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sabato 6 gennaio 2018

MACRON NON TEME LE BANLIEUES IN FIAMME. TEME “RT”.

E’ ormai un rituale nei sobborghi, ogni Capodanno  in  Francia: le torme di giovinastri e vandali di colore bruciano le auto parcheggiate incautamente sotto i loro falansteri.  La sola novità è la crescita del fenomeno: dalle 935 auto bruciato il 31 dicembre dell’anno scorso, si è passati a capodanno 2017  a 1031.  Ciò, nonostante lo spiegamento di 140 mila fra agenti e forze di sicurezza in tutto  il territorio. Gli arresti sono parimenti cresciuti da 456 a 510.  A  cosa si deve questo rituale di bruciare le auto nelle banlieues? “può essere un gioco associato alle violenze urbane, o per noia o per protesta contro un arresto – risponde a Le Parisien  Christophe Schulz,  funzionario dell’Osservatorio  Nazionale Per il crimine e la repressione penale (DNPR) – o può essere anche il bisogno di liberarsi di un’auto usata per un delitto o in una  truffa assicurativa”.  L’ultima risposta fa’  pensare a  zone di non-legge  assoluta, in mano a comunità interamente criminali.

Nel sobborgo  parigino di Champigny sur Marne, dozzine di giovanotti  di colore, strafatti e fumati,  durante un “veglione di strada” hanno pestato  due agenti – fra cui una poliziotta di 25 anni, bastonata da dietro  le spalle,  una volta caduta presa a calci  alla faccia e al ventre   – per poi postare la virile impresa  sui  “social” insieme agli altri loro vandalismi,  dove si sentono le loro urla belluine e i loro grugniti di gioia. L’agente che era con la ragazza, un capitano di 37 anni, anche  lui  preso a calci mentre era terra da un gruppo “molto aggressivo”, ha estratto la pistola, riuscendo a farli desistere.
La notte seguente  nella vicina Stains, Seine-Saint-Denis,   un incendio in un  palazzo popolare. Dei poliziotti  entrano, salgono fino al terzo piano fra le fiamme (“pezzi incendiati ci cadevano addosso”), sfondando a calci una porta e salvano tre bambini che, dentro, urlavano. Quando  sono sulla strada coi piccoli che hanno salvato, vengono accolti  da una gragnuola di sassi.   “Una banda di giovani, non avevano capito, non  eravamo venuti ad arrestare nessuno”,  dice il brigadiere-capo di 35 anni.

