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giovedì 31 gennaio 2019

La paura uccide piu’ della malattia

30 gennaio 2019Costume & società, Salute, Scienzaadrenalina, antidiuretico Adh, C.G. Jung, colesterolo, cortisolo, ferritina, glucosio, marker tumorali, patologie., PSAMarcello Pamio
Se non capiamo le immagini dell’inconscio o rifiutiamo la responsabilità morale che abbiamo nei loro confronti vivremo una vita dolorosa» C.G. Jung
La paura è una emozione importantissima che ci avverte di un pericolo.
In Natura la sua funzione è basilare perché, avvertendoci di una situazione rischiosa dà l’opportunità per sopravvivere.
Agli animali però, una volta superato il pericolo, dopo aver lottato o essere fuggiti, la paura non serve più, nell’uomo invece avviene qualcosa di paradossale. L’uomo infatti respira e trasuda paura da ogni mitocondrio cellulare 24 ore su 24.
I “pericoli” non sono le belve feroci della foresta ma semplici pensieri originati dal cervello: paura dei virus, delle malattie, anche la semplice guida dell’auto può diventare fonte di tensioni; per non parlare del lavoro, del terribile titolare, degli esami a scuola o degli esami in ospedale.
Proprio questi ultimi saranno il tema del presente lavoro.
Per il cervello umano pensare e immaginare una situazione o viverla realmente è la medesima cosa. Quindi la paura reale o immaginaria attiva nell’encefalo le aree corrispondenti all’attacco o alla fuga, con cascate ematiche di adrenalina, cortisolo, glucosio e ormoni vari, come l’antidiuretico Adh.
La paura per esistere ha bisogno di un pericolo
Negli animali la paura per esistere deve corrispondere ad un pericolo reale, altrimenti non ha senso, nell’uomo abbiamo detto che la paura può esistere anche se il pericolo è solo immaginato.
Quindi se abbiamo timore di qualcosa (inesistente) creiamo noi stessi il pericolo (reale) così da giustificare il nostro timore!
Un esempio per tutti.
La medicina si avvale di esami specifici chiamati marker tumorali, i cui valori aumentano – secondo la visione ortodossa – quando c’è un cancro. I marcatori sono parametri fissi stabiliti da qualche comitato (i cui membri sono quasi sempre collusi con le industrie del farmaco) e per la medicina allopatica indicano la presenza o meno di un tumore.
Pitagora insegnava la magia dei numeri, ma sicuramente non avrebbe mai immaginato che essi sarebbero stati usati dopo venticinque secoli per decidere la vita o la morte di milioni di persone.
Un uomo di cinquant’anni in piena salute e con la gioia di vivere, consigliato dal proprio medico di fiducia, fa l’esame del Psa. L’esito dà come valore 5 (il limite di “normalità” è 4).
Di punto in bianco la sua salute ferrea inizia a vacillare sotto i colpi del dubbio e della paura, e in men che non si dica si ritroverà a girovagare terrorizzato tra ospedali, urologi e radiologi. La sua tragedia umana finirà con un dito medio nel didietro (quando va bene), oppure con la povera prostata massacrata da decine di buchi eseguiti da un ago lungo 18 cm, usato per prelevare campioni di tessuto.
La sua esistenza è stata letteralmente sconvolta da un semplice numero!
Paradossalmente se il Psa fosse stato 3, la sua vita sarebbe continuata alla perfezione…
Quando una persona con la paura del cancro crede in tali parametri, sta letteralmente mettendo a rischio la sua stessa esistenza.
Come dimostro nel libro “La fabbrica dei malati” i marcatori sono esami fallaci che non dicono nulla e proprio per questo non dovrebbero essere mai usati come screening di massa.
Ma per il pensiero collettivo i marcatori sono affidabili.
Con questo voglio dire che se una persona ha PAURA del cancro e si sottopone agli esami di rito, potrebbe vedere i marker tumorali salire!
LA PAURA HA BISOGNO DI UN PERICOLO! 
La paura del cancro trova giustificazione quando i marker crescono…
Ora è chiaro come mai negli ultimi anni esami, screening e tutta la diagnostica per immagini sono aumentati a dismisura, non certo per prevenire i malanni, anzi, lo scopo è il contrario: più esami infatti producono più diagnosi, e quindi più malati, il tutto per la gioia delle lobbies farmaceutiche!
Non si tratta di medicina, ma di matematica e statistica: siamo nel marketing e non nella prevenzione.
Ed è per questo che i vari gruppi “panel” di esperti abbassano regolarmente i cosiddetti “valori di normalità”: colesterolo, ipertensione, trigliceridi, glicemia, psa, ecc.
Più li abbassano e più persone oggettivamente sane diventano malate. Se ci credono!
Cosa sono realmente gli esami
Gli esami ufficialmente vengono eseguiti perché “definiscono” le alterazioni (colesterolo, glicemia, ecc.) biochimiche dell’organismo, ma essendo questo un banale fotogramma, una foto istantanea di un momento, non possono dire assolutamente nulla sulle cause o sullo stato emozionale della persona.
Poi “definiscono” lo stadio della patologia, ma in quanto istantanea, non possono dire nulla anche sullo sviluppo futuro. Infine stabiliscono la prognosi e “definiscono” la terapia, che ovviamente sarà a base di farmaci tossici (una delle prime tre cause di morte al mondo).
Questo per dire che gli esami massificati NON possono prevenire alcuna “malattia”, ma semmai aiutano a trovare il malato nel sano, facendo aumentare le diagnosi.
Esami del sangue e il senso biologico di alcune “alterazioni”
In questa sede si vuole solo osservare le “alterazioni” (chiamate poi malattie) dal punto di vista del senso biologico.
Colesterolo alto
Come detto prima i “valori di normalità” per il colesterolo hanno subito infinite modifiche a ribasso. Negli anni Ottanta il colesterolo totale era considerato “normale” sotto 280 mg/dL, mentre oggi si è tra i 180 e i 190 mg/dL…
Valori a parte, il senso biologico dell’innalzamento del colesterolo risponde a precise esigenze e richieste biologiche del cervello.
Durante un forte stress, nel pieno di un conflitto, l’encefalo richiede sostanze basilari per superare la crisi, come l’ormone cortisolo (detto ormone dello stress e secreto dalle surrenali), e quindi è biologicamente sensato l’aumento del colesterolo, visto che i due sono collegati.
Una delle funzioni del colesterolo è anche quella di riparare le alterazioni dell’endotelio vascolare di coronarie e tutti i vasi arteriosi.
Per le coronarie il conflitto è legato alla “perdita di territorio”, dove nella fase attiva si ha ulcerazione dell’endotelio vascolare con lo scopo magistrale di aumentare l’afflusso vascolare al miocardio.
La lotta per la difesa del proprio territorio (lavorativo, casalingo, ecc.) è vitale in Natura e necessita di tanto sangue, ossigeno, glucosio, adrenalina, cortisolo (e quindi colesterolo)!
Una volta risolto il conflitto, l’intima delle coronarie viene riparata e interviene, tra le varie sostanze, anche il colesterolo che serve ad incollare e ridare robustezza alle arterie.
Quindi il colesterolo non è la causa delle placche e dell’arteriosclerosi, ma è solo una componente riparativa. Il suo valore non si alza a causa dell’alimentazione, ma per altri motivi, e non a caso interessa persone un po’ aggressive, ambiziose e competitive. Persone spesso abituate al comando, al dover prendere decisioni e quindi sottoposte a pressioni e tensioni durature. La competitività per esempio nell’ambito lavorativo è un buon motivo per far crescere il “pericoloso” grasso.
Le pressioni esterne possono dipendere da problemi economici, separazioni, perdita di una persona cara (che interessa sempre il territorio), attività lavorative ad alta tensione, sport molto competitivi, ecc.
In pratica dove c’è conquista e competizione, il colesterolo è alto, perché è funzionale alla situazione!
Psa alto
L’esame del Psa non è un esame qualsiasi come la glicemia o l’ipertensione, ma un vero e proprio marcatore tumorale. Quindi ogni sua variazione fa accendere l’allarme rosso al medico e al paziente!
Il Psa indica l’attività metabolica della piccola e sensibilissima ghiandola prostatica e varia moltissimo in base a condizioni soggettive come l’età, l’attività fisica e sessuale.
Esistono anche altre condizioni che influenzano negativamente il suo valore: per esempio una recente eiaculazione, una esplorazione o una ecografia rettale, l’uso prolungato della bicicletta o della moto.
Il medico non prendendo in considerazione queste condizioni quando osserva l’innalzamento del Psa, parte con approfondimenti e accertamenti invasivi (biopsie, ecc.).
Il senso biologico di qualsiasi manifestazione patologica della prostata ha a che fare con il conflitto detto del “boccone sessuale” (in senso lato). Per cui impotenza o infertilità; disfunzione erettile; sentirsi rifiutato e/o indesiderato dalla compagna; tradito o solo il sospetto di tradimento, ecc.
Tutte queste condizioni, se vissute in maniera conflittuale, possono mettere sotto pressione l’identità e l’orgoglio maschile, andando a modificare la struttura fisica dell’organo in oggetto.
Il tutto perché la prostata è la ghiandola simbolo della “potenza” maschile…
Ferritina
La ferritina è una proteina che può contenere fino a 4.500 ioni di ferro, per cui la sua funzione principale è l’immagazzinamento del prezioso metallo.
Il sangue rappresenta simbolicamente il “clan familiare”, il nucleo della propria famiglia, e non a caso si dice “sangue del mio sangue” riferendosi ai figli…
Questa proteina è presente ampiamente nel fegato, milza, midollo osseo e tessuto scheletrico.
Il livello di ferritina nel sangue permette di valutare le riserve di ferro presenti nell’organismo: il patrimonio del sangue!
Simbolicamente il ferro rappresenta la solidità, durezza, stabilità.
Quindi il senso biologico della ferritina alta ci dice che siamo in fase riparativa, cioè abbiamo risolto un conflitto di svalutazione, il cui “sentito” è per esempio: «non riuscire ad essere abbastanza solidi e inflessibili», oppure «non riuscire ad essere tutti d’un pezzo».
L’inconscio usa la metafora del ferro per comunicare al cervello e al corpo qualcosa che ha a che fare con il “duro metallo”.
Se la ferritina invece è bassa indica seria e importante svalutazione, ma in fase attiva, quindi in pieno conflitto: le riserve di ferro sono state svuotate, per cui non c’è più la capacità di resistere e/o combattere.
Conclusione
Gli esami proposti dalla medicina, con la scusa della prevenzione, sono tantissimi ma il concetto base è riuscire a comprendere il senso biologico delle alterazioni.
Va però assolutamente ricordato che un esame non è l’Oracolo di Delfi. Un freddo esame o un semplice numero nel cancro, è completamente diverso dal fatto di averlo il cancro, di viverlo!
Non esiste un solo test affidabile e perfetto nel cento per cento dei casi, e la dimostrazione sono le percentuali altissime di “falsi positivi” (l’apparecchio cioè vede qualcosa che in realtà non c’è) e di “falsi negativi” (la macchina non vede qualcosa che invece c’è).
I “valori di normalità” sono decisi a tavolino da “esperti” sulla busta paga delle case farmaceutiche, quindi in pieno conflitto d’interessi, e una serie di numeri non possono stabilire con esattezza matematica il nostro stato di salute o di malattia.
Le strumentazioni elettroniche per le misurazioni sono macchine costruite dall’uomo, per cui imperfette, con un tasso di errore intrinsecamente onnipresente. Un errore però, come spiegato prima, ha il potere di rovinare e sconvolgere la vita di una persona.
Infine ricordiamo che “LA PAURA UCCIDE PIU’ DELLA MALATTIA”.
A tal proposito da metà febbraio partirà un corso serale, organizzato dall’Associazione “Scienza e Arte della Salute” e dedicato alla “Decodifica Biologica di organi e malattie”, con l’intento di vedere le diagnosi e le malattie sotto una nuova luce, quella della consapevolezza.
Per maggiori informazioni www.artedellasalute.it
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Signoraggio: "Divorzio" E Debito Pubblico: Facciamo chiarezza...

