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venerdì 2 marzo 2018

Populismo, magica parola

“La scienza ha promesso la felicità? Non credo. Ha promesso la verità, e la questione è sapere se con la verità si farà mai la felicità.”
Emile Zola

Tutti la usano, tutti la acclamano oppure la avversano, tirando per la giacchetta un termine difficile da definire poiché foriero dei tanti significati che la Storia, via scorrendo, gli ha assegnato. Non stiamo ad enumerarli – dai Populisti rurali della Russia zarista a quelli americani del primo Novecento, passando per Mussolini e, oggi, il M5S… – perché le molte interpretazioni hanno reso il termine talmente neutro che necessita di una sua ri-definizione semantica. Oltretutto, tradotto nelle lingue più usate, assume ancor più un “ventaglio” di significati. La radice è ovviamente “populus”, ossia “ascoltare” il volere del popolo, ma su come “ascoltarlo” ci sono così tante interpretazioni da impastare una bella polpetta inzuppata col Diavolo e con l’Acqua Santa. Visto che dovremo andare a votare (chi vorrà), vediamo di capire meglio a chi si rivolge il termine. Ossia: “chi” ci ascolta?

Nella Storia, milioni, miliardi di persone sono state “ascoltate” per meglio comprendere come governarle, come esaltarle, come fotterle senza che n’accorgano, come adularle, come “lisciare” loro il pelo per poi, magari, andare contropelo con una bella mobilitazione generale, e sbatterli a morire in una trincea puzzolente di piscio, di vomito, di merda e di paura.

In Età Moderna (dal 1500 in avanti) erano i nobili ad “ascoltare” il popolo, così Carlo V non volle impedire che i luterani, “infiammati” dal sacro fuoco della nuova fede, calassero su Roma – e facessero prendere una gran paura al Papa – perché aveva dei conti in sospeso con il Duca di Borgogna, e voleva “picchiare la pecora per farlo capire alla capra” (proverbio tibetano).
Quando tornò a Roma, per una pacifica visita al nuovo Papa Paolo III, i romani – il popolo – non capirono bene come stesse la faccenda: dalla gran paura che s’erano presi dieci anni prima, fuggirono sui colli e verso l’Abruzzo.
Infine, Federico II Gonzaga fece costruire lo splendido Palazzo Tè (si racconta per ricevere un’amante) e in una grande sala del palazzo fu eseguito uno splendido affresco dal tema “La caduta dei Titani”, destinato proprio a Carlo V (che fu ospitato proprio in quel salone)…per fargli capire, beh…oggi diremmo che “anche i ricchi piangono”. O possono piangere. Lo fece dormire in quel salone prima che scendesse a Roma dal Papa.
Dov’era il popolo?

Popolo erano i Lanzichenecchi, popolo erano i romani – che da 50.000 abitanti si ridussero, dopo il sacco della Città Eterna, a 20.000 – e popolo erano i poveracci che faticarono per gelidi Inverni e torride Estati per costruire il sontuoso Palazzo Tè, perché il loro duca s’era incaponito di una squinzia dell’epoca…e popolo erano anche i contadini padani, che osservarono in silenzio le stalle devastate e le figlie violentate dal “sacro fuoco” che giungeva dal Nord.

Così i nobili si comportarono con i loro “popoli” almeno fine alla metà dell’Ottocento, quando – a gran voce – il “popolo” rispose a chiare lettere: “Va bene che ci ascolti, va bene che dobbiamo amarti, ma mettiamo nero su bianco le condizioni da rispettare, firmato e controfirmato”. Erano nate le costituzioni.

Perché nacquero?
Poiché nei decenni precedenti erano circolate nuove idee, nuove prospettive: i naturalisti e gli enciclopedisti francesi e poi i “grandi”, Rousseau, Voltaire, Montesquieu…in Germania era la filosofia a tenere banco, e da lì giunsero i pre-marxisti, poi Marx ed Engels…
Le idee, le prospettive, tutto ciò che può risolvere dei problemi s’afferma, a patto che sempre più persone ne vengano a conoscenza. Appena queste idee consolidate e generalizzate si scontrano con un ostacolo, col tempo finiscono per travolgerlo, e l’umanità fa un passo avanti.   

