L’utero artificiale sarà realtà entro cinque anni. L’UE stanzia 2,9 milioni di euro per un prototipo olandese
Autore Perucchietti Enrica
Pubblicato in
Entro cinque anni gli scienziati dell’Università Tecnologica di Eindhoven (Paesi Bassi) metteranno a punto un prototipo funzionante di utero artificiale, una super incubatrice che, secondo quanto scrive il Guardian dovrebbe offrire risultati rivoluzionari per i bimbi nati prematuri, anche prima della 22esima settimana (ovvero 5 mesi e mezzo). I ricercatori hanno ricevuto 2,9 milioni di […]
ENTRO CINQUE ANNI GLI SCIENZIATI DELL’UNIVERSITÀ TECNOLOGICA DI EINDHOVEN (PAESI BASSI) METTERANNO A PUNTO UN PROTOTIPO FUNZIONANTE DI utero artificiale, una super incubatrice che, secondo quanto scrive il Guardiandovrebbe offrire risultati rivoluzionari per i bimbi nati prematuri, anche prima della 22esima settimana (ovvero 5 mesi e mezzo).
I ricercatori hanno ricevuto 2,9 milioni di euro dalla UE per preparare il macchinario. Il finanziamento proviene dal programma UE Horizon 2020. A differenza delle incubatrici attuali, il prototipo avvolgerà il bambino nel liquido e gli fornirà ossigeno e nutrimento tramite una placenta artificiale che sarà collegata al loro cordone ombelicale, ricreando l’esperienza di essere nel ventre materno, battito del cuore incluso.
Prima di applaudire una simile notizia, dovremmo però scavare più a fondo in queste ricerche che vanno avanti da decenni e che hanno una visione di riferimento non solo progressista ma anche post-umana, con “profeti” transumanisti che ne hanno spianato la strada.
Il punto di arrivo non è creare uteri artificiali per salvare i bimbi nati prematuri, ma far nascere le prossime generazioni tramite l’ectogenesi, scollando di fatto la riproduzione e la nascita dal ventre materno.
Come vedremo, ci sono filosofi, saggisti, bioeticisti e persino femministe che ne hanno incentivato e ne plaudono la ricerca, come già spiegavo in Utero in affitto (rEvoluzione Edizioni) e in Cyberuomo (Arianna Editrice).
Peraltro, fino a circa un anno fa, chi parlava di questa tematica veniva tacciato di diffondere “fake news” e di vaneggiare: veniva cioè additato come un “complottista” visionario, modalità che serve per screditare e silenziare sul nascere le ricerche scomode, come spiega Andrea Bizzocchi in questo recente articolo (leggi l’articolo).
Ed è proprio con Bizzocchi e con Marcello Pamio che abbiamo approfondito questa delicata tematica in Dietro le quinte, in uscita a novembre per Uno editori.
Per approfondire i retroscena sull’ectogenesi, partiamo dalle parole di un personaggio che non può certo essere bollato come un “complottista”, ossia l’economista e banchiere francese Jacques Attali, di cui ho già ampiamente trattato in Cyberuomo(leggi il mio articolo: Il “mondo nuovo” sognato da Jacques Attali). Attali, che contribuì a scrivere il Trattato di Maastricht, è un lobbista che ha rilasciato negli anni interventi a dir poco inquietanti in linea con la sua fervida produzione saggistica (si pensi a Breve storia del futuro del 2006).
| Il futuro secondo Jacques Attali |
«L’utero artificiale e la clonazione schiuderanno prospettive vertiginose in cui ciascuno potrà decidere autonomamente di riprodursi e un giorno si arriverà forse all’ermafroditismo universale».
Così scriveva Attali nel 1999 in Lessico per il futuro. Cinque anni dopo, in un’intervista a «la Repubblica» del 19 Agosto 2014, Attali ha profetizzato l’avvento dell’ectogenesi e della clonazione:
«La riproduzione diventerà compito delle macchine, mentre la clonazione e le cellule staminali permetteranno a genitori-clienti di coltivare organi a volontà per sostituire i più difettosi. Un bambino potrà essere portato in grembo da una generazione precedente della stessa famiglia o da un donatore qualsiasi, e i figli di due coppie lesbiche nati da uno stesso donatore potranno sposarsi, dando vita a una famiglia con sole nonne e senza nonni. Molto più in là, i bambini potranno essere concepiti, portati in grembo e fatti nascere da matrici esterne, animali o artificiali, con grande vantaggio per tutti: degli uomini poiché potranno riprodursi senza affidare la nascita dei propri discendenti a rappresentanti dell’altro sesso; delle donne poiché si sbarazzeranno dei gravi del parto»[1].
Questa visione distopica coincide in pieno con quanto immaginato dal biologo e genetista inglese Haldane e poi dallo scrittore Aldous Huxley nel suo romanzo del 1932 Il mondo nuovo: le future generazioni saranno “progettate”, nasceranno in fabbriche all’interno di uteri artificiali e il sesso sarà svincolato dall’amore e da una relazione sentimentale stabile. Insomma, l’eugenetica abbraccerà l’ectogenesi, la clonazione e persino il poliamore.
