(Uno vorrebbe occuparsi di cose più serie, ma questa è una provocazione)
Vedete il titolone. In prima pagina: manco avessero scoperto le armi di distruzione di massa di Saddam.
“Gli USA: fake news russe in Italia”.
La “notizia” è di quelle pericolosissime per le libertà civili: i neocon vogliono coinvolgere anche i media italioti nelle paranoie del RussiaGate; le sinistre italiote hanno bisogno di una scusa per censurare i siti e blog che disturbano la loro narrativa falsa, e mancano di rispetto a Laura Boldrini. Quindi bisogna dare il massimo rilievo a questa notizia. Il direttore de La Stampa, è un israelo-americano e sente l’obbligo di cominciare per primo a suonare la grancassa censoria.
Godetevi l’esordio:
“Dal Dipartimento di Stato americano le carte sull’interferenza russa per influenzare la politica italiana era stata già lanciata un anno fa”.
Dunque è una notizia vecchia quella che la Stampaspara in prima pagina: dura la vita del giornalista al servizio dei poteri forti. All’interno, il corrispondente dagli Usa Paolo Mastrolilli (poveraccio) è costretto a scrivere un articolo su questo rapporto che il Dipartimento di Stato, secondo lui, ha mandato all’Italia “nell’autunno del 2016”. Concretamente, cosa hanno scoperto le 17 agenzie d’intelligence americane? Ce lo dice il Mastrolilli:
“I servizi americani e i diplomatici avevano notato uno schema che si ripeteva un po’ dappertutto. Ovunque c’erano le elezioni, cominciavano a circolare notizie false, azioni propagandistiche, gruppi politici che favorivano gli interessi della Russia, o puntavano a destabilizzare i paesi che prendevano le distanze da Mosca” ….”Qualcosa del genere era accaduta anche durante il referendum per la Brexit, e si sarebbe ripetuta nelle presidenziali francesi, le politiche tedesche, la Catalogna. Lo scopo era chiaro: favorire i candidati più vicini al Cremlino, o destabilizzare i Paesi occidentali amici degli Usa e le loro alleanze, come Nato e Ue”.
Ma questa, direte voi, è la soluta vecchia antifona “è stato Putin”, Putin che ha provocato il Brexit, fatto perdere le elezioni a Merkel, Putin è dietro la secessione di Barcellona….
Ma no, calmi: adesso Mastrolilli ci elencherà le prove, con ampi stralci del documento del Dipartimento di Stato vecchio di un anno.
No no, invece Mastrolilli (poraccio) scrive: “Le prove portate a Roma dalla missione del dipartimento di Stato erano concrete, ma sarebbe impossibile rivelarle senza violare la legge”.
Capito? Il Dipartimento di Stato dice di avere le prove, ma non le dà. Si deve credere alla sua parola, del Dipartimento di Stato – una parola credibile come l’acciaio, chiedete in Medio Oriente. Il direttore della Stampa però ci crede: per il bene supremo di Israele si fa questo ed altro. Nessun sacrificio intellettuale è sufficiente.
Il guaio è che il Dip di Stato, in base a “prove” segrete, accusa due partiti politici italiani. Scrive Mastrolilli: “I potenziali punti di contatto [coi russi] in Italia erano stati identificati soprattutto nel Movimento 5 Stelle e nella Lega”.
Dunque il governo americano sta accusando due partiti politici italiani di intese con Mosca; senza prove, li espone e li diffama, cerca insomma di danneggiarli: scusate, ma questa non è “interferenza” nelle elezioni italiote? E pesante, inquisitoria, rozza ed offensiva. Oltretutto, che Salvini sia a favore della politica russa, lo dice lui stesso. Mica c’è bisogno delle 17 agenzie Usa per saperlo.
Forse, adesso, è vietato dire che la Russia ha ragione e gli Usa torto? Nelle democrazie occidentali possono esistere solo politici filo-sionisti e filo-americani? Oggi anche filo-sauditi? Ai leader che ammirano Putin bisogna negare l’agibilità politica? Escluderli dalle elezioni? Vorremmo saperlo: non dal Dipartimento di Stato (conosciamo già il suo amore per la democrazia sparsa con le bombe), ma da Molinari il direttore di La Stampa: se la sente di scrivere che non bisogna votare Lega e 5 Stelle perché – secondo il governo Usa che ne ha le prove segrete – sono complici della Russia? E che questo è un delitto perché la Russia è stata dichiarata il Nemico?
