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lunedì 16 settembre 2019

Il PD, partito minoritario, oltre a tornare al governo, possiede oggi il monopolio della rappresentanza italiana in Europa.

Il governo giallorosso PD-M5S ha determinato in pochi giorni una svolta decisiva nella politica italiana: ha inaugurato la stagione della “normalizzazione” italiana. Perché l’Italia sovranista rappresentava una pericolosa anomalia politica nel contesto europeo ed occidentale. L’immagine mediatica del nostro paese ha subito un mutamento subitaneo e radicale. La crisi strutturale in cui versa l’Italia da decenni, afflitta da recessione economica, deindustrializzazione, disagio sociale, povertà diffusa, diseguaglianze crescenti, è stata oscurata dall’esorcizzazione dello spettro sovranista, dal dileguarsi improvviso dell’ondata populista antieuropea. Il figliol prodigo sovranista è tornato umile e pentito alla casa del padre – padrone eurocratico.

Il governo gialloverde: una svolta sistemica mancata

In realtà, il governo gialloverde si è configurato come un fenomeno innovativo, in quanto costituiva la sintesi di due correnti (Lega e M5S), diverse dell’elettorato populista, maggioritario in Italia. Il programma del governo gialloverde prevedeva proposte, in parte realizzate, in parte velleitarie, di carattere sociale, in aperta contrapposizione al sistema liberista-finanziario imposto dalle oligarchie europee.
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Ma l’aspetto maggiormente innovativo scaturito dall’emergere del governo gialloverde, era costituito dal superamento della dicotomia destra/sinistra, già da sempre dominante nella politica italiana. Tale dialettica è ormai ridotta ad una contrapposizione artificiosa tra schieramenti privi degli originari contenuti ideologici e omologati alla logica del liberismo eurocratico globalista.
L’emergere di nuovi soggetti politici estranei alla dicotomia destra/sinistra, avrebbe dovuto condurre nel tempo alla nascita di un bipolarismo populista (Lega-M5S), che emarginasse le forze politiche tradizionali,ormai in via di esaurimento e in calo verticale di consensi, quali il PD, Forza Italia e altre formazioni minori.
Invece, la improvvida rottura agostana di Salvini, ha determinato la fine della svolta innovativa inaugurata dal governo gialloverde, con il ritorno, attraverso il funambolico trasformismo messo in atto da Conte, PD e M5S, alle vetuste logiche di falsa contrapposizione tra centrodestra (a guida leghista), e centrosinistra (a guida pentastellata), tra forze politiche cioè inserite nel contesto atlantico ed europeista, in perfetta continuità con la tradizionale subalternità internazionale dell’Italia nei confronti dell’Europa e dell’Occidente a guida statunitense.