Sta facendo molto discutere il servizio di Alessandro Giuli sulle origini del debito pubblico italiano andato in onda qualche giorno fa all’interno del nuovo programma di Rai 2, “Povera Patria”. Secondo i critici – tra cui luminari dell’economia come Riccardo Puglisi, Mario Seminerio e, ça va sans dire, l’immancabile Luigi Marattin -, le colpe del servizio sarebbe sostanzialmente tre: di aver “propagandato” sulla televisione pubblica la presunta madre di tutte le bufale economiche: il signoraggio (ussignor!); di aver individuato nel cosiddetto “divorzio” del 1981 tra Banca d’Italia (BdI) e Tesoro la causa principale della successiva esplosione del debito pubblico italiano; e di aver insinuato – seppur indirettamente – che la soluzione al problema del debito pubblico sarebbe di tornare ad un regime simile a quello pre-divorzio, cioè di monetizzazione (più o meno parziale) del deficit/debito pubblico da parte della banca centrale.

Tanto per cominciare, cosa dice il servizio? Esso sostiene che le cause del debito pubblico italiano sarebbero da sostanzialmente da rintracciarsi nel signoraggio, che viene descritto – in maniera a dir poco approssimativa – come «il guadagno del “signore” che stampa la nostra moneta, che si fa pagare il valore di quella moneta, da cui sottrae il costo per produrla». Il servizio sostiene che la storia del signoraggio in Italia si snoda in tre fasi: una prima fase in cui lo Stato italiano, «attraverso la banca centrale di sua proprietà stampa moneta e la presta a se stesso per offrire servizi e [finanziare le opere pubbliche]»; una seconda fase in cui – come conseguenza del divorzio – «la banca centrale diventa un istituto privato ma continua a stampare moneta prestandola allo Stato con tanto di interessi», facendo così lievitare il debito pubblico; e una terza fase in cui «la fine della lira, l’adozione dell’euro e la nascita della BCE completano l’espropriazione [della sovranità dell’Italia]».

Ora, per capire se il servizio sia veritiero nella sua ricostruzione, per quanto semplicistica, dei fatti o se si tratti invece di una «colossale bufala», come ha dichiarato Marattin, dobbiamo per prima cosa fare chiarezza su cosa sia il signoraggio. La prima cosa da notare – con buona pace di tutti gli anti-bufalari da salotto che si sono scandalizzati a sentir nominare la parola “signoraggio” sulla TV di Stato – è che il signoraggio esiste. E questo sarebbe già sufficiente per rimandare a settembre il 99 per cento degli anti-bufalari di cui sopra. (A chi nutrisse dei dubbi in merito suggerisco di visitare le pagine dedicate all’argomento sui siti della Banca d’Italia e della BCE).

Di cosa si tratta esattamente? Innanzitutto, va detto che esistono diverse definizioni del signoraggio in ambito accademico. Tuttavia, le due definizioni più comunemente accettate sono le seguenti. Una prima definizione di signoraggio è legata all’evoluzione della moneta di Stato e storicamente riguarda la differenza tra il costo di produzione della moneta e il suo valore nominale. Il fatto che il primo fosse notevolmente più basso del secondo investiva colui che batteva la moneta – lo Stato o, appunto, il signore – di un evidente potere – definito, non a caso, “potere di signoraggio” –, in quanto poteva creare, dal nulla o quasi, il proprio potere di acquisto. Questa forma di signoraggio è solitamente chiamata “signoraggio monetario”. Inoltre, quando un comune cittadino portava un pezzo d’oro alla zecca pubblica per farselo coniare – una prassi comune fino all’Ottocento –, lo Stato si faceva pagare questo “servizio” trattenendo una parte dell’oro portato. Questo era il cosiddetto “diritto di signoraggio”. Se un tempo il valore intrinseco della moneta era determinato dalla quantità di metallo prezioso contenuto nella moneta, con l’avvento delle banconote prime e della moneta elettronica poi il “costo di produzione” della moneta è sceso praticamente a zero. Per cui, più che la differenza tra costo di produzione e valore nominale della moneta, per signoraggio monetario oggi si intende, più semplicemente, il potere degli Stati che dispongono della sovranità monetaria di creare la propria moneta dal nulla e di aumentare così il proprio potere di acquisto.

