Coronavirus, Italia, Europa: peripheral strategy
Se in Cina si registrano netti miglioramenti sul fronte della salute pubblica e le attività economiche riprendono persino a Wuhan, epicentro originale dell’epidemia, la situazione è sempre più tesa in Italia ed in Europa, dove si attende nelle prossime due settimane l’acme della crisi. Soprattutto, si colgono già gli effetti economici, finanziari e politici prodotti dal coronavirus, effetti che, lungi dall’essere collaterali, costituiscono invece il vero obiettivo dell’attacco angloamericano: l’Italia, “ventre molle” dell’eurozona, si dirige verso una recessione ed uno choc finanzario senza precedenti, complicati anche dalla frammentazione europea alimentata dal virus.
Cina ed Europa: fuori e dentro al guado
Nell’ultima analisi avevamo evidenziato come il Coronavirus fosse un attacco destabilizzante lanciato dagli angloamericani alla massa afro-euro-asiatica nel suo insieme, così da rallentarne l’integrazione economica e colpirne le componenti più ostili e/o fragili: Cina, Corea del Sud, Iran ed Italia, i maggiori focolai dei virus al mondo, rientrano tutti infatti, in un modo o nell’altro, nella strategia “anti-continentale” di Washington e Londra.L’obiettivo principale dell’attacco era certamente Pechino: diffondendo questa violenta forma influenzale, di cui manca il vaccino, si sperava di piegare l’economia del Dragone, cosicché il brusco rallentamento degenerasse in rivolte sociali e, al passaggio successivo, in un terremoto politico. Le autorità cinesi hanno invece saputo reagire con le stessa efficienza con cui, in meno di 30 anni, hanno dotato il gigantesco Paese asiatico di infrastrutture tra le più moderne al mondo: adottando una quarantena “concentrica” (prima le regioni, poi le città e, infine, all’interno di queste, i pazienti positivi, isolati in apposite strutture isolate), Pechino è riuscita a contenere la diffusione della malattia, al costo di una pesante alterazione della normale attività economica: scelte dovute all’alta densità demografica (600 persone per chilometro quadrato nelle popolose regioni orientali, contro le 350 della Pianura Padana) e rese tollerabili dalla solidità economica-finanziaria del Paese, messo al al riparo da assalti speculativi. È bene ricordare, infatti, che la Cina ha ancora un settore bancario controllato in buona parte dallo Stato e, nonostante le recenti aperture, il sistema finanziario sia tendenzialmente autarchico. A distanza di un mese dal diffondersi del Coronavirus (80.000 infettati e 3,000 morti), l’emergenza sembra dunque rientrata e l’attività economica sta riprendendo persino a Wuhan, epicentro dell’emergenza sanitaria: la visita di Xi Jinping del 10 marzo vuole evidenziare che la situazione è sotto controllo anche dove tutto era iniziato.
La situazione è invece più complessa in Italia, dove i numeri dei pazienti positivi sono in aumento (si contano attualmente 10.000 pazienti infetti) ed il picco è atteso nelle prossime settimane: da parte cinese, si stigmatizza soprattutto la scelta della “auto-quarantena” adottata in Italia che, lasciando i malati a casa anziché in apposite strutture, rischia di facilitare il diffondersi della malattia. Soprattutto, però, l’Italia non è assolutamente in grado di sostenere un blocco all’attività economica simile a quello imposto alla regione di Wuhan: anziché venire da un trentennio di tassi di crescita a doppia cifra, l’Italia è ancora sotto i livelli di ricchezza del 2009 ed una sospensione delle attività economiche nella Pianura Padana rischia di produrre una recessione letale per il Paese. Piaccia o meno, i rischi per la salute pubblica devono essere ponderati con la necessità di evitare una contrazione dell’attività economica da cui il Paese rischia di non riprendersi più. Come avevano indicato infatti nella nostra analisi ad hoc sull’Italia, l’attacco angloamericano mira sopratutto ad una destabilizzazione economica-finanziaria dell’Europa, attraverso il collasso dell’Italia, “ventre molle” dell’eurozona: diffondendo il panico e paralizzando l’economia, Roma si muove esattamente come auspicato dagli aggressori. A distanza di circa due settimane dallo scoppio dell’emergenza Coronavirus, giorno dopo giorno, sta infatti affiorando un’emergenza destinata ben presto a soppiantare quella sanitaria: la recessione e lo scricchiolio delle finanze pubbliche italiane. La borsa ed i titoli di Stato italiani sono stati sinora tra i più colpiti dalla speculazione, ma è soltanto nelle ultime 48 ore, dopo che il governo italiano ha inasprito la restrizione ai movimenti delle persone e alle attività economiche, che sulla stampa anglosassone sono iniziate a circolare le notizie sull’inevitabilità di una nuova crisi finanziaria europea, con epicentro l’Italia. “An Italian financial crisis is certain – the big question is how contagious it is” scrive The Guardian; “Europe Braces for Economic Impact of Italy’s Lockdown” fa eco il Wall Street Journal; “ Italy will need a precautionary bailout — a ‘financial firewall’ — as coronavirus pushes it to the brink”rilancia il sito Markewatch del gruppo Murdoch.
Il Coronavirus non mira a falcidiare la popolazione ma, proprio come in Cina, punta ad una destabilizzazione economica-finanziaria, emergenza che in prospettiva rischia di eclissare persino il virus stesso: cosa accadrebbe se l’Italia, caduta in una violenta recessione, non riuscisse più ad accedere ai mercati? Si tratterebbe del più grande default della storia, per un ammontare di 2.400 miliardi, che sconquasserebbe il sistema bancario europeo, trascinando con sé l’euro e l’Unione Europea. L’intero Vecchio Continente sarebbe così balcanizzato, complicando di non poco l’integrazione economica e infrastrutturale lungo l’asse Pechino-Mosca-Lisbona. La situazione europea è complicata dalle dinamiche messe in moto dal Coronavirus: il ritorno alle frontiere e agli egoismi nazionali, già visibili durante la crisi migratoria del 2015-2016, è alimentato dalla necessità di contenere fisicamente il diffondersi della malattia. L’Europa rischia di arrivare alla prossima crisi finanziaria, la più dura di sempre, più debole e sfilacciata che mai.
In conclusione, la Cina, dotata di un forte governo centralizzato e di ampi strumenti economici e finanziari, sembra aver retto egregiamente all’assalto angloamericano: è sicuro che sia già in cantiere il contrattacco. In Europa manca invece una strategia continentale adeguata per fronteggiare l’emergenza: come sempre, Londra e Washington adottano la “peripheral strategy” delle due ultime guerre mondiali, concentrandosi sull’Italia, epicentro del Coronavirus e della crisi finanziaria, per scardinare l’Europa. Annientata l’Italia e balcanizzata l’Europa, il prossimo obiettivo angloamericano sarebbe allora la Germania: ecco perché a Berlino converrebbe aiutare l’Italia. Oggi.
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