Siete pazzi a mangiarlo?
«Che il tuo cibo sia la tua medicina e la tua medicina il cibo» diceva il grande Ippocrate. In tempi più recenti il doppio Premio Nobel Linus Pauling ripeteva instancabilmente che «un’alimentazione ottimale è la medicina del futuro». Siamo sicuri: alimenti come medicine?
Se fosse vivo Ippocrate non potrebbe fare il medico, perché mai come oggi la medicina è stata così lontana dagli insegnamenti dietetici del grande greco.
Attualmente nel pianeta siamo circa 7 miliardi di persone, che probabilmente saliranno a 10 entro metà di questo secolo. La fame e la malnutrizione potrebbero tranquillamente essere debellate una volta per tutte se ci fosse la reale volontà politica ed economica di fare ciò. La distribuzione ottimale delle risorse alimentari disponibili nel mondo non si può fare perché il Sistema non lo vuole fare. Semplice.
Quello che vediamo e leggiamo è una presa in giro, pura propaganda.
Fa molto comodo la situazione per il semplice fatto che l’opulente occidente divora letteralmente almeno l’80-90 per cento delle risorse planetarie, per cui viene da sé che la restante popolazione deve morire di fame: è una banale legge economica! Non a caso le grandi istituzioni sovranazionali dall’Unicef al WFP (World Food Program, programma alimentare mondiale) sono fumo negli occhi: non aiutano realmente le popolazioni terzomondiste nel prodursi e coltivarsi il cibo e nell’estrarre l’acqua dal sottosuolo, perché vanno in quei paesi per vaccinare, e non contro le malattie infettive ma per rendere sterili le donne in età fertile.
Si chiama controllo demografico. D’altronde se per il nostro benessere consumiamo le riserve mondiali è ovvio che per mantenere l’equilibrio qualcuno deve per forza morire di fame! Chi non lo capisce è un ipocrita che non vuole vedere la triste realtà. Il Terzo Mondo viene appositamente mantenuto in queste condizioni.
Il paradosso è il raffronto tra Nord e Sud: un mondo spaccato in due.
Le persone sovrappeso nel mondo hanno superato i 2 miliardi nel 2013, cioè un terzo della popolazione globale. Nel 2010, dai 3 ai 4 milioni di persone sono morte a cause di complicanze legate all’obesità. Dall’altra parte oltre 2 miliardi di persone sono malnutrite e 36 milioni di bambini muoiono ogni anno di fame.
Questo è il cappello introduttivo per preparare il terreno e dare voce ad una gola profonda del sistema agro alimentare. Sto parlando di Christophe Brusset che, dopo aver lavorato per vent’anni nell’industria come dirigente di alto livello per aziende molto importanti, ha deciso di infrangere la legge dell’omertà e per lavarsi un pò la coscienza ha scritto il libro: «Siete pazzi a mangiarlo».
Nero su bianco ha riportato i misfatti e i crimini che avvengono quotidianamente nelle industrie e nella GDO, Grande Distribuzione Organizzata, cioè le catene dei supermercati.
Il grosso problema è che alla fine della fiera sono i consumatori a rimetterci non solo i soldi ma soprattutto la salute…
Scandali quotidiani
Gli esempi sono infiniti. Nel settembre 2008 scoppia in Cina l’enorme scandalo del latte contaminato da melammina, uno dei principali costituenti della fórmica. Una sostanza chimica molto tossica aggiunta volutamente per fortificare il latte, cioè farne aumentare la parte proteica. La frode è stata così ampia che non solo la maggior parte del latte circolante in Cina è stato contaminato, ma anche tutti i prodotti derivati: yogurt, formaggi, cioccolato, biscotti, ecc.
Nell’aprile 2011 circa 300 mila panini vengono “ingialliti” artificialmente tramite l’aggiunta di un colorante tossico che simula la presenza del mais.
Nel novembre 2011 mega retata per un traffico di maiali trattati con clembuterolo, un anabolizzante cancerogeno. A maggio dell’anno successivo scoppia il caso degli orticoltori che trattavano i cavoli con formolo, un noto cancerogeno, usato per migliorarne la conservazione.
Questi sono solo alcuni dei numerosissimi scandali che riguardano i cinesi, ma attenzione a non pensare che tutto ciò non interessi l’Europa e l’Italia.
Sono quasi 5 i miliardi di euro in prodotti alimentari cinesi importati in Europa in un solo anno, il 2013.
