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venerdì 2 marzo 2018

di Fulvio Grimaldi
Che questo fosse uno Stato in mano a briganti, ladri, corrotti, sociocidi, vendipatria, bari e tecno-bio-fascisti lo si sapeva. Lo si sapeva, misurando a spanne, più o meno da quando Togliatti, ministro della Giustizia, in perfetta sintonia con la pugnalata alle spalle di Yalta, decretò l’amnistia per tutto l’apparato amministrativo fascista. Ma lo si sospettava fin da quando, nel 1943, l’invasore Usa si accordò con la mafia per la risalita della penisola dalla Sicilia, garantendo in cambio una perenne coabitazione tra criminalità organizzata e classe dirigente al governo del paese sotto tutela USA, tramite Lucky Luciano, Salvatore Giuliano, “Gladio”, Cia, Pentagono, Goldman Sachs (per dire Rothschild e tutto il cucuzzaro di Wall Street) e poi UE.
Da De Gasperi a Berlinguer, passando per puntelli minori, liberale, repubblicano, socialdemocratico e i radicali in funzione di mosca cocchiera, fino all’attuale cosca renzusconiana, il maficapitalismo italiota ha attraversato solo due crisi. Una minore, provocata dai sussulti autonomisti del capo-ladrone Craxi, del tutto velleitaria per i troppi scheletri nell’armadio del soggetto, e una maggiore, quando dal 1968 al 1977 una generazione traversale e interclassista rivoluzionaria riuscì a imporre le uniche riforme di civiltà e progresso dal dopoguerra ad oggi. A questo tentativo fu posto fine mediante la militarizzazione del conflitto (terrorismo, strategia della tensione, organizzazioni armate) gestita da elementi atlantisti interni ed esterni precedentemente citati.
“Fascisti, seminatori di paura e odiatori”: falso scopo di chi ci odia e campa sulla nostra paura.
Da tempo, ma con particolare accanimento in vista di queste elezioni politiche, la conventicola finanzcapitalista (appunto Goldman Sachs, Rothschild, Bilderberg e relativi domestici nostrani) del mondialismo fondato sulla riduzione della popolazione e sulla sua deidentificazione, alla quale rispondono quasi senza eccezioni, più o meno consapevolmente, le forze politico-economiche italiane, sta tentando di chiudere i giochi attraverso il taglio metaforico delle corde vocali a qualunque cosa si manifesti fuori dall’establishment. La travolgente campagna trasversale per l’anestizzazione di ogni conflitto dal basso verso l’alto, si basa sulla criminalizzazione di critici e non conformati. A questi disturbatori è data, con classico transfert, la qualifica prepolitica di odiatori, seminatori di paura e fake news. In parallelo si opera il depistaggio politico-mediatico dalla propria feroce guerra tecno-bio-fascista a popoli e ceti subordinati o subordinandi, allo scontro con la sloganistica e iconografia di soggetti paramussoliniani la cui irrilevanza politica e numerica è immutata da mezzo secolo.
Sopprimere la scienza non lobbizzata
In vista del voto preteso da chi ha venduto,il paese e ne ha sodomizzato e poi sventrato i rimasugli, si verifica un episodio assolutamente emblematico dello Stato di Polizia largamente realizzato attraverso, appunto, la soppressione delle voci discordanti, la sorveglianza generale e capillare, la connivenza di sempre più vaste componenti degli apparati di sicurezza e della giustizia, la complicità di un sistema mediatico ormai interamente integrato a portavoce dei poteri criminali. Ne sono venuto a conoscenza attraverso una radio privata e, poi, attraverso una petizione in rete. L’incredibile abuso non è certo apparso sui giornaloni e schermoni.
Una settimana fa la ricercatrice di fama mondiale sulle nano particelle, Antonietta Gatti, da me intervistata nel suo laboratorio di Modena sulle conseguenze delle attività militari nei poligoni sardi (vedi il docufilm “L’Italia al tempo della peste”), aveva deposto al processo di Lanusei sui danni e sulle morti derivanti dalle esplosioni e sperimentazioni da decenni praticate nel poligono di Salto di Quirra. Le ricerche che ne hanno fatto un’esperta mondiale delle nanoparticelle, consulente dell’ONU e di vari governi italiani, avevano portato all’individuazione negli organismi di persone e animali della zona di metalli pesanti con esiti letali. Metalli derivanti dalle sostanze sparse sul territorio dalle esplosioni nel Poligono. Gli elementi forniti da Gatti rischiavano di appesantire fortemente la posizione degli imputati, militari e politici conniventi. Uno sgarro intollerabile alle Forze Armate italiane ed estere, al Ministero della Difesa, alle società produttrici di esplosivi, alla Nato.
