicarmi al lavoro in casa editrice. Ho comunque la promozione dei libri, gli articoli e le varie collaborazioni, la rubrica tutti i lunedì mattina su Colors Radio. Insomma, non mi annoierò…
Stefano Zaffino 
Redazione