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giovedì 30 gennaio 2020

Ogni bambino nasce felice.
Ogni bambino nasce innocente e meraviglioso.
Ma poi accade qualcosa e tutti quei bambini meravigliosi si perdono; la loro innocenza viene distrutta.
Tutta la loro felicità si trasforma in disperazione.
Osserva un bambino che raccoglie conchiglie sulla spiaggia: è più felice dell’uomo più ricco del mondo.
Qual è il suo segreto? Quel segreto è anche il mio.
Il bambino vive nel momento presente, si gode il sole, l’aria salmastra della spiaggia, la meravigliosa distesa di sabbia.
E’ qui e ora. Non pensa al passato, non pensa al futuro. E qualsiasi cosa fa, la fa con totalità, intensamente; ne è così assorbito da scordare ogni altra cosa.
Il segreto della felicità è tutto qui: qualsiasi cosa fai non permettere al passato di distrarre la mente e non permettere al futuro di disturbarti.
Perché il passato non esiste più e il futuro non esiste ancora.
Vivere nei ricordi, vivere nell’immaginazione significa vivere una vita non esistenziale; e vivendo fuori dall’esistenza ti sfugge cosa l’esistenza è.
Sarai inevitabilmente infelice, perché per tutta la vita ti lascerai sfuggire la vita stessa.
Perdi un’occasione dopo l’altra, ma la vita non ti dà due istanti contemporaneamente: te ne dà solo uno alla volta!
E quell’istante può essere vissuto oppure ce lo si può lasciare sfuggire.
Esistono due modi per farselo sfuggire: o ci si lascia appesantire dal passato oppure ci si fa attrarre dal futuro… e l’istante scompare!
Ci si lascia sfuggire ciò che è reale desiderando ciò che reale non è: l’infelicità umana è tutta qui.
Io cerco di aiutare i miei amici a capire una cosa sola: vivi nel presente.
In questo istante, ora, non esiste infelicità, né sofferenza, né angoscia.
Se conosci il gusto, se anche una sola volta hai assaporato cosa si prova a essere nel presente – a volte, mentre guardi un’alba o un tramonto, sii semplicemente presente, così potrai assaporare il gusto – ti stupirai, ma possiederai per sempre la chiave che ti introduce nel reale.
Una chiave universale che può aprire tutte le porte dei misteri della vita, delle sue estasi e delle sue bellezze.
Siete in grado di essere in paradiso qui e ora.
Mi ricordo di un ateo che in salotto aveva scritto la frase che riassumeva la sua filosofia: “Dio non é da nessuna parte (nowhere, in inglese.)”.
E tutti coloro che andavano a trovarlo non potevano fare a meno di vederla, ragion per cui da li partiva ogni discussione…. un giorno all’ateo nacque un figlio, che crebbe fino all’età in cui si impara a sillabare.
Un giorno il bambino era seduto in braccio al padre, fu attratto dalla scritta sul muro e si mise a leggerla.
Riuscì a leggere “Dio”, ma “nowhere” era una parola troppo lunga. Per cui la divise in due e lesse: “Dio è qui ora”, (’now here’ in inglese).
Il padre rimase sconvolto, non aveva mai pensato a quella possibilità di lettura… si dice che la sua filosofia di ateo andasse in frantumi.
Iniziò a pensare alle implicazioni di quel qui e ora.
Nel qui e ora non troverai Dio, ma qualcosa di più grande: troverai un’essenza divina.
Questo è il termine che designa l’esperienza suprema della beatitudine.
Ricorda quelle due parole: qui e ora, e conoscerai il segreto della felicità suprema. Non è mai esistito altro segreto, né mai ne esisterà un altro.
E tutto qui!
Ed è semplicissimo, facilmente a portata di mano di ogni essere umano.
Non occorre appartenere a una chiesa o a un’organizzazione.
Non devi portare con te una sacra Bibbia, i Veda, la Gita o il Corano.
Devi solo capire un po’ di più la tua mente e le sue funzioni, come agisce.
La mente non è mai nel presente, mentre il tempo è sempre presente; per cui la mente e il tempo non si incontrano mai.
Ecco dov’è la tragedia: a ogni istante ti sfugge il treno e continuerai a perderlo per tutta la vita.
Un grande mistico stava morendo. I suoi discepoli gli erano vicini e gli chiesero: “Maestro, qual è il tuo ultimo messaggio?”
Il Maestro morente aprì gli occhi e indicò col dito il tetto della sua capanna.
Uno scoiattolo stava giocando; tutti i discepoli guardarono verso l’alto e per un istante vi fu un silenzio assoluto.
Il Maestro disse: “Questo è il messaggio di tutta la mia vita. Vivi nel momento. E’ meraviglioso ascoltare lo scoiattolo che gioca sul tetto, senza preoccuparsi di altro”.
E aggiunse: “Ora, posso morire” e morì col sorriso sulle labbra, il volto soffuso di beatitudine.
Perfino nell’ultimo istante della vita il suo messaggio fu: sii qui e ora. 
Quello è anche il mio messaggio.”

– Osho

giovedì 23 gennaio 2020

Il ruolo dei contatori elettrici nella sorveglianza di massa

Ci viene detto che l’Internet delle cose dovrebbe essere il nostro futuro, tutto è connesso, tutto genera dati. Ci viene detto che questo renderà in qualche modo le cose più convenienti; forse, ma la vostra comodità non è ciò per cui è stato creato l’Internet delle cose. L’Internet delle cose è stato creato in modo tale che le cose vengano associate al vostro nome. Quindi, osservando cosa stanno facendo le cose, si potrà vedere cosa state facendo voi. 


