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domenica 11 marzo 2018

"Una proposta per salvarci dal degrado" di Gabriele Sannino



"Una proposta per salvarci dal degrado" di Gabriele Sannino

L’umanità, oggi più che mai, attraversa un tunnel buio, dove solo le persone più evolute e consapevoli riescono a vedere una sorta di luce. Questa luce è solo individuale in quanto non tutti riescono a vederla, molti sono ancora troppo indietro… per scorgerla. Il sistema in cui viviamo fa di tutto per tenerci in questo buio, alias in uno spazio angusto e tetro: il suo cavallo di battaglia è la paura, che blocca ogni presa di coscienza, paralizza e stordisce. Abbiamo paura  (per esempio) di perdere un lavoro che – in molti casi – ci rende schiavi, di perdere del denaro dal nulla che i banchieri creano a monte prestandoli a debito agli Stati, abbiamo paura di invecchiare in un mondo… dove si deve essere eternamente giovani (ma com’è possibile?) così come abbiamo paura di rimanere soli in un mondo iperconnesso ma  - di fatto - con sempre meno rapporti umani assidui e soprattutto autentici.  Viviamo tempi davvero stupidi, è questa la verità. In quest’epoca tutti devono dire la loro ormai, costi quello che costi, anche quando non pensano a niente; bisogna solo urlare e credere di sapere tutto per avere credibilità. Anche il matto più matto ha da sempre il suo uditorio. I social network – oltre a tenerci costantemente divisi dietro a un computer o a un telefonino – vengono usati (perlopiù) nel peggiore dei modi, in un divide et impera fatto di odio, divisione, insulti gratuiti (o a pagamento) che rendono le persone ancora più tristi e sole, oltre che perennemente arrabbiate. Non è un caso se sul web assistiamo a dei veri e propri picchi d’odio e divisione, a seconda di circostanze sociali come elezioni politiche, fatti di cronaca particolarmente cruenti, eventi o manifestazioni importanti. Sembra quasi che queste correnti emotive siano creati e/o amplificati ad arte, per sondare il “popolo” e capire quanto lontano si trovi dalla fine di questo famigerato tunnel. Come avrete capito, siamo tutti criceti in una ruota per il sistema, che devono correre per non pensare al vuoto dilagante che noi stessi contribuiamo a creare nelle nostre vite. Ma siamo anche polli da allevare in batteria in un certo senso, dato che possiamo solo muoverci entro certi confini, possiamo (anzi dobbiamo) beccarci tra di noi e al momento giusto essere spennati. Ce la prendiamo con i politici, è vero, eppur non partecipiamo minimamente alla vita pubblica e sociale, credendo che il cambiamento venga dall’alto e ci debba investire come una luce abbagliante; guardiamo a fenomeni come il bullismo, l’omofobia, la violenza contro le donne, i femminicidi, il razzismo, l’abuso di potere e la corruzione con rassegnazione, che è la peggiore sconfitta per una società che voglia divenire più civile. Insomma, vorremmo cambiare il mondo, ma “scendiamo in piazza solo per il cane”, come cantava Levante nella sua bellissima “Non me ne frega niente”. Per uscire dal degrado, la prima cosa da fare è capire che abbiamo un problema: se non capisci che ti stanno fregando l’esistenza, che vogliono farti vivere una merda, ovvero nella paura e nella rabbia, considerando diritti i privilegi, non prenderai mai le giuste misure. Una volta che i più hanno preso coscienza, però, ci sono diversi modi per spingersi da soli verso la fine di questo tunnel…orientando anche gli altri. Ebbene, vi sembrerà incredibile, utopico o perfino stupido ma una delle soluzioni per il sottoscritto è il ritorno di un’educazione civica di massa, non solo nelle scuole (la materia fu introdotta da Aldo Moro nel ‘58, prevedeva due ore a settimana ma oggi è di fatto scomparsa) ma anche nei quartieri, nei rioni, cadenzata in modo settimanale, quindicinale o mensile. Questi incontri potrebbero essere organizzati - o meglio imposti, perché no – dai Comuni per ogni quartiere o sub-quartiere, con la possibilità di essere “premiati” se si partecipa alle iniziative e se si mette in pratica la nuova consapevolezza che ne affluisce. Potremmo piano piano iniziare a fregarcene di meno in questo modo, capendo che la mancanza di senso civico, etico e di comunione si riverbera non solo sull’umore della collettività ma anche sulle finanze di un paese e di un territorio. Tutto ciò – ripeto – può sembrare utopia, eppure è davvero l’unica soluzione: pensate forse che reprimere sempre di più le persone sia la soluzione? A un certo punto, si sa, si scoppia. Non sto parlando di insegnare alle persone i massimi sistemi o tenere lezioni di politica (divisiva per antonomasia), o tenere corsi di spiritualità (questi ultimi, al limite, dovrebbero arrivare molto dopo) ma di partire dalle regole di buona convivenza civile, dall’ABC, imparando - in primis -  a dialogare, fare rete, a chiedere e offrire aiuto, dato che oggi – per via del web e non solo -  siamo abituati solo ad urlare e a starcene per i fatti nostri. Tutto questo – quasi inutile dirlo - creerebbe perfino micro economie di scala: la gente si conoscerebbe, dando vita a opportunità di ogni genere. Inoltre conosceremmo finalmente i nostri vicini di casa, imparando tutti a condividere un po’ di più e a fare squadra. Sarebbe auspicabile che in ogni gruppo ci fosse anche una figura che analizzi gli sviluppi collettivi, pronta a fare da trait d’union con le istituzioni locali. In questi gruppi o micro gruppi, infine, si dovrebbe ragionare in termini di compassione e/o accettazione delle differenze, in quanto – è inutile prenderci in giro – siamo tutti uguali ma anche diversi. Andare d’accordo solo con chi ci piace resta sempre un limite: certo, imbastire amicizie con chi è più simile a noi è normale, ma l’umana compassione e comprensione deve andare oltre. Questo dovrebbe essere insegnato costantemente, perché è da qui che parte la civiltà. L’educazione civica di massa, per chi vi parla, è davvero l’ultima spiaggia, l’unica risorsa che ci resta prima della totale barbarie. Badate: se non scenderemo un po’ da questa giostra infernale sulla quale ci hanno scaraventato con forza, nei prossimi decenni vivremo davvero in preda agli istinti più beceri, anche se avremo un tablet tra le mani e indosseremo dei vestiti eleganti… se non “griffati”.

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