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sabato 17 febbraio 2018

Federico Dal Cortivo per Italiasociale.net intervista Enrica Perucchietti autrice del saggio «Fake News. Dalla manipolazione dell’opinione pubblica alla post-verità.Come il potere controlla i media e fabbrica l’informazione per ottenere il consenso» in uscita il 19 marzo per Arianna Editrice.
D: Dott.ssa Perucchietti, il suo saggio esce quasi in concomitanza con l’annuncio del Viminale che in vista delle elezioni politiche partirà il nuovo servizio in rete di segnalazione di notizie false ( fake news), basterà al cittadino entrare nel nuovo sito della Polizia Postale, e fare clic su un pulsante rosso virtuale e «denunciare le notizie che a nostro parere sembrano bufale». Una sua prima impressione su come funzionerà il «nuovo servizio pubblico» e se avrà una ricaduta sulle imminenti elezioni politiche, dalla pubblicazione dei memoriali contro gli avversari alle fake news si potrebbe dire…
R: Il discorso è molto delicato. In estrema sintesi, però possiamo pensare che possa in futuro valere come una raccolta dati e dall’altro come un sistema di censura per imbavagliare il web puntando progressivamente a censurare i siti scomodi e l’informazione alternativa. Credo che questo servizio rientri all’interno di una campagna sempre più agguerrita contro le fake news che ha però come obiettivo non la tutela dell’opinione pubblica, quanto il controllo sociale.
Una volta ricevute le segnalazioni, un team dedicato del Cnaipic, un organismo specializzato della Polizia postale verificherà attentamente attraverso l’impiego di tecniche e software specifici e, in caso di accertata infondatezza, pubblicherà una smentita. In che modo, mi chiedo, si deciderà quali contenuti sono veri e quali falsi? Fino a che punto si spingerà questo sistema? Non lo sappiamo. Sappiamo però che in Europa la guerra alle fake news si sta facendo sempre più accesa e ancora pochi ricercatori, intellettuali e giornalisti si stanno opponendo a tutto ciò. Qualcosa di simile, infatti, sta avvenendo anche in Francia: nella conferenza stampa di inizio anno, Macron ha annunciato un progetto di legge per combattere le fake news e rafforzare il controllo dei contenuti su internet in periodo elettorale.
Si può dire, pertanto, che in Europa soffiano venti di censura…