Guerra al prezzo
Christophe Brusset descrive casi inquietanti in cui il consumatore viene letteralmente truffato. Purtroppo questa è la normalità.
Egli infatti comprava navi cariche di semi di senape indiana, canadese o australiana per produrre la famosa “senape di Digione”. Le note “Erbe di Provenza” non vengono quasi mai coltivate nella regione francese, ma il timo arriva dal Marocco o dall’Albania, il basilico e la maggiorana dall’Egitto, il rosmarino dalla Tunisia. Dove costa meno… A livello industriale quello che conta non sono i singoli ingredienti ma la ricetta!
Le società agro alimentari comprano nei paesi in cui si coltiva o si alleva al prezzo più basso (con rischi enormi per l’ambiente e la salute) perché lo impone la Grande Distribuzione (GDO).
Le centrali di acquisto della GDO si contano sulle dita di una mano e lavorano in totale monopolio. Per ridurre i costi di acquisto spremono gli industriali i quali si rifanno ovviamente sui produttori, coloro che realmente lavorano. I produttori non potendo alzare il prezzo, per sopravvivere e accedere alla distribuzione calano le braghe producendo a prezzi bassissimi, spesso senza guadagno. In tutta questa filiera a rimetterci è ovviamente la qualità finale dei prodotti e in ultima istanza il consumatore e la sua salute, ma business is business.
Alimenti tecnologici
Certamente uno dei reparti più importanti di ogni impresa alimentare è il R&S, Ricerca e Sviluppo. Reparto super segreto in cui lavorano ingegneri del gusto, aromatieri e tecnici in laboratori supertecnologici.
Cosa c’entrano questi con un sano e buono alimento? Assolutamente nulla. Questi individui lavorano infatti per creare “aromi” e “additivi” per ingannare il “gusto” dei consumatori.
Lavorando con alimenti morti e privi di gusto, il maquillage chimico è obbligatorio, anche perché a livello industriale un prodotto alimentare non è un alimento ma una questione tecnologica.
Attualmente sono diverse centinaia gli additivi chimici permessi dalla normativa: per il colore, il sapore, la conservazione, per addensare, per abbassare le calorie, per evitare che schiumi, perché luccichi, crocchi, ecc. Si chiama estetica alimentare.
La chimica oramai ha inventato aromi per tutti i tipi, anche i più impensabili. Esiste l’aroma di “ketchup”, di “maionese”, di “pollo arrosto”, perfino aromi di “frutta”, “formaggi”, “manzo bollito” o “arrosto”, per arrivare all’aroma di “pane” e di “burro”. Non c’è più limite alla fantasia perversa degli ingegneri del gusto: sono in grado di copiare chimicamente qualunque cosa.
Se poi la chimica usata nei processi di lavorazione finisce nel piatto, chissenefrega, mica sono tenuti a dirlo. Nulla infatti obbliga il produttore a informare il consumatore che si sta mangiando sostanze chimiche cancerogene (nitriti negli insaccati, benzopirene nei prodotti affumicati), neurotossiche (solventi organici come l’esano usato per estrarre oli e aromi) o allergizzanti come i solfiti. Il caso dei coloranti “azoici” è emblematico. Danno stabilità chimica, intensità di colore e lunga conservazione. Tutte caratteristiche lodevoli per le industrie e la GDO. In confronto ad un colorante naturale sono cinque volte più vivaci e soprattutto molto più economici. Da luglio 2010 i produttori devono indicare a tale riguardo sulla confezione «può influire negativamente sull’attività e sull’attenzione dei bambini».
Immagine del prodotto
Una delle regole fondamentali del marketing è che l’idea che ci si fa del prodotto è più importante del prodotto stesso e della sua qualità.
Vengono a tal proposito scomodati i geni creativi che scelgono il linguaggio giusto, le illustrazioni, i colori, le dimensioni dei caratteri, ecc. il tutto per ingannare i consumatori e farli comprare.
Al supermercato quindi non compriamo un alimento ma quello che il pubblicitario ha creato per noi.
Nespresso non vende caffè ma un’esperienza; la Ferrari non vende auto, ma sogni; Danone non vende yogurt ma prodotti “sani” per il corpo; Apple non vende telefoni ma innovazione, ecc.
Negli scaffali dei supermercati non troviamo alimenti, ma prodotti tecnologici in grado di persuaderci e ingannarci. L’immagine che veicolano, con un bel colore verde, la scritta “Naturale al 100%”, ecc. creano l’idea che siano sani quando invece sono chimica allo stato puro.