Una seconda definizione di signoraggio descrive lo stesso non in termini del potere d’acquisto derivato dalla possibilità di creare moneta a costo zero (o quasi) ma in termini degli interessi maturati in base al prestito della suddetta moneta a terzi, da intendersi dunque primariamente come moneta-credito. Per semplicità possiamo chiamare questa forma di signoraggio “signoraggio da interessi”. Secondo la definizione che troviamo sul sito della BCE, tali interessi sono da intendersi come «[g]li interessi maturati dalla banca centrale sui finanziamenti concessi [alle banche commerciali] oppure i rendimenti da essa percepiti sulle attività acquisite», principalmente titoli di Stato. I primi, dunque, dipendono dai prestiti concessi dalla banca centrale alle banche commerciali, che pagano un interesse sulla liquidità presa in prestito dalla banca centrale; i secondi, perlopiù, dagli interessi maturati sui titoli di Stato acquistati dalla banca centrale, per esempio (ma non solo) attraverso i cosiddetti programmi di “quantitative easing”. Su questo punto c’è da dire che pressoché ovunque – ivi incluso nell’eurozona, sebbene in questo caso la realtà sia un po’ più complessa – i redditi da signoraggio maturati dalla banca centrale vengono poi rigirati ai rispettivi governi.

Riguardo al signoraggio da interessi, va sottolineato come esso non riguardi (più) solo gli Stati ma anche le stesse banche commerciali, che nel sistema attuale non intermediano i risparmi esistenti ma creano denaro (e depositi) dal nulla, esattamente come le banche centrali, che poi prestano agli operatori economici (famiglie, imprese e governi). Anzi, oggi – e su questo ci sarebbe molto da dire ma lo faremo in un’altra sede – la cosiddetta moneta bancaria rappresenta la stragrande maggioranza del denaro in circolazione nell’economia, secondo percentuali che nelle economie avanzate vanno dal 95 al 99 per cento del totale, come nel caso dell’eurozona. Sarebbe a dire che per ogni euro emesso dalla BCE sono in circolazione altri nove euro creati dal settore finanziario. Dunque va da sé che oggi anche le banche private godano di un diritto di signoraggio, per quanto il valore effettivo di quest’ultimo sia notoriamente difficile da calcolare, essendo dipendente da numerosi fattori: i tassi di interesse praticati dalla banca centrale, il tasso di inflazione, ecc. Tuttavia, c’è chi ci ha provato.

Sulla base di quanto detto, possiamo ritenere corretta la ricostruzione fornita dal servizio e soprattutto l’importanza assegnata al signoraggio nella crescita del debito pubblico italiano? In parte sì. È indubbio, infatti, che prima del divorzio lo Stato italiano facesse ampio uso del signoraggio – sia quello monetario che quello da interessi – per ridurre i propri costi di finanziamento. L’assetto istituzionale precedente al divorzio, infatti, prevedeva due canali tramite i quali il Tesoro poteva finanziarsi presso la Banca d’Italia: esso disponeva di un conto corrente presso la banca centrale, chiamato “conto corrente di tesoreria”, e aveva inoltre la possibilità di vendere i titoli di Stato che emetteva direttamente alla Banca d’Italia. Per quanto riguarda il primo canale, il Tesoro poteva attingere a uno “scoperto di conto” – un fido in pratica – sul proprio conto presso la BdI, fino al 14 per cento della propria spesa di bilancio. In altre parole, la banca centrale finanziava una parte della spesa del Tesoro attraverso la creazione di denaro dal nulla, che veniva poi accreditato sul conto del Tesoro. Il secondo canale consisteva nell’impegno della Banca d’Italia ad assorbire tutti i titoli di Stato non collocati presso il pubblico (investitori e famiglie) sul mercato primario, finanziando quindi gli ampi disavanzi del Tesoro con emissione di base monetaria. Questo, ovviamente, permetteva anche al Tesoro di fissare il tasso d’interesse sul mercato primario.

A prescindere dai dettagli tecnici, il punto centrale è che nell’era pre-divorzio il “debito” accumulato dal Tesoro nei confronti della banca centrale non costituiva assolutamente un debito reale verso essa. Nel caso del conto corrente di tesoreria, si trattava molto semplicemente di un debito che non doveva mai essere ripagato (se non per una scelta volontaria da parte del Tesoro stesso) e che dunque poteva crescere illimitatamente nel corso del tempo. Nel caso dei titoli di Stato acquistati dalla banca centrale, invece, nel momento in cui questi giungevano a maturazione, il Tesoro si limitava ad emettere altri titoli, per un ammontare maggiore di quelli in scadenza, che poi rivendeva sempre alla Banca d’Italia. E così, potenzialmente, all’infinito. Come se non bastasse, anche gli interessi pagati dal Tesoro alla Banca d’Italia venivano poi restituiti al Tesoro stesso (“signoraggio da interessi”) e quindi per quest’ultimo si trattava a tutti gli effetti di un debito a costo zero, equivalente al finanziamento di una parte del fabbisogno con moneta. Questo consentiva allo Stato di introdurre moneta nell’economia reale in base alle esigenze necessarie a promuovere la piena occupazione e a fornire i servizi pubblici essenziali, oltre a finanziare le funzioni pubbliche.

In quest’ottica, risulta evidente come il debito pubblico, in un regime di cooperazione tra banca centrale e Tesoro, non sia altro che un debito che un ramo dello Stato ha nei confronti di un altro ramo dello Stato: un debito, in altre parole, che lo Stato ha nei confronti di se stesso e dunque, a tutti gli effetti, fittizio. Come riconosceva un economista tutt’altro che radicale come Luigi Spaventa già nel 1984: «[L]o stock di base monetaria creata tramite il canale del Tesoro può essere considerato un debito solo convenzionalmente. Ciò si vede bene qualora si consolidi il Tesoro con la banca centrale: in questo caso manca un vero e proprio debito corrispondente alla base monetaria creata dalla Banca d’Italia per conto del Tesoro, e in ciò consiste l’essenza del potere del signoraggio».

Per buona parte del dopoguerra questa pratica fu considerata del tutto normale, ed è quello che ha permesso di mantenere basso il rapporto debito/PIL (senza considerare, come detto, che una buona percentuale di quel debito poteva considerarsi “fittizio”), anche a fronte di disavanzi primari (cioè al netto della spesa per interessi) piuttosto significativi, soprattutto negli anni Settanta. Fin qui, dunque, la descrizione del servizio sulla “prima fase del signoraggio” – quella pre-divorzio – risulta essere piuttosto aderente alla realtà.

Sulla descrizione del divorzio, invece, il servizio prende qualche cantonata. Tanto per cominciare, cosa fu il divorzio? Si trattò di una decisione (mai ratificata dal Parlamento) in cui, nel 1981, l’allora ministro del Tesoro Beniamino Andreatta e il governatore della Banca d’Italia Carlo Azeglio Ciampi posero fine, perlomeno da un punto di vista formale, all’obbligo per la banca centrale di acquistare sul mercato primario i titoli invenduti. Da quel momento in poi, dunque, gli acquisti di titoli di Stato sul mercato primario da parte della Banca d’Italia cominciarono rapidamente a ridursi, aumentando la quantità di titoli che il governo doveva piazzare presso i privati a tassi di mercato; come disse Andreatta, «[d]a quel momento in avanti la vita dei ministri del Tesoro si era fatta più difficile e a ogni asta il loro operato era sottoposto al giudizio del mercato». Contestualmente, la Banca d’Italia alzò drasticamente i tassi di interesse. Il combinato disposto di questi due fattori – unito alla riduzione del tasso d’inflazione, per effetto della stretta monetaria della BdI, e al rallentamento del tasso di crescita – fecero schizzare verso l’alto i tassi di interesse reali (cioè al netto dell’inflazione) sui titoli Stato.