Due giorni dopo la deposizione, facendo pensare all’irruzione nel covo di un narcoboss a Medellin, la Guardia di Finanza piomba nell’abitazione e nel laboratorio della Prof.ssa Gatti e di suo marito e collaboratore, Prof. Stefano Montanari e sequestra tutto: computer, documentazioni, apparecchi ature di laboratorio. Vent’anni di ricerche e risultati portati via. Una perdita inenarrabile per i due ricercatori e per la scienza mondiale. Pretesto? Qualcuno aveva obiettato sulla gestione del loro microscopio elettronico. Causa? Gatti e Montanari avevano infranto un tabù, quello per il quale sono stati già inflitto gravi conseguenze alla vita e alla professione di medici e scienziati. I risultati delle loro ricerche avevano messo in discussione le verità dogmatiche sull’illibatezza dei vaccini imposti dalla Lorenzin e degli armamenti adoperati dai generali. Nei prossimi giorni i dati che Gatti avrebbe portato al processo avrebbero inchiodato gli imputati.
Con i militari già spiazzati e furibondi per le risultanze della Commissione parlamentare sull’uranio da loro adoperato in poligoni e guerre, sui soldati ammalati e uccisi in massa per mancanza di protezioni (risultanze da loro respinte con inaudita mancanza di correttezza istituzionale), la denuncia di Gatti e Montanari ha fatto traboccare il vaso. E varcare il limite oltre il quale uno Stato diventa di polizia.
Ho citato questo recentissimo episodio perché mi pare che ben esemplifichi il processo nel quale siamo coinvolti e la direzione nella quale esso si muove. Quando a due scienziati di valore internazionale, invisi a tutti ma sostenuti dai 5Stelle, si sottraggono con atto di forza legalizzato il lavoro di una vita e gli strumenti per portarlo avanti, esattamente nel momento in cui questo lavoro stava provocando imbarazzo e intralcio a responsabili di reati configurati da magistratura e commissione parlamentare e che incidono su un’impunità che si vuole mantenere assoluta; quando tale lavoro e le conseguenze giuridico-politico-economiche che ne potrebbero derivare mettono a repentaglio l’arbitrio di poteri economici assicurato da referenti politici… sappiamo per chi non votare.
Bonino, Fornero, Pinotti, Boschi, Lorenzin, Fedeli, Gelmini, Carfagna…Lilli-Bilderberg-Gruber:”Più donne al potere”
Sarebbe bastato sapere cosa la coppia di ”donne al potere” Fornero-Bonino, il cui vissuto si riflette magnificamente nei volti, ha inflitto a pensionati, lavoratori, giovani, esodati, con il plusvalore boniniano del supporto a ogni macello Nato o israeliano (chi semina odio? Chi paura?), a ogni nefandezza del distruttore di Stato e sradicatore di popoli Soros. Sarebbe bastata la loro trasmigrazione da un polo partitico di nequizie all’altro per capire che Berlusconi, Monti, Letta, Renzi, Gentiloni, non sono che i vertici di un pentagono della “governabilità” che esprime, forse, un tasso variabile di pericolosità nell’istante, ma sempre un tasso fisso di incompetenza, furfanteria e strizzate d’occhio a chi delinque in alto.
Liberi e uguali (agli altri)
E la variabile degli spodestati Bersani, D’Alema e del venerabile Grasso, con nel taschino gli eterni onanisti del bertinottismo-vendolismo-sorosismo? Questo follicolo della lebbra che ha infestato l’Italia dalla caduta del Muro, con protagonisti il D’Alema delle bombe sui civili serbi e il Bersani dalle lenzuolate delle liberalizzazioni economicide, sta alla casa madre PD come Lipari sta alla Sicilia. Anche per densità mafiosa. La passione che gli porta “il manifesto”, ci rasserena su quanto la triste brigata non turbi i sonni di George Soros e dello Stato Profondo americano. Del resto, questo strillone di complemento, “comunista”, del mondialismo antisovranista si inserisce alla perfezione nella processione dei turibolanti mediatici che, oltre ogni vergogna deontologica, politica e morale, tributano incensi sacralizzanti a un rottame umano, delinquente patentato, pozzo di nequizie e volgarità, che pretende di portare ancora avanti la sua versione della coabitazione tra politica, economia e criminalità.
Narciso in parlamento?