Nel 2006 in Breve storia del futuro, Attali sostiene che nei prossimi cinquant’anni i costumi cambieranno e anche la morale: quello che prima non era accettato lo sarà serenamente in futuro perché i nostri parametri di giudizio saranno diversi.
Non deve quindi stupire se ancora in Lessico per il futuro Attali si spingeva a immaginare che un uomo potrà in futuro diventare madre, ovvero dare alla luce un bambino da solo,
«portando l’embrione nel proprio ventre o facendo sviluppare in un utero non umano»[2].
Bisogna capire se questo “progetto” auspicato dai mondialisti rappresenti però un traguardo per il benessere collettivo o non si tratti invece di uno scenario distopico in cui l’umanità potrà essere meglio controllata e dunque governata dai fautori del “progresso”. Ossia, ancora una volta, il sogno di una élite per l’appagamento di pochi a discapito degli altri… confezionata però come un traguardo scientifico e un progresso per la collettivià.
| L’utero artificiale non è più fantascienza |
A 18 anni di distanza dalle previsioni contenute in Lessico per il futuro, nell’aprile del 2017, su «Nature Communications»[3] è stato annunciato che un gruppo di ricercatori americani dell’Istituto di ricerca del Children’s Hospital di Philadelphia ha costruito un utero artificiale, chiamato “biobag” in cui sono stati fatti crescere con successo alcuni agnellini nati prematuri: un piccolo passo per arrivare alla costruzione di uteri artificiali per aiutare i bambini nati prematuri. Lo scopo è realmente questo?
È la stessa bioetica a spiegare che l’obiettivo di tali ricerche è quello immaginato da Huxley: far nascere le future generazioni in uteri artificiali.
Nel 2002, a settant’anni esatti dalla pubblicazione di Mondo nuovo, un gruppo di ricercatori al Centro di Medicina Riproduttiva del Weill Cornell Medical College di New York Cornell University, sotto la direzione della dottoressa Hung-ching Liu, ha realizzato il primo utero umano artificiale, riuscendo così a far crescere un embrione al suo interno per sette giorni. I biologi sono riusciti a far annidare embrioni umani non all’interno di un utero isolato ma su un supporto artificiale biodegradabile, tappezzato da un compatto strato di cellule endometriali, cellule specializzate della parte più interna dell’utero.
L’equipe ha costruito l’utero artificiale
«servendosi prima di una specie di stampo fatto con tessuti al collagene, al cui interno sono state applicate delle cellule prelevate dall’endometrio di una donna, che hanno sostituito a poco a poco i tessuti artificiali, ricostruendo un ambiente simile a quello dell’utero naturale (l’endometrio è la mucosa che ne riveste le pareti interne). L’organo artificiale è stato poi “arricchito” con ormoni e sostanze nutrienti, e infine vi è stata inserita una blastula, cioè un embrione nelle primissime fasi di sviluppo, prelevata tra quelli soprannumerarie di interventi di fecondazione artificiale. La blastula ha aderito alle pareti dell’utero artificiale e si è impiantata, proseguendo nello sviluppo fino a che i ricercatori non hanno interrotto il test»[4].
L’ambiente ricreato, sebbene minimale, consentì agli embrioni nelle prime fasi di sviluppo di annidarsi e proseguire lo sviluppo per sette giorni[5]. La stessa dottoressa Ching Liu dichiarò nel 2001 il proprio compiacimento:
«Sul nostro supporto l’embrione cresce felicemente e le sue caratteristiche sono uguali a quelle mostrate in vivo»[6].
In Giappone il dottor Yoshinori Kuwabara della Juntendo University lavora invece da anni alla realizzazione di un utero artificiale per ottenere l’incubazione fetale extrauterina. Un modo per allevare feti senza neppure più il supporto dell’utero femminile: nel suo embrio-incubatore, riesce a preservare lo sviluppo di un cucciolo di capra per tre settimane[7]. Questa tecnologia potrebbe essere disponibile per gli umani nell’imminente futuro.
| I bioeticisti e le femministe sostengono l’ectogenesi |
A farsi paladina dei traguardi della ricerca sull’utero artificiale, in Inghilterra, è Anna Smajdor, docente alla University of East Anglia e ricercatrice onoraria in Bioetica dell’Imperial College di Londra[8].
Smajdor equipara la gravidanza a una malattia (la paragona al morbillo) e chiede al governo maggiori finanziamenti nel campo scientifico per poter debellare il parto e promuovere l’ectogenesi[9].
