Quella del Decreto Liquidità di ieri è una beffa di dimensioni colossali: dinanzi a un popolo affamato che urla alle finestre del potere tutta la sua disperazione, il Governo risponde con un piano di prestiti alle imprese.
Quella di oggi è una giornata importante per la storia del nostro Paese, gli avvenimenti che ci vedono stritolati tra gli ingranaggi dell’Unione Europea dimostrano nella loro tragicità il vero volto di una comunità non comune, non coesa, non compatta. L’Italia è sola in ambito comunitario e troppo ghiotta è l’occasione di vederci schiacciati dai debiti e dai buffi per i cravattari che dalle nostre ipoteche vorranno trarre il maggior profitto possibile. E, come condannati da uno spietato contrappasso per analogia, solo è anche il nostro popolo, sola è ogni singola famiglia, ogni singolo cittadino. Lo Stato non c’è: è venuto meno al contratto sociale posto a fondamento stesso della sua esistenza e ha rinunciato a proteggere coloro i quali gli infondono legittimità.
Abbiamo ampiamente parlato del Decreto Cura Italia in precedenza: vogliamo semplicemente ricordare che è nostra assoluta convinzione il fatto che le misure in esso contenute siano assolutamente inadeguate a fronteggiare la crisi in corso e che molte delle disposizioni presenti nel decreto fossero assolutamente tardive già al momento della sua emanazione. Come se ciò non bastasse, delle risorse con esso stanziate nemmeno un euro è ad oggi pervenuto nelle tasche degli italiani.
Il Paese avvizzisce, appassisce: i cittadini sono ormai allo stremo delle forze e la gente rischia letteralmente di morire di fame. Sono documentati casi di persone, di bambini persino, che si rivolgono al 112 per elemosinare qualcosa da mangiare: si sta consumando un dramma epocale, siamo vicinissimi a una carestia che lascerà una cicatrice indelebile sul percorso storico dell’Italia e se qualcosa non cambierà drasticamente le immagini di quell’Atene spolpata e depredata, con la sua popolazione a mendicare in ginocchio, saranno anche quelle della nostra Roma. Non è una guerra: è una pandemia e lo Stato può e deve intervenire. Il Covid non è un virus “democratico” o indiscriminatamente “egualitario”: balle! Questo virus sta mettendo in ginocchio gli ultimi, i più deboli, i più fragili e si prepara a divaricare e slabbrare le divergenze sociali già presenti nel Paese prima della sua comparsa: i poveri sempre più miseramente poveri e lontani dai primi.
Quella del Decreto Liquidità di ieri è una beffa di dimensioni colossali: dinanzi a un popolo affamato che urla alle finestre del potere tutta la sua disperazione, il Governo risponde con un piano di prestiti alle imprese. Se non fossero a rischio la tenuta del Paese e la vita delle persone ci sarebbe da ridere e invece si resta letteralmente atterriti dinanzi alla drammaticità degli eventi. Semplifichiamo all’osso il problema, servono soldi e liquidità: servono alle persone per mangiare e servono alle imprese per poter far fronte alle spese vive presenti anche durante le chiusure indotte dalla pandemia, banalmente per pagare gli stipendi e garantire sussistenza al mondo del lavoro.
Difronte a tali esigenze uno Stato serio non potrebbe fare altro che distribuire risorse: denaro, denaro a fondo perduto, senza alcun vincolo di destinazione. Denaro ai Comuni più colpiti, denaro alle imprese in difficoltà, denaro alle persone che non dispongono dei mezzi necessari a portare il piatto in tavola. Denaro e denaro: non c’è altra soluzione.
Il nostro Governo ha pensato di quadrare il cerchio in un altro modo: prestiti. Prestiti riservati a chi dovrà risolvere il problema per lui. Il Governo non caccia una lira (magari!) per sostenere lo Stato Sociale, ma pensa di fornire liquidità alle aziende al fine di scaricare su di esse il barile: disporranno delle risorse necessarie a restare in piedi ancora per un po’, forniranno sostegno ai lavoratori che rischiano di rimanere senza stipendio e quindi leveranno al Paese le castagne dal fuoco di una eventuale bolla sociale, che ormai appare imminente più che incombente. Lo Stato riserva per sé il solo ruolo di garante: come fanno i genitori per consentire ai figli precari di comprare casa in tempi normali. Se tuo figlio però ha fame, non gli fai un prestito garantito: gli dai da mangiare.
Quando tutto sarà finito, e nulla lo sarà per davvero, le imprese dovranno restituire ogni cosa, fino all’ultimo centesimo, e con gli interessi! Qualcuno ha parlato di finanziamenti a tasso zero: balle anche queste! Gli imprenditori dovranno pagare il costo della garanzia fornita dallo Stato e il costo calmierato del finanziamento. Per i prestiti più piccoli la garanzia costa lo 0,25% il primo anno, lo 0,5% il secondo anno e l’1% dal terzo al sesto anno. Per i prestiti più grandi la garanzia costa lo 0,5% il primo anno, l’1% il secondo anno e il 2% dal terzo al sesto anno. A questi tassi si dovrà aggiungere il costo calmierato del finanziamento.
Tutto ciò ha dell’incredibile: già è assurdo che si parli di prestito, ma si resta davvero esterrefatti dinanzi al fatto che per esso sia necessario riconoscere un interesse, peraltro niente affatto contenuto se si considera quanto fossero a terra i tassi di interesse prima della pandemia. Si consideri che in una eventuale parentesi di stagnazione deflattiva persino un tasso zero costituisce un rendimento reale per chi eroga finanziamenti. Abbiamo perso la bussola della decenza. La ciliegina: nel caso in cui un’azienda non riuscisse a restituire l’importo e fosse necessario l’intervento dello Stato a garanzia, quest’ultimo si trasformerebbe in creditore privilegiato col diritto di prelazione e precedenza nell’affondare gli artigli su chi non è riuscito a sostituirglisi efficientemente. Il progetto non è costituzionale, non rispecchia lo spirito del nostro Paese e non è Stato Sociale: questo è Stato criminale.
Nulla è casuale: tutto è frutto di una scelta, tutto quello che stiamo vivendo. Prima della pandemia il Paese ha scelto di ridurre notevolmente gli spazi riservati allo Stato sociale e ha drammaticamente ridotto la possibilità di curare efficacemente oggi i nostri malati. Questo ci costa morti. Durante l’epidemia si è scelto di costringere i lavoratori ad affollare metropolitane e mezzi pubblici per recarsi a lavoro mentre i padroni erano in smart working e non rispettavano i presidi sanitari contenuti negli accordi sindacali e nelle disposizioni di legge. Questo ci è costato l’esplosione dei contagi al nord e altri morti. Ancora oggi si sceglie di subordinare la sopravvivenza del Paese ai ricatti dell’UE e questo ci costerà ulteriore e viziosa erosione dello Stato sociale e altri morti, per malattie e fame. Lo Stato ha scelto di introdurre misure limitate e tardive col Cura Italia e questo ci costerà nuovi disoccupati, disordini sociali e altri morti. Il Governo col Decreto Liquidità ha intrapreso la strada dell’inganno, raccontando di erogare centinaia di miliardi mentre non caccia una lira (magari!) e questo ci costerà fallimenti, licenziamenti, povertà, conflitti sociali e altri morti.
La situazione è grave, non è più tempo di giocare o traccheggiare: servono misure straordinarie e scelte sane e coraggiose. Chi detiene il potere si assuma le sue responsabilità: avete giurato sulla Costituzione, fate il vostro dovere, siano giuste le vostre scelte, salvate il popolo italiano!
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