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mercoledì 6 giugno 2018


Farmaci: prima causa di morte al mondo


In Italia ogni anno a causa di una qualche malattia muoiono circa 600.000 persone.
Le principali cause sono: malattie ischemiche del cuore (69.653), cerebrovascolari (57.230) e altre malattie del cuore (49.554), poi è la volta dei tumori maligni (33.386), malattie ipertensive (30.690), demenza e Alzheimer (26.600), malattie respiratorie (20.234), diabete mellito (20.183), tumori di colon/retto (18.671), tumore seno (12.330), tumori al pancreas (11.186) e via via fino al suicidio (4.147) all’ultimo posto.
Raggruppando le prime tre sotto la voce «malattie cardiovascolari», dato che interessano lo stesso apparato, si raggiunge la cifra di 184.737 morti all’anno. I tumori invece uccidono all’incirca 125.000 persone.
Ecco spiegata la solita classificazione della mortalità che vuole al primo posto le malattie cardiovascolari poi i tumori. Ma è proprio così?
Dai dati Istat non esisterebbero le «morti iatrogene», cioè tutte quelle morti dovute a errori medici o date dagli effetti collaterali dei farmaci.
Come mai questa mancanza anomala visto che si tratta di una delle prime cause di morte al mondo?
Errori medici
Mentre da noi le morti iatrogene sono un mistero, il British Medical Journal una delle riviste scientifiche più accreditate al mondo se ne esce denunciando l’impatto che queste morti hanno sulla salute pubblica e sulle casse dei sistemi sanitari.
Il 3 maggio 2016 con un titolo inequivocabile «Errori medici, terza causa di morte in USA» («Medical error – the third leading cause of death in the US») il BMJ pubblica uno studio epocale.
Lo firmano l’oncologo Martin Makary e il suo allievo Michael Daniel del Dipartimento di chirurgia della Scuola di Medicina della Johns Hopkins University di Baltimora negli Stati Uniti.
Secondo i ricercatori gli errori medici in America uccidono più di 250.000 persone ogni anno su un totale di circa 2,6 milioni di decessi.
Negli States quindi il 10% delle morti per malattia sono causate da errori umani e/o da farmaci.
Classificazione internazionale: il problema però è ancora più serio perché a livello internazionale quando muore una persona in ospedale il medico deve compilare un certificato assegnando un codice ICD (International Classification of Disease).
Ogni malattia ha un numero ben preciso, ma se per assurdo una causa di morte NON è associata ad un codice, cioè non è contemplata nel manuale, in teoria non dovrebbe esistere.
Ecco il punto cruciale: «il fattore umano» sfugge a tale conteggio!
Tutte le cause di morte non associate a un codice semplicemente non vengono registrate come “errori”, ma sotto un’altra voce…
Per l’OMS, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, sono 117 i Paesi ad aver adottato la codifica ICD.
Come allora codificare e misurare l’errore umano?
Hanno cercato di farlo gli autori dello studio del B.M.J. sopracitato analizzando gli studi dal 1999 in poi ed estrapolando il dato in base al numero di ricoveri ospedalieri.
Manuale ICD-9-CM: nella versione italiana di 1120 pagine della ICD-9-CM si parla solo di «Avvelenamento da farmaci, medicamenti e prodotti biologici», quindi non si contemplano i danni come effetti collaterali.
Quanto è grande il problema?
Il dato americano catastrofico è sottostimato… In America la fonte che riporta le stime dei decessi annuali causati da errori medici è un report datato 1999 molto limitato e obsoleto dell’Istituto di Medicina. Questo report parla di una media che va da 44.000 a 98.000 decessi annuali.
Un altro rapporto del 2004 riguardante i decessi di pazienti ricoverati associati all’Agenzia per la Qualità nella Sanità e per la Verifica della Sicurezza del Paziente riferita alla popolazione con assistenza sanitaria, ha stimato che 575.000 decessi sono stati causati da errori medici in tre anni, tra il 2000 e il 2002. Il che rappresenta poco meno di 200.000 morti all’anno. Il Ministero della Salute americano esaminando gli archivi dei ricoverati nel 2009 riportò che 180.000 decessi tra coloro aventi assicurazione sanitaria erano dovuti a errori medici.