Questo periodo, la seconda metà dell’Ottocento, fu una delle stagioni più fertili dell’umanità: nel volgere di una cinquantina d’anni le condizioni di lavoro migliorarono, le abitazioni finirono d’essere dei tuguri, il pane quotidiano divenne più certo e, cosa di una certa importanza, nessun Lanzichenecco passò più a depredare le case perché s’era inventato un Dio un po’ diverso.
Anche le Arti e le Scienze progredirono e la velocità del cammino divenne prodigiosa: i treni passarono dai 40 Km/h a superare i 100! Già, i treni. Proprio i treni. Perché i treni? Poiché i treni furono una delle pietre miliari di cosa successe dopo, di chi sostituì i nobili.

Intanto, l’informazione divenne capillare: nelle grandi città, le edizioni del mattino non erano ancora state diffuse che già giungevano quelle del pomeriggio e poi la sera, al caffè, potevi comprare l’ultima edizione!
E che fior di giornalisti c’erano!
Un certo Emile Zola, con i suoi articoli sull’affaire Dreyfus, fece tremare governi e Stati Maggiori…e in tutti i Paesi del mondo s’attendeva un articolo, una firma per discutere, per gettare una nuova tesi nel fiume delle parole…oggi si Travaglia, si travaglia tanto e non succede mai niente!
Dove avevamo lasciato i treni? Sul binario morto, certo. Riprendiamoli.

Con la grande diffusione dei treni, dicevamo, tutto fu sospinto a velocità iperboliche…già…ma con il grande affare ferroviario iniziarono a moltiplicarsi anche gli investimenti, e dagli investimenti giunsero enormi profitti, ma per ottenere quei profitti bisognava pagare gli interessi sui capitali…
Una famiglia ebrea tedesca – gente della zona di Amburgo, tali Meyer o Mayer – quattro o cinque generazioni prima aveva iniziato a prestar soldi ai nobili dissoluti,  quelli che perdevano fortune in una notte giocando a carte e che avrete visto in scena in “Barry Lyndon”… e, forti dei capitali ammassati sulle spalle dei debosciati conti e marchesi, s’inventarono – un certo giorno – d’affiggere sulla porta della loro abitazione uno scudo rosso. Come si dice “scudo rosso” in tedesco? Rothschild. Già.

I Rothschild prestarono soldi a tutte le nazioni europee per costruire l’enorme rete ferroviaria, poi finanziarono lo “sforzo” bellico britannico per due guerre mondiali: da una parte loro, dall’altra i Krupp, dall’altra ancora i Rockfeller…voilà! Erano nati i nuovi nobili. Non più il borghese o il mercante, con le sue organizzazioni e la sua cultura, bensì la nuova aristocrazia del denaro. Priva d’ogni connotazione di pensiero sociologico: ammassare denaro, basta. Dobbiamo osservare che questa cultura fu una liaison fra la cultura ebraica askenazita e quella luterana: non ci stupiamo troppo se chiamano PIIGS i Paesi latini, intrisi di cultura cattolica.

Oggi qualcuno si meraviglia che esista una organizzazione come il Bilderberg…ma, signori miei, un tempo le aristocrazie di tutta Europa andavano, in Estate, a “passar le acque” a Baden Baden, in Germania. Credete che parlassero solo delle loro vesciche?
Oggi, fanno le medesime cose, senza più impicci chiamati “costituzioni”, “accordi sul lavoro”, od altre, simili facezie…quelle sono cose delle quali si devono impicciare quegli stupidi dei nostri politici, i nostri giornalisti…se proprio serve i nostri militari…noi lavoriamo solo col denaro…mica ci occupiamo di come si governano le nazioni! Se la sbrighino loro!

Fine del romanzo o, se volete, della Storia buttata un po’ in caciara.

Non tutto il male viene per nuocere, dobbiamo ammetterlo.
Con il crollo dell’URSS, il capitalismo internazionale ha moltiplicato le sue possibilità di crescere: i soliti nomi, alla guida di enormi trust finanziari, decidono dove, quanto e come investire. In questo marasma, dall’anarchia capitalista – dobbiamo riconoscerlo – è stato possibile per molti Paesi sottrarsi alla schiavitù della fame: l’India, il Brasile, la Cina…e così via. D’altro canto, come ha spiegato Deng Xiao Ping, “non tutto il capitalismo è anarchia, e non tutte le economie centralizzate sono il rigore”.

