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sabato 28 marzo 2020


«Dobbiamo studiare seriamente un’iniziativa istituzionale, forse anche un meccanismo sanzionatorio più efficace per evitare il diffondersi delle fake news. Sono convinto che queste vadano combattute con forza, intervenendo a vari livelli. Ciò significa ad esempio rafforzare il già importante ruolo della Polizia postale nell’individuazione delle “fonti tossiche” e, al tempo stesso, fare leva sull’attività di debunking, di smascheramento delle notizie false».
Lo afferma il sottosegretario all’Editoria, Andrea Martella, rispondendo, in un’intervista ad Articolo 21, ad alcune domande sulla diffusione delle fake news nel corso dell’emergenza legata al Coronavirus (leggi qua l’intervista).
Sebbene si tratti, per ora, soltanto dell’invito isolato di un sottosegretario, queste parole sono allarmanti, perché indicano una linea comune sempre più chiara, in un periodo in cui i venti di censura sembrano affacciarsi sempre più nella nostra attuale società, prefigurando uno scenario orwelliano (leggi qua il mio articolo).

Il controllo totale della società

Nella società distopica immaginata da Orwell, infatti, il controllo è totale in quanto i colleghi del protagonista, Winston Smith, che lavorano presso il Miniver, si occupano di falsificare la storia seguendo l’adagio del Partito,
«Chi controlla il passato […] controlla il futuro. Chi controlla il presente controlla il passato».
Il Miniver, cioè, si occupa di falsificare l’informazione e la propaganda per rendere il materiale diffuso conforme alle direttive e all’ideologia del Partito. Le menzogne propinate dai falsificatori vengono imposte dal Partito e acquisite in modo spontaneo e acritico dalle masse perché la menzogna viene acquisita e introiettata come se fosse sempre stata vera.
Il “controllo della realtà” e la falsificazione costante del passato servono a soggiogare il popolo tenendolo imprigionato in una forma di eterno presente: privo di memoria storica e senza più la capacità di usare la coscienza critica, l’uomo comune è costretto a crollare di fronte alla dissonanza cognitiva che viene indotta dal Grande Fratello, senza nemmeno accorgersi delle bugie a cui viene bombardato quotidianamente. Dovrà quindi allinearsi completamente all’ortodossia, accettare e credere qualunque menzogna come dogma, anche qualora si dica che 2+2 fa 5.
Il peggior peccato che una persona può commettere è infatti pensare in modo autonomo e critico, macchiarsi cioè di psicoreato.

