Di Andrea Scaraglino
Vecchi e nuovi appetiti sfrigolano nelle gole berlinesi, voglie di dominio economico finanziario apolide si sommano e confondono con quelle più “naturali” e conosciute, tutte politiche. L’agenzia internazionale Bloomberg ha rilanciato le dichiarazioni degli analisti della Commerzbank, la seconda banca tedesca, controllata parzialmente dallo Stato: ”Le misure usate per contrastare il Covid-19peggioreranno i conti pubblici (italiani). La perdita dell’investement grade è quasi inevitabile. Suggeriamo di chiudere le posizioni lunghe, cioè di vendere i Btp. Il rapporto debito-pil sfiorerà il 150% nel 2020 per scendere al 145% nel 2022 grazie al rimbalzo del Pil ma questo potrebbe non bastare a prevenire un downgrade a spazzatura”. Un attacco diretto al futuro della Nazione italiana, un’ipoteca sulla nostra possibilità di rialzarci tra le macerie che il Coronavirus lascerà dietro di se.
Sembra di rivivere le speculazioni del 2011. All’epoca, far impennare gli interessi dei nostri titoli era funzionale a un cambio politico che consentisse le oramai più che note riforme strutturali in campo fiscale e pensionistico, oggi, invece, in una situazione come quella che stiamo vivendo, sul piatto c’è molto di più. Subire una speculazione sul nostro debito pubblico in un momento di contrazione economica come questo è sinonimo di default o, nella migliore delle ipotesi, ricatto che ci faccia accettare senza obiezioni il Fondo Salva Stati. Per la Germania, aggiungere questa altra tacca sulla sua cintura non significa solamente riconfermarsi Paese capofila dell’Ue ma, soprattutto, allontanare per sempre lo spettro di una condivisione dei debiti sovrani dei singoli Paesi in seno all’istituzione europea, o l’istituzione giuridica di un compratore di ultima istanza che metta al sicuro le emissioni nazionali. Insomma, sarebbe la pietra tombale sul debito pubblico come strumento di risparmio dei popoli e la sua “elevazione” a semplice prodotto finanziario.
Ma è solo colpa della Germania, intrisa di pensiero mercantilistico e protestante, se l’Italia vive questa particolare situazione economica da tragedia “greca”? No signori. Cosa ha fatto lo Stato italiano in questi dieci anni se non genuflettersi accondiscendente ad ogni richiesta capestro che gli veniva intimata? Al netto delle diverse colorazioni politiche che hanno contraddistinto le nostre maggioranze, nulla nel concreto è cambiato. I tagli alla spesa pubblica si sono susseguiti anno dopo anno, implacabili, ciechi e sordi di fronte al deserto che stavano spargendo. Si profilano anni duri all’orizzonte, anni che, con le braghe calate come siamo, saranno gestiti sempre più dalla tecnica economica e sempre meno dalla politica. Mario Draghi, un Monti più giovane e con un “mandato” forse più ampio, sta già scaldando i motori del carro funebre del nostro Stato sociale. La Germania in questi vent’anni ci ha surclassato in molti dei parametri economici che ci hanno sempre visti primeggiare in Europa, grazie a tutte quelle regole che sembrano cucite a pennello sulle sue spalle ma che noi abbiamo sempre accettato, negli ultimi dieci anni addirittura sposato convintamente. La Germania è sicuramente nostra nemica, ma il lassismo, per non dire altro, della classe dirigente italiana l’ha fatta vincere senza il bisogno di sparare un colpo. A Berlino l’Übermensch l’hanno interiorizzato fin troppo bene, a Roma quando il professore spiegava, invece, erano assenti.
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