Mangiare o Nutrirsi?
La maggioranza della gente ingurgita una montagna di cibo e malgrado ciò non si nutre.
Nutrirsi vuol dire consumare cibi gustosi, invitanti, profumati, che abbiano la capacità di intrattenere nel nostro insieme fisico-mentale, caratteri uguali alla nostra natura originaria. Questi alimenti devono possedere le giuste proprietà nutritive, energetiche e ricostituenti, di modo che, nel loro ruolo profilattico-terapeutico, ci forniscano le sostanze necessarie ai nostri processi vitali, e abbiano un’azione specifica nel nostro organismo nella lotta contro le malattie.
Ecco un pasto-tipo per la maggior parte delle persone:
– Primo (pasta bianca condita)
– Secondo (tipicamente carne)
– Contorno (patate o verdure o molte volte niente)
– Formaggio
– Frutta, a volte
– Dolce, molte volte
– Acqua o vino o birra e in molte tavole anche bibite come coca cola, aranciata ecc.
– Caffè.
– Secondo (tipicamente carne)
– Contorno (patate o verdure o molte volte niente)
– Formaggio
– Frutta, a volte
– Dolce, molte volte
– Acqua o vino o birra e in molte tavole anche bibite come coca cola, aranciata ecc.
– Caffè.
Un pasto così non è un nutrimento, ma un insieme di sostanze micidiali per il nostro organismo. Non dimentichiamo che il 60% dei ricoveri ospedalieri è causato da cattiva alimentazione. Questo “pasto-tipo” assieme al resto del cibo della giornata, causa una introduzione di circa 1000 calorie in più, con una spesa di 35.000 miliardi di vecchie lire annui (i dati si riferiscono al 1986 e sono dell’Istituto Nazionale di Nutrizione, ma non dovrebbero discostarsi molto). Il risultato? molte “pance piene”, ma di cibi scarsi di principi nutritivi di cui il nostro organismo necessiterebbe. Oltre ai 35.000 miliardi, bisogna poi aggiungere anche le spese sanitarie per cercare di curare le conseguenze di questa “cattiva” alimentazione.
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Negli ultimi cinquant’anni, c’è stato un cambio alimentare molto brusco: si consumano meno verdure, olio extra-vergine, cereali integrali, e legumi, mentre sono aumentati considerevolmente i consumi di carne, cereali bianchi, burro e zucchero. Una volta c’era una dieta della quale tutti parlano anche oggi: la famosa “dieta mediterranea” che, tuttavia, per molti, negli anni passati, non era dieta, ma purtroppo fame.
Infatti, le principali cause di morte, allora, erano malattie dovute alla scarsa alimentazione e regnavano le malattie di tipo infettivo. Un banale morbillo o una pertosse diventavano deleteri e potenzialmente mortali per i bambini. L’organismo di questi bambini non essendo sufficientemente nutrito, non aveva l’energia per potersi difendere, per cui soccombeva facilmente. Oggi, invece, il benessere ha portato molto cibo, ma è cibo senza vitalità. Di conseguenza, le cause di morte sono cambiate, ora sono di tipo degenerativo: cardiovascolari, tumori, ecc. Ricordiamo che ben il 35% delle neoplasie (tumori), sono dovute alla cattiva alimentazione.
Ci stiamo avvicinando in modo drammatico alla situazione americana, dove un terzo della popolazione è obesa. La maggior parte dei grandi obesi americani, sono cittadini con reddito basso. Queste persone per alimentarsi acquistano i cibi al minor prezzo (cibi a norma di legge però!) che sono senza quella vitalità di cui l’essere umano ha bisogno, per cui continueranno a mangiare affannosamente, cercando questi nutrienti che però non trovano, con il risultato di diventare obese. Anche l’Italia, attualmente, si sta avvicinando alle statistiche americane.
A causa di un eccesso di grassi e di sali di calcio, le arterie si incrostano e si formano le placche (ateromi); spesso queste sono già presenti nei bambini di 10 anni, non dimentichiamo che 25 bambini su 100 tendono all’obesità. Queste placche (che si riscontrano anche nelle autopsie) col tempo, si fanno sempre più grosse e spesse, il sangue, così, non riesce più a passare e si ha l’infarto, o le altre malattie di tipo cardiocircolatorio. L’eccesso di grassi, inoltre, rallenta la digestione. L’eccesso proteico crea disturbi al fegato e ai reni.