Made in China
La Cina è diventata l’esportatore numero uno al mondo per svariati prodotti “alimentari”: aglio, miele, pomodoro, ecc. Il caso del miele è stupendo.
Esportano ogni anno 300.000 tonnellate e frodare su questo derivato è semplicissimo. All’inizio hanno cominciato a tagliare il miele con l’acqua. Siccome il miele è un antibiotico naturale può contenere fino al 18% di acqua senza alterarsi troppo. Qualche produttore si è fatto prendere la mano aumentando la percentuale, così alcune partite hanno iniziato a fermentare durante il lungo trasporto. La soluzione è stata di aggiungere una bella dose di antibiotici di sintesi che stabilizzano il prodotto e sono gradevoli al palato dell’ignaro e inconsapevole consumatore. Ma le sorprese nel paese di Mao non finiscono qui.
Il miele è zucchero naturale e per la precisione fruttosio (circa il 40%) e glucosio (30% circa). Per cui i cinesi aggiungono con discrezione “zuccheri esogeni” come lo sciroppo di glucosio (prodotto da mais e frumento), il quale è molto economico.
Purtroppo l’eccesso di glucosio fa cristallizzare troppo il miele, per tanto sono corsi al riparo aggiungendo fruttosio liquido derivato da cereali.
Alla fine milioni di persone in tutto il mondo stanno mangiano qualcosa che non ha nulla a che vedere col miele, ma una mistura di zuccheri artificiali colorati col caramello e aromatizzati.
Attenzione che i consumatori di questa sbobba non hanno gli occhi a mandorla ma siamo noi.
Vedremo a breve come si possano eludere i controlli ed entrare nel mercato europeo senza tanti problemi fiscali e sanitari…
Simsalabim: la dogana non c’è più
La regola dell’inganno è semplice: più frontiere si passano, più ci sono soggetti coinvolti e documenti diversi in varie lingue più è difficile per le dogane o i servizi sanitari seguire e capire cosa succede.
Molti paesi a livello di controlli sono molto più lassisti di altri. Di solito per fare entrare in Europa e sdoganare dei container di prodotti si usano “porti” come Olanda, Belgio e Lussemburgo.
Vengono importate in Europa grandissime quantità di prodotti diversi che devono pagare dazi doganali al loro ingresso. L’esempio delle nocciole e dello zafferano può far capire il meccanismo.
La Turchia è il primo produttore mondiale di nocciole, che finiscono nelle creme spalmabili, nel cioccolato, ecc. Le nocciole turche sono ampiamente sovvenzionate dallo stato e vengono irrorate senza pudore da grandi quantità di pesticidi vietatissimi in Europa.
Per evitare di far pagare le tasse doganali e per sfuggire ai controlli sanitari le nocciole turche vengono spedite per nave a Dubai (dove le nocciole non pagano dazi) e poi subito spedite in Europa. Sono le stesse nocciole, salvo che non sono più turche ma sono diventate nel frattempo greche. Il tutto con documenti di accompagnamento ufficiali e quindi esonerate dai dazi doganali e senza l’obbligo dei certificati sanitari!
Con questo meccanismo diabolico fanno entrare da noi milioni di tonnellate di prodotti pregni di pesticidi cancerogeni e venduti come “prodotto italiano”…
L’Iran è il produttore numero uno di zafferano. La Spagna compra lo zafferano e lo esporta negli USA. Così gli americani bypassano l’embargo comprando zafferano iraniano sotto bandiera spagnola…
Il gioco delle tre carte.
Pesticidi come se piovesse
Il tè venduto nel mondo è quasi tutto pregno di pesticidi. Solo dalla Cina escono migliaia di tonnellate di foglie tossiche che circolano ovunque.
Se venissero fatte sistematicamente le ricerche e le analisi complete di pesticidi su verdura, frutta, ecc. che arrivano dai maggiori paesi produttori i risultati sarebbero inquietanti. Almeno il cento per cento dei prodotti contiene insetticidi, fungicidi, erbicidi, ecc., e non solo un tipo, ma almeno tre o quattro tipi diversi. Ma sappiamo che questi controlli non vengono fatti… I lavoratori sfruttati nei paesi tossici sono i nuovi schiavi.