L’Italia succube dell’Eurocrazia

L’insediamento del governo giallorosso, con l’inedita coalizione PD – M5S, è avvenuto sulla base di una investitura della UE e a seguito delle conversione improvvisa all’europeismo del M5S, manifestatasi con l’elezione alla presidenza della Commissione europea di Ursula von der Leyen (personaggio clonato dalla Merkel), resasi possibile con il voto determinante dei pentastellati.
La nascita del governo “Conte 2”, avvenuta sotto gli auspici della eurocrazia, si inserisce in un contesto europeo di crisi istituzionale e di precaria governabilità, già manifestatasi in altri paesi europei quali la Germania e la Spagna. Si evidenzia la crisi del sistema liberal democratico quale modello politico – istituzione impostosi con l’avvento della UE. Alla progressiva crisi delle forze politiche tradizionali, ha fatto riscontro il sorgere di ibride maggioranze che hanno dato vita a governi di unità nazionale europeisti, con la prevalente finalità di fronteggiare l’ondata di protesta populista diffusasi in tutta l’Europa. La crisi istituzionale che investe ormai tutta l’Europa scaturisce dalla carenza di rappresentatività ormai conclamata dei partiti tradizionali, in una UE sempre più dilaniata dalla contrapposizione verticale tra i popoli dominati e le classi dominanti delle elites eurocratiche.
Le elezioni europee, secondo la narrazione mediatica ufficiale, hanno rappresentato una decisiva vittoria delle forze europeiste sulle forze sovraniste dei partiti populisti, ormai condannate alla marginalizzazione politica nella UE. In realtà, assistiamo ad un arroccamento della coalizione parlamentare europeista, che ha assunto le sembianze di una fortezza assediata da parte delle forze populiste in espansione, che rivendicano la sovranità popolare e l’indipendenza nazionale degli stati. Appare evidente che il fenomeno populista-sovranista non è la causa delle spinte dissolutorie presenti in Europa, ma è semmai una conseguenza dell’imporsi di una struttura oligarchico-liberista antipopolare alla governance della UE.
In questa logica repressiva nei confronti dei popoli ribelli, si è quindi affermata una forma di legittimità europeista per la governabilità degli stati. Pertanto, possono essere investiti dalla UE della legittimità a governare, solo quei governi conformi alla logica di subalternità alla stessa UE.
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L’avvento in Italia di questo ibrido governo giallorosso, si configura dunque come espressione di una politica eterodiretta in sede europea, nei confronti di una Italia privata della propria sovranità nazionale. Infatti, con l’insediamento del Conte 2, lo spread è in vorticoso calo, l’Italia a crescita zero e con un debito già considerato ai limiti del default, ha conquistato la fiducia dei mercati e la UE si è dimostrata prodiga di nomine di vertice per esponenti italiani negli organi istituzionali europei. La UE si è dichiarata disponibile riguardo a quelle concessioni di flessibilità di bilancio precedentemente negate. Da oltre un decennio le manovre di politica economica italiana sono incentrate sulle richieste periodiche di flessibilità nei conti pubblici sempre però, nel rispetto dei parametri deficit/Pil. Quale sovranità può possedere un paese la cui unica aspirazione in Europa è ridotta alla concessione di flessibilità di bilancio, ad ottenere cioè la clemenza da parte del tiranno eurocratico?
Il governo giallorosso ha potuto insediarsi sulla base di vincoli esterni che sono tradizionalmente determinanti ai fini della governabilità del paese. Dato il suo status di paese a sovranità limitata, l’Italia per oltre 40 anni è stata governata da un partito egemone, la DC, una forza politica cioè che garantisse gli equilibri internazionali con l’appartenenza alla Nato e un sistema di economia di mercato. L’Italia è dunque un paese a sovranità limitata perché i suoi governi debbono essere legittimati da potenze esterne. Con la seconda repubblica, al vincolo atlantico si è aggiunto quello europeo. Quindi il governo giallorosso ha la sua ragion d’essere, quale garante della fedeltà dell’Italia alla Nato e alla UE. Il governo Conte 2 è sorto onde scongiurare le velleità sovraniste italiane e le aperture alla Russia putiniana in politica estera.

Il PD, partito minoritario e monopolista della rappresentanza italiana in Europa

Quanto poi alla elargizione di cariche prestigiose in sede UE ad esponenti italiani, occorre rilevare che tali nomine sono state effettuate unicamente nei confronti di personaggi di sicura fede europeista, quali Paolo Gentiloni come Commissario agli Affari economici, Enzo Amendola come Ministro per gli Affari UE e David Sassoli, alla presidenza del Parlamento europeo. Tutti esponenti del PD. Di un partito che in Italia è largamente minoritario, già pesantemente sconfitto sia alle elezioni politiche che in quelle europee, oltre ad essersi reso responsabile di gravi scandali di natura politica e finanziaria tuttora al vaglio della magistratura. Tuttavia il PD, oltre a tornare al governo, in quanto miracolato dalla manovra trasformista che ha creato il Conte 2, possiede oggi il monopolio della rappresentanza italiana in Europa. L’oligarchia eurocratica è autoreferente, effettua le sue nomine prescindendo dalla sovranità popolare e dalla rappresentatività democratica espressa nelle consultazioni elettorali degli stati.
Riguardo agli entusiasmi di Conte e del suo governo, riguardo al riconquistato ruolo centrale dell’Italia in Europa, occorre rilevare che tali affermazioni esprimono una euforia ingiustificata. Infatti, Gentiloni, quale commissario agli Affari economici della UE (carica già ricoperta da Moscovici, rivelatosi falco con l’Italia, ma colomba con la Francia), sarà un commissario depotenziato, dato che Dombrovskis, già commissario europeo e noto assertore del rigore finanziario, è stato nominato vice presidente esecutivo della Commissione europea per l’economia e commissario per i servizi finanziari. Pertanto, Gentiloni sarà un commissario dimezzato, in quanto limitato dall’accresciuto potere conferito al noto falco lettone Dombrovskis.
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Nonostante gli sproloqui di ottimismo espressi dal nuovo governo giallorosso e dai media governativi compiacenti, riguardo a futuribili riforme della UE, la presidente Ursula von der Leyen ed altri esponenti di rilievo della UE, hanno confermato la non riformabilità del patto di stabilità e del fiscal compact. Per quanto concerne la revisione del trattato di Dublino, nessuno si pronuncia e, circa la ripartizione dei migranti in sede europea, non si va oltre vacue dichiarazioni verbali di disponibilità. Tutto fa presagire che l’onere dell’accoglienza dei migranti graverà ancora quasi interamente sull’Italia.
Il governo Conte 2, dato il drastico calo dell’export tedesco nel 2019, sulla base della necessità di porre in atto una politica fiscale espansiva da parte della Germania, confida in una maggiore disponibilità europea nei confronti dell’Italia riguardo alla concessione di una maggiore flessibilità di spesa pubblica in deficit. Ma le speranze del governo giallorosso verranno presto disilluse. L’intangibilità delle normative finanziarie europee è ormai nota. E, aggiungasi, che la Germania, mai sanzionata per i suoi eccessivi surplus per l’export, non necessita davvero del placet della UE per implementare politiche fiscali espansive. Innanzi tutto la Germania dispone di avanzi di bilancio tali da consentire rilevanti incrementi di spesa pubblica, ma soprattutto, già in occasione della crisi del 2008, rifinanziò il suo sistema bancario in default e resosi responsabile di gravi scandali, con 197 miliardi di denaro pubblico, in totale violazione delle regole di bilancio europee, senza incorrere nelle sanzioni previste dalla normativa europea.