Per strapparvi una risatina vi ricordo che resta in lizza la conventicola Giulietto Chiesa-Antonio Ingroia, “Lista del popolo” (i populisti fanno schifo, ma il popolo fa pur sempre gola). Una roba che solo dallo sconfinato solipsismo narcisista dei due della “mossa del cavallo” poteva scaturire. Sarò impietoso, ma è troppo esilarante sciorinarvene candidati e sostenitori. C’è il generale (Rapetto) che si candidò a sindaco di Roma. C’è chi lo assistette nella scalata ed è l’avvocato Diotallevi, presidente del “Comitato di Liberazione Municipale", cerimoniere di Parlamento e Quirinale e membro di “Persona è futuro”, “laboratorio di cultura politica” di cui si dice che sia gradito a Soros. C’è il romanziere e avventuriero Nikolaj Verzbickij. che, nell’autobiografico “L’educazione siberiana”, ci racconta delle sue origini da cacciatori siberiani, ma anche russe, polacche, ebree e tedesche, dei tatuaggi che pratica e dei coltelli che progetta (Il Fatto Quotidiano:”La bufala che venne dal freddo”). A nobilitare il tutto ci sono il bigottissimo medievalista anticomunista Cardini, il vignettista comunistissimo Vauro e, chissà perché, Davide Riondino.
C’è un precedente nell’affannosa corsa di Giulietto verso il popolo. Avverso ai 5 Stelle per l’insufficiente rigore in politica estera, il giornalista già coerentemente di Stampa, Unità e Radio Liberty, trovò come madrina per il lancio in parlamento di un movimento No Nato Paola De Pin, senatrice uscita dai 5 Stelle. In solidarietà con la collega Gambaro, finita prestissimo nel PD, De Pin dà vita al Gruppo Azione Popolare che sosterrà le larghe intese di Gianni Letta. Dopo un fugace innamoramento per Tsipras, approda, all’insaputa dei suoi elettori, ma in combutta con altri voltagabbana, in ILIC (Italia Lavori in Corso). Incontenibile, nella ricerca del suo Shangrilà, Da Pin aderisce ai Verdi, insieme ad un altro ex-grillino sponsor di Chiesa: il senatore Bartolomeo Pepe, tenendo però un piede anche nella staffa di GAL (Grandi Autonomia e Libertà), quel nobilissimo gruppetto di senatori, con Razzi e Scilipoti, che onora la governabilità rendendosi disposto a qualunque soccorso. Dopo una manifestazione, non anti-Nato ahinoi, ma anti-migranti ad Oderzo, che indice e cui partecipa da sola, la senatrice ex-5 Stelle, ex-Giulietto, ex- No Nato, ex-tutto, completa il suo percorso con il naturalissimo approdo, indovinate un po’ dove: a Forza Nuova (grazie a Andrea Scanzi per i dati).
Gli ex-voto
C’è in FB chi mi chiede ossessivamente per chi voterei. E giù, una dopo l’altra, le ipotesi che gli sembrano attendibili: LeU? No. PCI? No. PC di Rizzo? No. PCL di Ferrando? No. Altri PC? No. PaP? Qui mi arrendo e ora rispondo, per quanto non mi sembri che quesito e responso agitino le sinapsi e le coronarie di sterminate masse. Voi sapete che ho un’età. L’unico vantaggio che riconosco a coloro che avanzano (?) sotto queste sigle è che mi fanno sentire giovane, quasi adolescente. Nel senso che mi ritrovo tra vecchi, magari ventenni (pochini), ma stagionati. O meglio, in una dimensione spaziotemporale dove tutto è rimasto fermo a otto lustri fa e, più o meno, negli stessi luoghi, spesso centri sociali. Leggo di mirabolanti visioni di società belle e giuste. Leggo di classe operaia che è sempre l’avanguardia, anche se ora sono sopraggiunti i migranti, i precari e le donne. Leggo di diritti sociali e civili. Leggo parole che sono le stesse di quarant’anni fa. Tutte giuste. E scivolo nel crepuscolo di Guido Gozzano: „Non amo che le rose | che non colsi. Non amo che le cose | che potevano essere e non sono | state...“
Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave sanza nocchiere in gran tempesta, non donna di province, ma bordello!
