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martedì 28 maggio 2019

Quando raglia l'asino col camice bianco

a) La medicina non è una scienza.
La matematica, la logica, la biologia, la chimica e la fisica sono scienze. La medicina è una pratica. 
E il motivo di questa distinzione non è piccolo né insignificante: le scienze sono esatte nella misura in cui fanno riferimento a modelli teorici. In teoria, infatti, 2+2 farà sempre 4 all'interno di un determinato sistema di calcolo. In medicina però non si lavora su modelli teorici, su numeri e teorie astratte, ma sul corpo delle persone, che è tutt'altro che teorico o astratto. Per chi avesse difficoltà a capire la differenza: le teorie sono basate su modelli teorici, calcoli matematici. 
La pratica si confronta con contesti reali: un corpo umano che reagisce in modo sempre e comunque diverso da qualsiasi altro corpo umano allo stesso medicinale, allo stesso trattamento, perché ogni singola persona è diversa da un'altra. Figurarsi poi considerando gli infiniti elementi di contesto: alimentazione, età, stato di salute, abitudini, anamnesi – solo per dirne alcune.


E qui sta il punto: quando si tenta di forzare la medicina a diventare una scienza, ad esempio con scemenze come la teoria dell'effetto gregge, i risultati sono catastrofici. Perché se anche in teoria, sui numeri, si può calcolare che superando il 95% di soglia vaccinale ecco che il morbillo smette di diffondersi, la pratica poi sbugiarda questa bella teoria. Ed ecco che abbiamo contagi e vere e proprie epidemie anche in popolazioni vaccinate al 95, al 96, al 97, 98, al 99 e persino al 100%. e non “qualche volta”: un sacco di volte. Perché? 

Perché le teorie pretendono di semplificare la realtà, che è composta di TANTISSIMI fattori, riducendola a poche variabili. E quando la realtà sbugiarda queste teorie, cosa fanno gli asini in camice bianco? Forse che ammettano che no, la medicina s'è sbagliata, amen? Ma figurarsi, strepitano che le loro teorie sono validissime: è la realtà a sbagliarsi. E quindi la negano, la ignorano, la squalificano costantemente, piegando il dato di fatto alle loro tanto amate teorie, al loro tentativo, comico quando non criminale, di trattare la medicina come fosse una scienza. 


b) I vaccini salvano delle vite?


Tra tutte le ragliate degli uomini in camice bianco, questa è una delle più grottesche. Vedete, le vaccinazioni sono trattamenti sanitari preventivi. Vengono inoculati a persone sane, nella ipotesi che prevengano patologie future. Le cure mediche sono invece trattamenti di una patologia presente, e vengono somministrate a persone malate, per cercare di aiutarle a guarire. Ciò premesso, affermare che un vaccino abbia salvato la vita anche una sola persona è scientificamente una emerita scemenza. Il perché è semplice: quando una persona viene vaccinata è sana, dunque non sta rischiando proprio un bel niente. Se in seguito “non si ammala” o se “non muore” per una malattia, non è scientificamente provabile che la causa sia stata la vaccinazione. Sarebbe come affermare che tal dei tali “non è morto investito da un autobus perché ha detto le preghiere prima di uscire”. 

L'unico criterio che può essere usato per indicare queste correlazioni è quello statistico, e difatti è sulla statistica che ci si appoggia per rivendicare queste strabilianti vittorie della medicina preventiva. Peccato però che la statistica possa solo indicare una correlazione teorica e non possa indicare in alcun modo una correlazione causale. Sì: in quella regione tre anni fa sono morti 100 bambini per complicanze da morbillo. Sì, l'anno scorso abbiamo fatto il vaccino a tutti i bambini della regione, sì, quest'anno sono morti 50 bambini. Correlazione statistica: ma scientificamente provata? 

No, scientificamente NON provata. Nessun nesso di causalità, ci spiace tanto. Perché questo elemento è particolarmente importante? Perché dimostra precisamente come gli asini in camice bianco pretendano di trasformare la medicina in una scienza, quando non lo è: è una pratica, che lavora sull'approssimazione. Non è una scienza, che lavora su calcoli precisi ed esatti. Spacciarla per scienza è una pura e semplice truffa. Umanamente patetica, pragmaticamente assai pericolosa, visto che il palio ci sono la salute e la stessa vita delle persone, non cifre teoriche. Ma quel che può apparire un tentativo grottesco in buona fede, diventa invece criminale e in mala fede quando gli stessi asini in camice bianco che pretendono di affermare che “i vaccini salvano vite” ragliano a tutto spiano che “non c'è correlazione tra vaccinazione e reazione avversa grave”. 

Ma come? Prima si usa la sola correlazione statistica, si ignora la totale assenza di un nesso causale provabile tra vaccinazione e “non morte” e si spaccia come un “dato scientifico” che “i vaccini salvano vite” e poi la stessa correlazione statistica diventa del tutto inutilizzabile quando correla le vaccinazioni stesse alle reazioni avverse peggiori, agli aborti delle donne gravide, alle morti in culla? Eh no, cari asini col camice bianco: qui i casi sono due: o la correlazione statistica è scientificamente rilevante per tutte e due le cose, oppure non vale per nessuna delle due. c) la medicina è un toccasana proprio.

Quando scrivo che questa tensione a trasformare la medicina in una scienza è criminale, lo scrivo per questo motivo: negli USA la terza causa di morte è la medicina. Le terapie mediche sono il killer numero tre delle popolazioni industrializzate. Perché? Perché nel cercare di spacciare la medicina per una scienza, i dottori si sono scordati di visitare i loro pazienti, di valutare i casi singolarmente, uno per uno, usando esperienza, osservazione, intuito e attenzione. 

Le fila di asini raglianti in camice bianco che vengono sfornati in serie, come cloni, dalle università considerano solo i loro bei modelli teorici, si basano sulle indicazioni scritte nei libri, su studi condotti chissà dove, su chissà chi, con chissà che criteri e non fanno che prescrivere pilloline, punture, farmaci di cui nemmeno conoscono davvero effetti e controindicazioni. Fare il medico è diventato un lavoro da burocrate, un gioco al pc in cui i pazienti sono solo caselle da riempire di medicinali a seconda dei sintomi standard - non più persone, ciascuna unica, da osservare, conoscere, comprendere per poterla aiutare a restare o tornare sana. “Curare” è diventato “spacciare farmaci”, e il “primum non nocere” è finito allegramente giù per il tubo del cesso. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: la medicina non ti cura più: prima ti insulta, poi ti ammazza. 

Stefano Re

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