È importante notare che tutto ciò era funzionale alla partecipazione dell’Italia al Sistema monetario europeo (SME), l’accordo di cambi semifissi a cui l’Italia aveva aderito nel 1979, che imponeva al paese di adeguare i propri tassi di interesse ai tassi vigenti nei mercati europei (soprattutto quello tedeschi) e presupponeva la riduzione del gap inflazionistico tra l’Italia e gli altri paesi europei. A questo proposito, va sottolineato come l’alto tasso d’inflazione registrato dall’Italia negli anni Settanta non fosse una conseguenza della politica di monetizzazione del deficit/debito ma era dovuto principalmente a fattori esogeni, in primis lo shock petrolifero del 1973, ulteriormente inaspriti dal duro scontro distributivo in corso nel paese.

Ad ogni modo, è indubbio che una delle conseguenze principali del divorzio (e, indirettamente, dello SME) fu quella di far letteralmente esplodere il debito pubblico. Come riconosciuto dallo stesso Andreatta, «la riduzione del signoraggio monetario e i tassi di interesse positivi in termini reali si tradussero rapidamente in un nuovo grave problema per la politica economica, aumentando il fabbisogno del Tesoro e l’escalation della crescita del debito rispetto al prodotto nazionale». Basti pensare che nel corso degli anni Ottanta il rapporto debito/PIL dell’Italia passò dal 58,5 per cento del 1981 a poco meno del 100 per cento. E questo nonostante il fatto che il saldo primario dello Stato italiano (la differenza tra entrate e uscite al netto della spesa per interessi), che nell’anno del divorzio registrava un disavanzo del 5,8 per cento, nel corso degli anni Ottanta si sia progressivamente ridotto, fino a diventare positivo a inizio anni Novanta (rimanendo tale fino ai giorni nostri). In altre parole, il debito pubblico italiano è deflagrato proprio nel periodo durante il quale lo Stato italiano è diventato risparmiatore netto. Da ciò si evince quanto sia fallace la vulgata secondo cui l’aumento del debito sarebbe da imputare alla “spesa pubblica fuori controllo” dei ruggenti anni Ottanta; al contrario, la dinamica del debito è esclusivamente imputabile alla scelta, eminentemente politica, di far esplodere i tassi di interesse pur di rimanere nello SME.

A tal proposito, va sottolineato che, più che l’aumento del rapporto debito/PIL in sé, ad essere particolarmente grave era il fatto che ciò avveniva in un regime istituzionale di progressiva perdita della sovranità monetaria, per cui quello che prima era un debito largamente “fittizio” adesso diventava drammaticamente reale, data l’impossibilità da parte dello Stato, soprattutto a partire dai primi anni Novanta, di controllare i tassi di interesse e/o di monetizzare il debito con nuova moneta creata dal nulla; questo esponeva il paese al rischio reale di default, che in seguito (1992 e 2011) sarebbe poi stato usato per obbligare il paese a ulteriori “inevitabili” misure di rigore fiscale.

In questo senso, il servizio ha ragione a rinvenire nel divorzio la causa scatenante del successivo aumento del debito pubblico. D’altronde, è lo stesso autore del divorzio a riconoscerlo. Tuttavia, sostenere che il problema è che a partire dal 1981 la Banca d’Italia ha cominciato a «prestare [soldi] allo Stato con tanto di interessi» rappresenta una semplificazione al limite della mistificazione: anche prima la BdI prestava soldi allo Stato “con tanto di interessi”, solo che quegli interessi erano tenuti volutamente bassi (e comunque tornavano indietro allo Stato in virtù del signoraggio da interessi). Il vero problema è, piuttosto, la riduzione – dal 1981 in poi – del signoraggio monetario, sotto forma di monetizzazione della spesa e del debito. È, inoltre, del tutto falsa l’idea che nel 1981 la Banca d’Italia sia «diventata un istituto privato». Come stabilito dalla legge bancaria del 1936, la BdI era ed è tutt’ora un istituto di diritto pubblico. La cassazione lo ha ribadito il 21 luglio 2006, dove ha affermato che la Banca d’Italia «non è una società per azioni di diritto privato, bensì un istituto di diritto pubblico secondo». La proprietà può quindi essere di soggetti privati, ma la sua gestione ha un ruolo pubblicistico, come compiti e poteri.

È vero che tra gli azionisti della BdI oggi figurano diverse banche private ma questa è una conseguenza del fatto che diversi istituti di credito (all’epoca pubblici) che nel corso del tempo sono entrati nel suo capitale sono stati successivamente privatizzati (nei primi anni Novanta). È altrettanto vero che le banche in questione percepiscono una parte degli utili – e del reddito da signoraggio, come vedremo più giù – della Banca d’Italia, ma in misura del tutto trascurabile. Chi scrive ritiene, ovviamente, che sarebbe auspicabile che la banca centrale fosse interamente di proprietà dello Stato; ma il punto da cogliere è che la proprietà della BdI è un aspetto del tutto secondario rispetto al vero problema: l’alienazione alla BCE dell’emissione di moneta e della determinazione dei tassi di interesse.

E qui arriviamo alla “terza fase del signoraggio” descritta nel servizio: l’introduzione dell’euro. Che questo passaggio abbia sancito la definitiva espropriazione del potere di signoraggio monetario dello Stato italiano mi pare pacifico. Prima col divorzio e poi con la ratifica del Trattato di Maastricht – che rese effettiva la separazione tra Banca d’Italia e Tesoro, fino a quel momento mai concretizzatasi appieno, sancendo in un colpo solo sia l’abolizione del conto corrente di tesoreria (che era rimasto in vigore anche in seguito al divorzio), sia il divieto assoluto di intervento della banca centrale sul mercato primario dei titoli di Stato – si consumarono infatti due passaggi fondamentali di un processo decennale, che culminerà nell’introduzione della moneta unica, finalizzato a privare lo Stato italiano della sua sovranità monetaria e di conseguenza i cittadini della loro sovranità democratica – data l’impossibilità per questi di determinarne democraticamente gli indirizzi di politica economica in assenza di sovranità monetaria –, rendendo lo Stato di fatto dipendente dai mercati finanziari (e dalla “buona volontà” della BCE) per le sue necessità di fabbisogno pubblico, tanto nella determinazione del volume dello stesso quanto nel costo della porzione finanziata in disavanzo.

Un punto che va sottolineato è che, pur avendo rinunciato al suo potere di signoraggio monetario, la Banca d’Italia continua a ricevere una quota dei redditi da signoraggio monetario maturati dalla BCE (redistribuiti alle varie banche centrali sulla base della loro partecipazione al capitale della BCE), una buona parte dei quali viene poi rigirata allo Stato italiano (mentre una piccola parte di essi viene destinata agli azionisti privati della banca stessa). Il problema, semmai, è che questo tende a produrre una dinamica perversa di redistribuzione di risorse dai paesi più deboli verso quelli più forti: i primi, infatti, tendono a pagare tassi di interesse più alti ma a detenere quote di capitale più basse dei secondi. Trattasi comunque di poca roba di fronte all’immenso costo economico e sociale derivante dalla perdita del signoraggio monetario.

Per concludere, possiamo dire che il servizio – al netto di qualche imprecisione e di qualche corbelleria – ha descritto una sostanziale verità: l’esplosione del debito pubblico italiano è in larga misura riconducibile alla perdita da parte dello Stato del potere di signoraggio monetario. Con buona pace di tutti i luminari dell’economia che hanno gridato allo scandalo.

Un discorso a parte meriterebbe l’idea secondo cui ritornare ad un regime di monetizzazione del deficit/debito – e più in generale di sovranità monetaria – rappresenterebbe una catastrofe, ma ce ne occuperemo in un’altra occasione.

Thomas Fazi - L'Antidiplomatico 
30/01/2019

Alba Kan a 22:37
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Ci sono due tipi di medicina ...