L’Internet delle cose sarà un organismo digitale vivente in cui potrete essere rintracciati in qualsiasi momento della giornata, osservati, identificati e trattati come un membro volontario di questo nuovo enorme database nell’etere. Ovviamente, l’Internet delle cose è un modo per il governo di assicurarsi che il vostro comportamento non costituisca in alcun modo una minaccia o, se lo è, per consentire loro di farvi, a breve, una visita che potreste anche non gradire.
L’Internet delle cose genererà su di voi più dati di quanti ne siano mai stati raccolti, e più dati avranno su di voi, più potranno prendere le vostre cose, più sarete in loro potere. Per molte persone questo è un concetto astratto, la raccolta di dati e quindi il loro l’utilizzo per tracciarvi, controllarvi e prendere i vostri soldi, in un modo o nell’altro. Si chiama monetizzazione dei dati. La gente non vi spia per divertimento, vi spia i per soldi. I vostri soldi.

Vi mostrerò qualcosa che renderà questo concetto molto meno astratto. Potreste non preoccuparvi di essere costantemente monitorati ed identificati quando siete al lavoro, a fare shopping o in giro per la città, ma l’Internet delle cose arriverà in casa vostra, in modo che tutto ciò che farete nel vostro luogo più privato possa diventare un database per qualcun’altro.

L’Internet delle cose genererà su di voi più dati di quanti ne siano mai stati raccolti, e più dati avranno su di voi, più potranno prendere le vostre cose, più sarete in loro potere. Per molte persone questo è un concetto astratto, la raccolta di dati e quindi il loro l’utilizzo per tracciarvi, controllarvi e prendere i vostri soldi, in un modo o nell’altro. Si chiama monetizzazione dei dati. La gente non vi spia per divertimento, vi spia i per soldi. I vostri soldi. Vi mostrerò qualcosa che renderà questo concetto molto meno astratto. Potreste non preoccuparvi di essere costantemente monitorati ed identificati quando siete al lavoro, a fare shopping o in giro per la città, ma l’Internet delle cose arriverà in casa vostra, in modo che tutto ciò che farete nel vostro luogo più privato possa diventare un database per qualcun’altro.
Il governo e le aziende vogliono essere sicuri che voi non possiate disattivare il flusso di dati e interrompere la sorveglianza su di voi, quindi ne raccolgono una parte attraverso un dispositivo che non potete controllare: il vostro contatore elettrico. Le aziende che raccolgono grosse quantità di dati hanno scoperto una miniera d’oro: il vostro contatore della luce può essere potenziato in modo da fargli raccogliere tutta una serie di dati personali, di voi, della vostra casa. Con la semplice modifica di alcuni particolari dispositivi elettronici presenti nei contatori, stanno creando il programma di sorveglianza più invasivo e massiccio mai intrapreso nella storia. Immaginate di raccogliere le abitudini comportamentali quotidiane ed orarie di ogni famiglia nel mondo sviluppato. Lo streaming di dati in uscita dal vostro contatore non è comprensibile agli esseri umani, perciò le società di software stanno creando programmi speciali per trasformare questi dati nel vostro esatto profilo, per analizzare il vostro comportamento e costruire, passo dopo passo, un file molto dettagliato e rivelatore della vostra vita privata, minuto per minuto.
Questo software rivelerà le vostre abitudini personali, il vostro stile di vita e persino il vostro carattere personale, difetti compresi, in modo che quei dati possano essere ceduti a persone che vogliono vendervi, tassarvi, accusarvi e penalizzarvi per qualsiasi azione vi vedranno compiere tramite quei dati. Le aziende di servizi hanno bisogno di pacchetti software molto complessi per analizzare, con queste modalità, i dati dei propri clienti. Una delle aziende che compila questo tipo di software è ONZO, una società di software londinese. Il loro software è solo per le aziende elettriche, per aiutarle ad analizzare i dati personali dei propri clienti e trovare modi per sfruttare tali informazioni a scapito dei clienti stessi. Se siete preoccupati per una backdoor nel vostro cellulare, questa è una backdoor nella casa in cui vivete e questa backdoor è aperta tutto il giorno, tutti i giorni. ONZO ha realizzato un breve video promozionale per far sapere alle aziende di servizi quanto è bravo il loro software ad invadere la privacy dei loro clienti. Se lo ascoltate attentamente, potreste trovarlo un filino inquietante.
“Siamo la ONZO. Aiutiamo le società elettriche di tutto il mondo a costruire relazioni migliori con i propri clienti, a servirli in modo più efficiente e, per alcune di esse, anche in modo più efficace. Come lo facciamo? Prendiamo i dati sui consumi di energia da contatori e sensori intelligenti, li analizziamo utilizzando i nostri algoritmi brevettati e creiamo un profilo altamente personalizzato per ogni singolo cliente di queste aziende. Quindi contrassegniamo questo profilo con le principali caratteristiche comportamentali, attitudinali e di stile di vita che stiamo identificando. Identifichiamo persino gli elettrodomestici che vengono utilizzati nelle case. Infine, utilizziamo questo profilo personalizzato per fornire alle aziende tre cose:
1. App per il coinvolgimento dei clienti, che educano il cliente finale, creano livelli di fiducia e, in definitiva, riducono il turnover dei clienti;
