Non c'è Germania che tenga: davanti allo strapotere del mercato, ogni potenza politica si scioglie senza batter ciglio.
di Amos Vergani
È il paese nazista, quello dei lager, dei kapò, degli incubi peggiori della storia umana. È il paese delle macerie, della ricostruzione, della voglia di ricominciare. È il paese degli intellettuali d’Europa, del fiore azzurro, è quello che più di tutti ha vissuto l’inverno e che da appena 30 anni gode di un disgelo primaverile. La Germania, Il paese della Wende, il paese che ha fatto paura al mondo intero, il paese che ha perso due guerre mondali, ma che ha sempre dimostrato la sua potenza superando chiunque in Europa, oggi teme l’Italietta di Gigino di Maio e di Matteo Salvini. È la manina dei poteri forti a far battere i denti alla Germania? O forse sono i comizi in Sud Tirolo? (non si sa mai che qualcuno voglia espandersi oltralpe). No, a farle paura è il Schuldenkollaps, il tracollo per debiti. La parola Schuld in tedesco ha un doppio significato, vuol dire sia debito che colpa, è come se il termine assimilasse i due concetti in uno.
Di certo lo Handelsblatt, il Sole24ore tedesco, esplicita bene entrambi; negli ultimi giorni il quotidiano economico-finanziario non usa toni morbidi; si inizia con la dichiarazione del cancelliere austriaco Kurz: “nessuno in Europa è disposto ad addossarsi i debiti dell’Italia”, per poi passare “al pericolo di far cadere a picco le altre economie deboli dell’Eurozona”. Si parla anche di ipotetiche illazioni del fondo monetario internazionale a cui l’Italia “nei prossimi anni potrebbe far domanda per un aiuto finanziario, ma non è assolutamente certo che lo stesso sarebbe disposto a concederlo” quasi a rimarcare le colpe della nostra nazione. Sempre stando al quotidiano di Düsseldorf la Merkel e altri leader userebbero toni prudenti in pubblico non esternando i loro rimproveri, non mostrando la loro stanchezza nell’addossarsi i debiti (o le colpe?) degli stati deboli, spinti dalla cautela. Dichiarazioni troppo accese sarebbero ben accolte dal governo Conte in quanto potrebbe “inscenare la parte del difensore dell’Italia contro un supposto diktat tedesco”. Dunque parrebbe che il nostro governo, oltre a non accettare le giuste bacchettate, sia anche infingardo. Inoltre la Germania non mostrerebbe i muscoli soprattutto perché “forti redarguite in merito a un collasso dell’economia italiana, mosse da persone ai vertici politici, porterebbero a un’ondata speculativa o in ogni caso ad innervosire il mercato finanziario”.
Insomma la Germania non ci cazzia a dovere sia perché il governo ne gioverebbe, e qui si capisce indirettamente che la coalizione della Merkel non è poi così compatta, sia perché il mercato si innervosirebbe, e qui una cosa è certa: è lui che comanda; comanda sulla Germania sull’Italia e sull’Europa intera. Eh già, persino il governo gialloverde nelle recenti esternazioni Di Maio dimostra preoccupazione e cautela per lo spread e i mercati. Il Vicepremier non ragiona diversamente dallo Handelsblatt, dicendo che se il governo litiga lo spread sale. Ma di cosa stiamo parlando? Il mercato si agita? E chi è il mercato? Non ci si fa più la guerra come facevano i Romani con gli antichi Germani, magari lo si vorrebbe anche, ma c’è un signore, un innominato che troneggia sull’Europa, è superiore al voto dei suoi cittadini, è superiore ai Vaffa grillini, domina su tutto e tutti, sentendo e guardando in ogni dove pur non avendo né occhi né orecchie. Chissà cosa penserebbe Goethe di questo spettacolino disgustoso fatto di silenzi e meschinità, chissà come giudicherebbe questi stati giudici e strozzini. Chissà cosa proverebbe nei confronti di questa Europa asserragliata nei propri confini, ma soprattutto cosa direbbe a questo cavaliere nero, a questa figura cupa e medievale. È certo che la Germania, col suo giornalaccio Handelsblatt, non scrive – sull’Italia – come Goethe che alla sua Mignon faceva cantare:
“Conosci tu il paese dove fioriscono i limoni?
Brillano tra le foglie cupe le arance d’oro,
Una brezza lieve dal cielo azzurro spira,
Il mirto è immobile, alto è l’alloro!
Lo conosci tu?
Laggiù! Laggiù!
O amato mio, con te vorrei andare!”
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