Giusto per sapere con che libidini totalitarie vengono coltivate nelle direzioni di certi giornali.
Ché poi, lasciamo perdere il 5 Stelle, perché è stato avvisato, e si è ravveduto. Scrive Mastrolilli: “Il deputato repubblicano Francis Rooney, ex ambasciatore americano presso la Santa Sede e quindi esperto di Italia, ci ha spiegato che «sono stato io a raccontare a Di Maio l’offensiva russa per influenzare le nostre elezioni, non viceversa». E Di Maio si è subito adeguato: “Il movimento non ha nulla a che fare con certe formazioni xenofobe e antagoniste che crescono un po’ ovunque in Europa”, ha giurato – nelle mani di Macron.
Quindi, la pesante interferenza americana verso il 5 Stelle è confermata. Non risulta l’opposto, ossia che un “ex ambasciatore” russo abbia “avvicinato” Di Maio per dargli gli stessi avvertimenti contro gli Usa. O ci sono le prove? Ma già, il Dipartimento di Stato forse le ha ma non le può dare, altrimenti viola la legge.
Chiedo a Molinari: se non vergogna, un po’ di senso del ridicolo a prestarsi a simili odiose e ridicole panzane, no, vero? Non gli scappa da ridere?
Ma intanto abbiamo tralasciato il tema: “Gli USA: Fake News russe in Italia”. Basta poco per capire che la fonte primaria di questo allarme nuovo(oltre quello vecchio del Dip di Stato) è il New York Times.
Lo ha spiegato l’agenzia AGI il 25novembre: “Il New York Times ha dedicato una lunga inchiesta al rischio esposizione del nostro Paese a campagne di fake news finalizzate al condizionamento delle opinioni degli elettori in vista delle prossime politiche”.
Apprendiamo che L’articolo è stato stilato “dal corrispondente per l’Italia Jason Horowitz considera il nostro Paese come un “probabile obiettivo” della strategia di destabilizzazione che ha già influenzato gli elettori olandesi, francesi e, come si è scoperto [sic!], anche inglesi durante le ultime tornate elettorali”.
E dove si è documentato, questo infallibile giornalista Horowitz? Ha una entratura al Dipartimento di Stato? Macché:
“L’inchiesta del Times – scrive l’Agi – parte da un report che arriva da Ghost Data, società che fa capo al consulente di Matteo Renzi sulla cybersecurity Andrea Stroppa, esperto di cyber security. Lo studio condiviso da Stroppa che, si scopre oggi, è lo stesso che ha imbeccato BuzzFeed News sull’inchiesta di qualche giorno fa su un’altra galassia di siti poco attendibili”.
Come, come? Dunque è stato un amico (o uno stipendiato) da Matteo Renzi e dal suo PD a diffondere il “rapporto” sulle Fake News russe. Ma non basta: chi è esattamente questo Andrea Stroppa, che ha imbeccato Horowitz (j) con un suo rapporto sui russi che mandano fake news che poi Salvini e i 5 Stelle diffonderebbero?
Lo scopre il Corriere della Sera, ed è tutto dire:
“C’è il rischio che le prossime elezioni vengano inquinate da fake news. È quanto ha denunciato il New York Times, partendo da un report di Andrea Stroppa, giovane esperto di cybersicurezza, che ha lavorato con Marco Carrai e oggi collabora con Renzi”.
- Cominciamo a capire: Marco Carrai, il più noto esperto di sicurezza in Italia, il consigliere intimo di Matteo Renzi, il suo Richelieu (ha scritto qualche giornale). Ebbene: ricordare che Marco Carrai è un israeliano almeno quanto Molinari, è dir poco. La sua ditta, Cys4, “nata con l’obiettivo di fare affari nella cyber security”, ha come grande socio Ofer Malka, imprenditore israeliano”. Inoltre, Carrai è ” amico di Mihael Leeden” (“una spia del Mossad”, per il Fatto Quotidiano, forse semplificando troppo).
In agosto, Dagospia segnala Carrai “attovagliato con l’ambasciatore di Israele”.
“Israele è la mia seconda patria, ma non sono agente dei servizi segreti”, gli tocca smentire ad un certo punto.