"Ci sono due tipi di medicina, quella degli schiavi e quella degli uomini. Quella degli schiavi deve rimuovere rapidamente il sintomo in modo che possano tornare a lavorare. Quella degli uomini liberi cerca di capire il sintomo, il suo significato per la salute del corpo nella sua unità indivisibile, per giungere all' equilibrio di tutta la persona."
Cit. Platone
http://altrarealta.blogspot.it/
IvanoV a 00:19

alle giovedì, gennaio 31, 2019 Nessun commento:
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SCIE DI MORTE



(Foggia: sopra gli Ospedali Riuniti, mattino del 30 gennaio 2019, foto AB)





(Foggia: sopra gli Ospedali Riuniti, mattino del 30 gennaio 2019, foto AB)



(Foggia: sopra gli Ospedali Riuniti, mattino del 30 gennaio 2019, foto AB)

Gianni Lannes a 09:02
alle giovedì, gennaio 31, 2019 Nessun commento:
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martedì 29 gennaio 2019

la robotizzazione dell’umanità

Prima la radio, poi il telefono, e ora internet: una rete di informazioni e scambi avvolge il pianeta Terra. Per connettersi non serve più un computer, né occorrono particolari conoscenze informatiche. Il collegamento a internet è alla portata di tutti, è una nuova necessità. Non possiamo più fare a meno di un cellulare collegato alla rete. Senza esso ci sentiamo isolati, tagliati fuori dal mondo. È sbagliato aver paura del cambiamento, e sarebbe assurdo non riconoscere i benefici che questa innovazione ha portato nelle nostre vite. Non per questo bisogna accettare passivamente ogni novità, ed è lecito e prudente sospettare che dietro un’esca appetitosa possa nascondersi un amo. La velocità ha aumentato a dismisura il ritmo delle comunicazioni. Lo scambio di informazioni però non è soltanto tempestivo, ma anche frettoloso, compulsivo, spasmodico. L’individuo può collegarsi al mondo intero, ma la strada si può percorrere in entrambe le direzioni. Chiunque può contattarci. L’utente della rete è una preda ambita, in particolare da ditte commerciali e movimenti politici (e ormai la differenza fra i due si va assottigliando). L’attenzione del potenziale cliente è un bene limitato, e la competizione per accaparrarsela non risparmia trucchi e colpi bassi. È necessario che il messaggio sia accattivante e semplice. Dev’essere breve, perché nessuno ha tempo e voglia di leggere un testo lungo. Non deve richiedere ragionamenti complessi per essere compreso. L’applicazione aggressiva di queste regole di comunicazione porta a un bombardamento di piacevoli banalità. Ci si abitua in fretta, anzi, è una vera e propria assuefazione. Una serie infinita di gratificazioni, senza alcun impegno intellettuale. La mente è come un muscolo: per farla funzionare occorre tenerla allenata. La comunicazione semplice e premasticata non comporta alcuno sforzo di comprensione, e così il pensiero si atrofizza. Si innesca un circolo vizioso: il pubblico perde la capacità di ragionare, le aziende adeguano il loro linguaggio semplificandolo ulteriormente. È una china rischiosa. La capacità di linguaggio influenza direttamente il modo in cui si pensa. Un linguaggio veloce e superficiale forma un popolo che non è in grado di sviluppare un pensiero autonomo. Non ci si sofferma, non si critica. Le idee si impoveriscono. Le convinzioni personali diventano uno slogan. Ai maghi neri della comunicazione va bene così: un simile pubblico non ha difese immunitarie contro le loro manipolazioni. La gente si riduce a una massa priva di cervello, che risponde in maniera meccanica agli stimoli di pochi pifferai spregiudicati. Ecco il maggior pericolo: l’anima smette di esser viva e autonoma, si meccanizza. Il battito del cuore diventa un ritmo sordo e regolare, come i cilindri di un motore a scoppio. I racconti di fantascienza ci hanno abituato all’idea della rivolta dei robot. La tecnologia si ribella contro l’uomo, la creazione artificiale si ribella contro il demiurgo umano. Il rischio più concreto e immediato non è però la ribellione degli automi contro l’umanità, ma la robotizzazione dell’umanità. La morale che diventa un calcolo di interessi. La volontà che si spegne, il libero arbitrio che cede il passo a un riflesso pavloviano. L’indifferenza, un’empatia sempre minore. L’individuo che si dissolve e diventa una macchina.

(Francesco Boer)
http://altrarealta.blogspot.it/
IvanoV
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Vaccini: il fine ultimo

Categoria: Medicina & Salute
 Pubblicato: 28 Gennaio 2019
 Letture: 3562
di Stefano Re

L’ho scritto chiaro tempo fa: l’intero impianto di scemenza vaccinale è un costrutto creato a tavolino con un bersaglio molto evidente: creare il fanatismo pro-vax. Indurre milioni di persone in Italia (e di seguito nel mondo) ad accettare e persino sostenere la violazione del corpo contro la volontà di chi ci vive dentro, senza nemmeno comprendere che si parla anche del loro stesso corpo, e che i vaccini sono solo una scusa.
Di evidenze in questo senso ce ne sono così tante che diventa noioso anche solo elencarle: l’assenza di una qualsiasi effettiva emergenza in base ai numeri; le incongruenze madornali sulla ipotetica immunità di gregge; l’assurdo totale dell’equazione: “emergenza morbillo” = “dieci vaccini per altre nove malattie”, così, già che ci siamo - e mille altre cretinerie che davvero non sto nemmeno a citare.
In molti mi avete chiesto però, al netto di tutta questa operazione di modificazione percettiva di massa, quale sia il fine ultimo, il “perché”, di tutto questo sforzo.
La risposta più semplice, e inevitabilmente corretta, è che lo si faccia per *dimostrare che è possibile farlo*. Esattamente come si testa una tecnica di vendita su un campione limitato di persone, poi più ampio, poi ancora più ampio, e via così, per avere conferma delle potenzialità di un dato processo di modificazione percettiva. Ma questo non offre un motivo ultimo, da mettere in agenda, un “attuiamo oggi questo processo di modificazione percettiva di massa oggi perché domani vorremmo usarne gli esiti per questa finalità”.

