Terapia con nanocellule per curare il cancro al cervello dei bambini. Ecco perché sarà la rivoluzione del futuro
Terapia con nanocellule per curare il cancro al cervello dei bambini: colpisce solo il tumore
- di Andrea Centini
Ricercatori australiani hanno creato nanocellule in grado di indirizzare i farmaci chemioterapici direttamente contro le cellule tumorali, evitando di colpire anche le cellule sane. La tecnica potrebbe rivoluzionare il trattamento di alcune aggressive tipologie di cancro, come il neuroblastoma infantile.
Create in laboratorio nanocellule in grado di trasportare farmaci antitumorali tossici direttamente all’interno delle cellule malate per ucciderle, senza colpire quelle sane. Si tratta di una strategia ad alta precisione che potrebbe rivoluzionare il trattamento di alcuni aggressivi tumori al cervello, come il neuroblastoma infantile, la cui chemioterapia spesso pone i piccoli pazienti innanzi a effetti collaterali molto seri.
“Il più delle volte i bambini malati si trovano in ospedale a causa della chemioterapia piuttosto che del cancro”, ha sottolineato l’oncologo pediatrico David Ziegler del Children’s Cancer Institute, l’ente di ricerca australiano sito a Randwick (Sydney) che sta sperimentando la nuova tecnica.
Le nanocellule, messe a punto in collaborazione con i ricercatori della società EnGeneIC, sono in pratica piccole sacche batteriche che possono essere caricate con i farmaci chemioterapici e lanciate con estrema precisione contro il bersaglio. “Sono come missili a ricerca di calore che trovano la loro strada verso il cancro e lo colpiscono direttamente”, ha sottolineato il professor Ziegler, che è anche responsabile dei test clinici condotti presso il nosocomio australiano. Il farmaco utilizzato è la doxorubicina (o adriamicina), un antibiotico antitumorale da somministrare per via endovenosa noto per la sua efficacia ma anche per la sensibile tossicità: fra i vari effetti ci sono cardiotossicità, alopecia, depressione midollare, nausea, vomito, diarrea e molto altro ancora. Il piccolo Luciano Mazzucco di chiare curato all’ospedale australiano con otto cicli di chemioterapia è stato sì salvato dal neuroblastoma, ma il trattamento ha compromesso il suo sistema immunitario, lo ha lasciato esposto ad altre forme di cancro secondario e con le arterie molto indurite.
Le nanocellule permettono di evitare queste conseguenze grazie alla loro estrema precisione, legata alla ‘caccia’ di specifici recettori presenti sulla superficie delle cellule tumorali. In uno studio pubblicato sulla rivista scientifica specializzata Molecular Cancer Therapeutics, i ricercatori coordinati dalla professoressa Maria Kavallaris hanno dimostrato che i modelli murini (topi) con neuroblastoma trattati con le nanocellule hanno una sopravvivenza sensibilmente superiore a quelli trattati con la sola doxorubicina, somministrata per via endovenosa. Va anche considerato che la dose usata è 100 volte inferiore rispetto a quella introdotta col metodo classico.
“Spesso i potenti farmaci antitumoralifunzionano molto bene negli studi preclinici ma si rivelano tossici negli studi clinici”, ha dichiarato l’autrice principale della ricerca. “Riteniamo che il sistema con nanocellule possa superare il problema rilasciando questi farmaci direttamente sul tumore”, ha aggiunto la Kavallaris. Al momento la tecnica è stata sperimentata con successo in due studi clinici con pazienti adulti, e presso l’ospedale australiano è stata avviata una nuova sperimentazione di fase 1 per curare anche i bambini, con la speranza che il trattamento possa risparmiare ai giovani pazienti cioò che ha dovuto subire lo sfortunato Luciano Mazzucco.
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