2. Una descrizione dettagliata di ciascun cliente finale, che aiuta l’azienda a fornire servizi più appropriati e campagne di vendita altamente mirate;
3. La capacità di monetizzare i dati dei propri clienti fornendo un collegamento diretto ad appropriate organizzazioni di terze parti, in base al carattere identificato del cliente.
Quindi, da un sottilissimo flusso di dati sul consumo di energia, ONZO offre un valore commerciale significativo ad un prezzo inferiore a quello di una tazzina di caffè. ONZO, il cliente al centro dell’attenzione. “
Ovviamente, ONZO non è l’unica azienda a farlo. La raccolta di dati dalle abitazioni private è una nuova industria multimiliardaria. La nostra Carta dei Diritti proibisce questo tipo di indagini senza un ordine del tribunale o un esplicito consenso informato da parte delle persone spiate. Ma la ‘rete intelligente’ sta togliendo questa protezione e sarà quasi impossibile ripristinarla. L’attività di ONZO è fornire l’analisi dei dati necessaria per rivelare le vostre abitudini di vita personali ad estranei totali, in modo che possano sfruttarvi commercialmente e legalmente in qualunque modo riterranno più opportuno. Nel video, vengono bellamente trascurati alcuni punti importanti. Nel caso in cui non aveste capito bene le conseguenze di tutto ciò, esaminiamo una frase chiave verso la fine del fimato.
ONZO offre alle aziende elettriche la possibilità di monetizzare i dati dei propri clienti fornendo un collegamento diretto ad appropriate organizzazioni di terze parti in base al carattere identificato del cliente. Monetizzare significa guadagnare soldi con i vostri dati personali. In un modo o nell’altro, i soldi che ricaveranno, alla fine, saranno soldi vostri. Questo non è un programma per aiutarvi, questo è un programma per sfruttarvi, per trarre vantaggi dall’intima conoscenza di voi, forse anche per trovare qualcosa per cui incriminarvi. Stanno per monetizzare i dati che riguardano il vostro carattere, la vostra personalità, desideri, paure e segreti personali che non dovrebbero mai uscire dalla vostra casa. Stanno fornendo un collegamento diretto ad organizzazioni di terze parti appropriate, il che significa chiunque paghi per avere quei dati.
Gli piace dirci che i dati sono sicuri e non possono essere hackerati. Questa è una bugia, tutto può essere hackerato e, per quanto mi riguarda, chiunque metta un dispositivo di sorveglianza sul mio contatore della luce è un hacker. Non ho invitato nessuno di loro a registrare ciò che faccio all’interno di casa mia. Un collegamento diretto significa che le aziende, il governo, le forze dell’ordine e chiunque paghi per saperlo potrà avere in tempo reale i dati sui vostri consumi di energia. Quando accendete o spegnete un qualsiasi apparecchio, un qualsiasi dispositivo elettrico, le organizzazioni di terze parti lo sapranno in tempo reale, proprio mentre accade. Potreste ricevere una chiamata da un promoter che saprebbe che, proprio in quel momento, state facendo il bucato o che siete appena usciti dalla doccia.
Considerate un’ipotetica cliente di un’azienda elettrica, Susan Smith. Susan usa il suo asciugacapelli più volte alla settimana alle 18:30 circa. I dati personali mostrano che Susan ha due bambini piccoli, di tre e cinque anni. Con l’analisi dei dati sul suo stile di vita, tenteranno di costruire il suo profilo personale. I dati raccolti potrebbero far pensare che, visto l’uso serale dell’asciugacapelli, Susan potrebbe essere una festaiola, forse una bevitrice, e magari potrebbe trascurare i suoi bambini ed essere una madre snaturata.
Il software cerca di creare profili personali come questo partendo da qualunque tipo di dati in suo possesso. Non guarda solo che cosa succede, il software cerca di capire che cosa significhi. Ma questo è solo un giocare agli indovinelli computerizzato, in cui un’attività domestica perfettamente innocente potrebbe essere fraintesa per incriminarvi, o comunque farvi correre il rischio di un approccio indesiderato e inappropriato da parte di un estraneo. La realtà è che non deve importare a nessuno se e quando Susan usa il suo asciugacapelli. Ma, installando un contatore intelligente in casa sua, stanno raccogliendo innumerevoli dettagli privati sulla sua vita e questi dati rimarranno per sempre in loro possesso, e vorranno ricavare soldi da quei dati. Con un software analitico del genere, i vostri dati sono molto più rivelatori di voi, della vostra famiglia, della vostra vita personale, di quanto possiate mai immaginare.
Se si acconsente all’installazione di un contatore elettronico nella propria abitazione, si accetta di far parte di questo programma. State dando la possibilità che le vostre abitudini di vita personali e la vostra identità possano essere usate da estranei totali come armi contro di voi. Credo che nessuno, dentro la nostra casa, dovrebbe raccogliere dati sul nostro comportamento. Se siete d’accordo, troverete assistenza e risorse per opporvi e resistere a questo programma su www.freedomtaker.com. Scorrete verso il basso sulla home page e troverete prestampati di informativa legale per il rifiuto di questa sorveglianza gratuiti e scaricabili, che potrete inviare alla vostra società elettrica. Un altro sito Web per aiutarvi con informazioni e risorse è www.takebackyourpower.net.
Jerry Day
comedonchisciotte.org