Insomma, la domanda che molti mi hanno posto e anche io ovviamente considero, è: “che cazzo vuole per davvero chi ha messo in atto tutto questo grottesco carrozzone?” 
Ecco, in termini di logica, basandosi su quel che è possibile osservare, io di ragioni possibili ne trovo essenzialmente due. Una è molto brutta, l’altra è orribile.
--
Ragione molto brutta: superare le Democrazie passando a una forma di neoFeudalesimo globale.
Sarò molto sintetico su come questo sembra emergere da quel che vedo intorno a me:
• Sistematica demolizione della Classe Media.
• Sistematica demolizione delle Culture Locali.
• Sistematica demolizione dell’Identità Individuale.
• Sistematica demolizione della Sovranità dell’Individuo, della Famiglia, dello Stato.
Dedicherò un ciclo di conferenze e un milione di post e articoli per spiegare nel dettaglio questi punti: come li stanno attuando, come stanno diventando realtà. Qui voglio occuparmi della finalità ultima.
Obbiettivo finale: un mondo popolato da masse di “poveri” e disorientati, privati di riferimenti e stabilità culturali, di identità, privati persino di identità sessuale, riempiti di distrazioni, cui la tecnologia offre sempre più divertimenti e distrazioni. Masse che si nutrono di scarafaggi guardando il mondo attraverso occhiali virtuali che gli mostrano ogni cosa come stupenda, interessante, stimolante, gratificante.
Un mondo dominato da una élite ristrettissima che prende ogni decisione per tutti, gestito attraverso una classe di tecnici: “gli esperti”. Preparati da strutture molto elitarie, a numero chiuso, in cui l’ortodossia sia la regola assoluta e ogni dissenso interno sia considerato eresia e punito con lo screditamento, l’isolamento se non la detenzione. Divisi per settore, costantemente concentrati sul *come* attuare le politiche decise dai Padroni e *come* renderle piacevoli agli schiavi.
“Panel di esperti” dedicati a definire linee guida globali e locali per l’economia, per il marketing, per la salute mentale, per la salute del corpo, per l’alimentazione, per le emozioni. Gli esperti comunicheranno a tutti di cosa devono aver paura, che cosa devono amare, che cosa devono odiare, che cosa devono desiderare.
Credete sia fantascienza? Beh, guardatevi attorno: lo stanno già facendo. Tramite i film, tramite le serie televisive, tramite le pubblicità, tramite i talk show. Vi addestrano a ubbidire, a indignarvi a comando per un crimine e a ignorare del tutto un altro crimine. Vi allenano ad amare delle facce e dei personaggi e odiare come nemici dell’umanità altre facce, altri personaggi. Vi addestrano a credere a qualsiasi cosa, per quanto illogica, semplicemente facendola dire a un testimonial in TV. Lo ha detto il Telegiornale. Lo ha detto Mentana. Lo ha detto Piero Angela - quindi è vero. Anche quando vi dicono che una “emergenza malattia” giustifica vaccini per altre dieci. Anche se vi dicono che due grattacieli crollano colpiti da aeroplani e un terzo crolla, beh, per simpatia coi primi due.
Neofeudalesimo Globale. Vi piace l’idea?
--
La seconda possibile motivazione non esclude la prima, ma se la prima è molto brutta, la seconda è orribile.
Ve la presento con un esempio: siete su una nave, in mezzo all’oceano. Una nave enorme e lentissima, che ci metterà decenni ad attraversare l’oceano, e ospita qualche milione di persone a bordo. Qualcuno ha sbagliato i calcoli, se qualcuno ha fatto dei calcoli, perché il cibo a bordo non basta più, le scorte si riducono e il pesce che si riesce a pescare non rallenta il processo. Una parte dei passeggeri è già alla fame, dilaga il malcontento, si avviano piccole rivolte represse con grande violenza ma nel massimo silenzio, mentre si tiene la maggioranza dei passeggeri ignara della reale situazione. Diventa però chiaro, agli ufficiali di bordo, che le circostanze peggioreranno in modo sempre più rapido nel corso dei prossimi mesi. Che fare?
La risposta è abbastanza evidente: sfoltire. Ma come farlo, senza rischiare un ammutinamento generale ed inarrestabile? Vi offro giusto qualche indizio: si fa girare ripetutamente l’allarme “è in arrivo una terribile epidemia,” preparando la massa ad accettare una simile calamità. Rendendo del tutto ragionevole ubbidire a qualsiasi imposizione e violazione dei propri diritti, anche del proprio corpo, per contenerne i danni. Si distribuiscono medicinali preventivi che forse servono a limitare questa terribile epidemia, forse invece no. E quando qualcuno strilla: ma dove cazzo sarebbe questa terribile epidemia? Non c’è nessuna epidemia! Lo dichiarano un folle, un complottista, uno che va contro la scienza, anzi peggio: un pericoloso terrorista. E poi arriva l’epidemia. Che dimostra che le autorità dicevano il vero, che erano davvero tanto preoccupate per la salvezza dei passeggeri, che non c’era nessun complotto e che chi le mette in dubbio è proprio un criminale. Una fetta di passeggeri ci rimette le piume, i sopravvissuti hanno cibo per un periodo maggiore, ma sono anche molto più disposti ad ubbidire alle autorità di bordo, che li hanno “salvati”.
Da dove è arrivata la tante volte annunciata epidemia? Lascio a voi il piacere di immaginarlo.
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Incredibile! Sentite cosa si è permesso di dire il signor Martina sul caso Sea Watch!

gennaio 28, 2019 admin
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IncredibileMartinamaurizio martinaSea Watch
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giovedì 24 gennaio 2019

PERCHÉ È COSÌ DIFFICILE ESSERE FELICI (RUSS HARRIS)

Per rispondere a questa domanda, proviamo a fare un viaggio indietro nel tempo.

La mente umana moderna, con la sua sorprendente capacità di analizzare, pianificare, creare e comunicare, si è evoluta in gran parte nel corso degli ultimi 100.000 anni, da quando la nostra specie, Homo sapiens, è comparsa per la prima volta sul pianeta.


Ma le nostre menti non si sono evolute per farci «sentire bene» e raccontare barzellette, scrivere poesie o dire «ti amo».

Le nostre menti si sono evolute per aiutarci a sopravvivere in un mondo pieno di pericoli.
Immagina di essere un primitivo cacciatore-raccoglitore.

Di che cosa hai bisogno, essenzialmente, per sopravvivere e riprodurti?
Di quattro cose: cibo, acqua, riparo e sesso.
Ma nessuna di esse è importante se sei morto.

Quindi, la priorità numero uno della mente dell’uomo primitivo era quella di prestare attenzione a tutto ciò che poteva costituire un pericolo e di evitarlo.

La mente primitiva era sostanzialmente un dispositivo per non farsi uccidere e si dimostrò di enorme utilità.
Più i nostri antenati diventavano bravi a prevedere ed evitare il pericolo, più a lungo vivevano e più figli facevano.

Perciò, di generazione in generazione, la mente umana è divenuta sempre più abile nel prevedere ed evitare il pericolo.

E ora, dopo 100.000 anni di evoluzione, la mente moderna è costantemente all’erta, impegnata a valutare e giudicare tutto ciò che incontriamo: è buono o cattivo? È sicuro o pericoloso? È dannoso o utile?
Oggi, tuttavia, la nostra mente non ci mette in guardia contro le tigri dai denti a sciabola o i pelosi mammut; i «nemici» sono invece perdere il lavoro, essere esclusi, prendere una multa per eccesso di velocità, rendersi ridicoli in pubblico, ammalarsi di cancro o mille e più altre preoccupazioni quotidiane.

Così trascorriamo un sacco di tempo a preoccuparci di cose che, il più delle volte, non succedono mai.

Un’altra cosa essenziale per la sopravvivenza di un uomo primitivo è l’appartenenza a un gruppo.

Se il tuo clan ti caccia via, non ci vorrà molto tempo perché i lupi ti trovino.
E allora, in che modo la mente ti protegge dall’esclusione dal gruppo? Confrontandoti con gli altri membri del clan.
Mi sto integrando con gli altri?
Sto facendo la cosa giusta? Sto contribuendo abbastanza?
Sono bravo come gli altri? Sto facendo qualcosa per cui potrei essere allontanato?
Ti suona familiare?

Le nostre menti moderne continuano a metterci in guardia rispetto alla possibilità di essere rifiutati e ci inducono a confrontarci con il resto della società.

Niente di strano, quindi, se dedichiamo tante energie a preoccuparci di piacere! Niente di strano se cerchiamo sempre dei modi per migliorarci o se ci deprimiamo perché «non siamo all’altezza».

100.000 anni fa dovevamo confrontarci soltanto con i pochi membri del nostro clan. Ma di questi tempi basta dare un’occhiata a un quotidiano, a una rivista o alla televisione per trovare immediatamente una miriade di persone più intelligenti, più ricche, più magre, più sexy, più famose, più potenti o più di successo di noi.
Quando ci confrontiamo con queste favolose creature mediatiche, ci sentiamo inferiori o delusi della nostra vita.
A peggiorare ulteriormente le cose, oggi le nostre menti sono così sofisticate che possono costruire un’immagine di fantasia della persona che idealmente ci piacerebbe essere, e poi ci confrontiamo con quella!

Che possibilità abbiamo? Finiremo sempre col sentire di non essere abbastanza.

Ora, per una qualsiasi persona ambiziosa dell’Età della pietra, la regola generale del successo è: prendi di più e migliora.
Migliori sono le armi e più cibo si potrà uccidere. Maggiori sono le riserve di cibo, maggiori saranno le possibilità di sopravvivere ai periodi di carestia.
Più il tuo riparo è solido, più sarai protetto dalle intemperie e dalle belve.
Più figli hai, maggiori saranno le probabilità che qualcuno raggiunga l’età adulta.

Non sorprende quindi che la nostra mente moderna cerchi continuamente «di più e di meglio»: più denaro, un lavoro migliore, più prestigio, un corpo migliore, più amore, un partner migliore.

E se ci riusciamo, se effettivamente otteniamo più denaro o un’automobile migliore o un corpo di aspetto migliore, allora siamo soddisfatti —per un po’.
Ma presto o tardi (e di solito è presto), finiamo per volerne di più.

