Al di là delle posizioni politiche e delle soluzioni proposte nell’articolo – condivisibili o meno, realistiche  o meno – pubblicato sul World Socialist Web Site, la recente quotazione in borsa della società Uber ci offre l’occasione di sottolineare la triste fine di una grande parte dell’economia osannata a suo tempo come “sharing economy”. Il magico mondo in cui grazie ai prodigi dell’informatica l’incontro totalmente libero di domanda e offerta tra attori economici di ogni tipo avrebbe dovuto portare a benefìci per tutti si è trasformato in molti casi in un’economia dello sfruttamento, dove l’uso di piattaforme informatiche è semplicemente un pretesto per spremere lavoratori dipendenti sottopagati mascherati da liberi prestatori di servizi. E i benefìci, lungi dall’essere distribuiti tra tutti, si accumulano nelle tasche di pochi.   

di Shannon Jones, 11 maggio 2019


Giovedì (9 maggio, ndt) la valutazione della società di trasporti automobilistici Uber ha raggiunto 82,4 miliardi di dollari, in seguito alla quotazione in borsa del suo titolo, in una delle offerte pubbliche iniziali più grandi negli Stati Uniti dopo quella di Facebook. La vendita ha ulteriormente arricchito gli investitori, raccogliendo circa 8 miliardi per la società.

Importanti case d’investimento, tra cui Goldman Sachs e Morgan Stanley, hanno sottoscritto azioni. Altri investitori facoltosi hanno ottenuto enormi somme, con alcuni clienti di Goldman Sachs che hanno intascato un miliardo. La quota del fondatore di Uber, Garret Camp, ora vale 3,7 miliardi, mentre il cofondatore Travis Kalanick possiede 5,3 miliardi di azioni Uber.

L’attuale capitalizzazione di mercato di 82,4 miliardi di dollari di Uber è ai livelli di quella di circa 52 miliardi della General Motors e 41 miliardi della Ford. I principali investitori di Uber includono il fondo sovrano dell’Arabia Saudita, gestito da Softbank con sede in Giappone; Alphabet, la società madre di Google; il gigante dell’auto Toyota; PayPal; e il Ceo miliardario di Amazon, Jeff Bezos.

La quotazione in borsa di Uber segue quella della rivale Lyft, che ha raccolto 2,3 miliardi di dollari, con una capitalizzazione di mercato totale di circa 16 miliardi.

La quotazione in borsa di Uber e Lyft significa che queste società saranno d’ora in avanti soggette alla pressione diretta degli investitori sul mercato, che chiederanno che ottengano profitti. Sia Uber che Lyft attualmente non ne fanno, con Uber che ha perso 1,8 miliardi di dollari l’anno scorso, la più grande perdita di qualsiasi azienda nell’anno precedente a una quotazione.

Le speculazioni finanziarie sul lancio in borsa di Uber saranno seguite da richieste degli investitori di aumenti delle tariffe e ulteriori attacchi ai diritti dei conducenti, già gravemente sottopagati. Questo è stato dichiarato in modo esplicito in un recente rapporto di Uber alla Securities and Exchange Commission degli Stati Uniti. Uber ha scritto: “Poiché puntiamo a ridurre gli incentivi per i conducenti per migliorare le nostre prestazioni finanziarie, prevediamo che in generale l’insoddisfazione dei conducenti aumenterà”.

I guidatori di Uber sono classificati come lavoratori indipendenti, non come impiegati regolari. Pertanto non hanno diritto né all’assicurazione sanitaria, né a giorni di malattia né alle ferie. Inoltre, non sono protetti dalle norme sul salario minimo né dalle regole sugli straordinari, mentre i datori di lavoro sono esenti dai contributi di previdenza sociale e Medicare e dei contributi di assicurazione contro la disoccupazione.

Uno studio dello scorso anno di Larry Mishel dell’ Economic Policy Institute ha concluso che l’effettiva retribuzione oraria di un guidatore di Uber è inferiore a quella del 90% dei lavoratori statunitensi. In altre parole, hanno un reddito a livello di povertà.

I guidatori di Uber e Lyft si sono mobilitati e hanno cominciato a contrattaccare. Mercoledì, migliaia di guidatori di Uber in tutto il mondo hanno condotto scioperi e proteste contro il basso salario, in un momento in cui i dirigenti si stavano infilando contanti nelle tasche.

Nel prendere posizione, i guidatori di Uber e Lyft si oppongono alla precarizzazione del lavoro, che ha visto una proporzione crescente della forza lavoro impiegata nella “gig economy”.