La realtà più sconcertante la troviamo nelle strutture che dovrebbero curare le persone affette da qualche malanno: gli ospedali. A molti di noi è successo di visitare una persona ricoverata in queste strutture, oppure di esserci come “ospiti”, così abbiamo avuto l’occasione di essere presenti alla distribuzione del pasto.
In questo “rito” la cosa più importante, dove non si transige in nessuna maniera è l’ “igiene”. In quel “cibo” non ci deve essere nessun battere, nessun virus, tutto deve essere sterilizzato, tutto deve essere “morto”. Il nostro organismo invece è vivo: convive con miliardi di batteri, e questi sono importanti perché riesca ad essere in armonia.
Il titolo di una ricerca scientifica pubblicata nel 1998 è eloquente: “Dateci oggi i nostri germi quotidiani”. Il riassunto di questo lavoro: “le moderne vaccinazioni, la paura dei germi e l’ossessione per l’igiene, stanno deprivando il sistema immunitario delle informazioni-chiave dalle quali esso dipende. Ciò non permette di mantenere il corretto equilibrio citochimico e una buona armonia della regolazione delle cellule T, e potrebbe portare ad un aumento dell’incidenza delle allergie e delle malattie autoimmunitarie. Qui viene il bello: se l’uomo continua a deprimere il proprio sistema immunitario dagli input ai quali l’evoluzione lo ha adattato, potrebbe essere necessario escogitare un modo per riequilibrarlo artificialmente, inventando nuovi farmaci invece di rimuovere i problemi”.
Da tenere presente che “il pasto” che viene servito in ospedale è a norma di legge. Ma dobbiamo chiederci chi ha fatto la legge e come questi considera l’alimento: con una visione “scientifica” studiata, ma su materiale “morto”, oppure con una saggia visione di “cibo vitale”, per cui vivo? Questa è la realtà dei nostri giorni… l’importante è conoscerla, in questa maniera ci si può difendere.
L’ospedale, ad esempio, normalmente, per il servizio mensa indìce un “appalto al ribasso”, che non tiene conto della vitalità degli alimenti, della freschezza e di tutto quell’aspetto profondo che il cibo deve fornirci per mantenerci integri e aiutarci a guarire. La ditta che vince la gara, di conseguenza fornirà del “cibo a norma di legge”, come da appalto, e non si preoccuperà di niente altro. Praticamente chi è “responsabile” della nostra integrità è il primo che non se ne preoccupa.
Scegliere un’alimentazione più genuina e intelligente porta ad una migliore salute, sia fisica che mentale, e a un notevole risparmio monetario, in modo particolare per le cure mediche, che così non servono, o servono molto meno. Oggi, nella maggior parte dei casi, gli anziani sono arterio-sclerotici. E questo processo di “indurimento” cerebrale, è nella maggior parte delle volte il risultato di un’alimentazione esagerata e sbilanciata.
Obesità da crisi
Arriva l’obesità da crisi economica, con i carrelli della spesa sempre più poveri, nei quali i cibi sono sempre più economici e ricchi di grassi. “L’alimentazione meno costosa va spesso a discapito della qualità e cercare di spendere meno, può paradossalmente portare a ingrassare”, ha osservato il presidente dell’Associazione italiana di dietetica e nutrizione clinica (Adi), Giuseppe Fatati. Secondo i dati più recenti disponibili, quelli del “Progetto Cuore” dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss), è obeso il 18% degli uomini e il 22% delle donne. Più colpito il Sud (19% e 31%). Tra le cause, secondo Fatati, la cattiva alimentazione è ai primi posti, insieme con uno stile di vita sedentario.