mercoledì 22 gennaio 2020

Come nella descrizione di Walpole, i figli del re delle isole di Serendip percorrevano il mondo senza meta e con purezza di cuore, e proprio per questo motivo si imbattevano in ogni sorta di esperienze meravigliose, così il ricercatore spirituale basa il proprio lavoro non sulle discriminazioni ma sull’entusiasmo e sull’Amore; non sulla ricerca di meriti personali ma sull’altruismo, sul coraggio e sull’aspirazione alla Conoscenza; non sulla frammentazione ma sull’Unità della Vita, riconosciuta dalla Mente e sentita dal Cuore.
In tal senso, il termine non indica soltanto lo scoprire “fortunatamente” una cosa non cercata e imprevista mentre se ne sta cercando un’altra: sottintende che, per cogliere l’indizio che porterà alla scoperta, occorre essere aperti alla ricerca e attenti a riconoscere il valore di esperienze che non corrispondono alle originarie aspettative. Questo implica fiducia nella vita, speranza, capacità di abbandono e, al tempo stesso, disponibilità ad effettuare delle scelte e ad assumersi responsabilità.

Così, quando si è sul Sentiero, avendo compreso che il principale compito di ogni essere umano è quello di perseguire la propria evoluzione e di sostenere quella degli altri, si potrà semplificare la propria vita accordando i propri ritmi a quelli naturali; abbandonare inutili zavorre che sottraggono tempo ed energie al “Lavoro”; ricercare attività e perseguire interessi più in sintonia con il proprio percorso interiore.
A questo punto del cammino, si vede infatti con sempre maggiore chiarezza che la società contemporanea porta gli individui a scegliere comportamenti disarmonici: fretta, ricerca di una sempre maggiore “velocità” in tutti i campi dell’agire, bombardamento di stimoli visivi e sonori squilibranti e disarmonizzanti, tecnologia onnipresente che accorcia tempi e spazi talvolta in modo non necessario. All’opposto, mancano “contenitori” idonei ad accogliere e modulare energie che potrebbero essere liberate “a favore dell’evoluzione”: luoghi di creatività, momenti di scambi interpersonali significativi, aggregazioni costruttive, stimoli all’operatività fraterna.
https://spiraglidiluceorg111659.r.worldssl.net/wp-content/uploads/2019/02/Acquario-Astrologia.jpg?x40665
L’uomo dell’Età dell’Acquario avverte sempre più chiaramente di essere chiamato a svolgere la sua opera di purificazione e trasformazione. Aurobindo afferma che la materia va pestata, tritata con paziente lavoro; i risultati si ottengono, ma sono misurati e lenti, proprio come nell’opera alchemica. Assagioli richiede all’uomo risvegliato di coordinare, con paziente lavoro, i vari aspetti dell’ “animo molteplice” intorno al Sé, centro unificatore che, se sorretto da una forte e vigile Volontà, può organizzare armoniosamente la molteplicità dei contenuti e delle forze contrastanti dell’individuo.
E il Maestro Aïvanhov parla con chiarezza di “laboratorio interiore” nel quale ciascuno di noi può distillare consapevolezza e saggezza: “I laboratori nei quali gli scienziati fanno le loro ricerche sono straordinariamente equipaggiati; ma dovete sapere che la natura ha dato a tutti, al momento della nascita, un ‘laboratorio personale’: noi stessi, il nostro corpo, il nostro psichismo, il cuore, l’intelletto, l’anima, lo spirito. Non è dunque solo all’esterno di se stessi che ci si può dedicare a degli esperimenti; anche nel proprio intimo, con le sensazioni, i sentimenti e i pensieri, ciascuno può fare delle ricerche… e delle scoperte. Ognuno di voi deve prendere coscienza di possedere dentro di sé un laboratorio straordinario in cui non manca niente: tutte le sostanze e tutti gli elementi vi sono rappresentati, e vi si può lavorare meglio ancora che nei laboratori del mondo esterno”. (O. M. Aïvanhov, Pensieri quotidiani)
https://biografieonline.it/img/bio/e/Edward_Bach.jpgIl Lavoro comincia con l’osservazione di sé e il controllo dell’emotività; finchè la mente non è resa stabile, ogni sforzo viene vanificato. Edward Bach, medico inglese, riteneva che l’Uomo (microcosmo) avesse perso il senso dell’appartenenza al Tutto (macrocosmo) e che il suo agire contro il senso dell’unità provocasse la malattia. Le cause delle malattie dell’uomo vanno ricercate in sette atteggiamenti “separativi”: l’orgoglio, la crudeltà, l’odio, l’egoismo, l’ignoranza, l’instabilità e l’avidità. Ciascuno di essi può essere ricondotto a un rifiuto o ad una opposizione nei confronti dell’Unità e si può tras-mutare sviluppando l’Amore universale. Ritenendo che le anime incarnate sulla Terra abbiano il Compito di evolversi secondo le direttive del Sé superiore, fa risalire la malattia fisica all’abbandono del disegno iniziale dell’anima: “…Il conflitto sorge quando la nostra personalità si distacca dalla vita tracciata dall’Anima, sia per influsso delle nostre passioni, sia perché suggestionata da altri. Questo conflitto è la causa principale della malattia e dell’insoddisfazione”. (E. Bach, Guarisci te stesso)
L’approccio alchemico richiede che costantemente, con un lavoro protratto nel tempo, l’intelletto e la ragione siano messi al servizio dell’Unità, attraverso il perseguimento del Bene, del Bello e del Vero, poiché “siamo noi la materia e lo spirito, l’eterno conflitto”. Nella Bhagavad Gita, Arjuna, rivolgendosi a Krishna, dichiara: “Perché l’insieme delle forze psichiche è irrequieto, o Krishna, è dotato di forza disgregatrice, è forte, è difficile da rimuovere. La possibilità di controllarlo penso sia tanto poco agevole quanto poco lo è controllare il vento”. (Bhagavad Gita, canto VI)
Nel corso del “Lavoro”, esperienze e percorsi avvertiti come significativi comportano mutamenti di coscienza sempre più evidenti:
– ciò che è “di routine” apporta nuove consapevolezze;
– la possessività si espande in “calore non possessivo”.
– il lavoro consueto si trasfigura in Servizio;
– la vita di relazione diventa occasione di perfezionamento;
 il disagio diventa opportunità di crescere in umiltà e grazia;
– il distacco emotivo si muta in empatia;
– il narcisismo cede il posto all’umiltà dell’ascolto;
– la supponenza si diluisce in genuinità e vicinanza emotiva;
– il controllo si dilata in fiducia;
– ciò che è inerte rivela aspetti vibranti di vita.
Si apprende ad “agire”, invece che “reagire” in modo istintivo e inconsapevole; il vivere stesso, sottratto quanto più possibile all’improvvisazione e all’irrazionalità delle emozioni incontrollate, diventa opportunità per apprendere, appunto, “l’arte di vivere”. 
https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/a/a3/Uovo_San_Domenico.png/220px-Uovo_San_Domenico.pngNel XVII secolo affermava Gerhard Dorn: Trasformatevi in pietre filosofali viventi!”. Quando siamo molto giovani, rispondiamo con freschezza ad ogni nuovo stimolo, perché non abbiamo nulla nella nostra vita con cui paragonarlo. Diventando adulti, smettiamo di rispondere in modo nuovo e creativo alle nuove esperienze e iniziamo a reagire sulla base di abitudini e condizionamenti. Anziché scoprire il nuovo, lo associamo al vecchio e così reagiamo non all’esperienza presente, ma ai nostri ricordi o a esperienze simili passate. Nel corso del “Lavoro” intrapreso sul Sentiero del ritorno, sentiamo inadeguato questo modo di operare con le nostre esperienze e i nostri sentimenti e miriamo a trasformarli, mutandone segno e vibrazione: “Se siete veramente seri, allora quando osservate, il vecchio impulso – la ripetizione di vecchi schemi, di vecchi modi di pensare, di vivere e di agire – esso finisce. Siete abbastanza seri da voler scoprire un sistema di vita in cui non esista tutto questo scompiglio, questa miseria e questo dolore?” (Krishnamurti, La domanda impossibile)
Sappiamo che ogni pensiero si trasforma in un’energia e in una vibrazione particolare; il compito quotidiano sarà pertanto quello di osservare e poi trasformare le nostre emozioni inferiori in energie nobili ed elevate, ovvero di trasformare il piombo dei sentimenti vili, nell’oro delle virtù. Così, ad esempio, quando ci assale la collera, possiamo avvertirne l’insorgere, sentirne la vibrazione distruttiva, valutarne le ripercussioni dolorose e, con un atto di volontà, “cambiare di segno” a questa energia focalizzandoci su pensieri di pace.
È importante, a questo proposito, rafforzare la concentrazione; sorprendentemente, più diventiamo abili a concentrarci su un certo pensiero scelto da noi stessi, e a tenerlo saldo, più saremo capaci di liberare la mente da pensieri indesiderati e di indirizzare le energie nella direzione voluta. Il successo raggiunto ci renderà più forti perché più consapevoli che possiamo, se lo vogliamo, diventare artefici dei nostri pensieri, e quindi delle nostre vite: “L’assenza di attenzione è la strada verso la morte. Le persone vigili non muoiono, quelle immemori è come se fossero già morte”. (Dhammapada)
Tratto da: “Sul Sentiero II – L’aspirante e l’alchimia interiore” di Mariabianca Carelli
Ringraziamo l’autrice per averci inviato questi meravigliosi scritti. (Ne seguiranno altri…)