La “normalizzazione” europea dell’Italia sovranista

La “normalizzazione” italiana si inserisce nel più vasto ambito della “normalizzazione” europea, verificatasi a seguito della vittoria dello schieramento europeista alle elezioni europee del 4 marzo. La sfida sovranista in Europa è stata per il momento respinta e, data la crisi economica e politica in cui versa attualmente la Germania e la fuoriuscita della Gran Bretagna dalla UE a seguito della Brexit, si sono rese evidenti le aspirazioni di Macron ad assumere la leadership politica della UE.
Pertanto, l’insediamento di un governo supinamente europeista in Italia e le nomine ai vertici europei di esponenti del PD, di uomini cioè dotati della necessaria affidabilità nei confronti della Francia, sono eventi che si collocano nella logica della politica egemonica sull’Europa messa in atto da Macron.
La crisi economica incombente, la crescita zero dell’economia italiana, oltre all’abnorme debito pubblico italiano, sono fattori che accrescono la debolezza italiana nel contesto europeo. L’Europa, in nome della salvaguardia degli equilibri di bilancio, potrà richiedere all’Italia di effettuare nuove dismissioni e privatizzazioni che potrebbero comportare l’acquisizione di vasti settori dell’economia italiana da parte dell’asse franco-tedesco. Le velleità egemoniche della Francia nei confronti dell’Italia sono del resto dimostrate dalla nomina di un italiano, Sandro Gozi, esponente anch’egli del PD, da parte di Macron a consulente della Francia per gli Affari europei.
Afferma a tal proposito l’ex ambasciatore a Parigi e Washington Sergio Vento in una intervista rilasciata a “La Verità” del 02/09/2019: “La Germania, che ora sente la crisi per le sue scelte degli anni passati (pensi ai suoi surplus eccessivi), cercherà di pompare i consumi interni. Ma attenzione alla Francia, che non solo compete con noi in molti settori, ma punta ad acquisizioni in Italia. Moda, lusso, agroalimentare, banche, risparmio: guardiamo ai casi Fineco e Pioneer”.
E ancora, sul tema della subalternità italiana verso la Francia, così si esprime Giulio Sapelli in una intervista su “Il Sussidiario” del 30/08/2019: Il nuovo governo Conte, a benedizione francese, si spiega con il fatto che Parigi deve assolutamente governare l’Italia se vuole realizzare il suo progetto espansionistico. Si tratta di un governo a vocazione geopolitica eterodiretta da parte francese”. Per quanto concerne poi la prevedibile durata e gli obiettivi del governo Conte 2, Giulio Sapelli afferma inoltre: “Sono due gli obiettivi che determineranno la sua durata. Il primo è l’elezione del prossimo presidente della Repubblica. Perché non un Mattarella bis? L’altro obiettivo è la trasformazione dell’Italia in una piattaforma logistica per l’entrata della Francia in Africa e la svendita di ciò che resta del nostro apparato industriale a Francia, Germania e Cina”. Non a caso, da più parti si è affermato che in Italia si è insediato il governo Macron.
Ma non saranno questi trasformismi, scaturiti del resto dalla sciagurata scelta di Salvini di porre fine all’esperienza del governo gialloverde, a determinare la fine della protesta populista antieuropea. La crisi economica già diffusa in tutta l’Europa accentuerà ulteriormente il disagio sociale, la diseguaglianza, la disoccupazione giovanile, il conflitto già esistente tra i popoli e le elites europee. Trattasi di una crisi strutturale del modello liberista-finanziario impostosi nella UE, che inevitabilmente si ripercuoterà sulla crisi sistemica già in atto delle istituzioni politiche degli stati europei.
Il commissario europeo Gunther Oettinger, riguardo all’insediamento di un governo populista in Italia disse: “I mercati insegneranno agli italiani a votare in modo giusto”. Ma sarà invece la crisi a insegnare ai popoli a votare in modo ingiusto, a sostenere quindi le forze politiche populiste e a lottare per la loro libertà.
Articolo di Luigi Tedeschi

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