Poliziotti si suicidano

Nei primi dieci mesi del 2017 si sono tolti  la vita 47 poliziotti francesi e 16 gendarmi; nella sola seconda settimana di novembre, 8 agenti e 2 gendarmi hanno messo fine ai propri  giorni. Nell’ultimo decennio,  sono più di 700 i poliziotti suicidi. Per lo più maschi, quarantenni, sposati con due figli.   La continua sensazione di  dover agire in territorio ostile, circondati dal disprezzo e dall’odio  dei presenti, gli orari massacranti, i riposi saltati. Spesso si suicidano  per la separazione o il divorzio. “Ma sono i problemi professionali  che  fanno esplodere  la vita privata”, dice un sindacalista.  Una tragedia cronica, per una professione costretta  ad operare giorno e notte in quartieri  proibiti dove ribolle una rivolta nichilistica  dei  ragazzi  di terza generazione, che non sa diventare rivoluzione.  Ma non è questo che preoccupa il potere.
Nel suo discorso di Capodanno, il presidente Macron ha spiegato cosa lo allarma  davvero.  “Ho deciso di far evolvere il nostro dispositivo giuridico per proteggere la vita democratica dalle notizia false”, ha annunciato. Ecco il   problema: le fake news.  Ha annunciato una censura legale  “delle piattaforme, dei tweeet, dei siti interi” che “inventano voci e notizie false che affiancano  quelle vere. La verità è che c’è una strategia- una strategia finanziata – che mira a creare il dubbio, a lasciar pensare che quel che  dicono i politici  e  i media  è sempre più o meno menzognero”.
Come si vede, Macron ha espresso una teoria complottista  in piena regola:  dietro le  informazioni false  c’è una strategia, per giunta “finanziata”.  Da chi? I commentatori ritengono che con questo  Macron, senza nominarla, alludesse a RT,   la tv Russia Today  che ha  appena inaugurato le sue trasmissioni  in francese,  dalla sua nuova sede di Parigi,  sicché adesso  gli ascoltatori  avranno  un notiziario 24 ore su 24 con un punto di vista diverso da quello (corale all’unisono) dei media nazionali; e che raggiunge non solo i francesi, ma Belgio, Canada, Maghreb, Africa francofona.
“Russia Today” in francese. E’ il panico.
Le  autorità   hanno provato per due anni ad impedire l’andata in onda di RT a forza di  burocrazia  e normative e regolamentazioni.  Hanno tentato di imporre che le trasmissioni fossero controllate e autorizzate da  una Commissione Etica, cosa alquanto insolita per un  telegiornale  che  va in diretta.   I più noti  giornalisti della carta stampata e anchorman  delle tv concorrenti hanno cominciato ad attaccarla  prima ancora che andasse in onda.   E adesso i redattori  assunti da RT ricevono sms da colleghi che  li accusano di “essere passati alla Russia”. Macron in persona l’ha bollata come “propaganda”  senza aver visto il primo notiziario, ed ha negato ai giornalisti di RT l’accredito per accedere all’Eliseo alle sue conferenze-stampa.
Un vero attacco di panico dell’Establishment, che ha fondati motivi: “il canale  solleverà gli argomenti che di solito sono nascosti sotto il tappeto  dagli altri media”, ha detto un giornalista neo-assunto, ed ecco il problema: perché  se le tv nazionali d’Oltralpe sono  tanto omissive e ufficiose quanto le nostre italiane, là il potere ha cose più grosse da nascondere, e che non vuol vedere spiegate al suo pubblico. Per esempio: cosa stanno facendo veramente le truppe francesi in Niger e in Mali?  Ecco un tema in cui le tv e i giornali sono  assai  rispettosamente  discreti, per comprensibile patriottismo.  Qualche reportage d’inchiesta sulla parte avuta da Parigi nella sovversione armata in Siria, di cui i francesi nulla sanno, è una eventualità che basta a far rizzare i  capelli in testa a tutti quelli che contano.  Perché Parigi ha fornito armi ai  jihadisti anti-Assad fin dal 2012, nonostante la UE avesse posto un embargo su tali  tipi di assistenza;  senza  contare i soldati francesi  mandati come istruttori, o gli strani casi dei  ragazzotti di terza generazione di quelle banlieues misteriosamente “radicalizzati” e spediti in Siria. Magari, Iddio non voglia, la RT potrebbe intervistar Alain Soral,   l’intellettuale passato dal  comunismo alla posizione “destra del lavoro e sinistra dei valori”; che per tutti i media bempensanti è una assoluta non-persona, da  non citare mai e  da non mostrare mai nemmeno di faccia. O ancor peggio, una apparizione in video  del comico del “manico d’ombrello”  (quénelle) Dieudonné, su cui pesa la più tombale censura mediatica perché ha detto cose “antisemite”.   Magari, potrebbero mostrare servizi dal vivo delle  auto incendiate a  Capodanno,  e far avanzare in primo piano un problema sociale e politico della   rivolta endemica dei sobborghi,  che i media ritengono di cattivo gusto esagerare; parlando invece dei disordini e manifestazioni in Iran.  Magari, un’inchiesta sui poliziotti che si suicidano in massa, cercando di capire perché.  Sono tutti rischi terribili, per la narrativa liberista, liberale, felicemente globalista ed  europeista di “successo”, di Macron.

Le sue “riforme”?  Plutocratiche

Narrativa che ha bisogno di essere sostenuta dai media “bobo”, bourgeois-bohemièn, perché sotto cova una rabbia ancora più politicamente pericolosa di quella dei vandali delle banlieues:  quella della classe  media “periferica” e la classe  operaia bianca che si vede spossessata ed ha votato Front National.
Ne ho parlato in un articolo del 3  ottobre scorso:


E’ una  Francia che “non esiste” per i media fatti da giornalisti bobo, per i quali “la società consiste solo di ricchi glamour e di poveri immigrati” da accogliere   benevolmente.  Ora, questi ceti abbandonati (perché “razzisti”, sovranisti, lepeniani) assistono alle “riforme” di Macron, che non possono essere che definite plutocratiche.
Ha  quasi soppresso  la ISF (Imposta sulle Fortune  che colpisce  le  fortune superiori ai 1,3 milioni), ridotto al 30 per cento “flat”  l’imposta sui capitali (Prélèvement Forfetaire Unique) , abbassato l’imposta sulle società (dal 30 al 25%), ridotto di un terzo la tassazione sulle stock-options, e – nella speranza di attrarre i finanziari da Londra – tagliato l’imposta sugli stipendi superiori a 152.279 euro annui, che si traduce in un regalo da 140 milioni di euro soprattutto ai banchieri  – e questo in un paese dove 3520  famiglie ricche sfondate conservano 140 miliardi di euro al sicuro nei paradisi fiscali. 
E contemporaneamente ha rincarato il gas, la benzina, il contributo quotidiano ospedaliero che un francese ricoverato deve pagare di tasca  propria; per giunta ha privatizzato la società Aéroports de Paris vendendola…a Merrill Lynch (e pensare che rifiutava di vendere a Fincantieri la RTX) .  La rabbia di questa France Périferique, classe media degradata e classe operaia dimenticata,  sarà molto peggio di quella delle banlieues.
I rincari di Macron
Maurizio Blondet

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