Death by Medicine
Un documento illuminante del 2004 si intitola «Death by Medicine» ed è firmato da un gruppo di ricercatori americani. Secondo il rapporto le persone che finiscono in ospedale ogni anno in America a seguito di reazioni avverse sarebbe di oltre 2,2 milioni; circa 20 milioni sono gli antibiotici non necessari prescritti annualmente e 7,5 milioni sono le persone che subiscono procedure mediche e chirurgiche non necessarie. Gli ospedalizzati inutilmente sarebbero 9 milioni.
Le stime fanno impallidire: 783.936 gli americani che muoiono ogni anno a causa della malasanità. Di questi oltre 106.000 americani morirebbero SOLO per gli effetti collaterali dei farmaci.
Una ecatombe ogni anno. Se questi dati sono veritieri il podio delle morti spetta al caduceo col serpente attorcigliato…
Situazione italiana: secondo il Rapporto sulle «Attività di ricovero ospedaliero» del Ministero della salute italiano nel 2016 vi sono stati 8.692.371 ricoveri ospedalieri. Negli ultimi trent’anni l’Italia è rimasto uno degli ultimi paesi occidentali nel quale si esala l’ultimo respiro più spesso nella propria abitazione, poi vi è stata una inversione di tendenza nell’ospedalizzazione della morte. Oggi la percentuale media dei decessi in ospedale raggiunge il 42%, con punte del 47% al Centro Nord e del 32% al Sud e isole.
Quasi la metà delle persone muore in ospedale, e quante muoiono per cause iatrogene?
I medici ammazzano 6 pazienti su 100
In Italia ogni anno tra i ricoverati in ospedale «i medici ammazzano 6 pazienti ogni 100».
«Una cifra impressionante, ma che non stupisce, per la quantità di casi di malasanità di cui si viene a conoscenza». E’ uno dei dati più significativi e inquietanti emersi dal Simposio Internazionale di salute pubblica organizzato dall’Ordine dei medici chirurghi e odontoiatri della provincia di Varese nel 2005 dal titolo: «La medicina centrata sulla sicurezza del paziente».
Ecco perché l’errore medico è diventato la preoccupazione maggiore dei sistemi sanitari odierni.
Se questo 6% è corretto e se lo applicassimo a tutti i ricoveri ospedalieri, tenendo conto che oggi sono oltre 9 milioni all’anno, i morti si aggirerebbero attorno ai 500.000! Ovviamente dai 9 milioni di ricoveri vanno tolti tutti i ricoveri non gravi, e questo è il motivo per cui è difficilissimo stabilire il numero esatto di decessi causati dai medici.
Qualche dato ufficiale in più arriva dalla rivista “Rischio Sanità” del 2001: «su 8 milioni di persone che ogni anno vengono ricoverate negli ospedali italiani, ben 320.000 ne escono con danni, menomazioni e malattie che non sono correlate con il motivo che le ha portate al ricovero, ma sono dovute agli errori nelle cure ed ai disservizi ospedalieri. Errori e disservizi che fanno sì che tra questi 320.000 danneggiati ben 50.000 (ossia quasi 10 volte i morti per incidente stradale) muoiono».
Quindi gli errori commessi dai medici hanno una mortalità che supera il 15%.
Dati questi del 2001, per cui se venissero aggiornati tenendo conto degli attuali 9 milioni di ricoveri, le persone che ogni anno subiscono un danno più o meno grave dall’apparato medico sarebbero circa 360.000, con la conseguente crescita anche delle morti.
Quanti dei 50-60.000 morti all’anno per errori medici sono dovuti agli effetti collaterali dei farmaci?
Pharmakiller: si possono estrapolare dati statistici partendo dal presupposto che i vari sistemi sanitari compiano gli stessi errori nei vari paesi occidentali.
Negli Stati Uniti ogni anno muoiono per farmaci/vaccini oltre 100.000 persone, e tenendo conto che il rapporto tra la popolazione italiana è circa un quinto di quella americana, da noi ogni anno potrebbero morire a seguito di effetti avversi ai farmaci circa 20.000 persone.
La conferma di questa stima arriva da uno studio norvegese, condotto in modo accurato, che ha calcolato nel 9-10% la percentuale delle persone morte in ospedale per ragioni direttamente connesse ai farmaci. Siccome un terzo delle morti avviene in ospedale le percentuali portano ad una stima di circa 20.000 morti a causa dei farmaci.