D: Il Ministro Minniti, il capo della Polizia Gabrielli e Nunzia Cardi direttore della Polizia Postale si sprecano in queste ora nel dare assicurazione ai cittadini, non pensa che ci stiamo invece oramai avviando a grandi passi verso quel tipo di Stato preconizzato da George Orwell in 1984 ?
R: Concordo in pieno con la sua analisi. Per quanto si siano affrettati a smentire tale paragone, il servizio si configura come una specie di Ministero della Censura, riecheggiando il Ministero della Verità orwelliano, il cui slogan è «LA GUERRA È PACE, LA LIBERTÀ È SCHIAVITÙ, L’IGNORANZA È FORZA». In 1984 il Miniver (in neolingua) si occupa dell’informazione e della propaganda e ha il compito di produrre tutto ciò che riguarda l’informazione: promozione e diffusione dei precetti del partito, editoria, programmi radiotelevisivi, letteratura. Questo ente si occupa anche della rettifica di questo materiale, in un’opera capillare e costante di riscrizione delle fonti. Il Miniver, cioè, si occupa di falsificare l’informazione e la propaganda per rendere il materiale diffuso conforme alle direttive e all’ideologia del Socing. Il Grande Fratello, infatti, sottomette le menti dei cittadini tramite il «controllo della realtà», ossia il bipensiero e niente deve sfuggire alle maglie del suo dominio onnipervasivo.
Nella società distopica immaginata da Orwell, il controllo è totale in quanto le menzogne propinate dai falsificatori vengono imposte dal Partito e acquisite in modo spontaneo e acritico dalle masse perché «se tutti i documenti raccontavano la stessa favola, ecco che la menzogna diventava un fatto storico, quindi vera». E soprattutto, viene acquisita e introietta come se fosse sempre stata vera.
Il potere, cioè svuota le menti dei cittadini per riempirle con i propri contenuti: chi si oppone, chi dissente viene accusato di psicoreato. Qualcosa di simile, però, sta avvenendo oggi sotto i nostri occhi, in modo graduale e strisciante. E qua si innestano la teoria della gradualità di Chomsky (il principio della rana bollita) e la Finestra di Overton che analizzo ampiamente nel saggio.
Per questo ho impostato il mio libro seguendo le tematiche cardine di 1984 − ma anche di altri saggi e articoli di Orwell − mostrando come il controllo sociale odierno sia straordinariamente simile alle derive distopiche immaginate dal romanziere 70 anni fa…
D: Possiamo ravvisare in tutto questo, un attentato a quanto stabilito dall’art 21 della Costituzione italiana «Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione». Il prossimo passo potrebbe essere a suo avviso anche per l’Italia una legge sul modello del «Patriot Act» statunitense varato dopo l’attacco alle torri gemelle di New York e al Pentagono, che dava la piena discrezionalità alle forze di Polizia, con la scusa del terrorismo, di monitorare H24 la vita dei cittadini attraverso internet e il telefono?
R: Credo che si stia andando sempre più verso una società trasparente in cui la privacy verrà gradualmente abolita, dopo aver convinto l’opinione pubblica ad abdicare ai propri diritti e si saranno convinti i cittadini a rinunciare ai propri diritti per paura o per comodità.
L’obiettivo, per esercitare meglio il controllo collettivo, è rendere ognuno di noi un «uomo di vetro», trasparente, sotto costante sorveglianza. Lo sguardo elettronico del Governo ci seguirebbe in ogni attimo della nostra esistenza, esattamente come l’occhio del Grande Fratello.
D: Nel suo nuovo libro lei analizza attentamente il rapporto tra i mezzi di comunicazione, il potere e le strategie tese a mantenere un certo status quo, ce ne può parlare?
R: «Noi siamo in gran parte governati da uomini di cui ignoriamo tutto, ma che sono in grado di plasmare la nostra mentalità, orientare i nostri gusti, suggerirci cosa pensare». Così scriveva nel 1928 nell’incipit del saggio Propaganda il padre della scienza delle Pubbliche Relazioni Edward Bernays, spiegando che esiste un potere invisibile che dirige le opinioni e le abitudini delle masse nei sistemi democratici. Nel saggio mostro come nasce e si sviluppa tale «arte» del controllo, come si fa sempre più sofisticata e come utilizzi lo spettacolo e i media mainstream quale braccio di forza o cassa di risonanza (e come questi si siano macchiati nei decenni di clamorose fake news!).
Con l’avvento della moderna società di massa il potere ha infatti dovuto esercitarsi su un numero indefinito di persone, spesso costituite da individui affettivamente soli e privi di punti di riferimento. L’arte del controllo, pertanto, ha finito per divenire scienza delle Pubbliche Relazioni o, meglio, una «scienza della manipolazione» di sconcertante raffinatezza che riesce a influenzare comportamenti e modi di essere, a volte senza nemmeno dover fare uso della coercizione fisica.
Bernays parlava di «tecniche usate per inquadrare l’opinione pubblica» portate avanti da un «governo invisibile»”: il potere oggi, per risultare maggiormente efficace, preferisce infatti rimanere «nell’ombra», palesandosi il meno possibile. Un potere nascosto (o comunque non immediatamente identificabile dai più) ha la possibilità di manipolare quasi alla perfezione i sentimenti e la mentalità di massa senza dare l’impressione di farlo; controllare i popoli entrando nel loro immaginario, nella loro mente, nella loro coscienza.
Già Aldous Huxley, autore di un’altra distopia, Il Mondo Nuovo, notava come i potenti avessero capito che per controllare le masse fosse necessario agire sull’«appetito pressoché insaziabile di distrazioni» plasmando così il loro immaginario. In questa strategia, ovviamente, il popolo è visto dai governanti come un soggetto minorenne che va accompagnato, persino manipolato, a cedere il proprio consenso. Dobbiamo comprendere che il potere non è interessato a «emancipare» l’uomo o a renderlo «adulto» quanto semmai a controllarlo sempre meglio, indirizzando le sue scelte dopo essere penetrati nella sua anima, nel suo immaginario. Quando questo non dovesse bastare entra in campo la coercizione.
D: Psicoreato come in «1984», sarà questo il futuro che attenderà tutti coloro che oseranno dissentire sulle verità precostituite dal sistema oligarchico finanziario globalizzato dominate in Occidente? O ci sono ancora margini di libertà?
R: L’attuale diatriba sulla cosiddette fake news ha portato alla promozione di un clima di isteria che potremmo definire una «caccia alle streghe 2.0». In questo caso l’opinione pubblica, sapientemente manipolata da un clima di isteria contro il fantomatico pericolo delle fake news, sembra legittimare l’uso della forza, la denigrazione, il clima di intolleranza, arrivando persino ad accettare di introdurre il reato di opinione: una forma di psicoreato orwelliano secondo cui verrebbe punita non più l’azione ma la libertà di espressione e ancora prima di pensiero. Insomma, dopo la globalizzazione delle merci, si sono globalizzate le coscienze: dobbiamo esprimerci, parlare e pensare tutti allo stesso modo, uniformandoci al pensiero unico.
Dovremmo invece tornare a chiederci: a chi dovremmo davvero credere? E soprattutto, cui prodest? A chi giova tutto ciò che sta accadendo? Forse a chi ha interesse a plasmare la nostra coscienza per ottenere consenso?
I margini di libertà sono proporzionali alla nostra coscienza critica. Per vigilare sulla nostra libertà collettiva dobbiamo tornare a metterci in gioco e soprattutto a usare la nostra testa in modo critico anche qualora ciò significhi pensare controcorrente rispetto al pensiero unico.

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