Così, l’evoluzione ha modellato il nostro cervello in un modo che ci fa essere strutturati per soffrire psicologicamente: per confrontare, valutare e criticare noi stessi, per concentrarci su ciò che ci manca, per divenire rapidamente insoddisfatti di ciò che abbiamo e per immaginare ogni genere di scenario spaventoso, la maggior parte dei quali non si realizzerà mai.

Non c’è da sorprendersi che per l’uomo sia difficile essere felice!

(tratto da “La trappola della felicità. Come smettere di tormentarsi e iniziare a vivere”, Russ Harris)
http://altrarealta.blogspot.it/
IvanoV 
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martedì 22 gennaio 2019

Italia assediata, Francia e Germania ci imporranno Draghi

 Maurizio Blondet  
Se il governo Conte crolla di colpo, c’è già pronto Cottarelli. Ma il vero pericolo si chiama Mario Draghi: il presidente uscente della Bce potrebbe ripiegare su Palazzo Chigi, se non andasse in porto il piano principale che lo riguarda, cioè arrivare alla presidenza del Fmi e sottrarre il Fondo Monetario all’egemonia Usa, per metterlo al guinzaglio di Berlino e Parigi. Secondo l’analisi di Gianfranco Carpeoro, per l’Italia si è acceso l’allarme rosso: l’incredibile Trattato di Aquisgrana, che demolisce qualsiasi prospettiva comunitaria proiettando anche ufficialmente Germania e Francia nel ruolo di “padrone” neo-coloniali dell’Ue, ha come vittima principale proprio il Belpaese. A Roma non si perdona l’insubordinazione del governo gialloverde, l’unico esecutivo teoricamente all’opposizione di Bruxelles. Lo dimostra la “macchina del fango” scatenatasi contro Lega e 5 Stelle, per indebolirne la leadership. Il polverone sul padre di Di Maio (lavoro nero) e su quello di Di Battista (debiti), unitamente alla mazzata giudiziaria sui leghisti (maxi-risarcimento da 49 milioni di euro) a questo servono: a impedire che l’elettorato italiano si sollevi, nel caso in cui una crisipilotata – banche, spread – precipitasse il paese nella bufera, replicando le condizioni del “golpe bianco” che nel 2011 consentì alla “sovragestione” europea di costringere alla resa Berlusconi e imporre il commissariamento dell’Italia, tramite Monti.
Autore del saggio “Dalla massoneria al terrorismo”, che svela i retroscena supermassonici di area Nato dietro ai recenti attentati affidati in Europaalla manovalanza dell’Isis, Carpeoro individua la Loggia P1 (mai riconosciuta, ufficialmente) come la vera “quinta colonna” del peggior potereinternazionale, utilizzata per manipolare e indebolire la politica italiana, grazie al prezioso contributo di un establishment “collaborazionista”, reclutato da poteri stranieri per dominare il nostro paese. L’oligarchia Ue è in fibrillazione, in vista delle europee, dal momento in cui Lega e 5 Stelle – con tutti i loro limiti – hanno inserito l’Italia in una traiettoria di collisione con Bruxelles. Da qui le pressioni della Bce e della Banca d’Italia, le impennate dello spread e il “niet” di Mattarella per impedire a Paolo Savona l’accesso al ministero dell’economia. Infine, il lungo braccio di ferro sul deficit 2019 – non ancora concluso – con il governo italiano sottoposto alla minaccia della procedura d’infrazione. Obiettivo dei “sovragestori”: spuntare le armi dei gialloverdi e costringerli a rimediare una figuraccia davanti ai loro elettori, non consentendo loro di mantenere nessuna delle promesse elettorali. Guai se il “virus” della ribellione italiana – aumentare il deficit, violando il rigore di Maastricht – dovesse propagarsi in altri paesi, incoraggiando analoghe svolte politiche. Ad aumentare la tensione ha contribuito certamente anche la rivolta francese dei Gilet Gialli, capaci di spaventare seriamente i poteri che hanno insediato Macron all’Eliseo.
Ora, su questo scenario già instabile piomba come un macigno l’inaudito accordo siglato da Francia e Germania, che toglie qualsiasi residua credibilità alla dimensione comunitaria dell’Ue: i due paesi si impegnano a coordinare le loro politiche economiche, fino al punto di istituire formalmente un “Consiglio dei ministri franco-tedesco”. «Si tratta di un atto gravissimo e senza precedenti», dichiara Carpeoro, in web-streaming su YouTube con Fabio Frabetti di “Border Nights”. Un accordo apertamente ostile agli altri partner europei, «al quale si uniranno sicuramente anche quei lestofanti degli olandesi, che hanno già contribuito a impoverire l’Italia introducendo una normativa fiscale sleale, che ha sottratto al nostro paese ingenti risorse, attraverso il trasferimento in Olanda della domiciliazione fiscale di grandi aziende italiane». Con il nuovo trattato, dice Carpeoro, l’asse franco-tedesco getta la maschera e si prepara a colpire l’Italia in modo frontale, contando anche sull’immancabile collaborazione delle “quinte colonne” interne, «sempre pronte, come già nel Rinascimento, ad allearsi con lo straniero pur di far cadere il governo in carica».
Ora il cerchio si stringe, par di capire: il Trattato di Aquisgrana – con l’Italia esclusa dall’Europache conta – piomba come un fulmine su una situazione già molto allarmante, con la spada di Damocle della procedura d’infrazione (sempre presente) e la lettera della Bce che chiede alle banche italiane di liberarsi dei crediti inesigibili, dopo che il governo ha appena compiuto il salvataggio della genovese Carige. All’affronto franco-tedesco, dice Carperoro, l’Italia dovrebbe rispondere in modo simmetrico: cercando di siglare analoghi trattati – altrettanto ostili – con paesi mediterranei, come la Spagna e la stessa Grecia. Lo farà? Difficile dirlo: bombardato dai grandi media, tutti allineati al potereUe, il governo Conte potrebbe cedere. Di Maio è stato bersagliato da un killeraggio inaudito, e presto potrebbe venire il turno di Salvini. L’unico vero alleato dell’Italia, cioè Donald Trump, appare isolato. Starebbe sostanzialmente evaporando una certa “sovragestione” americana esercitata fin dall’inizio sui 5 Stelle, quand’era il neocon Michael Ledeen, esponente del Jewish Institute, ad accompagnare Di Maio nei santuari del poterefinanziario supermassonico. Ora si punta a indebolire e “sovragestire” l’imprudente Salvini, sommerso dalle polemiche (giustificate) per aver partecipato alla cena romana con l’entourage Pd di Maria Elena Boschi, che sulle banche interveniva per motivi di famiglia.
Tutto questo, sintetizza Carpeoro, non fa che indebolire l’Italia: se il governo Conte dovesse cadere all’improvviso, sarebbe spianata la strada per il solito – orrendo – governo “tecnico”, i realtà pilotato dalla consueta élite supermassonica e, nel caso, affidato al neoliberista Carlo Cottarelli, già dirigente del Fmi, tra i massimi responsabili della catastrofe che ha messo in ginocchio la Grecia sotto i colpi dell’austerity. In prospettiva, comunque, secondo Carpeoro la minaccia maggiore viene da Draghi: proprio sul presidente della Bce, ormai in scadenza, punterebbero le oligarchie reazionarie europee per commissariare l’Italia in modo devastante, se a Draghi non riuscirà di conquistare la guida del Fondo Monetario Internazionale con l’obiettivo di sottrarlo all’influenza statunitense. Il piano: mettere il Fmi a completo servizio dell’ordoliberismo europeo: quello che oggi utilizza Francia e Germania come potenze neo-coloniali, come già alla vigilia della Prima Guerra Mondiale, per spegnere sul nascere qualsiasi tentazione di riforma dell’Ue in senso democratico. Uno scenario che i “sovragestori” temono possa rafforzarsi se alle prossime europee dovesse imporsi l’onda “populista” in diversi paesi, grazie anche al “cattivo esempio” dell’odiata Italia gialloverde, cioè il paese a cui il Trattato di Aquisgrana punta a “spezzare le reni”.
Se il governo Conte crolla di colpo, c’è già pronto Cottarelli. Ma il vero pericolo si chiama Mario Draghi: il presidente uscente della Bce potrebbe ripiegare su Palazzo Chigi, se non andasse in porto il piano principale che lo riguarda, cioè arrivare alla presidenza del Fmi e sottrarre il Fondo Monetario all’egemonia Usa, per metterlo al guinzaglio di Berlino e Parigi. Secondo l’analisi di Gianfranco Carpeoro, per l’Italia si è acceso l’allarme rosso: l’incredibile Trattato di Aquisgrana, che demolisce qualsiasi prospettiva comunitaria proiettando anche ufficialmente Germania e Francia nel ruolo di “padrone” neo-coloniali dell’Ue, ha come vittima principale proprio il Belpaese. A Roma non si perdona l’insubordinazione del governo gialloverde, l’unico esecutivo teoricamente all’opposizione di Bruxelles. Lo dimostra la “macchina del fango” scatenatasi contro Lega e 5 Stelle, per indebolirne la leadership. Il polverone sul padre di Di Maio (lavoro nero) e su quello di Di Battista (debiti), unitamente alla mazzata giudiziaria sui leghisti (maxi-risarcimento da 49 milioni di euro) a questo servono: a impedire che l’elettorato italiano si sollevi, nel caso in cui una crisi pilotata – banche, spread – precipitasse il paese nella bufera, replicando le condizioni del “golpe bianco” che nel 2011 consentì alla “sovragestione” europea di costringere alla resa Berlusconi e imporre il commissariamento dell’Italia, tramite Monti.

