L’emergenza sanitaria che stiamo vivendo a causa del Coronavirus
ci ha inesorabilmente ricordato il significato di parole e locuzioni
oramai desuete. Il necessario, l’ineluttabile, i beni di prima necessità
e/o l’interesse superiore sono concetti che il relativismo individualista, imperante nell’ultimo decennio, aveva relegato alle pagine dello Zanichelli e al pubblico ludibrio progressista.
In meno di un mese tutto è cambiato. Non solo la Nazione ha dovuto
riscoprirsi oggettiva e coesa davanti questa difficile sfida, ma si è,
soprattutto, dovuta scrollare di dosso tutti quegli inutili orpelli
ideologici che la facevano vivere nel superfluo. Ovvero in quel magma
denso e contraddittorio del liberalismo economico e culturale. In venti giorni il dogma del rapporto defict/pil si è sgretolato sotto i colpi della sua artificiale infondatezza
economica, in venti giorni si sono visti i più famosi ed autorevoli
esponenti dell’austerità economica invocare l’intervento statale,
l’aumento del debito pubblico, il ripristino delle frontiere, le
coperture di Cassa Depositi e Prestiti. Insomma, una vera e propria
deriva fanfaniana del mondo politico ed economico. Anche l’esercito dei “più buoni”, per
dirla con Gaber, si è visto sottrarre la terra da sotto i piedi. I
cosiddetti diritti civili, da quelli dei migranti fino ad arrivare al
problema del patriarcato dilagante, hanno ceduto il posto alla
consapevolezza del problema comunitario, il particolare si è dovuto piegare al generale, la sfera privata a quella pubblica, la minoranza alla maggioranza.
I pochi, pochissimi per fortuna, che continuano in queste elucubrazioni masochistiche, li conosciamo. L’impalpabile Santori, leader delle sardine, continua nei suoi deliri onirici affermando, rispetto al Coronavirus, ad esempio, che “il sovranismo favorisce il contagio” o, ancora peggio, tramite le pagine social della “setta”: “in una società civile gli ultimi devono essere i primi”. Veramente strana quest’ultima affermazione in bocca a un gruppo di individui che, qualche mese fa, ha felicemente passato una giornata in compagnia della famiglia Benetton.
Quella stessa famiglia che ha assunto il controllo di un’infrastruttura
strategica della Nazione (costruita con i soldi dello Stato) e che, per
massimizzarne i profitti, l’ha resa insicura e pericolosa. I
quarantatré morti di Genova sono li a ricordarcelo, purtroppo. Chi sono,
dunque, “questi ultimi” a cui le sardine fanno riferimento? Forse, è
meglio non saperlo nel dettaglio, non è il periodo adatto alle
“supercazzole”. Non solo chi ha i “pesci nelle orecchie” (questa
volta ci aiuta Vecchioni), continua a cianciare inutilmente, anche
gruppi parlamentari e singoli Deputati non perdono occasione per evitare
di porsi al di fuori della realtà. Su tutti, i casi di Più Europa e Gennaro Migliore. Per quanto riguarda la formazione politica di Emma Bonino, tramite le parole di Benedetto della Vedova, apprendiamo che: “Conte e Gualtieri [devono essere] protagonisti di una svolta di impostazione federalista, sapendo che da Bruxelles e Francoforte potranno venire le risorse necessarie per l’Italia, in un comune sforzo di gestire al meglio le risorse stesse, non un liberi tutti”. Tradotto,
consegniamoci mani e piedi legati alla Troika, sarà bellissimo fare
aperitivi solidali sulle macerie dei nostri ospedali. Il deputato di Italia Viva, invece, ex capogruppo di Rifondazione Comunista alla Camera, si domanda e si strugge al pensiero “che
militari russi siano di stanza a Bergamo con ampie libertà e con, pare,
il placet del Presidente Conte. Il governo venga subito in Parlamento a
riferire. Ringrazieremo sempre i medici che vengono ad aiutarci, ma cosa c’entrano i militari”? Preferiamo non commentare.
Dicevamo
prima, di come il pubblico si sia sostituito, nella mente collettiva
della Nazione, al privato. Sembra che con il Coronavirus si sia venuta a
creare una cesura “ideologica” ben precisa; sicuramente è stato messo un punto da cui si potrebbe ripartire per la creazione di uno Stato organico, dove realmente “gli ultimi” non siano carne da macello. Pregiudiziale? La definitiva sconfitta dei modelli economici e culturali
che ci hanno portato ad avere solo 5000 posti di terapia intensiva sul
territorio nazionale. Quale forza politica possa traghettare la Nazione a
questi lidi è ancora presto per dirlo, le scelte dei prossimi giorni,
in merito alle ricette economiche da seguire per reperire le risorse
essenziali a far fronte all’enorme tragedia del tessuto produttivo, ci diranno qualcosa di più. La bestia liberista non cederà di certo facilmente, e si corre il rischio che strumentalizzi questa situazione a proprio vantaggio.
Farsi sovvenzionare dallo Stato in momenti di difficoltà e riprendere
le proprie normali occupazioni profittatrici non appena passata la
tempesta è uno dei modus operandi con cui i mercati hanno ingigantito i loro profitti. C’è bisogno di una epocale risposta politica che sottometta definitivamente l’economia a quest’ultima. Aspettando la vittoria dell’interesse comune sull’egoismo del singolo, non possiamo che sognare una frase: produttori di tutto il mondo, unitevi, ma con le dovute precauzioni. Gli ospedali li dobbiamo ancora ricostruire!
di Andrea Scaraglino
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