Amazon si militarizza
Famoso per le sue modalità esasperatamente fordiste di gestione del personale, il gigante yankee del commercio elettronico è arrivato persino a reclutare ex ufficiali militari come capi magazzino.
di Andrea Angelini - 19 Settembre 2019
«Qui vige l’eguaglianza: non conta un cazzo nessuno! I miei ordini sono di scremare tutti quelli che non hanno le palle necessarie per servire nel mio beneamato magazzino! Capito bene, luridissimi vermi?». Se il celeberrimo sergente Hartman – recentemente scomparso – fosse ancora in vita, e avesse vissuto sulla sua uniforme il tempo della dematerializzazione del commercio e della militarizzazione della logistica, probabilmente non avrebbe resistito al pronunciare tali parole alle nuove leve. Lanaja del terzo millennio, per coloro che non hanno anagraficamente avuto modo di vivere quella remota, sembra destinata alla resurrezione nei gangli dei grandi colossi tecnologici e multinazionali, tanto è vero che Amazon – punta di diamante del commercio elettronico – ha espressamente aperto la ricerca di ufficiali militari, in servizio o congedati, per la gestione e supervisione dei propri magazzinieri sparsi nei depositi lungo tutto lo stivale.
Un militare graduato che per puro opportunismo e gioco linguistico diventerà un manager, al quale verranno affidate le fatiche e le rogne quotidiane di un team di cento magazzinieri. Ma cos’hanno in comune una internet company e l’esercito? Ben più di quanto si possa pensare: l’incontestabile struttura gerarchica, la distribuzione sezionata della forza lavoro, il controllo del territorio attraverso basi operative, e – ultimo ma non meno importante – la volontà di vivere e morire per una bandiera. La bandiera può essere di stoffa o virtuale, resta però fondamentale reclutare uomini e donne disposti ad onorarla fino al sacrificio estremo, poiché qualunque bandiera rappresenta ancora oggi un simbolo di forza identitaria, persino se quella bandiera è una creazione del padrone, slegata da qualsiasi senso di tradizione o missione antropica. Portare la cieca obbedienza militaresca all’interno dei reparti operativi delle aziende, laddove spesso i lavoratori – anche quelli qualificati – godono di scarsa considerazione e limitata agibilità di pensiero, è un’abile mossa tattica per tacitare le problematiche gestionali, mettere a regime e se necessario scartare il personale inidoneo alla battaglia.
C’è un ulteriore aspetto da considerare, perfetta esegesi dei sogni padronali e degli incubi operai: mentre all’interno di una caserma, di un contingente, o di un’amministrazione statale quale un ministero, l’ufficiale militare deve sempre rapportarsi ai propri uomini secondo un rigido e ben definito canone comportamentale e normativo – pena un procedimento disciplinare che potrebbe inficiarne la carriera -, all’interno di fumose organizzazioni sovranazionali quali Amazon, lo stesso militare graduato potrebbe approfittare della propria posizione dominante. Per essere più chiari: in assenza di regole di ingaggio uguali per tutti – non è un mistero che Amazon attinga continuamente a lavoratori precari e non applichi lo stesso contratto collettivo in tutti gli impianti – anche il più benevolente tra i sergenti Hartman potrebbe avere la licenza di sperequare il lavoro e i diritti dei propri sottoposti. E la legge del proprio tornaconto personale è da temere ben più di una qualsivoglia disciplina militare in un mercato del lavoro che scarnifica la dimensione umana per compiacere i capricci e le rivalse individuali.
Il problema va a toccare anche la calza della corda che tiene ancora legate le organizzazioni sindacali al mondo del lavoro odierno – carnefici più che vittime del sistema creatosi, a onor del vero – ma pur sempre elemento di disturbo e pezzo d’antiquariato di cui la proprietà delle multinazionali si libererebbe volentieri: se non come ente istituzionale, almeno come cellula all’interno delle proprie unità produttive. E quale miglior modo di reprimere la dissidenza dando delle mostrine virtuali a chi era abituato a portarle reali? Fare di primo acchito la trasformazione di un militare graduato – o aspirante tale – in un sedicente manager a capo di un magazzino, senza il necessario background di cultura umanistica o le essenziali cognizioni in gestione delle risorse umane e in psicologia delle organizzazioni, avrà il solo scopo di irrigidire il clima interno, minare l’associazionismo sindacale ed inquinare le relazioni interpersonali. La produttività aziendale resterebbe tale e quale anche senza condire il fordismo in salsa militaresca, se effettivamente già da anni i lavoratori vengono scremati attraverso selezioni e pagellini quanto mai arbitrari. È bene altresì ricordare che le organizzazioni sindacali esistono persino nell’esercito, sebbene siano più a carattere corporativo che a propulsione sociale, risultando di conseguenza più facile – alla prima adunata tra le parti – far rientrare tutti nei ranghi. Punterà a questo il gigante americano? Ai posteri interinali l’ardua sentenza.
Nessun commento:
Posta un commento