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martedì 27 febbraio 2018

La piramide del capitalismo

Piramide del capitalismo
La Piramide del capitalismo è un esempio del sistema gerarchico del dominio capitalistico. Il popolo è costretto a subire il diktat imposto dai vertici della piramide. L’economia, per mantenere la stabilità, deve attirare sempre più risorse: colonizzando paesi, persone e vita quotidiana.
Presto o tardi il rischio è che tutta la piramide crolli. Il riscaldamento globale e la recessione sono solo i primi segnali di allarme. Invece di andare sempre più in basso, cerchiamo di unire le forze per creare un altro modo di vivere.

La Piramide del sistema capitalista

Nell’immagine della Piramide del sistema capitalista, pubblicata nel 1911 dal giornale The Industrial Worker (la voce del sindacalismo industriale rivoluzionario), l’artista raffigura i diversi livelli dell’oppressione della classe operaia.
Piramide del capitalismo
L’immagine mostra una “piramide sociale” con pochi ricchi in alto e le masse impoverite in fondo. In cima un sacco di denaro che simboleggia il capitale, a seguire lo Stato rappresentato dai reali e dai capi di governo, il clero, i militari e la borghesia. Se l’obbedienza e l’accettazione dello “status quo“ non può essere incoraggiata sarà sicuramente eseguita dai membri del livello successivo: polizia e milizie. Sotto i militari siede la classe parassita, la borghesia, sfrutta i proletari del mondo, trae profitto dalla loro forza-lavoro. Alla base della piramide i lavoratori che sostegno tutto il peso del sistema.
Il disegno è accompagnato da delle scritte con cui ogni classe sociale descrive il proprio ruolo. I monarchi e i capi di stato dicono “noi vi governiamo”, il clero “noi vi inganniamo”, i militari “noi vi spariamo”, la borghesia “noi mangiamo per voi”. Infine i lavoratori che “lavorano per tutti e nutrono tutti”.
Inoltre l’autore pone anche una domanda:
“Cosa accadrebbe al capitalismo se i lavoratori togliessero semplicemente il loro sostegno?”

Il capitalismo è una religione il cui Dio è il denaro

Viviamo in un mondo e in una cultura dove si idolatra il Dio denaro
“Mah… dunque… mio padre era commerciante, ma contro la sua volontà. Si vergognava di essere un commerciante. Anch’io, da bambino, quando avevo dieci, dodici anni, me ne vergognavo. Se qualcuno mi diceva “sono un commerciante” avevo pietà di lui; mi dicevo “ma come si può ammettere che lo scopo della sua vita sia quello di guadagnare del denaro?”. […] Evidentemente sono cresciuto nel mondo moderno, ma non mi sono mai sentito a mio agio: il mio vero mondo è il mondo precapitalistico, del quale il mio bisnonno e quell’aneddoto sono un esempio. In fondo, mi sento così ancora oggi; mi sento straniero in un mondo il cui scopo è guadagnare il più possibile. Per me questo è piuttosto una perversione”. (Erich Fromm)

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