Il potere si nutre di paura.

Il potere si nutre di paura. La paura è infatti uno dei tanti tasselli nel processo di manipolazione sociale.

Ciclicamente siamo sul punto di morire tutti per l’ennesima pandemia, quando misteriosamente i media smettono di parlarne e si palesa una nuova e più terrificante minaccia che monopolizza l’opinione pubblica. Spento anche questo focolaio torna a manifestarsi un nuovo terribile pericolo, e così via, all'infinito.

Fatto sta che la popolazione è costantemente minacciata da qualche tragedia (un virus, un nemico globale, una organizzazione terroristica, ecc.) e tenuta in una situazione persistente di terrore che le impedisce di ragionare lucidamente.

Sull’onda dell’emotività si rischia di prendere decisioni d’impulso senza averle ponderate. Ciò non significa necessariamente che il pericolo sia inventato, ma strumentalizzato, amplificato, distorto, esagerato per inculcare nell’opinione pubblica la "percezione" di essere sempre, costantemente, in pericolo.

In stato di paura, infatti, l’opinione pubblica si sente disorientata, smarrita e necessita di una guida in quanto ha “perso la bussola”, si sente paralizzata dal terrore al punto da accettare qualunque proposta o intervento venga dall’alto.

Enrica Perucchietti

lunedì 20 gennaio 2020

https://unoeditori.com/dietro-le-quinte-del-potere-intervista-a-enrica-perucchietti/?ectid=215760&ectmode=campaign&ectttl=7



Può un ministro auspicare pubblicamente l’alba di una nuova era composta da ibridi “umano-robot” senza generare scandalo né polemiche?
A quanto pare sì. Dopo aver proposto una password di Stato per i servizi Pubblica amministrazione e per acquisti, la ministra per l’innovazione tecnologica Paola Pisano, in quota M5S, con un post sulla sua pagina FB ha scritto quanto segue:
“Saranno i robot a salvare l’Uomo. Ne miglioreranno la vita, lo sottrarranno a rischi inutili e a lavori disumanizzanti e anzi gli permetteranno di migliorarsi e di migliorare la propria vita. Come scrive Marco Bentivogli su Il Foglio di stamattina, ci dobbiamo augurare il nuovo ibrido “uomo-macchina”, senza alcuna paura, perché alla parte macchina lasceremo i lavori usuranti, pericolosi e ripetitivi mentre alla parte uomo resterà l’intelligenza e la creatività. In Italia siamo già molto avanti e ci vorrebbe una vera “silicon Valley” della robotica, un hub produttivo dove sviluppare e far crescere il settore. D’altronde basta leggere i dati 2018 del WEF, citati da Bentivogli: nel 2025 perderemo 75 milioni di tipologie di lavoro ma ne creeremo 133 milioni. Quindi, benvenuti Robot e benvenuti a noi uomini e donne che non abbiamo paura del cambiamento dei nuovi lavori e delle nuove opportunità. Il mondo si trasforma siamo pronti ad osare?”.
“Siamo pronti a osare?” chiede la ministra nella chiusa del post. Ebbene, qua non si tratta di “osare”, ma di portare semmai al cuore dell’opinione pubblica tematiche delicate, come quella dell’automazione o dell’ibridazione uomo-macchina, che riguardano la collettività e che andrebbero discusse in modo obiettivo, serio, senza pregiudizi ma neppure con l’esaltazione tipica delle tifoserie da stadio.
In questa esternazione pubblica troviamo diversi spunti di analisi e di riflessione.
Innanzitutto l’esaltazione acritica di un ministro nei riguardi della tecnologial’auspicio che i robot soppiantino gli umani (si parla di 75 milioni di posti di lavoro che verrebbero “rubati” dai robot); la creazione di fantomatici 133 milioni di posti di lavoro senza specificare quali; il riferimento a ibridi “umano-robot”.
Ora, partiamo dall’ultimo punto: se un ricercatore o un giornalista parla di cyberuomini, ossia di ibridi umano-robot viene liquidato come un cospirazionista o un venditore di bufale, additato come uno che perde tempo a rincorrere le farfalle e ha passato troppo tempo col naso piantato sui libri di fantascienza; se ne parla invece un ministro, zitti tutti, si devono accogliere tali esternazioni come fondate e degne di fiducia. Perché, seguendo il principio di autorità, un ministro dovrebbe sapere di che cosa parla e non proiettare una propria visione ideologica in tematiche così delicate… Eppure si mescola in poche riga la tematica dell’ibridazione uomo-macchina e quindi del post-umano con quella dell’automazione, facendo una bella confusione.
Quando si parla di ibridazione uomo-macchina, infatti, si rientra nel campo del post-umanesimo, un movimento culturale che intende ridefinire l’umano in senso plastico, dinamico, relazionale, persino ibridativo. In questa visione, l’umano perde la totale preminenza ontologica, epistemologica, etica sul non umano e viene interpretato come un prodotto storico mutevole e liquido, plastico. Viene pertanto posta in discussione la sua identità: l’essere umano è di fatto un costrutto storico che può essere modificato. Chi vi aderisce condivide una visione meccanicistica dell’esistenza umana per cui l’uomo si ritiene obbligato a continuare la propria evoluzione come se fosse una macchina o un dispositivo da aggiornare. 

