La formazione delle nuove generazioni rappresenta la colonizzazione del futuro, per questo la scuola è lo snodo strategico su cui si gioca una partita definitiva.

I danni da incuria nella nostra scuola” così titola il Corriere della Sera del 24 gennaio denunciando in un articolo di Angelo Panebianco i danni di una scuola che “produce ignoranza anziché istruzione“.
Finalmente se ne sono accorti si potrebbe pensare sperando finalmente in una reazione, ma è proprio il titolo a togliere ogni illusione, se Panebianco pensa che l’ignoranza sia il risultato dell’incuria vuol dire che siamo proprio su linee diverse, vuol dire che non attribuisce la ‘produzione di ignoranza’ ad un orientamento utilitaristico e mercatistico dell’istruzione, secondo lui le riforme degli ultimi vent’anni vanno bene, è la “incuria” ad aver fatto il danno.
Le cose peggiorano quando si legge quali sarebbero i modelli di riferimento:
Bisogna chiedersi se a fare la differenza fra la democrazia italiana e quelle francese e tedesca siano davvero, come molti pensano, le istituzioni politiche (solide in Germania e Francia, fragili in Italia) o non sia invece, soprattutto, la differente qualità dei rispettivi sistemi di istruzione. Pur fra mille problemi (a cominciare da quelli legati all’immigrazione) in quei Paesi l’istruzione è rimasta comunque una cosa seria, da trattare con rigore e con riguardo. Niente a che vedere con quanto da molti decenni fanno (complici , però, gli italiani) i governi nel nostro Paese: la scuola ridotta a centro di assorbimento di occupazione giovanile, senza alcun interesse per la qualità dell’insegnamento. Mentre genitori e studenti (ossia i clienti della suddetta scuola) venivano, e vengono, tacitati e «pagati» con diplomi dotati di valore legale.
Con un classico esercizio di autorazzismo vengono additate a modelli da emulare le democrazie tedesca e francese, le quali non sa per cosa sarebbero migliori della nostra, ma che comunque lo sono perché da loro  apoditticamente l’istruzione è rimasta una cosa seria.
Per Panebianco il problema è che i nuovi insegnanti non sono di ‘qualità’, come abbia avuto questa informazione e su quali dati si basi non è dato sapere.
C’è però anche qualche considerazione condivisibile nell’articolo, come quella ad esempio quella che mette in guardia dall’identificare gli ‘istruiti’ con coloro che faranno scelte migliori:
Non si fraintenda, questa non è una lamentazione per il fatto che ad avere voce in capitolo sulla cosa pubblica non siano soltanto i più istruiti, «color che sanno». Per niente. Costoro in varie occasioni si sono dimostrati non meno ottusi di altri. Chi scrive non ha mai condiviso la tesi di Umberto Eco secondo cui uno che legge libri, per definizione, ne vale due che non lo fanno.
Niente, inoltre, ha forse danneggiato di più la causa della libertà in Occidente che la «politica degli intellettuali», quasi sempre oscillante fra velleitarismo ,disinformazione, e disponibilità a legarsi al carro di partiti illiberali.
La sensazione finale è che Panebianco sia effettivamente interessato ad un miglioramento dell’istruzione, ma sembra che osservando la realtà dall’interno di un sistema il quale ha eletto come riferimento unico il mercato, meglio se globalizzato, egli non possa vedere quale sia la reale origine dei mali della scuola e non solo di quella italiana.
Quello che non riesce a vedere è che da anni ormai si è imposta una trasformazione della scuola in senso utilitaristico e neoliberista, da luogo della formazione umana e culturale della persona si è passati farne un luogo di produzione di figure genericamente funzionali alle richieste del “mercato”.
Nello stesso momento in cui lo Stato subiva una non dichiarata metamorfosi che lo portava a lasciare il suo ruolo di garante del bene comune attraverso la redistribuzione della ricchezza prodotta e la tutela dei più deboli per farne il garante delle richieste dei “mercati” e conseguentemente della concentrazione della ricchezza nelle mani di pochi, la scuola subiva un’analoga metamorfosi per adattare il cittadino stesso alle richieste dei mercati e non più per formarlo come persona.
Ecco perché sul terreno della scuola si gioca una partita definitiva, se la ‘produzione di ignoranza’ non verrà fermata al più presto le generazioni future non saranno in grado non solo di rivendicare una società migliore ma anche solo di pensare un sistema alternativo a quello liberista.
Se e quando sul Corriere dovessero accorgersi di questa trasformazione allora si potrebbe iniziare a sperare in una scuola che non sforni più ignoranza. Che la scuola sia il campo su cui si gioca una battaglia definitiva sembra confermato da iniziative simultanee e indipendenti sull’argomento, proprio negli stessi giorni in cui è maturato l’articolo sul Corriere Byoblu organizzava una seri di interviste sulla scuola.
Qui di seguito il video in cui ho raccontato questa trasformazione della scuola, ma è contemporaneamente l’appello ad invertire la rotta e rimettere al centro la persona.