La Luiss fa fuori il prof Gervasoni: “Io cacciato per un tweet sovranista”
di Davide Di Stefano
Se è possibile censurare un movimento perfettamente legale e presente sulla scheda elettorale in nome del contrasto all’ “hate speech”, per le stesse ragioni si può buttare fuori un docente da uno dei più importanti atenei italiani.
Chissà se dalle parti della Luiss (Libera Università Internazionale degli Studi Sociali Guido Carli) si sono ispirati alle misure draconiane di Mark Zuckerberg, quando hanno deciso di non rinnovare il contratto al professor Marco Gervasoni. La sua colpa? Un tweet risalente al primo luglio scorso, in cui sosteneva le posizioni di Giorgia Meloni, sulla necessità di affondare la nave della Ong Sea Watch.Parole che hanno generato la vibrante protesta dell’Anpi di Campobasso (Gervasoni insegna anche all’Università del Molise) e la recente cacciata del prof dalla Luiss.
“Casualmente dopo l’insediamento del nuovo governo”
Come spiega lo stesso Gervasoni al Primato Nazionale, la comunicazione del defenestramento è stata inaspettata e repentina: “E’ chiaro che un ateneo privato può decidere o meno se rinnovare un contratto”, precisa Gervasoni, “però mi era stato chiesto di indicare gli orari e le date delle lezioni, la bibliografia etc. E infatti fino a poco fa il mio nome compariva nell’indicazione dell’orario delle lezioni. Poi una settimana prima dell’inizio dei corsi, mi ha chiamato un funzionario dicendomi che il contratto non era stato rinnovato. Questo è accaduto una decina di giorni fa, casualmente poco dopo l’insediamento del nuovo governo“.
Libri e varie...
Il tweet contro Carola
Gervasoni conferma anche la natura politica dell’epurazione e la connessione con il tweet sulla Sea Watch: “Io non so cosa c’è scritto nel verbale del consiglio di dipartimento, però so dalle mail del direttore e da relata refero, che la motivazione sono i tweet e in particolare quello sulla capitana Carola. Tweet espressi sul mio canale privato e non a lezione, come fanno invece altri professori della Luiss che spesso si sono espressi contro Salvini davanti agli studenti. E’ grave ed è la prima volta in Italia che ad un professore non viene rinnovato il contratto a causa di una sua opinione politica“.
Ad avvalorare la tesi dell’epurazione politica c’è anche la composizione del consiglio di dipartimento che ha deciso a maggioranza l’epurazione di Gervasoni. Come riportato da Daniele Capezzone sulla Verità, il direttore del dipartimento è Sergio Fabbrini, definito da Matteo Renzi “uno dei pensatori più importanti del panorama europeo”. Altri membri autorevoli del consiglio sono il professor Roberto D’Alimonte, considerato tra gli ispiratori dell’Italicum e della riforma costituzionale renziana, e il professor Michele Sorice, nome circolato sui media come “possibile consulente nell’ambito della neo istituita commissione statuto del Pd”.
Una deriva inquietante
Dunque il caso di Gervasoni sembra iscriversi chiaramente all’interno di quella censura in nome del “pensiero unico” che ogni giorno assume dimensioni e modalità sempre più inquietanti. “In Italia la cultura del ‘free speech’ ormai non esiste più”, sottolinea Gervasoni, “con la scusa dell’odio qualcuno ritiene di poter censurare gli avversari politici. E non è un caso che in questo momento venga negata la libertà di espressione proprio dai social network. I globalisti sanno che a giornali e tv non puoi accedere, se non da posizioni di minoranza, mentre il web garantiva la massima libertà di espressione. Per questo adesso tenteranno anche con delle leggi di limitare la libertà di espressione su internet“.
Articolo di Davide Di Stefano
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