I RISCHI DELL’AUTOMAZIONE

Veniamo alla questione relativa all’automazione, di cui ho ampiamente trattato nel mio libro Cyberuomo (Arianna Editrice). Premesso che la tecnologia è neutra e come mezzo dipende quindi da come la si usa, mi sembra di ravvisare una forma di feticismo per l’innovazione, per cui si debba supinamente accettare qualunque innovazione tecnologica, anche la più bislacca, trincerandosi dietro l’adagio per cui il progresso non si può fermare.
Invece, dietro la parola “progresso” si nascondono ricerche che fino a qualche anno fa sarebbero state bollate come incubi distopici e che oggi vengono invece offerte all’opinione pubblica come un traguardo per l’evoluzione collettiva. Se critichi qualunque cosa venga etichettata come “progresso” vieni automaticamente bollato come un oscurantista e un neoluddista, inibendo il confronto e censurando il dialogo.
Premesso che non intendo criticare la meccanizzazione o l’avanzamento tecnologico tout court che hanno migliorato le condizioni di vita e alleviato i lavoratori dalle mansioni più massacranti e pericolose, questo articolo si concentra sui risvolti ambigui o addirittura pericolosi di questi processi, dal rischio del “disboscamento degli umani” alle degenerazioni della rivoluzione digitale.
L’entusiasmo e l’esaltazione acritica nel progresso e nella tecnologia stanno oscurando il lato nascosto di queste ricerche, dal campo dell’automazione all’ibridazione uomo-macchina.
Siamo sicuri che tutto ciò che è tecnologicamente possibile (o che lo sarà in futuro) sia da ricercare e applicare a tutti i costi?
Se la tecnologia aumenta il divario tra ricchi e poveri, invece di colmarlo
Oggi l’uomo è entrato, grazie alle nuove tecnologie, in una nuova era, dove pochi uomini da soli possono stravolgere totalmente la vita sul nostro pianeta.
In un mondo in cui una élite, pari al 5% della popolazione, possiede oltre il 90% della ricchezza globale, la forbice della diseguaglianza continua ad allargarsi: la concentrazione della ricchezza nelle mani di pochi è sempre più accentuata.
Non è esagerato affermare che si sta realizzando, sotto il nostro stesso naso, il sogno delle élite mondialiste: dividere la società in due livelli, da una parte il potere economico detenuto da una ristretta cerchia tecno-finanziaria di super ricchi, dall’altra la “massa” indistinta di individui sempre più poveri, soli, senza legami, diritti e senza radici, facili quindi da sfruttare e controllare per il governo globale che si sta costruendo.
L’impatto strutturale della tecnologia che non solo “mangia” lavoro ma accentua la divaricazione nella ridistribuzione dei redditi è talmente evidente che sono stati gli stessi guru della Internet economy ad avanzare interventi, da Bill Gates a Elon Musk[3], in particolare arrivando a proporre un reddito di cittadinanza/sussistenza erogato dalla Stato a quei lavoratori che saranno lasciati indietro dalla rivoluzione tecnologica.
Si profila cioè un futuro incerto di cui non si possono prevedere risvolti e possibili reazioni “avverse”: possibili rivolte che non possiamo prevedere, ossia si rischia di passare dalle proteste no global più o meno accese a forme di neoluddismo.