Quindi su quelle 50.000 morti per cause iatrogene in Italia, quasi la metà, ben 20.000 potrebbero essere dovute alle molecole chimiche.
Numeri preoccupanti che nessuno ha il coraggio di denunciare, ma ancora ampiamente in difetto…
Le persone che ogni anno muoiono (a casa o in ospedale) per malattia cardiovascolare sono morte a causa della patologia o dei farmaci? Mix di droghe come antipertensivi, anticoagulanti, statine per il colesterolo, protettori gastrici, inibitori di pompa, antiacidi, ecc.
Le persone che ogni anno muoiono (a casa o in ospedale) per tumore sono morte per la patologia o per i protocolli imposti dal Sistema sanitario: chemio e radioterapia?
Mentre nel primo caso i dati non ci sono, in ambito oncologico le conferme esistono.
La chemioterapia ha effetti molto negativi sul cuore al punto che 1 paziente su 3 muore non di cancro ma a causa delle terapie oncologiche.
Lo studio pubblicato sul «Journal of the American College of Cardiology» ha analizzato le cause di decesso in 1807 pazienti sopravvissuti al cancro. A distanza di 7 anni circa il 33% muore per disturbi cardiaci e il 51% per la malattia per la quale era in cura, cioè di tumore. Vista questa altissima mortalità entro un settennio dall’inizio delle cure, sarebbe molto interessante conoscere i dati di sopravvivenza dopo 10 o 20 anni…
Detto questo, sapendo che in Italia sono oltre 170.000 le persone che ufficialmente muoiono “di cancro” ogni anno, si potrebbe dedurre che circa 50.000 persone potrebbero essere uccise ogni anno dalla chemioterapia!
C’è anche lo studio pubblicato nel dicembre 2004 su “Clinical Oncology” dal titolo: «Il contributo della chemioterapia citotossica alla sopravvivenza a cinque anni dei tumori in adulti».
Il loro meticoloso studio si è basato sulle analisi di tutti gli studi clinici randomizzati (RTC) condotti in Australia e negli Stati Uniti, nel periodo da gennaio 1990 a gennaio 2004. L’analisi ha interessato 225.000 persone malate nei 22 tipi di tumori più diffusi, e «curate» solo con chemioterapia.
Quando i dati erano incerti, gli autori hanno deliberatamente stimato in eccesso i benefici della chemioterapia. Nonostante questo, lo studio ha concluso che la chemioterapia non contribuisce più del 2% alla sopravvivenza (Australia 2,3% e Stati Uniti 2,1%).
Se la chemio contribuisce per un miserrimo 2% alla sopravvivenza, il rimanente 98% che fine fa? Sono vivi o no?
A confermare la pericolosità della chemioterapia arriva uno studio recentissimo del 31 agosto 2016 pubblicato da “Lancet Oncology” dal titolo: «Studio osservazionale sulla mortalità a trenta giorni dopo il trattamento antitumorale per il cancro al seno e al polmone in Inghilterra».
Secondo la ricerca la chemioterapia può nuocere gravemente fino al 50% dei pazienti.
Per la prima volta i ricercatori inglesi hanno esaminato il numero di malati deceduti entro trenta giorni dall’inizio della chemioterapia e il risultato conferma il rischio dei protocolli medici oncologici.
L’indagine ha rilevato che in Inghilterra circa l’8,4% dei pazienti con cancro del polmone e il 2,4% di quelli affetti da tumore del seno sono deceduti entro 30 giorni dall’avvio del trattamento, ma in alcuni ospedali si supera addirittura il 50%!
Quindi in Italia i morti causati dalla chemio superano sicuramente i morti causati dal cancro!
Esempio FANS
I FANS sono farmaci antinfiammatori non steroidei molto potenti, pericolosi e utilizzati da milioni di persone. Il più famoso è l’aspirina!
Ogni anno diverse migliaia di persone (limitandosi solo da due degli effetti collaterali più noti) vengono uccise da ulcere gastriche sanguinanti e crisi cardiache provocate da questi medicinali.
Ovviamente all’atto della registrazione la causa di morte sarà «infarto» o «perforazione gastrica» e non «effetto collaterale del farmaco».
Una stima fatta in Inghilterra sui morti per ulcere perforate tra gli utilizzatori di questi farmaci denunciava circa 3.700 morti all’anno. Applicando questa stima alla popolazione americana e italiana si possono attendere da noi circa 4.000 morti e 20.000 ogni anno negli States, e solo per un farmaco.