Circa il 36% dei lavoratori statunitensi fa parte della “gig economy” in una forma o nell’altra, il che significa che la loro fonte primaria di reddito è precaria, come un lavoro part-time senza benefit, o che sono costretti a cercare fonti alternative di reddito per compensare il declino delle retribuzioni e dei benefit di una occupazione standard.

Come un autista di Uber a San Francisco ha dichiarato al World Socialist Web Site : “Lasciatemi dire che sono stufo di guidare i milionari dell’hi tech di San Francisco a cene che costano più di quanto guadagno in un giorno, con addosso scarpe che costano più di quanto guadagno in una settimana, prelevandoli da appartamenti che costano di più al mese di quanto guadagno io in un anno… mentre io campo con la mia macchina per fare sì che un Ceo possa guadagnare 45 milioni di dollari all’anno “.

Questo fa parte di una tendenza più ampia, che ha visto il lavoro part-time e a chiamata diffondersi al settore manifatturiero e ad altre aree dell’economia. Una percentuale crescente di lavoratori autonomi è classificata come temporanea o part-time, il che li priva di qualsiasi sicurezza sul posto di lavoro e dei benefit di base. Negli Stati Uniti, Amazon ha istituito una “CamperForce”, che impiega lavoratori migranti, in gran parte anziani, costretti a vivere in camper per seguire le offerte di lavoro stagionali.

La stessa tecnologia di dispositivi e Internet che ha reso possibile la diffusione dell’occupazione organizzata attraverso app ha anche facilitato l’organizzazione dell’opposizione sociale attraverso piattaforme come Facebook.

L’azione a livello mondiale dei dipendenti di Uber e Lyft, che hanno effettuato simultaneamente scioperi in tutto il mondo – negli Stati Uniti, Regno Unito, Brasile, Kenya, Nigeria, Costa Rica, Panama, Cile, Francia, Giappone e India – è un presagio del futuro. Dimostra l’unità oggettiva della classe operaia internazionale, che è unita come mai prima in una rete economica globale. I lavoratori di ogni paese sono sfruttati dallo stesso sistema economico capitalista e in molti casi dagli stessi datori di lavoro.

L’azione dei guidatori di Uber e Lyft fa parte di un movimento crescente della classe operaia internazionale, compresi gli insegnanti negli Stati Uniti, i lavoratori delle maquiladora in Messico, i “gilet gialli” in Francia e le dimostrazioni di massa dei lavoratori in Algeria. Queste lotte si sono sviluppate in gran parte indipendentemente e in opposizione ai sindacati esistenti.

È una conferma della prospettiva combattuta dal Comitato Internazionale della Quarta Internazionale per la quale, data la natura sempre più globale della produzione, non solo il contenuto della lotta di classe, ma anche la sua forma deve assumere un carattere globale.

I tentativi dei sindacati di intervenire per strangolare la lotta dei lavoratori in un paese dopo l’altro sottolineano il carattere reazionario di queste organizzazioni, radicate nel sistema dello stato nazione e nella difesa del capitalismo. Rappresentano ostacoli alla necessità imperativa di unificazione globale della classe operaia.

Nuove organizzazioni – comitati di base nelle fabbriche e nei posti di lavoro, indipendenti dai sindacati – sono urgentemente necessarie per unificare le lotte di diverse sezioni della classe lavoratrice a livello internazionale. Se i conducenti di Uber e Lyft possono iniziare a organizzarsi autonomamente, possono farlo anche i lavoratori del settore automobilistico, i lavoratori di Amazon e tutte le aree della classe lavoratrice.

Allo stesso tempo, la classe operaia deve condurre la sua lotta su una prospettiva basata sulla liberazione delle forze produttive dalla morsa degli oligarchi aziendali.

Sotto il capitalismo, gli sviluppi della scienza e della tecnologia, come Internet, la proliferazione di telefoni cellulari, il GPS e la tecnologia dell’auto senza conducente sono usati per arricchire la classe di proprietari e investitori aziendali, piuttosto che migliorare la qualità della vita della maggioranza. Nel frattempo, la rivalità tra stati-nazione entra continuamente in conflitto con lo sviluppo razionale dell’economia globale, sollevando lo spettro della guerra commerciale e mondiale. Il potenziale progressivo delle conquiste della conoscenza dell’umanità può essere realizzato solo quando la classe operaia, la grande maggioranza della società, prende il controllo delle forze produttive e le organizza su scala globale, in modo razionale e pianificato. Per portare avanti questa trasformazione, la classe operaia richiede un movimento politico internazionale basato su un programma socialista volto a mettere il potere nelle sue mani. Questa è la lotta avanzata dal Comitato Internazionale della Quarta Internazionale, dalle sue sezioni affiliate e dal World Socialist Web Site .