IL DISBOSCAMENTO DEGLI UMANI

Riccardo Staglianò nel suo libro Al posto tuo, parla di “disboscamento dagli umani” in quanto il supercapitalismo digitale, in particolare in settori come la logistica, non solo ha «assunto magazzinieri, pagandoli poco e facendoli trottare tanto», ma ora punta alla progressiva sostituzione dei lavoratori umani con le macchine.
Invece di “progredire”, di evolverci e di migliorare non solo la produttività ma anche le condizioni e i diritti dei lavoratori, siamo ripiombati indietro nel tempo, registrando ritmi di lavoro frenetici, mobbing, terrorismo psicologico e condizioni al limite della schiavitù.
A ciò si aggiunge la questione del controllo sul luogo di lavoro, tematica di certo non nuova che ho ampiamente trattato in precedenza nei miei articoli e saggi[1]. Pensiamo per esempio alla nuova moda di impiantare chip dermali per “comodità”, sui luoghi di lavoro senza minimamente pensare alle conseguenze sociali del gesto (per esempio il caso della Three Square Market i cui manager avevano proposto ai propri dipendenti l’innesto di un microchip RFID in grado di contenere tutte le informazioni utili alla vita in azienda e il caso della svedese Epicenter). Già nel 2015 Fincantieri aveva provato a introdurre una modalità simile: nel corso delle trattative per il rinnovo del contratto integrativo l’azienda avrebbe chiesto di introdurre microchip negli scarponi e negli elmetti degli operai «per implementare la sicurezza» sul lavoro e conoscere sempre la posizione dei dipendenti. I sindacati intervennero dichiarando inaccettabile la richiesta.
In questa discesa agli inferi, il lavoro prima è stato delocalizzato per abbassare i costi, trasferendo la produzione in Paesi emergenti, dove gli operai costano meno che da noi, poi come effetto collaterale della delocalizzazione i lavoratori immigrati sono arrivati da noi sperando di guadagnare di più. La miseria con cui venivano pagati gli immigrati è diventata poi il parametro cui adeguare la nostra paga, livellando così verso il basso tutti i salari. Il lavoro è diventato sempre più disumano e precario.
Ovviamente non è finita. Il passo successivo è la sostituzione dei lavoratori con i robot.
La Terza Rivoluzione Digitale è in atto: per evitare che lo sviluppo tecnologico ci schiacci è fondamentale mettere la tecnologia al servizio dell’uomo, invece che contro di esso, migliorando la vita di tutti puntando al benessere collettivo e non alla mera produttività e alla ricchezza di pochi. Pochi perché secondo le stime degli economisti, molti verranno soppiantati, disboscati appunto, dalle macchine.

IL RAPPORTO MCKINSEY

L’Ansa il 17 luglio 2016 ha battuto una strana notizia: manager e igienisti dentali per ora stiano sereni: i lavori che l’uomo potrebbe vedersi “rubati” a stretto giro dai robot sono altri, in primis nei settori della ristorazione e della produzione industriale. A sostenerlo è un rapporto di McKinsey A future that works: Automation, employment, and productivity che analizza l’impatto dell’automazione e della robotica sul mondo del lavoro nel lungo periodo (50 anni) considerando scenari evolutivi a diverse velocità[2]. Il rapporto ha anche stilato una classifica dei lavori che nel prossimo futuro hanno più probabilità di altri di essere automatizzati.
La società di consulenza ha analizzato oltre duemila compiti svolti nell’ambito di oltre 800 occupazioni e ha individuato quali categorie sono più a rischio di altre. I più inclini all’automazione, spiegano gli analisti, sono i lavori di produzione industriale ma anche i servizi legati a cibo e vendita al dettaglio. Insomma, non solo la catena di montaggio − che infatti è già ampiamente automatizzata − ma tutti coloro che svolgono compiti particolarmente ripetitivi, come ad esempio impacchettare oggetti o preparare cibi, possono essere rimpiazzati da tecnologie già al momento disponibili.
Un dato interessante che emerge dall’analisi è che solo il 5% dei lavori potrà essere completamente automatizzato, ma l’automazione avrà un impatto – in una misura pari al 30% – su circa il 60% delle mansioni lavorative[3]. In altre parole, in 6 tipologie di lavori su 10 una buona parte dei compiti sarà eseguito da macchine[4]. Secondo lo studio, in tutto il mondo 1,2 miliardi di posti di lavoro sono sostituibili − in tutto o in parte − con le tecnologie disponibili a livello commerciale, di cui 700 milioni in India e Cina. Nei soli cinque Paesi europei esaminati − Francia, Germania, Italia, Spagna e UK − i posti full-time a rischio sono 54 milioni, pari a un monte stipendi di 1.700 miliardi[5].
A una conclusione simile (il 47% dei lavori sostituibili) sono giunti Benedikt Frey e Michael Osborne della Oxford University, già autori del paper dal titolo The Future of EmploymentHow Susceptible Are Jobs to Computerisation?[6], a loro volta hanno curato un rapporto analogo Technology at work. The Future of Innovation and Employment. La tesi principale del lavoro del 2013 è che circa la metà degli occupati statunitensi – il 47%, per essere precisi – sia attualmente ad alto rischio “sostituzione”.
L’automazione porterà cioè a decine e decine di milioni di disoccupati nel corso dei prossimi due decenni, senza però spiegare, al di là delle stime pessimistiche, che cosa avverrà dopo che l’effetto di “disboscamento degli umani” sarà concluso…
Anche i più pessimisti non possono però spiegare come, quando e perché i loro scenari apocalittici si materializzeranno. Per la cronaca, esistono anche diverse analisi recenti che sottolineano come l’impatto dell’intelligenza artificiale sul lavoro umano dipenda largamente dai prezzi relativi di capitale e di lavoro e dalla recettività del mondo aziendale di capitalizzare queste opportunità[7].
Tutta questa confusione sembra però confermare quanto emerge in un libro molto interessante di Fredrik Erixon e di Björn Weigel intitolato The Innovation Illusion (2016). Secondo i due autori tutti coloro che sono eccessivamente ottimisti verso le attuali innovazioni o tutti coloro che sono troppo pessimisti sulla sostituzione di decine e decine di milioni di posti di lavoro, tendono quasi sempre a ignorare le sconfortanti realtà macroeconomiche del mondo attuale[8].