“Nei ‘nuovi’ carrelli della spesa – ha aggiunto – diminuiscono gli alimenti tipici della dieta mediterranea: calano i consumi di frutta, verdura e olio d’oliva e aumentano i cibi confezionati, più ricchi di grassi e zuccheri”. Per gli esperti, è comunque possibile spendere meno e mangiare in modo sano: “si calcola che l’italiano medio getta circa il 30% di ciò che acquista”, ha detto Fatati. “Tornare a fare la vecchia lista della spesa può, inoltre, aiutare a ‘resistere’ alle tentazioni del supermercato e ad evitare acquisti in eccesso. È anche utile – ha concluso – scegliere frutta e verdura di stagione, pesce azzurro, ridurre o eliminare il consumo di carne, preferendo i legumi“.
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Il 40% degli italiani vorrebbe avere una dieta più sana ma non ci riesce
“Vorrei mangiare più sano ma non ci riesco”, è questa l’affermazione che descrive al meglio il rapporto con il cibo del 37% degli italiani (quasi 4 italiani su 10), quota che sale al 40,5% tra i 30-44enni, ad oltre il 40% tra le donne, e sopra il 43% tra le casalinghe. È quanto emerge dal rapporto Coldiretti/Censis sulle abitudini alimentari degli italiani, dal quale si evidenzia che i ‘frustrati’ sono in numero superiore al quasi 33% degli italiani che dichiara di seguire una dieta sana “perché l’alimentazione è tra i fattori importanti per la salute”, e sono soprattutto gli anziani (40,3%) e i laureati (37,6%) a praticare questa tendenza salutista.
Che l’equilibrio a tavola sia ancora lontano dall’essere raggiunto nelle famiglie del Bel Paese, lo dimostra il fatto che il 43% degli italiani risulta sovrappeso, quando non obeso (11%). Informarsi sul cibo, tuttavia, per gli italiani è sempre più importante;infatti, quasi il 62% degli intervistati si dichiara “molto informato sui valori nutrizionali, le calorie e i grassi riguardanti i vari alimenti”. Il 34% degli intervistati ritiene che la propria alimentazione dipenda in via prioritaria da caratteristiche e scelte soggettive, il 30,4% dalla tradizione familiare, e poco meno del 19% “da quello che si può permettere”.
Quanto alle principali fonti di informazione sugli alimenti, oltre alla televisione, è il web (51,1%) la fonte primaria. Seguono quotidiani, settimanali e periodici (34%), poi i familiari e gli amici (25,5%) e il 25,6% ricorre invece ai negozianti e al personale del punto vendita. “Dal rapporto – commenta il presidente di Coldiretti Sergio Marini – emerge una importante segmentazione dei comportamenti, con oltre un terzo degli italiani che riconosce il valore dell’alimentazione e si comporta di conseguenza, un terzo che per stile di vita, tentazioni e stress, pur consapevole, non riesce a comportarsi correttamente e un terzo che non è attento alla tavola per mancanza di conoscenza”. “Su quest’ultimo segmento – conclude Marini – occorre responsabilmente lavorare in un Paese come l’Italia che non può più permettersi di dare per scontata la qualità del cibo portato in tavola come avveniva nel passato, quando gli effetti della globalizzazione non erano così rilevanti“.
“I cittadini vogliono cibo sicuro, di qualità e al giusto prezzo – osserva il presidente di Coldiretti Sergio Marini commentando la ricerca. La richiesta di prodotto legato all’identità territoriale è forte e questo tipo di agricoltura é quella che avrà un futuro in tutto il mondo. Tutti quelli che si adoperano per smantellare questo tipo di agricoltura perderanno, perché il consumatore vuole il cibo del territorio”.
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In 60 anni: +300% di carne, -30% di vino
Dal dopoguerra ad oggi, gli italiani hanno modificato profondamente la loro dieta, come dimostra l’aumento del 300% dei consumi di carne che si è verificato negli ultimi 60 anni, mentre il consumo di vino si è ridotto di oltre un terzo. È quanto afferma la Coldiretti nel sottolineare che è aumentato in modo massiccio anche il consumo di frutta e verdura, mentre, oltre al vino sono in calo i consumi di pasta e pane.
“Il cambiamento – sottolinea la Coldiretti – ha riguardato anche gli aspetti qualitativi dell’alimentazione, come il passaggio dalla pasta fatta a mano a quella industriale, la crescita della carne bovina rispetto a quella di pollo, l’arrivo di nuove varietà di frutta, come il kiwi negli anni ’80, l’affermarsi dell’extravergine di oliva rispetto a lardo e strutto, presenti al nord dal dopoguerra e del successivo boom della margarina”.