I 10 farmaci più prescritti nel 2015: i primi dieci principi attivi convenzionati sono: Pantoprazolo: inibitore pompa protonica (296 milioni di EUR), Rosuvastatina: ipercolesterolemia (268 milioni), Salmeterolo: broncodilatatore (247 milioni), Lansoprazolo: inibitore pompa (227milioni), Atorvastatina: ipercolesterolemia (202 milioni), Omeprazolo: inibitore pompa (193 milioni), Amoxicillina: antibiotico (178 milioni), Simvastatina: ipercolesterolemia (165 milioni), Esomeprazolo: inibitore pompa (162 milioni), Enoxaparina sodica: prevenzione coaguli (152 milioni).
Tra i primi dieci farmaci più venduti in Italia vi sono quattro inibitori di pompa protonica e ben tre statine. Le statine servono per abbassare il colesterolo, mentre gli inibitori vengono usati per svariate situazioni gastriche (iperacidità, gastrite, ulcere, reflussi, ecc.).
Questi dati sono illuminanti perché mettono in evidenza la situazione culturale e nutrizionale dell’italiano medio che invece di migliorare il proprio stile di vita con movimento, alimentazione, masticazione, ecc. s’imbottisce di droghe i cui effetti collaterali scateneranno altre patologie.
Poi queste patologie saranno curate con altri farmaci e via così fino a morte prematura.
Prendiamo i due farmaci più utilizzati: il Pantoprazolo e la Rosuvastatina e vediamo cosa riportano i foglietti illustrativi.
Pantoprazolo: grave danno alle cellule epatiche, grave infiammazione renale che può portare ad insufficienza; dolore articolazioni e muscoli; aumento enzimi epatici, bilirubina e livelli di grasso nel sangue, ecc.
Rosuvastatina: ipertensione, angina pectoris; polineuropatia e neuropatia periferica; diabete mellito, anomalie della tiroide; incremento transaminasi; mialgia e dolore alla schiena; miopatia; artrite e artralgia…
Solo due farmaci sono in grado di provocare dolori vari, neuropatie e disturbi seri al fegato.
Tutto questo che impatto potrebbe avere sulla salute dei consumatori abituali?
La persona inizia a prendere una statina e/o inibitore di pompa e poco a poco si troverà ad avere problematiche e disfunzioni epatiche (con entrambi i farmaci), ipertensione (con le statine), ipercolesterolemia (con l’antiacido) e dolori alle articolazioni (con tutti e due).
Risultato? Da un farmaco passerà nell’arco di pochissimo tempo a prendere altre medicine per altre patologie, mettendosi in un terreno pericolosissimo che può franare in ictus, infarti, aneurismi, ischemie, ecc.
Sarà un caso che i primi tre principi attivi di automedicazione a maggiore spesa nel 2015 sono antinfiammatori e antidolorifici? Diclofenac (FANS antinfiammatorio), Ibuprofene (FANS antinfiammatorio) e Paracetamolo (analgesico e antipiretico).
Sarà sempre un caso che in Italia diversi milioni di persone soffrono di dolori e/o infiammazioni e per questo stanno ingollando pasticche come caramelle? Questi dolori e/o infiammazioni non potrebbero essere causati proprio dai farmaci?
La medicina ufficiale, come sempre facendo acqua da tutte le parti, non è in grado di dare risposte concrete, figuriamoci nell’eziopatogenesi di queste problematiche, per cui la causa iatrogena non si può scartare a priori…
Conclusione
La situazione è allarmante: centinaia di migliaia di persone ogni anno vengono fisicamente stecchite dai farmaci e nessuno ha il coraggio di denunciarlo!
L’uomo e i bambini sono sempre più ammalati e tra le principali cause proprio i farmaci.
La medicina allopatica, ottusamente centrata sui protocolli (creati dalle industrie) e completamente miope a tutto quello che in Natura esiste, è ormai allo stadio terminale, e prenderne coscienza è fondamentale e prioritario, se ci si vuole salvare la pelle.
Il fallimento dell’intero sistema è provocato da comportamenti criminali, da una profonda ignoranza e dalla corruzione e impotenza degli enti regolatori.
Quindi attualmente, farmaci e vaccini uccidono più delle guerre e della malavita organizzata!

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