Un lavoratore non qualificato nei paesi del Maghreb (Tunisia, Algeria, Marocco) prende 4 euro all’ora, nei paesi dell’Europa centrale e orientale circa 8 euro all’ora, in Cina e Vietnam 2 euro. Ecco spiegato il motivo per cui le industrie delocalizzano in questi paesi: sfruttano la manodopera a prezzi stracciati, l’iniquità fiscale ma soprattutto l’assenza di controlli e leggi sanitarie.
Marmellata di fragole senza fragole
Un altro esempio descrive la situazione. Siamo abituati a pensare che il vasetto di marmellata di fragola che troviamo sullo scaffale sia fatto da marmellata. Ma è proprio così? La nonna faceva bollire fragole con zucchero per poi versare il tutto dentro dei vasetti di vetro precedentemente bolliti.
L’industria ha evoluto questo processo a tal punto che non servono più le fragole…
Basta sciroppo di fruttosio e glucosio (zuccheri presenti nelle fragole e quindi indispensabili per ingannare le analisi), acqua, succo concentrato di frutti di bosco per dare il colore (oppure un colorante), acheni di fragola (i semini delle fragole) come marcatore visivo per conferire autenticità, pectina e ovviamente aroma di fragola.
Ecco a voi una “marmellata” che al palato, spalmata magari su una fetta di pane caldo, ricorda perfettamente il dolcissimo e rosso frutto primaverile. Ma le fragole non ci sono.
La differenza è sostanziale, perché mentre la marmellata della nonna era buona e faceva bene, la marmellata dell’industria mi predisporrà al diabete e alle malattie dismetaboliche. Il fruttosio usato industrialmente (che non è il fruttosio contenuto nella frutta e nel vero miele) favorisce la produzione di un ormone che stimola l’appetito. Quindi più ingurgitiamo fruttosio e più mangeremo. Oggi si sa che il “fruttosio è il principale motore del diabete”.
Mea culpa
In conclusione va sottolineata una cosa importante. Alle industrie e alla GDO interessano solo i soldi. Non importa la qualità dei prodotti, la salute e il benessere dei consumatori. Questa triste realtà ci mette davanti allo specchio. La responsabilità dell’attuale situazione è nostra, perché siamo noi che continuiamo a pagare, finanziare e sostenere l’industrializzazione mortifera della vita, che sta portando alla rovina non solo la salute pubblica ma anche quella animale e dell’intero pianeta. Se compriamo cibi morti, raffinati, pastorizzati, pregni di chimica le industrie ce li faranno trovare gentilmente sugli scaffali.
Se cambiamo noi, cambiano per forza anche loro; se acquistiamo prodotti biologici diamo un segnale politico, economico forte e chiaro. Idem se compriamo cibo locale evitando il più possibile “sbobba” che arriva da un altro continente di cui non conosciamo nulla e non sapremo mai nulla.
Purtroppo anche nel mondo del biologico il meccanismo distributivo è molto similare.
Il monopolio della distribuzione è al lavoro anche in questo mondo, con gli stessi risvolti negativi della GDO: sempre più alimenti infatti (semi, legumi, cereali, ecc.) vengono acquistati dai paesi che abbiamo appena visto, il tutto per abbattere il prezzo. Così facendo però stiamo portando al patibolo e a morte certa moltissime attività agricole locali. Perché si deve comprare il riso bio dalla Cina quando si può coltivare qua? Quali sono le garanzie per i consumatori che il riso o i fagioli bio (cinesi, vietnamiti, ecc.) sono coltivati in modo ottimale? Un’azienda locale è possibile visitarla per vedere l’ambiente interno ed esterno, come lavora, ecc. una cinese nello Xinjang (tra Mongolia e Kazakistan, sede della produzione mondiale del pomodoro e del concentrato) diventa impossibile.
Per fortuna i GAS, Gruppi di Acquisto Solidali sono in crescita esponenziale e rappresentano una alternativa validissima e sicura a tutto quello che abbiamo visto.
A noi la scelta: continuare a mangiare schifezze economiche, che predisporranno il terreno organico verso qualsiasi malattia, oppure decidere di cambiare rotta dando i nostri soldi a coloro che lavorano bene e che rispettano sia l’uomo che la natura.
Infine ricordiamo che tutto è ciclico: quello che apparentemente risparmiamo pagando poco gli alimenti prima o poi lo pagheremo sotto forma di malattie, esami, tempo per visite dal medico o in ospedale, ecc.
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