“Negli ultimi 60 anni sono aumentate –continua la Coldiretti – del 56% le chilocalorie consumate mediamente al giorno dagli italiani. Profondi cambiamenti sc sono anche dal punto di vista economico, con una progressiva riduzione dell’incidenza della spesa alimentare sui consumi totali degli italiani, che è passata dal 45% del 1950 al 15% del primo decennio del ventesimo secolo”.
In questo ultimo periodo, cresce l’attenzione alla qualità, alla sicurezza e all’impatto eco sociale. “Una tendenza alla quale – commenta Coldiretti – è in grado di rispondere l’agricoltura italiana che dal dopoguerra è diventata leader a livello internazionale sul piano qualitativo, ambientale e sanitario. L’agroalimentare Made in Italy ha conquistato nel 2009 la leadership nei prodotti tipici in Europa con 202 riconoscimenti, con il maggior numero di imprese biologiche e il primo posto nella sanità e nella sicurezza alimentare, con un record del 99% di campioni con residui chimici al di sotto dei limiti di legge”.
E finalmente arriva anche la “scienza”: trovata molecola anti-invecchiamento, che si attiva con poche calorie
Secondo uno studio dell’Università Cattolica di Milano, mangiare un terzo in meno mantiene giovane il cervello. Troppe calorie nel menu quotidiano “invecchiano” anche il cervello. Insomma, studio dopo studio, la scienza conferma che il segreto per una lunga vita in buona salute, è proprio nello stile di vita a tavola.
Ed è stata scoperta addirittura una molecola che protegge i neuroni dall’invecchiamento. Una molecola attivata proprio se si mangia meno. Quanto meno? Diciamo che un 30% delle calorie andrebbero lasciate nel piatto.E questo era già stato individuato da studi precedenti (pubblicati su Science e Nature), che hanno collegato la longevità cellulare a una dieta ipocalorica.
La “molecola anti-aging” cerebrale l’hanno scovata ricercatori italiani, dell’università Cattolica di Roma. La molecola si chiama Creb1, viene attivata da una dieta a basso contenuto calorico e funziona come un direttore d’orchestra, accendendo altri geni importanti per la longevità e per il buon funzionamento del cervello. Lo studio è stato condotto dall’équipe di Giovambattista Pani, dell’Istituto di Patologia generale diretto da Achille Cittadini, in collaborazione con l’équipe di Fisiologia umana guidata da Claudio Grassi. Ed è stato pubblicato su Proceedings of the national academy of sciences Usa (Pnas).
In verità l’osservazione, negli ultimi anni sempre più avvalorata da numerosi risultati sperimentali, aveva già collegato l’obesità ad un rallentamento e ad un invecchiamento precoce delle funzioni del cervello, così come avviene con malattie tipiche della terza età, come la demenza senile e il Parkinson. Al contrario, la restrizione calorica (nella giusta misura) mantiene giovane il cervello. Lo rende più attivo. Ma i “pulsanti” molecolari che governano gli effetti positivi della dieta sul cervello erano finora ignoti. La molecola individuata dal gruppo di scienziati della Cattolica apre, ora, più di uno spiraglio.
Non a caso Creb1 regola normalmente importanti funzioni cerebrali come la memoria, l’apprendimento e il controllo dell’ansia. E la sua attività diminuisce, o viene compromessa, proprio dall’età che avanza. “I neuroni – spiega Grassi – comunicano tra loro mediante giunzioni specializzate, le sinapsi, la cui funzione è essenziale non solo per la trasmissione delle informazioni nelle reti neurali, ma anche per il loro immagazzinamento (formazione dei ricordi). La corretta funzione delle sinapsi è, quindi, determinante per l’apprendimento e la memoria. Mentre le alterazioni delle sinapsi sono alla base del declino cognitivo che si osserva nella malattia di Alzheimer e in altre forme di demenza. La restrizione calorica, come abbiamo visto e dimostrato, potenzia la capacità delle sinapsi di memorizzare le informazioni. Tale azione benefica è proprio mediata da Creb1“.
Rivisto da www.fisicaquantistica.it
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