I denari per investire in quei posti – lo disse a chiare lettere Rocco Buttiglione ad una serata RAI per “celebrare” il crollo dell’URSS nel 1992 – sarebbero volati in nuovi luoghi che “nemmeno immaginate”. Dove li hanno presi? Tagliando i salari, non rispettando gli accordi, falciando il welfare…tanto…mica ci sono più 160 divisioni sovietiche ammassate alla frontiera orientale!
Non che i sovietici volessero difendere i nostri salari, bensì i nostri (alti) salari erano causati da una concentrazione di capitali in metà Pianeta, perché nessuno andava a creare fabbriche dove c’era il rischio che una mezza rivoluzione od un capetto da niente ti nazionalizzasse tutto!

La ricchezza complessiva del Pianeta è senz’altro aumentata, ma Gaia soffre e non credo che potrà sopravvivere quando 2 o 3 miliardi di persone si metteranno a consumare come uno statunitense. Già oggi ci sono vaste aree di oceani dove non c’è plancton. La ragione? Nessuno la conosce, anche se il dibattito è apertissimo e concitato. Si dà la colpa alle “trash-island”, all’aumento della temperatura, alle correnti marine che sembrano impazzite…nessuno lo sa per certo…dove non c’è plancton, la vita scompare. Enormi chiazze d’acqua salata biologicamente pure, perché morte. L’epopea di “capitani coraggiosi” è terminata: non ci sono più merluzzi nei banchi di Terranova.

Il meccanismo, però, sta impazzendo: non c’è manovratore al comando del treno, sono tutti a bere champagne nel vagone ristorante.
Nessuna valuta ha più una base solida: le valute sono merci come tutte le altre. Si ammassano, si usano, si distruggono. Ci sono, addirittura, speciali Paesi dotati di statuti dove tutto si può fare con le valute. Oppure credete che la presenza dei “paradisi fiscali” sia una scheggia impazzita?

In mezzo a questo sfasciume, siamo chiamati a votare, con la speranza di rimettere un po’ d’ordine nel casino che hanno creato.
Qualcuno di loro ci ascolta? Assolutamente no. Mandano solo un servo, tale Juncker, a comunicarci che una cosa che si chiama UE è “molto preoccupata” per come andranno le elezioni in Italia. Anch’io sono “molto preoccupato” quando sento arrivare una scorreggia, perché non sono sicuro al 100% che sia una scorreggia e basta, ma non vado a raccontarlo al mondo intero.

Siccome il mio posto sul treno è su un carro-bestiame (coperto, poi ci sono quelli scoperti, che è peggio) non me ne frega un cazzo se loro confessano ad un servo d’essere un po’ preoccupati per come andranno le cose negli anni a venire. Io dico soltanto che non possono continuare così. Mi ascoltano? Manco per idea, al massimo m’ascolta il mio vicino di posto sul carro-bestiame, che è contento perché ha una spider superfiga e trecento rate da pagare, più il mutuo della casa. Intanto che paga le rate, picchia in testa il suo vicino che ha solo una 500 ma, soprattutto, perché è nero. E si sfoga. Faccia pure: alla prossima fermata scendo, a volte mi dico, perché stare fra i poveracci ci sta, in mezzo ai folli no.

Eppure, quando rinsavisco dalla malinconia, riconosco che tutto questo lavoro, questo scambiarci informazioni, questo “crescere” insieme ci porterà, o porterà qualcun altro, chissà quando, a spaccare col martello il vetro del vagone ristorante, e fare loro andare di traverso tutti i gamberoni in un nanosecondo.
Oppure, gli eventi scorreranno in modo “soft” perché ci saranno le condizioni adatte: l’importante è ascoltare le mille voci del popolo e, soprattutto, non tradirle. E costruire, giorno per giorno, l’ambiente adatto per le nuove idee che, lentissimamente, maturano.
E’ già successo. Succederà. E’ la Storia, baby, dai, non frignare e datti una mossa: Sapere è Potere, soprattutto se loro sanno che tu sai.

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