DISOCCUPAZIONE TECNOLOGICA

Su un punto gli analisti sono però concordi. La robotica presto renderà possibile la creazione di una generazione di macchine tanto intelligenti da poter sostituire non solo la manodopera pesante ma anche i colletti bianchi, dando vita a quel fenomeno che era già stato previsto da John Maynard Keynes: la “disoccupazione tecnologica”, ossia la perdita di lavoro dovuta al cambiamento tecnologico. Questo cambiamento solitamente riguarda l’introduzione di tecnologie che permettono di ridurre il carico di lavoro eseguito dagli operatori e l’introduzione dell’automazione.
John Maynard Keynes nel saggio Economic Possibilities of Our Grandchildren del 1930 smentiva le stime più ottimistiche di colleghi quali John Bates Calrk e William Leiserson (quest’ultimo descrisse la disoccupazione come una specie di effetto ottico)[9]: l’automazione poteva creare disoccupazione su larga scala e in modo permanente se erano sempre più numerose le attività che venivano automatizzate:
«Siamo afflitti da una nuova malattia di cui alcuni lettori non hanno forse ancora letto il nome, ma di cui sentiranno molto parlare negli anni a venire e cioè la disoccupazione tecnologica. Ciò significa una disoccupazione causata dalla scoperta di strumenti atti a economizzare l’uso di manodopera e dalla contemporanea incapacità di tenerne il passo trovando altri utilizzi per la manodopera in esubero»[10].
Keynes si mostrava inoltre preoccupato dalla “incapacità di adattarsi” nel breve termine[11], che forse rispecchia a pieno il problema odierno dell’automazione: l’inadeguatezza delle istituzioni e dell’intera società a gestire, organizzare e reggere il ritmo del cambiamento tecnico e le ripercussioni dell’innovazione sui lavoratori. Quando la tecnologia elimina (come è avvenuto in passato) un tipo di lavoro o addirittura un’intera categoria di lavoratori, questi dovranno adattarsi al cambiamento aggiornando le proprie competenze e trovandosi un nuovo posto di lavoro. Questo potrebbe impiegare del tempo. Per gli ottimisti si tratta solo di una fase temporanea, alla fine della quale l’intera società gioverà delle innovazioni apportate mentre l’economia troverà un nuovo equilibrio[12]Ma se ci volesse più di un decennio per raggiungere questo equilibrio?Quali sarebbero le ripercussioni su milioni di posti di lavoro che verrebbero in breve tempo cancellati?[13] E se poi a quel punto la tecnologia fosse di nuovo cambiata e i lavoratori non riuscissero a starle dietro?
Dovremmo in conclusione chiederci se il gap tra il progresso tecnologico e l’adattamento dei lavoratori sia colmabile oppure sia insanabile e anzi non rischi di rafforzarsi e di aumentare così la diseguaglianza.
Le statistiche economiche mostrano infatti che la dicotomia tra abbondanza e disuguaglianza si fa sempre più ampia[14]. Come evidenziato dall’economista Jared Bernstein, senior fellow del Center on Budget and Policy Priorities, «produttività e impiego si sono sganciati l’uno dall’altra»[15].

IL RISCHIO DI UNA TECNOCRAZIA

Il professore della MIT Sloan School of Management Eric Brynjolfsson e il suo collaboratore Andrew McAfee sostengono che la tecnologia ha distrutto il lavoro in maniera molto più veloce di quanto ne abbia creato: a breve molti lavori, non solo quelli più vulnerabili all’automazione, dovranno far fronte a una capillare diffusione dei robot.Questa è una tendenza che si riscontra negli USA, così come negli altri Paesi tecnologicamente avanzati[16]. Presto non solo il settore manifatturiero o le attività al dettaglio saranno nel mirino della tecnologia, ma anche campi più complessi: la medicina, la finanza, l’assistenza ai clienti (esempio nei call center), il settore legale.
Quello che gli autori sottolineano è che l’innovazione avrebbe potuto essere «una marea che solleva le barche allo stesso modo»[18], ma così non è stato. Insomma, se la torta complessiva dell’economia sta crescendo, la maggioranza delle persone però, a causa dei progressi tecnologici, sta peggio[19].
Sebbene non sia l’unico fattore, la tecnologia ha favorito l’aumento delle diseguaglianze e quello che avverrà nei prossimi due decenni preoccupa numerosi economisti, politici e ricercatori.
Non ci si può stupire, pertanto, se sempre nel 2013 l’economista della George Mason University Tyler Cowen pubblica Average is Over, in cui immaginava un futuro prossimo spaccato in due dall’automazione[20]Da una parte ci sarà una piccola tecnocrazia/oligarchia di persone altamente istruite e sempre più ricche che avranno capito come lavorare insieme alle macchine, dall’altra la stragrande maggioranza delle persone che non saranno state in grado di stare al passo con il progresso tecnologico[21].
In un mondo in cui i ricchi sono sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri, nel prossimo futuro chi non sarà creativo e competitivo soffrirà la fame molto di più che in passato.

 

NOTE

[3] Ibidem.
[4] Ibidem.
[8] Ibidem.
[9] Erik Brynjolfsson, Andrew McAfee, La nuova rivoluzione delle macchine. Lavoro e prosperità nell’era della tecnologia trionfante, Feltrinelli, Milano, 2015, p. 187.
[10] Ibidem.
[11] Ivi, p. 191.
[12] Ivi, p. 192.
[13] Ibidem.
[14] Eugeny Morozov, Silicon Valley: i signori del silicio, Codice Edizioni, pp. 11 ss.
[15] Erik Brynjolfsson, Andrew McAfee, La nuova rivoluzione delle macchine, op. cit., p. 177.
[17] Erik Brynjolfsson, Andrew McAfee, La nuova rivoluzione delle macchine, op. cit., p. 177.
[18] Ivi, p. 180.
[19] Ivi, p. 186.
[21] Riccardo Staglianò, Al posto tuo, Einaudi, p. 74.
[3] Cfr. Massimo Gaggi, Homo Premium. Come la tecnologia ci divide, Laterza, 2018, Bari, p. XIV.