Autore del saggio “Dalla massoneria al terrorismo”, che svela i retroscena supermassonici di area Nato dietro ai recenti attentati affidati in Europa alla manovalanza dell’Isis, Carpeoro individua la Loggia P1 (mai riconosciuta, ufficialmente) come Carpeorola vera “quinta colonna” del peggior potereinternazionale, utilizzata per manipolare e indebolire la politica italiana, grazie al prezioso contributo di un establishment “collaborazionista”, reclutato da poteri stranieri per dominare il nostro paese. L’oligarchia Ue è in fibrillazione, in vista delle europee, dal momento in cui Lega e 5 Stelle – con tutti i loro limiti – hanno inserito l’Italia in una traiettoria di collisione con Bruxelles. Da qui le pressioni della Bce e della Banca d’Italia, le impennate dello spread e il “niet” di Mattarella per impedire a Paolo Savona l’accesso al ministero dell’economia. Infine, il lungo braccio di ferro sul deficit 2019 – non ancora concluso – con il governo italiano sottoposto alla minaccia della procedura d’infrazione. Obiettivo dei “sovragestori”: spuntare le armi dei gialloverdi e costringerli a rimediare una figuraccia davanti ai loro elettori, non consentendo loro di mantenere nessuna delle promesse elettorali. Guai se il “virus” della ribellione italiana – aumentare il deficit, violando il rigore di Maastricht – dovesse propagarsi in altri paesi, incoraggiando analoghe svolte politiche. Ad aumentare la tensione ha contribuito certamente anche la rivolta francese dei Gilet Gialli, capaci di spaventare seriamente i poteri che hanno insediato Macron all’Eliseo.
Ora, su questo scenario già instabile piomba come un macigno l’inaudito accordo siglato da Francia e Germania, che toglie qualsiasi residua credibilità alla dimensione comunitaria dell’Ue: i due paesi si impegnano a coordinare le loro politiche economiche, fino al punto di istituire formalmente un “Consiglio dei ministri franco-tedesco”. «Si tratta di un atto gravissimo e senza precedenti», dichiara Carpeoro, in web-streaming su YouTube con Fabio Frabetti di “Border Nights”. Un accordo Mattarella e Cottarelliapertamente ostile agli altri partner europei, «al quale si uniranno sicuramente anche quei lestofanti degli olandesi, che hanno già contribuito a impoverire l’Italia introducendo una normativa fiscale sleale, che ha sottratto al nostro paese ingenti risorse, attraverso il trasferimento in Olanda della domiciliazione fiscale di grandi aziende italiane». Con il nuovo trattato, dice Carpeoro, l’asse franco-tedesco getta la maschera e si prepara a colpire l’Italia in modo frontale, contando anche sull’immancabile collaborazione delle “quinte colonne” interne, «sempre pronte, come già nel Rinascimento, ad allearsi con lo straniero pur di far cadere il governo in carica».
E adesso il cerchio si stringe, par di capire: il Trattato di Aquisgrana – con l’Italia esclusa dall’Europa che conta – piomba come un fulmine su una situazione già molto allarmante, con la spada di Damocle della procedura d’infrazione (sempre presente) e la lettera della Bce che chiede alle banche italiane di liberarsi dei crediti inesigibili, dopo che il governo ha appena compiuto il salvataggio della genovese Carige. All’affronto franco-tedesco, dice Carperoro, l’Italia dovrebbe rispondere in modo simmetrico: cercando di siglare analoghi trattati – altrettanto ostili – con paesi mediterranei, come la Spagna e la stessa Grecia. Lo farà? Difficile dirlo: bombardato dai grandi media, tutti allineati al potere Ue, il governo Conte potrebbe cedere. Di Maio è stato bersagliato da un killeraggio inaudito, e presto potrebbe venire il turno di Salvini. L’unico vero alleato dell’Italia, cioè Donald Trump, appare isolato. Starebbe sostanzialmente evaporando una certa “sovragestione” americana esercitata fin dall’inizio sui 5 Stelle, quand’era il neocon Michael Ledeen, esponente del Jewish Institute, ad accompagnare Di Maio nei santuari del potere finanziario supermassonico. Ora si punta a indebolire e “sovragestire” l’imprudente Salvini, sommerso Draghidalle polemiche (giustificate) per aver partecipato alla cena romana con l’entourage Pd di Maria Elena Boschi, che sulle banche interveniva per motivi di famiglia.
Tutto questo, sintetizza Carpeoro, non fa che indebolire l’Italia: se il governo Conte dovesse cadere all’improvviso, sarebbe spianata la strada per il solito – orrendo – governo “tecnico”, i realtà pilotato dalla consueta élite supermassonica e, nel caso, affidato al neoliberista Carlo Cottarelli, già dirigente del Fmi, tra i massimi responsabili della catastrofe che ha messo in ginocchio la Grecia sotto i colpi dell’austerity. In prospettiva, comunque, secondo Carpeoro la minaccia maggiore viene da Draghi: proprio sul presidente della Bce, ormai in scadenza, punterebbero le oligarchie reazionarie europee per commissariare l’Italia in modo devastante, se a Draghi non riuscirà di conquistare la guida del Fondo Monetario Internazionale con l’obiettivo di sottrarlo all’influenza statunitense. Il piano: mettere il Fmi a completo servizio dell’ordoliberismo europeo: quello che oggi utilizza Francia e Germania come potenze neo-coloniali, come già alla vigilia della Prima Guerra Mondiale, per spegnere sul nascere qualsiasi tentazione di riforma dell’Ue in senso democratico. Uno scenario che i “sovragestori” temono possa rafforzarsi se alle prossime europee dovesse imporsi l’onda “populista” in diversi paesi, grazie anche al “cattivo esempio” dell’odiata Italia gialloverde, cioè il paese a cui il Trattato di Aquisgrana punta a “spezzare le reni”.
http://www.libreidee.org/2019/01/italia-assediata-francia-e-germania-ci-imporranno-draghi/
Attenzione, perché questo tipo di scenario è ritenuto sempre più credibile dai meglio informati.  Il Piano Mattarella: mettere Draghi prima  al governo – e poi a suo successore alla presidenza della repubblica,  senza (ovviamente) passare per elezioni. Secondo tali ipotesi,  una nuova maggoranza verrebbe formata dal PD imbarcando un buon numero di grillin . O forse l’intero 5S  che farebbe voltafaccia .  Draghi verrebbe presentato  come il salvatore della patria e scudo contro le minacce europee…
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