Dividere per… censurare

Enrica Perucchietti, Fake news (Arianna Editrice).
La questione del controllo attraverso la manipolazione dell’immaginario e dell’emotività delle masse di cui parlavo già in Fake news  (Arianna Editrice) è fondamentale per comprendere gli attuali attacchi alla libertà individuale di cui siamo testimoni in quest’epoca. Un’epoca contraddistinta dal politicamente corretto, da un pensiero unico e da un nichilismo che reagiscono con violenza contro coloro che cerchino di criticarli.
In questo scenario si inserisce inoltre la battaglia mainstream contro le cosiddette fake news che, sfruttando l’attuale emergenza sanitaria, sembra riecheggiare l’operato del Miniver orwelliano e sembra riproporre una nuova forma di Maccartismo 2.0: si tratta cioè di una articolata caccia alla streghe che ha come obiettivo la repressione del dissenso.
Essa strumentalizza il dilagare di bufale sul web per portare all’approvazione di una censura della Rete e più in generale dell’informazione alternativa, arrivando a ipotizzare l’introduzione di sanzioni. Apparentemente, per una “buona” causa. Se l’invito del sottosegretario dovesse concretizzarsi, saremo stati convinti, gradualmente, e sull’ondata dell’emergenza, a ritenere giusto che si apportassero misure di restrizione al web e all’editoria.
Lo scopo è quello di continuare a manipolare l’opinione pubblica e in particolare coloro che sono considerati “semplici spettatori”, ossia quel gregge (noi, il popolo) che va orientato nelle proprie scelte in modo che non si svegli e soprattutto che non esprima il proprio pensiero in modo libero e critico. Lo scopo è che il gregge disorientato continui a non orientarsi.
Eppure proprio i media mainstream hanno negli anni divulgato, e continuano a farlo, innumerevoli fake news (si pensi per esempio alle famigerate armi di distruzione di massa iraquene poi rivelatesi inesistenti, alle incubatrici kuwaitiane o alla strage di Timisoara) ricorrendo quindi a sofisticate forme di manipolazione che potremmo paragonare alla propaganda bellica di cui già parlava Orwell.
Perché se da un lato il web è pieno di notizie assurde, dall’altra anche TV, radio e quotidiani, i media di massa, insomma, prendono sonore cantonate facendo da cassa di risonanza della linea governativa, in questo plasmando e manipolando l’opinione pubblica attraverso la paura ed emozioni che vadano a colpire l’immaginario e la “pancia” delle persone.
La sensazione è che la verità dei fatti sia sempre più labile, persino virtuale e illusoria e che quindi i cittadini sempre più confusi e spaesati debbano affidarsi a un organo governativo auto-dichiaratosi affidabile per essere informati nella maniera corretta, diffidando di qualunque informazione “alternativa” venga ad esempio dal web.
L’intento è cioè quello di screditare la verità, spiega Alain de Benoist, presentandola come un “grande racconto” al quale non si può più credere. Tutto diventa “relativo”, virtuale se non fosse che a vigilare sulla “verità” ci sono i governi e i media mainstream. I ricercatori che si pongono al di fuori di questa sfera vengono bollati come inaffidabili e menzogneri, soprattutto se il loro scopo è mostrare un altro “lato” della storia o denunciare ciò che i governi vogliono invece insabbiare.
La polemica sulle fake news ha come obiettivo non di garantire una informazione migliore, ma un’informazione certificata: solo le notizie con il bollino saranno considerate tali. Tutte le altre potranno essere addirittura espulse dal web e con il pretesto delle fake news si potranno oscurare pagine social, siti e blog di pensatori scomodi, introducendo di fatto la censura.

Debunking e cyber bullismo

II sottosegretario, come anticipato, invita anche a far leva sull’attività di debunking.
Il debunking è una forma di manipolazione, che consiste nello smontare e confutare, facendone apparire l’infondatezza e la capziosità, teorie e informazioni che vanno contro il pensiero ufficiale o dominante, il mainstream. Si utilizza anche il discredito e il dileggio, se non addirittura il cyberbullismo, per ridicolizzare i diffusori di queste teorie alternative.
Per screditare un ricercatore e le sue teorie verranno usati tutti i mezzi possibili, compreso l’attacco personale e la strumentalizzazione di qualunque cosa possa tornare utile alla causa. Principalmente la teoria scomoda verrà bollata come paranoica, complottista, bugiarda, estrema, oscurantista: lo scopo è rendere insensata, folle la teoria e un pazzo bugiardo chi la promuove.
Dall’altra esistono anche i registri di proscrizione di svariate associazioni (gli albi in cui vengono liberamente inseriti i nomi di coloro che vengono ritenuti “omofobi”, “antisionisti” e pertanto “antisemiti”, “razzisti”, “fascisti”, ecc.): un altro modo per affibbiare un’etichetta e delegittimare quella persona da parte di collaboratori del potere.
 Censurare il web quando per primo è proprio il potere a manipolare l’informazione, a fare propaganda e a diffondere fake news, rende palese come pensare di epurare i contenuti in Rete sia una forma di moderno bipensiero.
Se dovessimo censurare, multare, arrestare coloro che mentono, i primi a farne le spese dovrebbero essere alcuni giornalisti e molti, molti politici.
Così come se dovessimo multare i primi che fanno cyberbullismo tra debunker e troll, finirebbero nei guai molti personaggi prezzolati o vicini alle stanze del potere…

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