Facciamola breve: il 26 novembre, persino il Corriere osa sospettare che la “fonte” del New York Times sulle interferenze di Putin , sia in realtà Marco Carrai, l’amico e Richelieu di Renzi e israeliano:
“Fake news, Marco Carrai e l’inchiesta del New York Times: «Dietro quell’articolo non c’è il mio zampino»
Testo: “C’è il rischio che le elezioni italiane vengano inquinate da fake news. È quanto ha denunciato il New York Times, partendo da un report di Andrea Stroppa, giovane esperto di cybersicurezza, che ha lavorato con Marco Carrai e oggi collabora con Renzi.
Carrai, c’è il suo zampino dietro la pubblicazione di questo articolo sul «Nyt»?
«Non esiste. Ecco, questo è un esempio di fake news».
«Non esiste. Ecco, questo è un esempio di fake news».
È stata la sua società di sorveglianza informatica, dove lavora anche Stroppa, a girare il report al «Nyt»?«Lo escludo nel modo più totale. Stroppa lo conosco e per un periodo ha collaborato con una mia società. Chiunque può andare al registro delle Camere di commercio e vedere che non ho mai avuto società con lui».
Quando ha sentito l’ultima volta Stroppa?
«Ci siamo parlati qualche giorno fa perché ha avuto un incidente».
«Ci siamo parlati qualche giorno fa perché ha avuto un incidente».
Ci siamo capiti: è un circolo vizioso di “notizie create” tra indossatori di yarmulke e sayanim, divorati dallo zelo per la casa di Israele. La Stampadi Molinari ha sparato in prima pagina le fake news uscite dall’ambiente di Marco Carrai e di Renzi per dare una mano ad estendere la paranoia RussiaGate americanoide e bollare Salvini e 5 Stelle come servi del loro Nemico. Che deve essere anche il nostro.
Il resto dell’intervista al sayan Marco Carrai è tutta da sottolineare:
C’è davvero un’emergenza fake news?
«Assolutamente sì, in Italia e nel mondo. Un tempo l’informazione era verticale, garantita da una auctoritas e divulgata solo dai quotidiani. Ad esempio, per le informazioni sull’economia l’Istat e la Banca centrale erano il riferimento autorevole. Oggi invece grazie ai social, l’informazione è diventata orizzontale: si autoalimenta e per i follower diventa vero solo ciò che è virale. Capisce che questo può dare forza e palcoscenico agli istinti più distruttivi delle persone».
«Assolutamente sì, in Italia e nel mondo. Un tempo l’informazione era verticale, garantita da una auctoritas e divulgata solo dai quotidiani. Ad esempio, per le informazioni sull’economia l’Istat e la Banca centrale erano il riferimento autorevole. Oggi invece grazie ai social, l’informazione è diventata orizzontale: si autoalimenta e per i follower diventa vero solo ciò che è virale. Capisce che questo può dare forza e palcoscenico agli istinti più distruttivi delle persone».
Ha ragione a lamentarsi. Era più facile per i Padroni del Discorso quando “l’informazione era verticale”, la “auctoritas era garantita dai giornali”, e bastava dunque mettere un direttore yarmulke nella poltrona di ogni testata per impedire al pubblico di accedere ad altre voci e informazioni non autorizzate.
Ma il Carrai sta per dirci che stanno già correndo ai ripari:
Corriere. Il grande manovratore delle fake news è Putin?
«Stento a credere ai complotti, ma chi vuole avere egemonia sul mondo, un tempo faceva propaganda, oggi utilizza i social network».
«Stento a credere ai complotti, ma chi vuole avere egemonia sul mondo, un tempo faceva propaganda, oggi utilizza i social network».
Qual è il vostro piano per arginare il fenomeno?
«Stiamo lavorando con uno scienziato di fama internazionale alla creazione di un “algoritmo verità”, che tramite artificial intelligence riesca a capire se una notizia è falsa”.
«Stiamo lavorando con uno scienziato di fama internazionale alla creazione di un “algoritmo verità”, che tramite artificial intelligence riesca a capire se una notizia è falsa”.
Perfetto: saremo giudicati dall’Algorimo-Verità. L’insindacabile software che ci censurerà ed eliminerà del discorso pubblico a cui stanno studiando in Israele. Secondo me, questo AlgoritmoVerità è già disposizione di alcuni alti personaggi. Il Molinari direttore de La Stampa ha l’algoritmo verità, come vedete dal titolo. Anche la Boldrini ha l’algoritmo verità che le dice quali blog sono da chiudere.
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