Rispetto al discorso tossico che ci avviluppa oggi, i propositi dei rispettabilissimi compagni di PaP andrebbero anche bene. Solo che manca qualcosa. Manca che non ti sei accorto che le classi e le società sono state rivoltate come calzini e che oggi c’è uno 0,1% che spoglia e, un po’ per volta, strozza il restante 99,9%. Manca che non hai capito cos’è e a cosa servono il terrorismo e le nuove tecnologie. Manca che non sai smascherare le False Flag, a partire da un 11 settembre che ha cambiato mondo e storia. Manca che non ti accorgi che quando parli di migranti e accoglienza, contro razzisti e xenofobi, rendi credito all’ipocrisia dei dominanti e non hai capito niente di cosa significhi svuotare di esseri umani il Sud del mondo per riempirlo di militari e multinazionali e per fare a pezzi il Sud d’Europa. Manca la consapevolezza che ti scagliano contro un fascismo di cartapesta perché tu non veda quello vero, moderno, fine-del-mondo. Manca un discorso appena decente su guerre, Nato, basi militari di chi occupa il nostro territorio e la demistificazione delle campagne di diffamazione dei paesi da calpestare e sotterrare. Manca la comprensione di quanto geopolitica e Rothschild determino la sorte di chi presidia i cancelli della fabbrica delocalizzata. Di cosa prospettano gli Usa e a cosa serva la Russia, la Siria e a cosa, invece, servano i curdi a stelle e strisce più stella di David (per i quali sono andati addirittura a militare, nel segno di una generosità terribilmente sprovveduta, alcuni militanti No Tav). Manca il ricordo che i nostri momenti migliori sono stati Dante, il Risorgimento, la resistenza partigiana, Gramsci, tutti coloro che volevano un Italia libera e sovrana. Sovrana e non serva sciocca della globalizzazione in salsa UE o mondialista.
Un’ottima pippa, o un accoppiamento così così?
Ed ecco che votare per Potere al Popolo, per quelli che si ritengono i veri antagonisti, come la candidata, bandiera dei No Tav, Nicoletta Dosio (l’altra bandiera, Alberto Perino, grandissima figura di combattente con visione a 360 gradi, sta con i 5 Stelle), significa corroborare l’inganno planetario ordito dai veri padroni. Significa compiacersi di godere da soli, senza effetto alcuno. Su amici e nemici. Eppure votare bisogna. Siamo manipolati, disinformati, raggirati. Del nostro voto fanno quello che vogliono. Ma di noi se astenuti fanno ancora meglio quello che vogliono.
Grandi donne, grandi lotte
Ho visto un bellissimo film delle donne che, un secolo fa, a forza di arresti, mazzate, scioperi della fame, scontri con la polizia, ordigni incendiari, conquistarono il diritto al voto. Erano le suffragettes. Per sollevare il vessillo della loro lotta e interrompere la corsa dei cavalli a Epsom, davanti a re Giorgio V, Emily Davison ci rimise la vita. Beato il paese che produce eroine. Le suffragettes rimarrebbero male se non votassimo. Antonietta Gatti è una di loro.
Chissà perché quel mio interlocutore non mi ha chiesto dei 5 Stelle. Deve aver ritenuto l’ipotesi troppo improbabile, forse scandalosa… Io posso solo dire che, per quante perplessità mi suscitino le parole, mosse e cravatte di Luigi Di Maio, con tanti 5 Stelle ho fatto esperienze che contano. Se tengo presente Alessandro Di Battista, che conosco, i suoi alti e bassi, la forza della sua indignazione, l’impegno a essere preparato, penso, spero che non sia ancora il momento di ammainare la bandiera della rabbia e indossare quella della rispettabilità, con conseguente ricollocazione del M5S nello spazio politico. M5S che resta comunque in prima fila nella difesa di welfare, lavoro, ambiente, anche se occorrerebbe meno casualità nella selezione dei quadri e, finalmente, una visione complessiva, culturale e ideologica, della società che si vuole.
Di più non è dato, ma filmando e raccontando la lotta contro il TAV, il TAP, i gasdotti, le trivelle, le basi Usa a partire dal MUOS a Niscemi, le discariche e gli inceneritori, i poligoni della morte in Sardegna, le missioni militari, i decreti sui vaccini, le rapine dei banchieri, gli scempi del dopo-terremoto, le cementificazioni, tra tanti cittadini singoli, comitati e associazioni, senza casacca partitica, come forza parlamentare ho trovato sempre e solo i 5 Stelle. Mi auguro che sappiano tenere dritta la barra. In ogni caso mi riservo il diritto di pentirmene.
E poi c’è una considerazione risolutrice, per quanto in negativo: il M5S fa paura, odio, schifo a tutti coloro che a me fanno paura, odio, schifo.

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