Secondo le statistiche, nel 2017, negli Stati Uniti, più di 7 milioni di persone oltre i 65 anni di età sono state rinvenute in stato di povertà, assoluta o relativa. La causa risiede, nella maggior parte dei casi, nella debolezza del sistema previdenziale statunitense. Il modello di welfare liberale, infatti, caratteristico dei paesi anglosassoni (Regno Unito, Stati Uniti, Nuova Zelanda, Canada), fornisce un basso livello di protezione sociale e prevede un elevato ricorso al mercato per l’acquisto di assicurazioni private, tra cui, oltre a quella sanitaria, anche quella previdenziale. L’obiettivo di questo modello sarebbe quello di creare una rete di protezione sociale minima per tutti, a cui può essere aggiunta – su base volontaria – un’ulteriore assicurazione privata ottenibile sul libero mercato; ma, nella realtà dei fatti, 85 milioni di americani non hanno dei fondi pensione e la maggior parte di loro ha stipulato piani assicurativi fortemente inadeguati. 
La soluzione? 
Scrive Teresa Ghilarducci, professoressa di economia e direttrice della New School for Social Research’s Retirement Equity Lab: «America romances low wage jobs and obsessively depends on work as the answer. No friends? Answer: work. Lack structure in your day? Answer: work. No pensions? Answer: work». 
È, infatti, una ben consolidata politica quella di incoraggiare gli anziani a continuare a lavorare fino – almeno – ai 70 anni di età: «The Social Security system rewards people for delaying claiming their Social Security benefits until the age of 70. Lifetime benefits rise by 70% if you delay claiming for 8 years between 62 and 70». Peccato, però, che solo l’8% degli statunitensi sia nelle condizioni di ritardare il proprio pensionamento; avviene così che la maggior parte delle persone richieda comunque la propria quota prima dei 65 anni, quota che, in moltissimi casi, non è sufficiente a garantire delle condizioni di vita dignitose.
Siccome al peggio non c’è mai fine, i disagi sociali, frutto di un certo sistema economico e politico, tendono a sommarsi, con esiti del tutto drammatici. Secondo l’OECD, infatti, negli Stati Uniti un lavoro su cinque è sottopagato.
Oltre al danno, dunque, anche la beffa. Non solo i lavoratori di età cronologicamente più avanzata rischiano di trovarsi in serie difficoltà economiche al sopraggiungere della pensione, ma l’unica risposta economica e sociale che sembra venire offerta loro è quella di un misero lavoro a basso livello salariale: «The jobs older Americans have aren’t great, 15% of older Americans with college educations earn less than $15 per hour».
Insomma: non è sufficiente sfruttare i giovani – che si sa, hanno tutto da imparare, e devono fare la gavetta; che poi, con la suddetta gavetta, si possa anche non arrivare da nessuna parte, quello è un altro discorso -, ma ci si sente pure autorizzati a sfruttare gli anziani, con l’ipocrita scusa che, così facendo, li si salva dalla povertà! Incredibile a dirsi, ma è proprio così: il sistema pensionistico statunitense favorisce, seppur indirettamente, il lavoro a basso costo – di denaro, ma alto in termini di ore e stress psico-fisico. D’altronde è chiaro: perché si possa sfruttare vi devono essere degli sfruttabili, ossia persone che non avendo alternative siano disposte al tutto e per tutto. 
Assurdità per assurdità, non solo queste iniquità sono garantite dallo sistema previdenziale (sic!), ma sono oltretutto cavalcate, senza ritegno, da certe organizzazioni benefiche – che poi, benefiche: l’unico beneficio di immediato riscontro è quello delle nutrite donazioni che vengono incamerate nei loro forzieri.
È il caso dell’AARP che, recita il suo slogan, “Lotta per un futuro senza povertà senile!”. La notizia, di poche settimane fa, è dell’avvenuto accordo siglato tra la fondazione e – signori e signore! – una multinazionale d’eccezionale, uno dei brand che hanno fatto l’America e che potrà dare una speranza a tutti gli over50 senza futuro: McDonald’s
Avete capito bene: siccome i giovani non possono essere adeguatamente sfruttati in determinate fasce orarie – sia mai che vogliano studiare e cercare di costruirsi una nobile professione per il domani -, ben vengano dipendenti più senior a svolgere mansioni ben retribuite, da svolgersi a ritmi notoriamente rilassati. 
In un comunicato stampa, il direttore del personale di McDonald’s, Melissa Kersey, ha dichiarato che: «Grazie, in parte, alla nostra nuova collaborazione con AARP e AARP Foundation, stiamo cercando di rendere McDonald’s un luogo in cui le persone, in ogni fase della loro vita lavorativa, possano vedersi crescere e maturare, portando nel frattempo stabilità e una prospettiva diversa da cui ognuno possa imparare».
Tanto, davvero troppo zuccheroso questo quadretto da Mulino Bianco, mentre nel retrobottega Banderas s’è già mangiato tutte le uova, insieme alla gallina.