La bioetica odierna tende infatti a giustificare tali ricerche proponendo l’equiparazione gravidanza/malattia. Da una parte gli ultimi decenni hanno visto una campagna mediatica tesa a terrorizzare le donne sui rischi della gravidanza e in particolare del parto; dall’altra si è assistito a una medicalizzazione del fenomeno con un aumento eccezionale di esami (anche inutili) per le donne incinte che hanno ormai trasformato la gravidanza in nove mesi da incubo con un tripudio di screening, esami, ecografie e raccomandazioni inquietanti. Ciò rende quello che dovrebbe essere il momento più bello per una donna, un periodo di ansia e incongnite per sé e per il nascituro. La gravidanza oggi viene vissuta con angoscia e dominata dalla paura, impendendo alle famiglie di vivere con serenità questo periodo.
Il biologo e filosofo Henri Atlan – fino al 2000 nel Comitato di bioetica francese, convinto che anche la clonazione umana diventerà un modo di procreazione come un altro – ha dedicato già da qualche anno all’Utero artificiale un libro omonimo. Secondo Atlan, l’ectogenesi diventerà una realtà che segnerà
«la possibilità di una evoluzione verso una vera eguaglianza dei sessi»[10].
Atlan non è isolato. In Equal opportunity and the case for the state sponsored ectogenesis, Evie Kendall, da una prospettiva che si vorrebbe “femminista e liberale” esalta l’ectogenesi come un mezzo di eguaglianza che andrebbe ad abbattere i rischi della gravidanza e del parto, liberando di fatto la donna dal dominio della natura. Kendall sostiene infatti che
«Nel futuro le donne potrebbero avere la possibilità di essere liberate da questi vincoli quando desiderano una famiglia»[11].
L’utero artificiale, dunque, potrebbe offrire quella liberazione dai problemi del parto e garantire una forma di eguaglianza biologica a tutte le donne, anche a quelle sterili[12]. Non è un caso che, soprattutto negli USA, le “madri surroganti” di professione siano terrorizzate dalle ricerche in questo campo, perché potrebbero presto vedersi “ruare” il lavoro dagli uteri artificiali.
Tale ipotesi si è meritata persino un articolo su «Internazionale», in cui la bioeticista Chiara Lalli sciorina i gravi rischi per la salute che le donne corrono con la gravidanza («secondo l’Organizzazione mondiale della sanità almeno il 15 per cento delle donne incinte affronta una qualche condizione potenzialmente mortale»[13]).
Insomma, secondo Atlan e Kendall l’ectogenesi sarebbe un’auspicabile possibilità: «le donne» scrive Lalli,
«potrebbero scegliere di ricorrere all’utero artificiale, allargando il loro spazio di libertà Quella libertà non sarebbe solo fisica. Il peso sociale della gestazione e della riproduzione ha effetti anche sul lavoro (alle donne è richiesto di scegliere tra carriera e famiglia molto più che agli uomini) e sul paternalismo medico. […] L’utero artificiale non è certo la bacchetta magica, ma potrebbe essere un modo per attenuare la disparità di genere, quelle regole che sembrano uscire dall’età vittoriana e i pregiudizi che rendono sempre più difficile per le donne il rifiuto del loro destino»[14].
La teoria di Kendall sembra l’unica alternativa “giusta”, femminista e liberale per conseguire l’uguaglianza tra i generi: disgiungere la riproduzione dalla biologia e creare le nuove generazioni in forni artificiali come Huxley aveva immaginato in tempi non sospetti. Perché a quanto pare la filosofia, la letteratura e persino il cinema non insegnano nulla.
L’incubatrice o l’utero artificiale del prossimo futuro costituirà il decisivo pezzo di una catena di montaggio tecnologico come immaginato da Huxley. Non lo dicono i complottisti, lo spera la scienza. Lo auspicano i bioeticisti e i fautori della tecnologia, lo finanzia persino l’UE. E se prima parlare di ectogenesi era da cospirazionisti, ora anche i media mainstream si trovano allineati a ripetere all’unisono i mantra del “politicamente corretto”.
| Note |
[1] Cfr.: https://www.interessenazionale.net/blog/mondo-nuovo-sognato-da-jacques-attali
[2] J. Attali, Lessico per il futuro, Armando Editore, Roma, 1999, p. 169.
[3]https://www.nature.com/articles/ncomms15112#supplementary-information
[4]http://www.repubblica.it/online/cultura_scienze/utero/utero/utero.html
[5] L. Barmat et al., Human preembryo development on autologous endometrial coculture versus conventional medium, Fertility and Sterility, 1999.
[6] Pietro Buffa, Mauro Biglino, Resi umani. Da organismi scimmieschi all’ominide pensante, Uno Editori, 2018, Torino, pp. 172 ss.
[7] Y. Kuwabara et al., Artificial Placenta: Long Term Extrauterine Incubation of Isolated Goat Fetuses, Artificial Organs, 1989.
[8] http://www.ilfoglio.it/articoli/2012/01/29/la-gravidanza-non-e-etica___1-v-105220-rubriche_c152.htm
[9] Ibidem.
[10] Ibidem.
[11] http://www.internazionale.it/opinione/chiara-lalli/2016/05/16/utero-artificiale-donne-liberta
[12] Ibidem.
[13] Ibidem.
[14] Ibidem.